Buon giorno Ministro Calenda,
intervenendo a Rho alla cerimonia di
inaugurazione di the MICAM, la fiera del settore calzaturiero, si
dice abbia detto:"L'Italia è un Paese che deve all'industria la
sua prosperità, e semplicemente questo fatto se l'è dimenticato per
trent'anni. Se c'è un senso nell'attività che io spero di portare
avanti .... è questo: ridare centralità e rispiegare questo fatto,
cioè che noi oggi siamo in piedi, seppure ammaccati, perché abbiamo
la seconda industria manufatturiera europea, il quinto saldo
commerciale dei beni manufatturieri al mondo. Questo è quello che ci
ha fatto grandi, che ci tiene saldi e che anche è l'unico modo con
cui si riconquista una prosperità sociale allargata, perché
l'industria ha questa caratteristica: di diffondere socialmente il
benessere. Dobbiamo riscoprire questi valori e aiutarla in tutti i
modi".
Ministro, stimo la sua competenza ed il
cipiglio che mette nel fare quel che le spetta. Aspetti però, è
certo che ancora funzioni quel vecchio paradigma* con il quale guarda
i dati, interpreta i fatti e dispone indirizzo allo sviluppo
economico?
Mi spiego:
30 anni di properità?
Prosperi, se il reddito disponibile
delle famiglie italiane nel 2013 torna ai livelli di 25 anni fa?
L'Ufficio Studi di Confcommercio
evidenzia che, in quello stesso anno, il reddito disponibile
risultava pari a 1.032 miliardi di euro, rispetto ai 1.033 del 1988.
Prosperi, se invece di cibarci siamo
ingrassati; se vestiamo alla moda che passa di moda e per far due
passi li facciamo in auto?
Prosperi se, per fare così i prosperi,
ci siamo indebitati?
Eppoi, Prosperatori di popoli quelle
imprese che hanno erogato redditi, a chi lavora per produrre merci,
insufficienti ad acquistare quanto prodotto?
Prosperatori
se "dall'inizio della crisi il Pil reale procapite è calato di
circa il 10 per cento ed oggi è allo stesso livello del 1997",
come rileva l'Ocse?
Prosperatori quelle imprese che, per
tal fatto, dall'inizio della crisi hanno visto ridurre la produzione
industriale del 25%?
Prosperatori quelle imprese che si
tengono i profitti in tasca invece di fare investimenti in conto
capitale?
Prosperatori quelli che hanno in
magazzino latte invenduto e cagliato; chi ha i magazzini zeppi di
moda passata di moda; quelli con i magazzini di quotidiani del giorno
prima pronti per incartare il pesce e quei concessionari con le auto
sul piazzale che, invendute, arruginiscono?
Vede Ministro, quel vecchio paradigma
vede in giro solo prosperatori e prosperi.
Così quando dice: "perché
l'industria ha questa caratteristica: di diffondere socialmente il
benessere. Dobbiamo riscoprire questi valori e aiutarla in tutti i
modi".
Beh, per far questo un'idea ce l'ho;
gliela porgo impiegando di un paradigma nuovo di zecca, dice: "La
crescita si fa con la spesa. Così viene generato reddito, quel
reddito che serve a fare nuova spesa. Tocca allocare quelle risorse
di reddito per remunerare chi, con la spesa, remunera."
Remunerare chi?
Oh bella, quelli che con la domanda
fanno il 60% del Pil. Quel domandante viene sottoposto pressappoco
ad un obbligo a tempo pieno: con la spesa trasforma la merce in
ricchezza, consumando l'acquistato fa riprodurre, crea occupazione,
da' spinta al ciclo, sostanza alla crescita. Nel fare questo impiega
risorse appetibili, ancorchè scarse, indi per cui poscia: valore!
Valore doppio: il primo nel generare
oggi la ricchezza, il secondo nello smaltire quelle sovraccapacità
che bruciano la ricchezza di domani.
Che le vada a più non posso, Ministro.
*Già quell'attempato paradigma che
attribuisce, fuori tempo massino, all'impresa la generazione della
ricchezza.
Mauro Artibani
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