Trump, dopo aver pensato e ripensato;
sondato e risondato, ha deciso: Jerome Powell alla guida della
Fed a partire da febbraio 2018.
L’unico non economista dei candidati
in lizza, insomma, prenderà il posto di Janet Yellen.
Powell ha lavorato come partner di
Carlyle dal 1997 al 2005, dopo una breve parentesi al dipartimento al
Tesoro durante la presidenza di George H.W. Bush. Con lui viene
garantita la continuità nella Fed. Nei cinque anni nel board della
banca centrale Usa, non ha mai fatto il dissindente quando si è
trattato di prendere decisioni di politica monetaria. Favorevole a un
lento rialzo dei tassi e a una graduale riduzione del bilancio della
Fed, iniziato nell'ottobre 2017, ha spesso criticato chi nel Gop
vorrebbe un maggiore controllo sulla Fed. Powell, et voilà, la
versione repubblicana di Yellen.
Ci risiamo, lo stesso modo per
sommergere di liquido monetario tutti.
Liquido con il quale quelli della main
street non s'abbeverano e l'inflazione dei prezzi quindi ristagna; lo
stesso liquido con il quale quelli di wall street si dissetano e i
prezzi degli asset finanziari s'inerpicano.
Lo stesso modo, insomma, di alterare il
meccanismo di formazione dei prezzi e chi ci rimette, ci rimette!
Ci rimette il potere d'acquisto, indi
la spesa, per cui la crescita, poscia: tutti!
Powell nega, anzi ribatte: "l'economia
ha fatto progressi notevoli" negli ultimi anni superando la
crisi molto bene. "In base a vari criteri siamo vicini alla
piena occupazione e l'inflazione si è avvicinata al nostro target"
di una crescita annuale del 2%, che però non viene raggiunta da
cinque anni.
Si vabbè, ma questa artefatta crescita
risulta proprio da quest'uso smodato delle politiche monetarie che
funzionano con il debito.
Si, insomma, una ricchezza generata con
il debito.
Già, lo stesso copione del 2007: bella
no?
Mauro Artibani
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