venerdì 29 ottobre 2010

NON SONO UN CONSUMATORE TRADITO


Sono un consumatore tradito?
Si potrebbe liquidare la questione come fa la vulgata sociologica: il consumatore, un imbelle la cui vita viene spesa a fare la spesa. Questa vulgata ci priva della speranza, ci ficca in un cul de sac: esser traditi è il minimo che possa capitarci!
Un soggetto debole insomma che tutti si affannano a voler tutelare.
Ennò Signori, mi si permetta di mostrare i fatti da un altro punto di vista. Si, insomma, l’altra faccia della questione.
Certo la mia vita, come quella di tutti, viene spesa a fare la spesa.
Già, ma questo non è altro che il ruolo svolto, seppur in maniera dilettante, da un soggetto economico che agisce nel sistema produttivo.
L’esercizio di questo ruolo genera i 2/3 del PIL.
La crescita economica, insomma, rende questo esercizio indifferibile.
Insostituibile il compito dei Consumatori.
Per tutta risposta i redditi erogati dai produttori, per remunerare il lavoro che produce merce, risultano insufficienti per acquistare quelle merci. Sta qui l’inghippo.
Per molti anni il debito ha surrogato quel reddito insufficiente, mettendo un tappo alla crisi.
Quel tappo è saltato.
In tutto questo io sono un soggetto debole, da tutelare?
No! Perché a merci non smerciate: hanno più bisogno i Produttori di vendere che i Consumatori di acquistare.
No! Perché quelle merci se invendute distruggono valore, se acquistate generano ricchezza.
No! Perché se consumate, quelle merci, dovranno essere riprodotte; si avrà bisogno di lavoro, di occupazione.
No! Perché, a fronte di tutto questo, con il mio esercizio di consumazione occupo il centro della scena economica: non è posto per deboli questo.
Approposito, non sono un dilettante: sono un Professional Consumer.
Questa la nuova frontiera dei Consumatori per governare il mercato, riequilibrarne gli squilibri, assumendo pure la responsabilità che tal ruolo civil-eco-economico impone.
Così si esce dalla trappola delle tutele e forse pure dalla crisi.

Mauro Artibani
Per approfondire il tema trattato: PROFESSIONE CONSUMATORE
Paoletti D’Isidori Capponi Editori
Marzo 2009

www.professionalconsumer.splinder.com
www.professioneconsumatore.org

venerdì 22 ottobre 2010

TRE FIGURE, DUE INDIVIDUI; UNA MONETA

All’interno del sistema circolare della produzione tre figure professionali si scambiano moneta.
L’occupato, per aver lavorato alla produzione di merci, riceve compenso dal produttore; quello stesso occupato, abbigliato da Consumatore, restituisce con l’acquisto di quelle merci la stessa moneta al produttore.
Tre figure, due individui, un giusto compenso: il meccanismo risulta in equilibrio.
Attraverso il valore delle merci prodotte, vendute ed acquistate si generano utili che, distribuiti agli operatori del mercato, diffondono ricchezza.
Quando i redditi erogati dai produttori ai chi lavora per produrre merci si mostrano insufficienti a smaltire quanto prodotto, si ficca dentro credito che surroga quel reddito per approvvigionare il Consumatore; aumentano gli operatori sul mercato, aumentano ancora gli utili, ancor più ricchezza da distribuire; l’apparecchio mantiene l’equilibrio.
Quando il credito erogato supera il livello di guardia si chiudono i rubinetti; salta il tappo del debito, l’apparecchio produttivo va in stallo.
Salta la possibilità di poter acquistare, salta quella di poter riprodurre, saltano gli occupati a produrre.
Per restituire portanza alle ali e tornare a far volare l’apparecchio occorre ripristinare l’equilibrio di reddito che i tre tizi si scambiano. Difficile, non impossibile:
• difficile andare contro il mercato, quello del lavoro, dove l’eccesso di domanda ha ridotto i redditi;
• difficile andare a favore del mercato se, a fronte dell’eccesso di offerta di merci, un anchilosato paradigma autorizza politiche reflattive che non fanno scendere i prezzi;
• difficile, ma non impossibile se per riscattare l’efficienza di quel mercato gli affrancati dal bisogno, vivificati dalla valutazione del lavoro di consumazione che smaltisce l’eccesso, vanno in soccorso dei mortificati dalla svalutazione del lavoro produttivo per pareggiare il conto: tutti insieme per il mercato efficiente; la forza contrattuale ci sta, ci sta anche il maggior bisogno per i Produttori di vendere che per i Consumatori di acquistare.
Un nuovo equilibrio per il mercato, insomma, che troverà il plauso pure degli efficientisti liberisti e, magari pure, lo scatto d’orgoglio degli schumpeteriani, proprio quelli della distruzione creatrice.

Mauro Artibani
Per approfondire il tema trattato: PROFESSIONE CONSUMATORE
Paoletti D’Isidori Capponi Editori
Marzo 2009

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www.professioneconsumatore.org

venerdì 15 ottobre 2010

PER I CONSUMATORI SI SONO CONTRATTI I TEMPI DEL CONSUMARE


Acquistano e consumano l’acquistato: questo l’esercizio operativo dei Consumatori.
Si acquista una confezione di yogurt, scadenza 30 giorni, si dispone di un mese per poterlo smaltire.
Ma se quando mi nutro ingrasso perché ingurgito tutto e subito; se cambio abito ad ogni piè sospinto non mi abbiglio, vesto alla moda che passa di moda; se cambio prima che posso l’high tech del giorno prima, si contrae progressivamente il tempo della consumazione del prodotto fino a coincidere con l’acquisto.
Già, acquisto tutto perché niente ha più il tempo di essere consumato. Si scarta così il 30% degli acquisti.
Per certo sociologismo: la conferma nell’apostrofarmi rimbambito; privato della speranza, mi ficca in un cul de sac.
Per i Produttori: la strategia per ridurre il ciclo di vita dei prodotti; tecnica sopraffina buona per smaltire l’eccesso di capacità produttiva che ingolfa il mercato.
Per le mie tasche vuote: la conferma dell’insufficienza del reddito che un tal meccanismo esalta e il credito rigonfia di debito.
Per i Professional Consumers: un obbligo di ruolo. Da fast, il food, a slow, gustare non appesantire; dalla moda “pronta” quotidiana all’atemporalità del “classico” epperchennò, soggiornare con l’high tech del giorno prima.
Toh, i modi per riappropriarsi del tempo della consumazione: godere l’acquisto, dilazionare gli acquisti, aumentare la redditività del reddito che acquista e così pure meno smaltimento, meno inquinamento.
Quattro piccioni con una fava.

Mauro Artibani
Per approfondire il tema trattato: PROFESSIONE CONSUMATORE
Paoletti D’Isidori Capponi Editori
Marzo 2009

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mercoledì 6 ottobre 2010

QUEL CHE SI DEVE PER DARE RISTORO ALL’IMPEGNO DI VIVERE


Quel che segue espone quel che si deve per dare ristoro all’impegno quotidiano di vivere.
L’epopea della vita mi accarezza alle sei del mattino. Appena sveglio mi abbiglio, mi rappresento, in fretta però, quel ticchettìo segnala i vestiti che nell’armadio passano di moda: merce in scadenza.
Prima, tra un sorso di caffè, le abluzioni e la colazione ho usato merci. Impiego merci per andare al lavoro: la benzina, la macchina, la radio; ascolto spot, tra il meteo ed un GR, mi danno le dritte sugli acquisti.
Poi acquisto quotidiani che mi informano, settimanali che raccontano Vip che intrallazzano, mensili che invece sollazzano la mia verve politica: qua e là tra un mare di pubblicità.
Parcheggio, pago la sosta, pure questa merce/servizio; alla posta pago bollette e abbonamenti per ciattare, telefonare, tele-visionare; canoni di acqua, luce e gas, per fare il resto.
Poi ancora lavoro, ne ha bisogno il portafoglio, per poter acquistare le merci di cui ho bisogno. A pranzo, con gli amici ingurgito merci, espongo la merce che mi veste; parliamo delle merci che voglio, che abbiamo, che vogliono.
Alle cinque stacco, snaccko. Un cacchio: a furia di snack, lunch, brunch, dinner e break mi ingozzo di fame, mangio tutto, metto grasso; acquisto fitness, lo consumo.
Prima di tornare a casa sgambetto quattro passi tra i piani terra dei palazzi di città, dove si scorgono solo scintillanti vetrine zeppe di tutte le merci del mondo; dappertutto consigli per gli acquisti che affollano la vista. Dritto per quella strada, guardo di lato, traccio liturgie sghembe che non incontrano sguardi, non vedono gente, fissano robe: carino quel caschemirino che strizza l’occhio; lo indico, lo tocco, lo annuso, lo acquisto.
Video mi guardano, telecamere mi vedono, sondaggi mi interrogano, chips scrutano il mio fare regalini da regalare, omaggi per omaggiare.
Giust’appunto le 6.
L’appuntamento di tutti con tutti: l’happy hour. Un manicaretto con dentro arachidi, 1 sgabello, un “come sta”, l’aperitivo, 3 sorrisi, un buongiorno o buonasera: 7 €.
Adunque a casa, anzi prima sotto casa. Al negozio prendo le solite quattro carabattole: pane, pasta, acqua, frutta, latte e sigarette. Svuoto la cassetta delle lettere che rigurgita depliant da sfogliare. Alfin entro, i soliti convenevoli: si posa la spesa, si spuntano scontrini, si rifanno i conti poi si fanno confronti, si mostrano vanti, ci si scambia malumori.
A cena si contano le aspirazioni: il mio jeans, il tuo i-pad, le nostre vacanze tra roastbeef, politica, un’occhiataccia e un goal.
Già, come resistere ai succulenti palinsesti televisivi che prolungano la nostra voglia di intrattenerci, sottraendo spazio al sonno? Posta attenzione i televisivi la prendono, la vendono ai pubblicitari che ci rimpinzano di reclame come se piovesse, dotte lezioni sul senso delle merci: buono l’intento. Intanto intendo e, attento, apprendo. Appreso, mi oriento; stanco mi arrendo, accrocco la sveglia nuova di zecca, dormo. Al mattino non mi scuote, mi culla; la stessa discrezione con cui stampa la lista degli acquisti del sabato.
Già, spesa grossa domani al centro commerciale!
La vita spesa a fare la spesa insomma: vita spesa per bisogno, emozione, passione.
Vita che si può solo acquistare.
Questa vita che fa PIL; fa i 2/3 della crescita nelle economie sviluppate: prodigo esercizio che la crisi spossa e il reddito insufficiente affossa.

Mauro Artibani
Per approfondire il tema trattato: PROFESSIONE CONSUMATORE
Paoletti D’Isidori Capponi Editori
Marzo 2009

www.professionalconsumer.splinder.com
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