Tante vertenze aziendali aperte
mostrano come la crisi economica, dopo 11 anni, stia pesantemente
lasciando segni sul tessuto produttivo nazionale.
Se s'ha da ragionare sui fatti,
ragioniamo d'uno che fa più rumore e genera più dolore degli altri:
l'Ilva.
Fa acciaio, materia prima, impiegata
per fare moltissime merci che poi vanno al mercato a cercar domanda.
Prendiamo una filiera produttiva che ne
utilizza molto, che su su porta all'automotive.
Personaggi ed interpreti: L'Ilva, poi
tutti quelli che stanno in mezzo ad una filiera smisurata, infine
l'auto, che sò....Fca.
I fatti: Per bocca di Marchionne, l'Ad,
nell'automotive c'e un 30% di sovraccapacità. Fiuuuuu, ogni anno,
nel mondo, potrebbero restare invendute 30 milioni di autovetture a
fronte di 90 milioni di unità producibili.
840 milioni di tonnellate l'anno, il
surplus di acciaio prodotto nel mondo. Il tasso di utilizzo degli
impianti siderurgici a Gennaio scorso si aggirava attorno al 70%.
Da ultimo, tiro ad indovinare: pure
tutti quelli in mezzo alla filiera non se la passano proprio bene.
Ci siamo?
No, manca ancora la chicca: Il reddito
disponibile delle famiglie italiane nel 2013 torna ai livelli di 25
anni fa. l'Ufficio Studi di Confcommercio evidenzia che, in quello
stesso anno, il reddito disponibile risultava pari a 1.032 miliardi
di euro, rispetto ai 1.033 del 1988.
Eppur...
Si eppur l'ambiente, nel quale accade
tutto questo, risulta saturo di politiche e tecniche di reflazione
messe in campo per dar sostegno alla domanda, alterando in meccanismo
di formazione dei prezzi per non farli scendere: le politiche
monetarie espansive, il marketing per generare domanda, la pubblicità
per vendere l'offerta, la riduzione del ciclo di vita dei prodotti,
il credito al consumo.
Orbene, tutto questo visto e tutto
quanto fatto, quelli di Unimpresa gridano: "Meno
disoccupazione, compensata da una 'fabbrica' di lavoratori precari.
Ora sono oltre 9,3 milioni gli italiani che non ce la fanno e sono a
rischio povertà. Sempre più estesa l'area di disagio sociale che
non accenna a restringersi. Dal 2016 al 2017 altre 128mila persone
sono entrate nel bacino dei deboli in Italia. Si tratta di 9 milioni
e 293 mila soggetti in difficoltà".
Cavolaccio! Tocca rammentare a chi si
ostina a non voler rammentare come la ricchezza, generata con la
crescita economica, si faccia con la spesa, non con la produzione nè
con il lavoro!
Rammentare giust'appunto a lor Signori
dell'Impresa che trasferiscono quella ricchezza remunerando il
capitale e un lavoro sempre più precario che, se così si possono
compensare parte dei costi generati dalla capacità produttiva
inutilizzata, si scompensa ancor di più quel reddito necessario per
fare quella benedetta spesa.
Essipperchè,se il reddito remunera il
lavoro nella produzione, tocca averne adeguatamente guadagnato per
poter svolgere l'altro lavoro, quello di consumazione che, oltre a
generare la ricchezza, sottrae proprio quelle maledette
sovraccapacità alle imprese chiudendo il cerchio e tenendo attivo il
ciclo della produzione.
Essì Signori, per smaltire le vostre
sovraccapacità, conviene tenere attivo il ciclo ma..., dal momento
che ogni convenienza ha un costo di opportunità, toccherà mettersi
le mani in tasca, come
face a suo tempo Henry Ford, per prelevarne risorse, non dagli
utili ma dal profitto. Già proprio da quel remunero del "rischio
di ciclo", intascato da tutte quelle imprese presenti nella
filiera produttiva. Prelievo che, in un ciclo reso attivo, verrebbe
ad esser privo di ragione strumentale, da trasferire per rendere
adeguato il potere d'acquisto alla bisogna.
Ci
sono nel mondo Aziende leader che lo fanno, rende!
Ehi
della filiera, questa opzione non è un azzardo; altre, non mi è
dato scorgerne per salvare capra e cavoli.
Ps:
Okkio, la Politica del "Cambiamento", se vuol farlo, non
solo dirlo, ha l'occasione di predisporre un ambiente normativo che
possa agevolare quel traferimento. Ben oltre quello da fornire
all'esser cittadino.
Mauro
Artibani, l'Economaio
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