lunedì 30 dicembre 2013

PER UN DOMANI FUORI DAL CUL



Già, il cul-de-sac del sistema economico.
Quella fattispecie che si è determinata quando i redditi da lavoro risultano insufficienti per acquistare le merci prodotte. 
Due le opzioni per andare oltre.
La prima, quella del mercato efficiente: deflazione, ovvero riduzione dei prezzi per aumentare il potere d’acquisto del reddito.
La seconda, quella del mercato sotto tutela: reflazione. Si acquista a debito: quello sollecitato dalle politiche monetarie; quello fatto dai consumatori, ficcato dentro l’economia ha tentato di surrogare quell’insufficienza fino a far saltare i conti.
Per uscire dall’impasse, si ficca dentro nuovo debito, quello pubblico, fragilissimo. 
Politiche keynesiane, quelle degli sgravi fiscali, ancor quelle di sostegno alla crescita hanno prosciugato le casse statali e la recessione economica non recede. Recede però la capacità dell’impegno pubblico di dare ancor sprone all’economia: deficit e debiti hanno il fiato grosso.
Si paventano default che sollecitano tagli di spesa. 
Il welfare traballa: tagli ai costi delle casse di previdenza, ai costi della spesa sanitaria, a quelli dei servizi sociali; meno lavori pubblici, riduzione di stipendio ai pubblici dipendenti.
D’acchito: pensioni e stipendi contratti, pezzi di sanità a pagamento, servizi assistenziali privati del sostegno pubblico. 
Ergo, aumenta la spesa privata, ancormeno reddito a disposizione: nuovo debito privato, minore capacità di sostenere la domanda; riduzione della capacità contributiva, debito pubblico incomprimibile, dal costo insostenibile.
Bene, anzi male, malissimo, però tant'è. 
Per un  domani fuori dal cul, auguri a tutti, tanti, tanti; tenendoci stretti, stretti!

Mauro Artibani
http://www.alibertieditore.it/?pubblicazione=la-domanda-comanda-verso-il-capitalismo-dei-consumatori-ben-oltre-la-crisi

domenica 22 dicembre 2013



La ricchezza, generata dalla crescita economica, remunera il lavoro occorso per far crescere l’economia.
Crescita, insomma, per il tornaconto di tutti.
Non è, però, tutt'oro quel che luccica. 
L’impronta ecologica che la crescita lascia si mostra grande come il mondo; al fare responsabile solo un misero resto. 
Per chi lavora nella produzione, con il reddito ancorato all’aumento della produttività, più si cresce più torna il conto del reddito; salva la responsabilità del pater familias.
Per l’amministratore delegato, che organizza al meglio i fattori produttivi, più crescita, più bonus e tanta responsabilità verso gli amministratori deleganti. Questi, che dalla crescita ottengono utili, responsabilmente li distribuiscono agli azionisti che responsabilmente, per dirla con Friedman, incassano il profitto. 
Per le imprese del commercio, su per giù lo stesso refrain: quella crescita produttiva occorre venderla, a tutti i costi, per incassare. 
Agli uomini di marketing il compito di produrre domanda che smaltisce l’offerta, offerta dalla crescita; quelli della pubblicità fanno in modo che quella crescita incontri acquirenti, dia i suoi frutti: tutti insieme fanno questo responsabilmente, incassando laute parcelle.
Per l’industria finanziaria finanziare la crescita, fornire credito per produrre e per consumare, incassando per il tornaconto dei prestatori; sotto stress al test della responsabilità.
Per i politici quando la crescita si fa ricchezza va distribuita, questo il loro mestiere. Guadagnano consenso e potere; raccattano fragili maggioranze elettorali che vanno coccolate, sacrificando forse l’interesse e la responsabilità generale.
Per i consumatori ruolo ingrato: non guadagnano, spendono più di quant’hanno, acquistano più di quanto devono; smaltiscono a “più non posso”, inquinano. Responsabilità: pah!
Insomma, facendo la somma, tornaconti dispari; la responsabilità poi: ognuno per sé, Dio per tutti. 
Il giocattolo della crescita mostra gli anni, gli interpreti invece gli affanni: ruoli opachi, business abborracciati, meccanismi crippati, risorse sprecate, valore bruciato; margini ridotti, crediti inattingibili, debito per tutti; l’ambiente puzzolente, degradato e, e, e…
Tra tanta insufficienza, sembra scorgersi una chance. Là dove quelli che della vita spesa a fare la spesa fanno lavoro, che con quella spesa generano la crescita – clienti di quel tutto reso merce, poi consumato, poi smaltito; quel tutto che sta dappertutto e lascia tracce indelebili – si ha l’opportunità e la convenienza a fare meglio. Meglio per tutti. 
Sì. Fare, oltre la pratica dilettante e torna il tornaconto nell’acquistare: al mercato gestire una domanda ecosostenibile e pro-redditizia, il no-packaging per esempio; condizionare il prezzo e la qualità dell’offerta; poi fare offerta, mettendo a profitto le risorse immateriali ed ecocompatibili dei consumatori, per rifocillare il reddito. 
Torna utile e fa utili governare i processi di crescita che tengono in ordine quel mercato che abita tutto: l’ambiente appunto, la Terra. Quella terra sulla quale poter camminare lasciando tracce delebili.
Possibile coniugare crescita, tornaconto e responsabilità.

Mauro Artibani
http://www.alibertieditore.it/?pubblicazione=la-domanda-comanda-verso-il-capitalismo-dei-consumatori-ben-oltre-la-crisi

giovedì 19 dicembre 2013

CHE BRUTTA FACCENDA QUELLA DEI DEBITI SOVRANI


Già, dove siamo oggi con la faccenda dei debiti sovrani? 
La FED continua a comprare mensilmente circa 85 miliardi di $ in titoli obbligazionari, ritardando cronicamente un taper del QE. In cinque anni i suoi acquisti di obbligazioni sono arrivati a più di 4 bilioni di $. Sorprendentemente, in una nazione apparentemente di libero mercato, il QE è diventato il più grande intervento nei mercati finanziari mai visto nella storia del mondo.
Per tutta risposta, la ripresa economica Usa continua a ritmi compresi tra modesti e moderati, lo scrive la Federal Reserve nel Beige Book del 6/12/13. 
Fiuuuuuu! Anche dai calcoli più ottimisti della FED, il QE in cinque anni ha prodotto negli Stati Uniti solo pochi punti percentuali di crescita. Esperti maligni, come Mohammed El Erian di Pimco, suggeriscono che la FED possa aver creato e speso più di 4 bilioni di $ per un ritorno totale dello 0.25% del PIL (cioè, solo un aumento di $40 miliardi nella produzione economica degli Stati Uniti). Entrambe queste stime indicano che il QE non sta affatto funzionando.
Il debito invece ha raggiunto vette astronomiche.
In Europa invece, dove si è scelta una strada affatto diversa per far fronte alla crisi, come va?
Fiuuuuuu! Da questa parte dell'Atlantico ci si ritrova a fare i conti con il "consolidamento fiscale", ovvero tentare di fare crescita riducendo il debito.
Struggente l'iperbole. Diamo un'occhiata ai risultati della giurisdizione Italia.
Lo stato, con un debito di 2065 miliardi ed un costo di quel debito di 90 miliardi l'anno, per rimettere in sesto i conti deve tagliare. Taglia l'erogazione dei servizi, parte della spesa corrente; non sostituisce chi va in pensione nè rivaluta da 4 anni gli stipendi degli oltre 3 milioni di dipendenti ancora nel libro paga.
Toh,la spesa pubblica che riduce la spesa, riduce pure il potere d'acquisto dei dipendenti; le imprese, con tale andazzo, fanno quel che possono: quando va male chiudono, quando va meno male, non spendono per investire, riducono l'occupazione e pure i salari.
Una spending review tira l'altra, i dati mostrano lo sconforto:
Hanno cessato l'attività più di un 1,6 milioni di imprese tra il 2009 e oggi. Lo dice il rapporto annuale del Censis sulla situazione sociale del Paese. Sempre quelli dicono pure che, nel 2013, le spese delle famiglie sono tornate indietro di oltre dieci anni, con il 69% delle famiglie italiane che nell'ultima parte dell'anno hanno ridotto o peggiorato la loro capacità di spesa.
La deflazione salariale in atto non sembra in grado di risolvere i problemi, anzi li crea: meno spesa che smaltisce il prodotto, meno imprese a ri-produrlo.
Si innesca una reazione a catena che va dalla riduzione salariale a quella dei prezzi che non svaluta il debito anzi lo rivaluta: un giochino perverso insomma che non lascia scampo.
Nella zona Euro, a conti fatti non va meglio: l’aumento di 24 punti nel rapporto debito-Pil rispetto ai livelli pre-crisi sta lì a dimostrarlo.
Cacchio: debito si, debito no, debito ni; quelli di là, quelli di qua, quelli di sopra e di sotto, siamo ancora qui, in mezzo alla crisi.
Bando alle ciance dei keynesiani, dei monetaristi, dei liberisti; che abitino a Chicago, Vienna o in ogni dove, occorre cambiare registro! 
Si scorge all'orizzonte una ragione economica tutta nuova, non v'è debito da fare né da rimettere. 
Suona pressappoco così: La crescita si fa con la spesa. Così viene generato reddito, quel reddito che serve a fare nuova spesa. Tocca allocare quelle risorse di reddito per remunerare chi, con la spesa, remunera.
Si può provare!
Mauro Artibani
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venerdì 13 dicembre 2013

I CONSUMATORI HANNO TORTO. TORTO MARCIO


Sta in piedi davanti al leggìo ma parla a braccio: A quei conigli gliela faccio pagare! 
Con un latrato inizia, bofonchiando numeri continua: Rispetto alla media degli ultimi cinque anni 2 milioni di auto nuove immatricolate all'anno; in 42 mesi di cali continui si sono perse per strada il 35% delle immatricolazioni.
Capito, hanno deciso che per andare da qui a lì si possa andare a piedi. Hanno deciso pure di mangiare meno, non ingrassare e fare meno fitness. Usano addirittura l'usato per non vestire alla moda che passa di moda.
Signori, questa non è la crisi dei consumi, è quella del consumare. Questi impiastri, in 5 anni fanno -9 e noi costretti a ridurre la produzione del 25%. Chiedono meno prestiti in banca e più d'uno manco li restituisce. Fanno combutta, addirittura, con Groupon, pure con Groupalia. Si, insomma con quella roba là, per risparmiare. Dicono che mancano i soldi per fare la spesa; uno di loro addirittura lo scrive: "I redditi erogati dalle imprese, a chi lavora per produrre merci, risultano insufficienti ad acquistare quanto prodotto."
Focoso, ribatte: se lo acchiappo lo sfondo ‘sto capo 'mpiastro. S'approfitta coi suoi, fa finta di non sapere che se paghiamo di più il lavoro pure le nostre merci costano di più. Eppoi chi le compra, se quelle dell'altra parte del mondo costano di meno. Sempre quel coso... dice pure dell'alta disoccupazione. Dell'inoccupazione al 37%, invece, non dice niente. Eggià, basta non essere occupato, così ti mancano i soldi, non spendi. Se poi ti vedono i figli  farlo, lo fanno pure loro cosi magari ti ritrovi 2.200.000 neet che appunto non lavorano e manco studiano. Massì, così fanno tombola e non comprano manco uno sputo.
Mentre fa la chiosa da bar pensa pure: Porc…, quando quelli che lavorano da Amazon, verranno sostutuiti dai droni volerà la produttività dell'impresa e quando questi senza lavoro cominceranno a non fare la spesa calerà però la produttività dell'intero sistema. Cacchio, i fattorini possono essere sostituiti dai droni, i consumatori dal fare la spesa no!
Tra il detto ed il pensato si impantana.
Gli arriva sul tablet un tweet: " ti vedo impallato, ti do una mano". 
A stretto giro gliene arriva un altro: "la crescita si fa con la spesa. Così viene generato reddito, quel reddito che serve a fare nuova spesa. Tocca allocare quelle risorse di reddito per remunerare chi, con la spesa, remunera." 
Porcoggiuda, quel bastardo mi sta a sentire!
Incassa il colpo, fa finta di niente, anzi ribatte: tra noi c'è un infiltrato, dice che la crescita si fa con la spesa, non con la produzione e nemmeno con il lavoro. Vi fischiano le orecchie?
Li sprona. Si impegna, la prende alla lontana: vi ricordate che abbiamo pure ridotto il ciclo di vita dei prodotti, Niente! Cost'aria che tira e i magazzini ancora pieni chi di voi vorrà mettersi a produrre?
Quel fischio diventa ronzio.
Incurante incalza: Tocca fare tattica. Se non si investe per produrre tocca investire per smaltire il prodotto. Se abbassiamo i prezzi ridiamo fiato al loro potere d'acquisto. Capito? Li staniamo, non potranno più sottrarsi alla spesa e nemmeno al dovere fiscale dell'iva. C'è pure un poi. Chi di noi taglierà sarà più competitivo, finirà col vendere così poi potrà ricominciare a produrre.
Pazienti e attenti hanno atteso gli Astanti; attoniti, ora si defilano. 
Non tutti. Uno gli passa accanto, gli strizza l'occhio.

Mauro Artibani
http://www.capiredavverolacrisi.com/il-vero-motore-della-crescita-sono-i-consumatori/

giovedì 5 dicembre 2013

LA GRANDE FAVOLA DELLA PRODUTTIVITA'


C'era una volta Anchise, con la sua impresa vendeva vino, non faceva granchè.
Quando arriva a governare la baracca, Luca, suo figlio, fa quel che andava fatto per rimettere insieme i cocci. 
Con l'automazione aumenta la resa di alcuni processi; con poca gente, e tutta astemia, fa il resto: carica l'uva, spreme l'uva, la fa fermentare, scarta la vernaccia; mette bottiglie, leva bottiglie, le rabbocca ben bene, con il tappo le attappa... e vai: nessuno a tracannar, manco a far cicchetti; niente ciucchi a rallentare i processi.
Fa di più: riduce il costo del lavoro. Giust'appunto di un mercato del lavoro sovraffollato, approfitta: riduce i lavoranti, le ore di lavoro e pure quanto mette loro in tasca. Che gli importa. I suoi clienti bevono, mica sono astemi.
Fa bene il suo lavoro, aumenta la produzione, ancor più la produttività; lima pure i prezzi, si rifà competitivo.
C'era pure Giuseppe. C'era, se n'è andato. Ora tocca a Giulio, amico di Luca, che deve rimettere in sesto l'antica bottega del trapassato genitore.
In onor suo lo fa. Fa strumenti musicali, ficca dentro l'automazione fin dove è possibile. Il resto s'ha da fare con la gente che gli serve. Tutti opportunamente sordi, non cercano i suoni, non battono, non pizzicano, non sparano fiato, anzi alacri piegano tubi, stendono pelli, incollano legni.
La paga? Quel che passa il convento! Tanto loro non comprano musica.
Si, insomma, fa come Luca: stessi eroici genitori, stessa scuola di Management.
Non c'è 2 senza 3, 4, 5, 6: Franco, Claudio, Antonio, Marco; tutti junior, pure loro figli di cotanto padre, a fare merci.
Con un mare di latte fanno fare dolci a diabetici che stanno a dieta; stampare giornali ad illetterati. Pure far fare farmaci a gente che scoppia di salute e che manco si assenta per malattia: bella no? Marco fa ancor di più, non ha bisogno di alcuno, prende il già fatto e lo smercia in rete.
Beh, che dire, quando si smuove quella sempiterna dottrina economica, avvolta nel tricolore, loda e accredita il fatto, cos'altro vuoi dire!
Menager insomma, ecchè menager. Stirano al massimo le risorse produttive che hanno a disposizione. 
Con una reputazione tanta, incasseranno lauti profitti.
Incasseranno?
Già, quelli in salute, dopo aver acquistato quel che gli tocca, avranno ancora spiccioli per farsi una bevuta? 
E al diabetico resterà quanto gli serve per acquistare salute? 
Gli astemi, è noto, non bevono, mangiano però robe di zucchero. Quando possono!
Gli illetterati poi mettono una pezza al leggere suonando. Se non possono, fischiettano!
Lo vedo male Marco vendere a quegli irretiti dalla rete che  mancano del becco d'un quattrino per abboccare all'amo. Non vedo meglio Claudio che con i giornali non venduti il giono dopo incarta il pesce. Franco, forte? Un cacchio, quel latte in magazzino dopo tre giorni caglia: non ci fai più manco lo yogurt!
Non per tirargliela ma, approposito di latte, così finisce tutto in vacca: Claudio denuncia in Procura Antonio per procurato danno. Antonio ribatte citando per danni Marco che non se la tiene e fa un esposto a Franco che, incazzato, querela propio Luca e Giuseppe già denunziatisi a vicenda. Questo da la stura ad un vortice di corsi e ricorsi che dura ancora oggi.
Se questo fanno i Generali, la truppa fa pure peggio: botte dagli orbi ai diabetici, che timorati del sangue, arretrano; arretrando sgambettano proprio quelli abili: diversamente vendetta? Essì, vendetta, vendetta, tremenda vendetta: infuriati gli astemi bevono, si esaltano, si battono con chiunque gli si pari dinanzi.
Tutti contro tutti, insomma: quelli che hanno merci in magazzino ce l'hanno con quelli che non l'acquistano; quelli che rischiano il posto con quelli che li hanno pagati poco e quelli che hanno bisogno di acquistare, ma poco da spendere, con chi ha guadagnato poco.
Un trambusto tira l'altro ed un altro ancora, fin quando interviene quel molosso della quiete pubblica che prende al volo l'obbligo dell'azione penale e confeziona un bell'illecito economico: "Sconquasso da produttività aziendale". 
Alla sbarra quella sbandierata signora che aveva fornito ai Nostri il sostegno dell'ideologia economica. La dottrina che ha consentito di mettere in piedi proprio quelle imprese abborraciate.
Il capo d'imputazione, grosso così, recita: "Quella produttività d'impresa che pensa il lavoro come un costo da abbattere con gli stipendi da tagliare, mentre esclude la risorsa della spesa dal controllo dei processi. Proprio quella spesa, che quando non acquista, non fa quel che gli tocca e quando non può non smaltisce per far riprodurre, non crea occupazione e manco reddito."
Manca pur essa; non c'è, è stata vista altrove. Irreperibile, la signora viene dichiarata contumace.
Stretta la foglia, larga la via, dite la vostra che ho detto la mia.
Mia, del Professional Consumer!
Mauro Artibani
http://www.capiredavverolacrisi.com/il-vero-motore-della-crescita-sono-i-consumatori/