Si è iniziato nei corridoi delle
banche, poi nei salotti televisivi, pure nelle cucine della povera
gente, persino, con comprensibile pudore, nei gabinetti dei ministri
delle finanze e nelle stanze da letto di insonni abitanti.
Tutti a chiedersi: la crisi finanziaria
che scrolla il mondo finirà con il contagiare l’economia reale?
I più, con supponenza, dicono si; i
meno, con comprensibile imbarazzo, dicono ni; i professional
consumers, con spudorata franchezza, dicono no!
Essipperchè la crisi del credito opaco
non è genitrice ma generata.
Figlia di un genitore reprobo, quel
Debito abbondantemente in eccesso che sostiene il mercato dei
Consumi.
Pure il debito è figlio, di un
genitore scuro in volto, affranto, immiserito: il Reddito.
Sempre più insufficiente a sostenere
la Domanda di chi deve smaltire l’eccesso di Offerta che staziona
in ogni dove.
La crisi nasce qui nel ganglio più
sensibile proprio dell’economia reale.
Sta qui il bubbone a cui si è tentato
di dare soccorso con il debito, che si è trasformato in credito, che
si è trasformato in business, che si è trasformato in dis credito:
Una famiglia, insomma, che ha mostrato comportamenti non proprio
dabbene.
Il cortocircuito iniziale sta tutto
negli squilibri che da anni stazionano nell’economia reale e che si
è propagato all’intero meccanismo economico stabilendo un circolo
vizioso che si autoalimenta.
Se non si interviene sulla causa, quel
reddito insufficiente: non c’è trippa per gatti!
E, vi prego, questa non è faccenda che
ha da fare con l’Etica, semmai con la matematica.
Anch’io preferisco un’etica che
fornisce misura all’agire ad un’economia che propone lo smisurato
del vivere oltre le possibilità.
Questa crisi è crisi però di
una matematica ideologica incline alle addizioni, senza mai tirare le
somme.
Per questo se , nel breve, per tornare
a far scorrere la liquidità può essere utile dare ancora
ricostituenti al virus del debito, occorre fare attenzione però a
voler curare la malattia con il virus.
Essipperchè, quei credti incagliati
nelle banche segnalano come lo spazio d'azione sia talmente stretto
che per passarci ci si faccia le bua.
Mauro Artibani
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