mercoledì 29 maggio 2013

OCCUPATI A SPENDERE PER CREARE OCCUPAZIONE

Risoluto il presidente Giorgio Napolitano: “Viviamo nel contesto di una crisi angosciante e drammatica che impone alle istituzioni, alle forze sociali e alle imprese la messa in atto di efficaci soluzioni per rilanciare l'occupazione e lo sviluppo economico e sociale del Paese". Papa Francesco non si sottrae: "Fare ogni sforzo per dare nuovo slancio all'occupazione perché questo significa preoccuparsi della dignità delle persone". Ci mette del suo il cardinale Bagnasco: “Il lavoro è la prima emergenza dell' Italia, la lama più dolorosa nella carne della gente” Al telefono con Letta pure il presidente Obama si è detto pienamente d'accordo circa l'esigenza di prestare attenzione prioritaria alle politiche volte a fronteggiare la disoccupazione. L'allarme che risuona nelle parole dei Nostri si mostra nei dati dello studio Ires Cgil sulla base di dati Istat. Nel quarto trimestre 2012 l'area della sofferenza e quella del disagio occupazionale, nel complesso, sommano 8 milioni e 750mila persone in età da lavoro (+10,3% sullo stesso periodo del 2011 con 818mila persone in più in difficoltà). Rispetto all'ultimo trimestre del 2007, l'area è cresciuta di 2,8 milioni di persone con un 47,4% in più. L'area della sofferenza occupazionale (disoccupati, scoraggiati e cassa integrati) aumenta di 650mila unità, (+16,6%) arrivando a quota 4 milioni 570mila persone. L'aumento rispetto al periodo pre crisi (ultimo trimestre 2007) è di 1,9 milioni di persone (+70,1%). L'area del disagio (precari e part time involontario), pari nell'ultimo trimestre 2012 a 4 milioni e 175 mila unità, aumenta del 4,2% (+168.000 persone) e del 28,6% rispetto allo stesso trimestre del 2007 (+927.000 unità). Già, Lor Signori ne hanno ben donde nel dire quel che dicono. La mancanza di occupazione genera angoscia, dramma; priva della dignità, infligge dolore. Chiamare a rapporto Istituzioni, forze sociali e Imprese un dovere istituzionale, rispondere un obbligo. Alle istituzioni, per quel che possono, toccherà dare regole al lavoro. Eggià, solo regole, non disponendo di strumenti efficaci per regolare i processi economici, non dispongono lavoro. Le forze sociali sembrano volersi accordare anzi associare; di più, Capitale e Lavoro sono ad un passo da un patto, quello tra i Produttori. Ci sta dentro chi produce l'eccesso di offerta e chi per quell'eccesso lavora: l'unione di due debolezze non fa una forza. Le Imprese, pur esse in mezzo al guado, per continuare a fornire occupazione ai dipendenti dipendono dai redditi sufficienti di quelli che fanno la spesa per acquistare quel che da dipendenti hanno prodotto. Altrimenti.... Altrimenti accade quel per cui siamo qui a lagnarci. Già, il problema sta tutto dentro la circolarità di questo processo: ci saranno occupati che lavoreranno per produrre se ci sarà gente occupata a spendere per acquistare quanto è stato prodotto e poi occupati ancora a consumare l'acquistato. Perchè questo avvenga occorre disporre una più idonea allocazione della ricchezza che quel processo genera. Idonea, appunto, a ripristinare l'equilibrio tra reddito e spesa. Eggià, perchè la crescita si fa con la spesa, la spesa con il reddito. Quello stesso reddito buono per generare pure occupazione: cose dell'altro mondo! Mauro Artibani Studioso dell’Economia dei Consumi www.professionalconsumer.wordpress.com

giovedì 23 maggio 2013

A CHE PUNTO E' LA NOTTE?

Già, la crisi iniziò dopo aver dato a soggetti con basso merito di credito, i sub prime, la possibilità, acquistando casa, di integrare il loro smilzo reddito per fare la spesa. Geniale. Il meccanismo: un contratto fondiario con dentro una postilla;“Rifinanziamento” si chiama, se cresce il valore dell'immobile acquistato consente di renderlo moneta. Se si fanno prestiti a tutti, Prime e Sub prime, tutti comprano casa; salgono i valori immobiliari, sale il prezzo. Si torna in banca, si monetizza quell'aumento di valore; un bel effetto ricchezza, a debito però. Un trucco, ecchè trucco, buono per fornire liquido monetario, buonissimo per spendere. Ha funzionato, ha fatto spendere e crescere il Pil, ma quando quel valore troppo in alto sal, cade sovente precipitevolissimevolmente. Il meccanismo salta, inguaia tutto, prima di tutto la spesa. Gli spenditori tornano a marcare visita, l'economia pure. Altro giro, altra trovata: per dar sostegno ai prezzi si mettono in campo politiche monetarie ultra espansive in grado di fornire a tutti denaro a debito per fare la spesa. Pure qui quando quel debito troppo in alto sal, cade sovente precipitevolissimevolmente. Il credito diventa inattingibile; agli screditati viene a mancare pure la spesa e siamo a carte quarantotto. Poi una parte di quel mondo, accortosi di cotanto debito generato da quelle politiche, ci pensa su e...austerity! Si. Tocca ridurre il disavanzo, riaggiustare i bilanci. Per farlo si va in recessione, indi ancor meno capacità di reddito, ancor meno capacità di fare la spesa. Bene, oggi siamo qui ma non è finita. Per non farci mancare nulla leggete quanto dice l' Istat su inflazione e classi di spesa dei nuclei familiari: Tra il 2005 e il 2012 l'indice i prezzi al consumo per le famiglie con alta propensione al consumo e basso reddito disponibile sono aumentati del 20,2%, a fronte dell'incremento del 16,0% registrato per l'inflazione che ha pesato sulle famiglie con redditi più alti ma più bassa propensione al consumo. Botte, corna e chitarra rotta insomma. Ricapitoliamo: all'inizio furono i redditi erogati dalle imprese a chi lavora per produrre merci e servizi a mostrarsi insufficienti a smaltire quanto prodotto. Quelle tecniche e quei trucchi sono stati messi in campo per riparare quegli squilibri senza riuscirvi granchè. Oggi, quando pure l'inflazione fa brutti scherzi, si riduce ancor più la capacità di spesa per quegli già smilzi redditi: la misura è colma, la crisi ancor di più. È tempo di guardare oltre. Tra la brume di questa maledetta crisi risoluto e cangiante si mostra un paradigma, nuovo di zecca, in grado di riportare in equilibrio il sistema. Sta lì tra i fatti, occorre usarlo per riorganizzare proprio quei fatti. Dice: La crescita si fa con la spesa; così viene generato reddito, quel reddito che serve a fare nuova spesa. Tocca allocare quel reddito per remunerare chi, con la spesa, remunera. Prosit. Mauro Artibani Studioso dell’Economia dei Consumi www.professionalconsumer.wordpress.com

giovedì 16 maggio 2013

LA CRISI STA NEL CONFLITTO TRA RISORSE PRODUTTIVE

La crisi sta lì, incombe. Si cercano rimedi. Ne raccapezzo uno: evitare di far confliggere risorse produttive, indispensabili all'efficienza del meccanismo economico. Diamo un' occhiata. Nella gestione dei processi produttivi, l'attenta gestione del costo del lavoro rappresenta uno dei cardini attorno al quale gira l'efficienza dell'intero processo. Contenere quel costo abbassa il prezzo dei beni prodotti, ne migliora la competitività, migliora la redditività dell'Impresa, migliora pure la capacità di spesa dell'acquirente: insomma, produttività a iosa. Il 70% di quel costo viene generato proprio dal remunero del lavoro. Così, quando in Germania un lavoro su quattro risulta scarsamente retribuito e vengono erogati 7.300.000 “mini job” da 400 euro, vola la capacità competitiva delle loro merci. Se tanto mi da' tanto, come non far questo per migliorare la produttività del processo economico? Altro giro, altra risorsa: il denaro come fattore produttivo a disposizione del sistema economico. Eggià, nel sistema circolare, proprio dell'economia dei consumi, il meccanismo dello scambio occupa quel ganglio vitale che fornisce continuità al ciclo produttivo. Lì dentro il denaro lubrifica, rendendo fluide le transazioni tra domanda e offerta. Per quelle transazioni, la sufficienza del denaro risulta la condizione indispensabile all'esercizio produttivo; quel reddito che spende fa il 60% della crescita. Tutto bene? Un cacchio: lo vedete il conflitto tra chi, per contenere il costo di salari e stipendi, ha reso insufficiente il denaro che spende e chi, senza quella sufficienza, manca di acquistare? Questo gigantesco conflitto ha reso l'offerta in eccesso e la domanda in difetto. Quando quelli di Confcommercio deliberano il crollo dei consumi, tornati ai livelli dell'anno 2000, e Giuseppe Vegas, presidente della Consob, dice che la propensione al risparmio delle famiglie italiane negli ultimi vent'anni si è ridotta di quasi due terzi e quei mini job si espandono in ogni dove, l'insufficienza del denaro si conclama, il meccanismo dello scambio si impalla, la crisi mostra. Ma porc... eppure tenere basso il costo del denaro è cosa buona e giusta; buono e giusto risulta pure avere reddito sufficiente per smaltire quanto viene prodotto per generare ricchezza. E allora? Allora, per uscire dal guado, tocca andare in cerca di soccorso tra le vecchie conoscenze del sistema: Capitale e Lavoro, due risorse produttive che non fanno sconti, e risintonizzarle. Quel Capitale, oggi inutilizzato per produrre, va investito per smaltire il già prodotto e poter domani nuovamente produrre. Il Lavoro, di chi smaltisce il già prodotto per dare sostegno alla crescita, da remunerare magari proprio con quel capitale. Toh! Un modo per rimettere in fase la produttività totale dei fattori epperchennò andare oltre la crisi. Mauro Artibani, l'Economaio www.professionalconsumer.wordpress.com

giovedì 9 maggio 2013

FARE PIU' EUROPA S.P.A.

Fare più Europa. Lo dicono in molti, pochi fanno quel che s' ha da fare per farla st' Europa. Già, ma come si fa? Di questi tempi risulta tutto più difficile o forse, giacchè costretti, più facile. Il gioco si fa duro quando nelle palestre della politica volano sberle tra chi, senza se-senza ma, afferma la crescita senza il debito (Germania & Co) e gli altri che si stanno organizzando, con i se e i ma alla bisogna, per far spuntare una qualunque crescita. Tra chi insomma ha trovato il modo di crescere impiegando il debito degli altri e chi, per poter ridurre quel debito, ha smesso di crescere. Personaggi ed interpreti: i primi producono più di quanto consumano, i secondi, al contrario, consumano più di quanto producono. Fin ieri i primi hanno fatto affari, con merci competitive vendendo ai secondi che, per acquistare, hanno fatto debiti. Fin ieri appunto: nel 2007 il valore dei beni esportati dalla Germania è stato pari a 969 miliardi di euro, mentre quello dei beni importati è stato pari a 772.5 miliardi di euro. Eppur importano dall'Europa il 72% delle merci mentre ne esportano il 65%. E non finisce qui: a Marzo 2010 le esportazioni tedesche hanno segnato un +10,7% rispetto al mese precedente mentre le importazioni sono cresciute dell’11% su base mensile; il surplus commerciale si è allargato a 17,2 miliardi euro dai 12,7 di febbraio. La spesa aggregata, per quelle merci, fatta oltre confine, insomma, vale più di quella fatta dentro il confine. Il rapporto nell'interscambio resta asimmetrico, gli squilibri nelle bilance commerciali lo mostrano. Oggi, in mezzo alla crisi, quei grandissimi teutonici chiedono al resto d'Europa di ridurre il debito; questi, nel farlo, vanno in recessione. Purtuttavia anch' essi iniziano a fare i conti con la recessione: l'indice dei direttori d'acquisto oggi si contrae, Volkswagen riduce ricavi e utili, le vendite al dettaglio mostrano il segno meno. Diminuzione della crescita, giust'appunto, come accade a molti altri europei. Sob! Eggià, la recessione italiana da sola costa a Berlino sette miliardi in export. Chi pensa di poter fare i conti senza l'oste sbaglia. All'osteria, appunto, dove si mangia, si beve e l'amore si fa, poi si paga, alla romana però. Pagheranno tutti, ciascuno per quanto ha da vendere o da acquistare : le Imprese dovranno pagare la capacità di acquisto dei Consumatori e così poi poter vendere; per i Consumatori, venduta la capacità di spendere dovranno tornare ad acquistare. Toh, una Società per Azioni. Eggià, il meccanismo economico-produttivo per funzionare ha bisogno di impiegare al meglio tutte le risorse produttive di cui dispone il mercato. Tocca mettere, insomma, tutti gli operatori che stanno dentro la domanda aggregata nella condizione di fare quanto gli spetta. I Consumatori europei per esempio, quando dispongono delle risorse adeguate, fanno il 60% della crescita; quando sono sottocapitalizzati, si fanno renitenti a spendere e sono cacchi, per tutti, ma proprio tutti. Mauro Artibani Studioso dell’Economia dei Consumi www.professionalconsumer.wordpress.com