A pensare male si fa peccato ma spesso
ci si azzecca, diceva Andreotti.
Quelli della Cgil non lo pensano, lo
scrivono: "All’ottavo anno della più grande crisi degli
ultimi due secoli la domanda sorge spontanea: non si accorgono che i
modelli econometrici utilizzati non funzionano? Oppure anche la
“tecnica” di calcolo previsionale viene utilizzata per infondere
fiducia negli attori economici e nei mercati a prescindere dalla
creazione di nuova occupazione e nuovo reddito? Ancora una volta la
metodologia viene piegata alla contingenza “politica”? Possibile
che non si capisca che l’approccio monetarista e tutto dal lato
dell’offerta – anche se con intento espansivo – non possa
colmare i vuoti della domanda effettiva?"
Non paghi, ricostruiscono le stime
previsionali della Banca d’Italia e delle principali istituzioni
internazionali più prossime all’anno di previsione e, dunque, più
utili per ,l’elaborazione dei documenti di economia e finanza su
cui vengono predisposte le manovre finanziarie di fine anno. Quelli
del Sindacato poi, affondano il colpo evidenziando la clamorosa
reiterazione degli errori di calcolo per 7 anni di seguito. Il gap
previsionale, cioè lo scostamento cumulato tra le previsioni
istituzionali e il dato effettivo, oscilla tra i 10,5 (dell’OCSE) e
i 14,3 punti percentuali (del Governo italiano).
Si dirà: ma loro sono di parte nel
riferire.
Mica tanto se il Ministro Padoan, nel
programma di Minoli su Radio 24 lunedì 23 Febbraio, confessa
candidamente "i modelli previsionali non funzionano più".
Già, se non lo sa lui che è stato pure all'Ocse dove sembra proprio
che non ne azzecchino una.
Previsioni? Pah. Manco a parlarne dice
pure Marchionne, Ad di Fca.
Affrontiamo l'arcano e vediamo di
raccapezzarci qualcosa. Diamo un'occhiata ad uno di quegli indicatori
di fiducia, market sensitive, quelli che quando escono fanno tremare
l'economia: la Fiducia dei Consumatori, quella condizione
psico/economica che quando c'è fa il 60% del Pil.
Quando sono in uscita i dati sulla
questa fiducia tutti, ma proprio tutti, tendono le orecchie per poter
scrutare se c'è la ripresa in atto.
Orbene, come si misura quella fiducia?
Con la possibilità di soddisfare il
bisogno con il potere d'acquisto a disposizione.
Semplice, lineare, senza sbavature: un
cacchio!
Se, come ha mostrato il centro studi di
Confcommercio, il reddito disponibile delle famiglie italiane nel
2013 risultava lo stesso del 1990, la faccenda si complica. Eccome!
Se, insomma, ho bisogni insoddisfatti
ed il portafogli floscio, la vedo nera, mi deprimo; la mia fiducia va
sotto zero.
Se, invece a debito, negli anni passati
ho acquistato oltre misura fino ad affrancarmi dal bisogno e oggi,
quello stesso portafoglio mi mette a dieta, manco il fitness, uso
pure il fuori moda e magari vado a piedi o quasi, non sono affatto
affranto, anzi conosco chi si inorgoglisce addirittura.
Ho insomma margini di riserva per non
essere depresso del tempo che mi
aspetta. La mia fiducia tiene.
Orbene, vista questa mia discrezione ad
esser "doppio" vedranno chiaro gli agenti economici che
stanno con me nel mercato. Le Imprese vorranno mettere soldi per
investire e produrre il nuovo?
Le Banche mi daranno credito ed, ancor
più, avranno indietro quello prestato? Ed i Politici incontrandomi
cambieranno strada o mi tenderanno la mano?
Rischi a iosa per tutti insomma. Già,
nessun sistema economico può permettersi una fiducia lasca.
Si, insomma, per limitare i danni tocca
stabilizzare l'umore di qei consumatori.
Una strada v'è, occorre agire sul
potere d'acquisto: se in grado di acquistare quanto viene prodotto
potrà consentire a chi ha bisogno di avere ristoro; a chi manca del
bisogno di intercettarne di nuovi, non è difficile, già li vedo.
Mauro Artibani
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