martedì 29 dicembre 2020

IL PARAD’OSSO DI MARIA

L’economia, si dice, sia lo studio del modo in cui i soggetti decisori gestiscono le proprie risorse scarse. Dunque, se nelle case si mostra la necessità di dover gestire le scarse risorse della famiglia, l’economia nasce femmina. Non gestore, gestrice: mamma, chi altri sennò? Papà usciva presto, tornava tardi, guadagnava poco; io e mia sorella, ancor piccini picciò, giocavamo nella piazzetta. Risorse si diceva, “fare economia”, nel ben gestire quel-che-serve-per-vivere e la dignità. Bene, io crescevo nei pantaloni, opportunamente comprati grandi; mia sorella nella gonna. A tavola frugali, meno la domenica con il pollo arrosto. Tutto era scarso da dover far prezzo; la penuria invece tanta, tanto da non farlo. Poi i pollivendoli, sviluppate le competenze, migliorati i processi, aumentato il prodotto, dovettero vendere la mercanzia pure gli altri giorni; chi abbigliava non ci stette più a veder rivoltarsi i cappotti. Accadde, insomma, che la scarsità riuscì, dopo tempo immemore, a fare quel prezzo. Et voilà! Papà porto più soldi a casa, mamma, aggiornò il modo di fare economia, io e mia sorella incontrammo la moda; nel frigorifero, nuovo di zecca, trovò posto il di più acquistato. La penuria cominciò a sbiadire; mamma ci prese gusto, allentò la morsa, accettò la “cambiale”. Si volle tutto e subito! Sarà un caso ma… fu lo stesso slogan del ’68, dei miei diciassette anni; tutti, dovettero pensare ad esser prodighi. Sia come sia, le Imprese, per non perdere l’abbrivio, dettero al marketing l’incarico di prendere in carico la domanda, affinchè a noi restasse solo il dover spendere. Essì, dopo il prodigo toccava d’esser mai satolli, facendo gridare “al vizio al vizio” i Sociologi. Con il “mai satolli” si raggiunse il top generando con la spesa i 2/3 della ricchezza nazionale, affrancandoci pure dal bisogno. Gli impresari incassarono, le cambiali scaddero; in aggiunta agli spicci rimasti in tasca, ci venne dato credito a volontà. Poi venne la crisi del 2007, quest’anno la pandemia e quel credito divenne ancor più debito; ci ritirammo in casa a rimirar il già fatto e quel che si dovrà fare. Beh, per rimirar, proprio alle Imprese toccherà ricapitalizzare quelli della spesa organizzando business che consentono di far utili se e quando, acquistando le loro merci, rifocillano il potere d’acquisto. Massì, intanto che gli Economisti aggiornano i loro paradigmi al nuovo che hanno davanti e la Politica pensa al dopo, dopo le pezze che fin qui ha dovuto mettere, le Economiste fanno. Fanno, quel ch’è possibile fare in quest’oggi del barcameno, del paradosso virtù: una a caso, donna, quasi sempre Maria, di media statura, non bellissima; casalinga. Ha in carico redditi familiari insufficienti, risparmi allo stremo, debito e un compito di ruolo: avere cura. Si, cura della casa, della famiglia, di sé. Per far questo, la vita spesa a fare la spesa, fa. Da un’indagine Adoc sui consumi alimentari, risulta che le famiglie italiane buttano nella pattumiera ogni anno 561 euro di alimenti non utilizzati, il 20% della spesa effettuata. Essì, Maria al mercato trova tanto, troppo; tutto. L’eccesso di offerta la circuisce e la sovrasta: silente e oberata, obbedisce. Acquista ciò che trova, non domanda ciò che vuole. Proprio in quell’agire sembra trovare significato il suo fare. Il totem del Pil da’ supporto all’obbligo di quell’acquisto smisurato che genera ricchezza. Ricchezza che, condita con debito, sprechi, rifiuti, deserti di solitudine, manifesta gigantesche diseconomie. Provata da cotanto fervore, che pur inebria, si indigna e si ingegna: ne deve uscire. Ne esce. Per farlo si informa, pondera, medita, comprende, valuta. Scopre che sono soprattutto donne, deluse da Babbo Natale, le più propense al riciclo dei regali su eBay. Ben 3.700.000 i regali riciclati, oltre 4.000 i regali rimessi in vendita da coloro che li hanno ricevuti e non apprezzati. Questo il fatto, ecchè fatto: si è rotto l'incantesimo. Certo è appena una traccia, ancora labile. Merita attenzione però, può portare lontano. Maria se ne avvede, cambia marcia: visto cotanti doni, perchè non trasformarli in merce e venderli a chi ne apprezzi il valore? Queste azioni lasciano intravvedere i prodromi di un ruolo tutt’affatto diverso. Impara a frequentare, in forma tattica, la "privazione" pure la "rinuncia"; già avvezza al "sacrificio", spariglierà le carte dei produttori che avranno da meditare; potrà far loro concorrenza. Dalla sua ha quell'affrancamento dal bisogno che darà sostegno a queste azioni. C'è un valore, c'è un prezzo: 1000 euro. Bruno li spende per regalare a Maria. Maria riceve il dono, compiaciuta ringrazia. Ha già una pelliccia, decide di rivenderla: lo stesso valore fa due volte prezzo, si genera più ricchezza. Un trionfo: guadagna denaro, utilizzando lo stesso bene; non impiega risorse, non smaltisce, non inquina. Anzi ridispone per intero il fare, il dire, il pensare; un progetto di “benessere” che fornisce nuovo senso all’azione, calibra i gesti, istituisce misura. Sceglie, propone attese, infine dispone. Si, dispone quantità e qualità; obbliga l’offerta, ripristina equilibri e compatibilità, scrolla inerzie. Costringe risposte, indica vie, confeziona strategie di responsabilità. Alè Maria, ben più che casalinga! Si un altro modo di prendersi cura forgiando un parad’osso; ‘stavolta con tanta ciccia intorno! Mauro Artibani, l'economaio https://www.amazon.it/s/ref=nb_sb_ss_i_3_7?__mk_it_IT=%C3%85M%C3%85%C5%BD%C3%95%C3%91&url=search-alias%3Daps&field-keywords=mauro+artibani&sprefix=mauro+a%2Caps%2C207&crid=E9J469DZF3RA

martedì 22 dicembre 2020

LA PANDEMIA E IL CAPITALISMO DEGLI STAKEHOLDER

Col cavolo del Covid, si cominciano a vedere in giro lobby che fanno l’interesse di altre lobby per poter continuare a fare il loro. Tant’è, madama la marchesa! Nel sistema circolare dell’economia dei consumi, questo tocca fare per poter far al meglio per sè e per Tutti. Andiamo al sodo, il fatto non è nuovo. Henry Ford lo fece oltre cent’anni fa, seppur d’allora poc’altro sia stato fatto: lo scorso anno alcuni animal spirits di razza, fiutando l’aria, sentono puzza di covid; organizzano una truppa mettendo in piedi una lobby, la Business Roundtable (BRT), un gruppo che, seppur fondato nel 1972, solo di questi tempi mira a promuovere una crescita economica inclusiva attraverso una sana politica pubblica. L’impegno dei 206 CEO di grandi aziende statunitensi che lo organizzano, vuole ridefinire lo scopo delle politiche aziendali per concentrarsi maggiormente sugli stakeholder”. Presi in parola, quelli di Schroders fanno le pulci su come si siano comportate le stesse aziende in questo particolare contesto. Beh, nel grafico si nota come i firmatari della Business Roundtable abbiano ottenuto risultati migliori rispetto ai non firmatari ma, sottolineano i managers di Schroders, “Emerge il sospetto che, all’interno degli stakeholder, i clienti siano considerati più importanti rispetto ai dipendenti, forse per il rischio di perdita di quote di mercato superiore al rischio di turnover dei lavoratori; in particolare, circa la metà di tutte le aziende ha accontentato i clienti riducendo i prezzi, rinviando i pagamenti e mantenendo le utenze essenziali”. Ehi, però, sebbene i membri BRT precedano le altre società, non membre, i benefit risultano al di sotto del 50%. Beh, difficile dire se, ai Consumatori, quel sotto il 50% basti per poter svolgere il ruolo deputato all’interno del meccanismo economico. Sia come sia, finalmente però a quelli della spesa viene riconosciuto l’esser lobby. Forse perché non sembra esistere altro modo per poter fornire continuità al ciclo economico e al profitto delle Imprese? Tanto che gli Schroders si lasciano andare all’ottimismo: “Crediamo che il rapporto tra le aziende e i loro stakeholder stia evolvendo e che la pandemia abbia accelerato questa tendenza. Riteniamo che stia emergendo un nuovo contratto sociale…” Contratto sociale? Toh, pressappoco quello postulato anni or sono, come “il Capitalismo dei “Consumatori”, proprio là dove fa prezzo il maggior valore del consumare rispetto al produrre! Mauro Artibani, l'economaio https://www.amazon.it/s/ref=nb_sb_ss_i_3_7?__mk_it_IT=%C3%85M%C3%85%C5%BD%C3%95%C3%91&url=search-alias%3Daps&field-keywords=mauro+artibani&sprefix=mauro+a%2Caps%2C207&crid=E9J469DZF3RA

lunedì 14 dicembre 2020

…. E SE FOSSE “FOR THE NEXT UE GENERATION”?

Next Generation EU, una risposta eccezionale ad una situazione eccezionale. Il totale degli aiuti non potrà superare i 750 miliardi, l’indebitamento dovrà terminare al massimo a fine 2026, i soldi dovranno essere usati per combattere le conseguenze economiche della crisi Covid-19, i fondi potranno essere usati per prestiti fino a un massimo di 360 miliardi e spese fino a 390 miliardi. Daje, un piano d’intervento di dimensioni mai viste prima, facilmente accessibile da parte degli Stati membri, probabilmente idoneo a facilitare l’implementazione di trasformazioni necessarie dell’organizzazione economica europea per la transizione verso un’economia verde e sviluppo del settore digitale. Dunque, verranno all’uopo fatti piani e proclami su a chi, percome e perquando, poterli conferire. Beh, sommessamente, un’ideuzza l’avrei…… se prima della pandemia di COVID-19 la disoccupazione giovanile nell’UE stava al 14,9%, ad agosto 2020 sale al 17,6%; a fine d’anno sarà dannazione per tutti! Essì le previsioni economiche, dell’estate 2020, della Commissione europea dicono di una contrazione dell’economia pari all’8,3% in capo d’anno. Signori benpensanti, se prima, durante e dopo la pandemia si continueranno a tener fuori dal sistema economico/produttivo proprio quelle next generation, che dispongono del mix di capitale umano/sociale per migliorare la produttività del produrre e la predisposizione innata ad esercitare l’esercizio di consumazione come mai prima nella storia, quelle previsioni della Commissione europea saranno il minimo che possa capitare. Suvvia gente, voler fare le nozze meste della crescita tenendo i boys in stand by, per l’amordiddio aumentando ancora il debito, si può; con loro agenti, quelle stesse nozze possono esser regali! Pure perché la spinta alla produttività del sistema, fornita dalla loro doppia azione, consente di generare la ricchezza che ripaga ampiamente i costi dell’esercizio; proprio quelli fin qui pagati con il debito! Mauro Artibani, l'economaio https://www.amazon.it/s/ref=nb_sb_ss_i_3_7?__mk_it_IT=%C3%85M%C3%85%C5%BD%C3%95%C3%91&url=search-alias%3Daps&field-keywords=mauro+artibani&sprefix=mauro+a%2Caps%2C207&crid=E9J469DZF3RA

martedì 8 dicembre 2020

IL PARADOSSO DEL DEBITO

“Ognuno fa il meglio che può con le risorse che ha a disposizione”. Bene, di questi tempi grami, andiamo a vedere le carte. Che il debito una risorsa possa esserlo ci siamo; quando, per quelli dell’FMI, il debito pubblico globale arriva al 101,5% surroga pure la ricchezza che lo ripaga, riproducendo se stesso. Si, insomma, quello che si genera in termini di ricchezza annuale, risulta a malapena sufficiente a pagare i debiti che son stati contratti. Ehi, mica finisce qui, non esiste solo il debito pubblico mondiale, v’è pure l’iper indebitamento di famiglie e imprese. Insieme fanno il debito aggregato che, a livello globale, raggiunge la cifra spaventosa del 365% rispetto al PIL prodotto. Debito fatto da quelli della spesa, pur’essa aggregata, per poter fare la crescita economica. Urca, se son quasi quattro volte le capacità di ripagarlo, si potrà? Si potrà quando e solo se la risorsa/debito, ripaga più di quanto costa. Dunque, se i paesi sviluppati sono indebitati al 432% del PIL e quelli in via di sviluppo stanno al 64%, come dice Il Sole 24 Ore, tocca distinguere. Beh, i conti son facili da farsi: i paesi sviluppati, avviluppati da un cumulo di inefficienze, le imprese affaticate da una strutturale capacità produttiva inutilizzata, le famiglie ingolfate dalla troppa spesa fatta a debito, gli stati costretti ad usare il debito per pagare il costo del debito, la sanità e le pensioni a gente sempre più anziana e con un misero resto per migliorare la produttività del sistema paese; i paesi in via di sviluppo, scalmanati, con le imprese che investono per recuperare gli svantaggi accumulati nella penuria; le famiglie per fare la spesa, buona ad affrancarsi dalla quella stessa penuria e gli Stati che investono per attrezzarsi a competere non avendo magari la sanità da finanziare, pochi anziani da “pensionare” ed un contenuto costo del debito da onorare. Dispari insomma il contributo fornito, alla produttività totale, dal fattore spesa aggregata. Essì, già nel 2016 l’Unicef disse come la crescita globale del PIL stava al 2,4%; i paesi in via di sviluppo segnavano una crescita del 4,1%, quelli sviluppati dell’1,7%. Tutto questo mostra chi meglio fa con il debito a disposizione. Essì Signori dei conti, per quelli agili e scattanti il debito si fa risorsa; per gli imbolsiti solo gravame! Mauro Artibani, l'economaio https://www.amazon.it/s/ref=nb_sb_ss_i_3_7?__mk_it_IT=%C3%85M%C3%85%C5%BD%C3%95%C3%91&url=search-alias%3Daps&field-keywords=mauro+artibani&sprefix=mauro+a%2Caps%2C207&crid=E9J469DZF3RA

mercoledì 2 dicembre 2020

NON PREVEDERE IL FUTURO; CONSENTIRLO, INVECE!

"Il compito non è prevedere il futuro ma di consentirlo", ridice la Lagarde dopo averlo detto De Saint-Exupéry; poi ci metti il carico da undici con il dettame della NPL: “Ognuno fa il meglio che può con le risorse che ha a disposizione”. Bene, di questi tempi grami, andiamo a vedere le carte. La Francia si schiera contro il "Black Friday". Si, quel "venerdì nero" degli acquisti scontati che negli Stati Uniti segue il giorno del Ringraziamento e da’ il via allo shopping natalizio. A fare il primo passo, per limitare questo fenomeno del marketing dilagato anche in Europa, sono i deputati della commissione per lo Sviluppo sostenibile dell'Assemblea nazionale francese che hanno approvato un emendamento per introdurre il divieto delle campagne promozionali, legate al "Black Friday", stoppando magari Amazon e soci. Signori, la pandemia da Covid-19 ha avuto importanti ripercussioni sugli aspetti della vita quotidiana delle persone in tutto il mondo. Giust’appunto, pure la necessità di rivedere le proprie spese e l'accesso limitato ai negozi fisici. Questo dicono i risultati di una nuova indagine condotta da Kaspersky che ha rivelato che l'82% della gente, durante il Black Friday, sembra disposta a condividere i propri dati personali, come indirizzo email e numero di telefono, in cambio di offerte e sconti. Essì, questo accade quando i consumi continuano a diminuire. In Italia segnano in ottobre una flessione peggiore dei mesi precedenti, complici le restrizioni adottate nel mese da ristoranti, bar e negozi non alimentari oltre che dei centri commerciali nei week-end. Secondo l’Osservatorio permanente Confimprese-EY i consumi sono scesi a ottobre del 24,7%, rispetto allo stesso mese del 2019. Tatatà: Frenano, inevitabilmente, pure fatturato e ordinativi dell'industria a settembre. L'Istat stima che il fatturato dell'industria, al netto dei fattori stagionali, diminuisca in termini congiunturali del 3,2%, interrompendo la dinamica positiva registrata nei quattro mesi precedenti. Orbene, dopo aver messo le carte in tavola, occorre giocarle. Eggià, con il Natale alle porte, sono molte le persone che stanno pensando a come massimizzare i risparmi senza rinunciare ai regali. Vendere al meglio le scarse risorse. Si, più son scarse, più valgono; più s’ha d’alzare il prezzo per poter averle e disporne! Beh, in questo può stare il modo di poterci consentire il futuro; ben altro che prevederlo! Mauro Artibani, l'economaio https://www.amazon.it/s/ref=nb_sb_ss_i_3_7?__mk_it_IT=%C3%85M%C3%85%C5%BD%C3%95%C3%91&url=search-alias%3Daps&field-keywords=mauro+artibani&sprefix=mauro+a%2Caps%2C207&crid=E9J469DZF3RA

mercoledì 25 novembre 2020

Biden, l'economia e il ragno nel buco

Nella sua marcia di avvicinamento alla Casa Bianca, Biden ha prima sentito i Ceo di alcune grandi società, da Gm a Microsoft, poi i Sindacati infine ha illustrato il suo piano per rilanciare l'economia del Paese dalla sua casa a Wilmington: "È ora di premiare il lavoro, non solo la ricchezza. Servono nuovi posti di lavoro buoni e dignitosi" ha aggiunto, annunciando la creazione di tre milioni di posti di lavoro "ben pagati", promettendo una paga minima nazionale di 15 dollari l'ora e, ancora, la lotta alle diseguaglianze economiche e sociali. Dunque, ad occhio e croce, niente di nuovo sotto il sole. Gli interlocutori sempre gli stessi: capitale e lavoro. Ai primi promette trilioni di dollari, destinati a rafforzare la manifattura statunitense, espandere la copertura del sistema sanitario e combattere il cambiamento climatico. I sindacati avranno, invece, più potere nella sua amministrazione, sottolineando il loro contributo alla classe media. Poi…. mi venga un colpo, premiare non solo la ricchezza? Forse intendeva dire premiare non solo quelli che la ricchezza la intascano? Sia come sia, neo Presidente, nel tentar di rimettere in sesto una economia sbilenca non tocca certo premiare la ricchezza ma chi, con la spesa, l’ha generata. Nell’Economia dei Consumi, che lei si accinge a governare, non valgono i paradigmi consunti di prima: quella la ricchezza si genera con la crescita che si fa con la spesa; quella spesa che, smaltendo il già prodotto, fa riprodurre senza dover rincorrere i trilioni di dollari promessi. Quella stessa spesa che, non con le leggi, genera buoni posti di lavoro e dignitosamente li remunera. Presidente, in questo buco sta il ragno della spesa: defiscalizzi gli oneri di quelle Imprese in grado di attrezzare business che facciano utili se e quando i consumatori, acquistando le loro merci, rifocillano il potere d’acquisto. “Fiscalizzi” invece quelle renitenti! Prosit! Mauro Artibani, l'economaio https://www.amazon.it/s/ref=nb_sb_ss_i_3_7?__mk_it_IT=%C3%85M%C3%85%C5%BD%C3%95%C3%91&url=search-alias%3Daps&field-keywords=mauro+artibani&sprefix=mauro+a%2Caps%2C207&crid=E9J469DZF3RA

martedì 17 novembre 2020

EHI, TRUMP, TE LO AVEVO DETTO

Basta! Uffa! 279 a 214 e palla al centro. Dunque, Trump, te lo avevo detto quattro anni or sono. Vero, i neri non votarono, prendesti però gli ispanici, i latini, e quelli che abitano la rust belt. Tutta gente che la crisi economica aveva avvolto di penuria. Oggi, quegli stessi ti hanno fatto fuori. Sai cosè? Quando parli e pensi con 75 vocaboli, una grammatica rabberciata, una sintassi che non sai cosa sia, usi twitter, che va bene al tuo pensiero stringato, per governare il mondo più complesso di sempre ancorchè pandemizzato, beh… non ce la fai. Quando poi gli ex sodali* ti fanno il verso; vai in giro senza mascherina nel paese più contagiato del mondo; te ne freghi della questione ambientale, alzi muri pensando di poter fermare la disperazione e con i dazi salvi le imprese zombie di casa riducendo ancor più il potere d’acquisto dei penati. Quando tutti questi si smarcano, i voti li perdi. Dunque, se il vecchio Capo arancione viene costretto a lasciare il posto ad un capo imbiancato, mentre la musica è la stessa di quattro anni fa + la pandemia ed io sto come prima in mezzo alla crisi e non lavoro, per non arrugginire, pensando e ripensando, mando una pensata a Biden. Con un tweet: "La crescita si fa con la spesa, non con la produzione né con il lavoro, ancora meno con i dazi. Così viene generato reddito, quel reddito che serve a fare nuova spesa. Tocca allocare quelle risorse di reddito per remunerare chi, con la spesa, paga tutti." In mezzo ad una società sempre più polarizzata, quel che già avevo detto a Trump, vale tutt’intero per i prossimi quattro anni di Biden. Ehi, nel 2024 dici di volerci riprovare? Beh, provaci, intanto a partire da oggi, tada’ datta’! *Bannon: "Il secondo mandato inizierà con il licenziamento di Wray e di Fauci...andrei anche oltre ma il presidente è un uomo di cuore". "Io, invece - ha continuato - tornerei direttamente ai tempi dei Tudor, in Inghilterra. Metterei le loro teste su dei pali ai due angoli della Casa Bianca, per lanciare un avvertimento ai burocrati federali: o vi allineate al programma o siete finiti". Mauro Artibani, l'economaio https://www.amazon.it/s/ref=nb_sb_ss_i_3_7?__mk_it_IT=%C3%85M%C3%85%C5%BD%C3%95%C3%91&url=search-alias%3Daps&field-keywords=mauro+artibani&sprefix=mauro+a%2Caps%2C207&crid=E9J469DZF3RA

martedì 10 novembre 2020

KEYNES, MARIA E IL GIUBILEO DEL DEBITO

La mia spesa è il vostro reddito!* Suvvia, non è difficile! Lo sa anche la Maria, l’economa che sta nelle case di tutti per prendersi cura. Sa che se spende oggi, domani il marito potrà riportare ancora soldi a casa. Si, insomma, l’icastico Lord Keynes lo pensa e, il 4 gennaio del ‘33, lo dice; la massaia, l’esercizio invece lo pratica. Nel pensiero dell’economista sta pure un dubbio: lo nomina “paradosso della parsimonia”. Funziona pressappoco così: Marco ha più di quanto spende, lo mette da parte; se lo fanno tutti i Marchi finirà che al mercato resterà merce invenduta. Quella minor spesa fatta, ridurrà il reddito disponibile di tutti, pure il suo; per compensare l’ammanco dovrà attingere a quel gruzzolo risparmiato. Bella no? Ci son poi quelli che non sono Marco; per non mancare alla spesa son costretti ad attingere al credito, seppur traballante, dei Marchi che, non restituito, poi diverrà debito. Maria, ascolta e ammicca. Sa pure che nel mondo ci stanno marie e marie; la Maria che ha più di quanto spende e quella, all’opposto, che ha meno per farlo. Massì, un paradosso tira l’altro; quello della “propensione al consumo” che mette in scena la disposizione degli individui all’acquisto. Anche questa volta il nostro beneamato Sir scorge come la disponibilità di reddito risulti inversa alla propensione alla spesa. Le Marie, invece, la vivono; sanno che la propensione al consumo scende in presenza di un reddito elevato, sale in presenza di un basso reddito; collassa di fronte a redditi insufficienti e risparmi inesistenti. Dunque, chi ha molto e non spende tutto per acquistare, sottrae risorse di denaro alla spesa per fare la crescita; chi ha poco spende tutto; chi non ha spende niente. Quelli benestanti si mostrano resistenti all’acquisto; quelli in mezzo fanno quel che possono; quelli “insufficienti”..... niente. Propensioni alla spesa così disallineate riducono la capacità d'acquisto, fanno aumentare un’offerta già in eccesso; sollecitano altro debito. Con il debito costretto qui, necessario lì, s’impone un terzo paradosso che tento invano di far ratificare; mette in scena un ossimoro: generare ricchezza con il debito! Venne reso istituto nel ferragosto del ’71 a Camp David, da lì dilaga; nel 2007 deflagra con il debito di 250 trilioni di dollari, circa tre volte il PIL globale. Oggi, ficcati nella pandemia, toccherà ancor più ballare con un debito che ancor più sale e una ricchezza che ancor più scende. Ecco, appunto, quest’ultimo paradosso forse Keynes non avrebbe potuto metterlo nel conto; credete saranno disposti a farlo i keynesiani di oggi? Beh, qualcuno intanto favoleggia di “giubileo del debito”. Qualcuno appunto che, con marchingegni politico/finanziari, tenta di rimuovere gli effetti del debito lasciando intatte le cause che lo generano: quelle esposte nei paradossi di Keynes e che Maria maledice! Un giubileo, insomma, che faccia sparire il corpo del reato per poter ricominciare di nuovo a “reatoare”. Bella no? *Da una conversazione radiofonica tra Keynes e Sir Josiah Stamp sulla stupidità dei governi nazionali nell’imporre sacrifici. Il dialogo fu trasmesso dalla BBC il 4 gennaio 1933. Mauro Artibani, l'economaio https://www.amazon.it/s/ref=nb_sb_ss_i_3_7?__mk_it_IT=%C3%85M%C3%85%C5%BD%C3%95%C3%91&url=search-alias%3Daps&field-keywords=mauro+artibani&sprefix=mauro+a%2Caps%2C207&crid=E9J469DZF3RA

martedì 3 novembre 2020

AGLI SCALMANATI, CALMA E GESSO!

La recente impennata dei contagi da coronavirus dispone a maggiori preoccupazioni, non solo per la salute ma anche per il portafoglio. Per non ritrovarsi incastrati, come a marzo, gli italiani hanno dato il via alla corsa verso i risparmi. In base ai dati presentati dal bollettino Abi di settembre la liquidità sui depositi è aumentata, rispetto al 2019, dell’8% fino a quota 1.682 miliardi, in aumento di 125 miliardi. Ma a fine agosto la liquidità era già su quei livelli, a 1.671 miliardi. Fa i conti il Sole 24 Ore che, non pago, si domanda: “Poiché la nuova impennata di diffusione del virus si è verificata a partire da inizio ottobre, sarà interessante verificare quale sarà il dato sulla liquidità alla fine di questo mese”. Numeri che fanno trasalire guardando al Pil del Paese che, a fine 2019, era pari a 1.787 miliardi. Cavolo, vuoi vedere che se la liquidità sui depositi cresce in maniera direttamente proporzionale all’aumentare delle preoccupazioni degli italiani, il Pil cala invece in maniera inversamente proporzionale e per effetto delle restrizioni anti-Covid? Già sento ronzare il solito refrain su “la sfiducia che riduce la domanda dei consumatori”. Calma e gesso! Non è con il cinguettare sulla fiducia che si può arrivare a dama. Quando quella domanda si trova costretta nella pandemia a rifare i conti, s’accorge come dovrebbe acquistare solo quel po' che è di bisogno; l’altro, l’oltre il 70%, serve a poco o niente. Beh, si s-domanda allora e chi ci rimette ci rimette. Dunque, ci rimettono, pari pari, quelli che fanno offerta. Già, c’è offerta e offerta però. Con Amazon Shopper Panel gli utenti potranno ricevere fino a dieci dollari al mese caricando le ricevute di negozi, farmacie e attività di intrattenimento come cinema, teatri e ristoranti Amazon vuole i dati dei propri clienti. Ed è disposta a pagarli. Il gigante dell’e-commerce ha lanciato Amazon Shopper Panel, un programma volto ad ottenere le informazioni degli acquisti che gli utenti fanno al di fuori della piattaforma, in cambio di un piccolo incentivo economico. “L’obiettivo è aiutare i marchi a offrire prodotti migliori e rendere più pertinenti gli annunci pubblicitari sul sito”, si legge sulla pagina web dell’iniziativa. Dunque, sembra che la regina delle vendite online paghi noi per avere quelle informazioni sensibili da poter rivendere poi alle imprese. Informazioni necessarie per poter confezionare prodotti più appetibili da vendere, poi, sulla piattaforma a clienti mirati, quelli che ancora sfuggono a Bezos: due piccioni con una fava, forse tre. Bella no? Sia come sia, al mercato pure una domanda sempre più scarsa aumenta di valore; si, insomma, comincia a fare prezzo! Se fiducia c’è da essere, insomma, la si paghi! Toh, vuoi vedere che dentro questi giorni tristi alle Imprese toccherà riorganizzare business che consentiranno di fare utili se e quando i consumatori, acquistando le loro merci, potranno migliorare il potere d’acquisto? Mauro Artibani, l'economaio https://www.amazon.it/s/ref=nb_sb_ss_i_3_7?__mk_it_IT=%C3%85M%C3%85%C5%BD%C3%95%C3%91&url=search-alias%3Daps&field-keywords=mauro+artibani&sprefix=mauro+a%2Caps%2C207&crid=E9J469DZF3RA

mercoledì 28 ottobre 2020

APPROPOSITO DI DEBITO, QUELLO MISURATO DALL’IMPRONTA ECOLOGICA.

Dannazione, sai quando passa la storia e non t’accorgi. Giust’appunto l'Earth Overshoot Day, quello che indica il giorno nel quale l'umanità consuma interamente le risorse prodotte dal pianeta nell'intero anno. Quest'anno, a causa della crisi economica dovuta al lockdown, la data di inizio ufficiale del nostro debito con il Pianeta risulta scaduta il 22 agosto; nel 2019 era stata il 29 luglio. Da quel dì e per il resto d’anno, il mondo userà più risorse di quelle che la Terra genera. La dannata misura viene calcolata per “impronta ecologica”, quell’indice statistico che confronta l’impiego umano delle risorse naturali con la capacità della Terra di rigenerarle; il costo insomma pagato dalla Terra per generare la ricchezza che si ritiene necessaria a far star bene chi l’abita. Ricchezza che viene generata nello scambio tra chi produce e chi consuma. Ricchezza, tra l’altro, già abbondantemente surrogata con il debito; vieppiù con il credito preso a prestito dalla Terra dopo l’overshoot day che la indebita. Per il calcolo si stima l’area, biologicamente produttiva, necessaria a rigenerare le risorse impiegate per produrre merci e ad assorbirne i residui delle merci consumate. Si dirà, dando forza al paradosso: questo è il prezzo da dover pagare alla condizione benestante. Già, come a voler dire possano esistere pasti gratis. Ennò cocchi se domanda ha da esserci, per generare con la spesa la ricchezza, domanda sia: ecosostenibile, ipoenergivora, riciclabile, ignuda di packaging sfrontati. Il costo? Beh, in parte risibile se nel mondo benestante, che più lascia l’impronta profonda, si è affrancati dal bisogno ed il 70% della spesa viene fatta invece per dar ristoro ad emozioni, passioni finanche esperienze; di certo fungibile con il prezzo di un bel tramonto, andar per lucciole, passeggiare sul bagnasciuga. Tra i vantaggi, oltre l’aver un passo meno pesante nel calcare la terra, v’è pure il poter migliorare il potere d’acquisto. Essissignori questo, prima o poi, potrà accadere in un mondo nel quale vige la regola che si guadagni in ragione dell’efficienza e della produttività dell’esercizio reso. Un esercizio di consumazione di tal fatta consente di migliorare l’impiego delle risorse dalla terra; ridurne il debito che l’indebita, poterla accortamente ancora usare. E… quel potere d’acquisto migliorato, dite? Beh, cos’altro voler di più da un potere così, che da verbuccio di fila si fa sostantivo, per l’efficienza e la produttività che mette in campo! Mauro Artibani, l'economaio https://www.amazon.it/s/ref=nb_sb_ss_i_3_7?__mk_it_IT=%C3%85M%C3%85%C5%BD%C3%95%C3%91&url=search-alias%3Daps&field-keywords=mauro+artibani&sprefix=mauro+a%2Caps%2C207&crid=E9J469DZF3RA

mercoledì 21 ottobre 2020

DI QUESTI TEMPI, PRIMUM VIVERE DEINDE PHILOSOPHARI

Primum vivere, deinde philosophari. Thomas Hobbes la metteva così. D’accordo, allora primum quella spesa, resa indifferibile per generare la ricchezza di cui si ha bisogno per poter vivere la vita; una vita fatta così rende necessaria nuova produzione e lavoro, prodromi per generare nuova spesa. Si, così nuova ricchezza e continuare a poter vivere; con il prelievo fiscale racimolato si finanzia la quella spesa pubblica che, garantendo l’istruzione, la sanità, la sicurezza, la prevenzione, la dotazione infrastrutturale, rende ancor migliore la vita. Poi, senz’attendere che finisca il primum, magari per intestarsi la paternità del tutto, s’insinua di soppiatto un assunto di “senso”. Beh, frutto più che del philosophari, di una combutta di economisti che, nel far “theoria”, trova la summa nel paradigma che attribuisce alle Imprese la generazione di tutta quella ricchezza pur senza, di fatto, averla generata. Tant’è! Incassato il malloppo tocca loro doverlo trasferire: con gli utili, a sè medesime; con il salario a chi per esse ha lavorato. Incuranti nell’allocare se, quel potere d’acquisto - generatore del malloppo, trovi il ristoro adeguato per potersi riprodurre. Bene seppur, nell’economia della produzione, tutto questo un sense l’ha avuto; diventa nonsense in quella dei Consumi tanto che, di fronte ai fatti che scuotono proprio la generazione della ricchezza, le imprese non si raccapezzano. Essì, quando, il 10 ottobre del ’20, reclamano un cambio di paradigma per la politica economica e, per bocca del patron Bonomi, nel paragrafo dedicato alle policy per la crescita, dicono: “Dall’inizio degli anni Novanta a oggi, dopo ogni crisi, l’Italia si è adagiata su ritmi di crescita man mano più modesti. In termini di PIL pro-capite, con la crisi da COVID-19, l’Italia è tornata ai livelli di fine anni Ottanta.” Cavolo…. rei confessi se, in questi 30 anni, si è generata penuria! Approposito, ai quei combutti dottrinari non sembra andare meglio se, il premio Nobel 2020 dell'Economia, viene assegnato agli statunitensi Paul R. Milgrom e Robert B. Wilsom "per i miglioramenti che hanno approntato alla teoria delle aste e l'invenzione di nuove forme di aste". Bella no? Mauro Artibani, l'economaio https://www.amazon.it/s/ref=nb_sb_ss_i_3_7?__mk_it_IT=%C3%85M%C3%85%C5%BD%C3%95%C3%91&url=search-alias%3Daps&field-keywords=mauro+artibani&sprefix=mauro+a%2Caps%2C207&crid=E9J469DZF3RA

martedì 13 ottobre 2020

LA PANDEMIA SCOPRE LE CARTE DEI CARTOMANTI

La pandemia, il Killer; l’Istat, imperterrita, il pandemonio lo indaga, stilando i dati: per le famiglie diminuisce il reddito e cresce la propensione al risparmio. Fosca a dir poco appare la fotografia dell’economia italiana scattata nel trimestre del pandemonio. Nel periodo compreso fra aprile e giugno 2020, infatti, il reddito disponibile delle famiglie risulta diminuito del 5,8% rispetto al trimestre precedente, con un calo dei consumi arrivato all’11,5%. Non paga, mette il dito nella piaga: “Diminuisce il reddito e cresce la propensione al risparmio” poi precisa come “per le famiglie italiane il periodo più duro del lockdown abbia coinciso con un incremento di 5,3 punti per la propensione al risparmio (al 18,6%).” Sono calati, insomma, sia i redditi sia i consumi in modo più che proporzionale a causa di un aumento della prudenza da parte delle famiglie. Oddio, prudenza…. forse, sapienza; ancor di più, lungimiranza! Si, mira lungo la famiglia, diamo un’occhiata. Sa di essere affrancata dal bisogno, tanto da non poter esser presa per fame; come sa che della spesa che gli tocca fare, per fare i 2/3 della crescita, son consumi superflui. Sa, insomma di esser forte, così come sa che non potranno esserlo allo stesso modo i figli. Che fa? Beh, se mette i soldi al pizzo per spizzarli domani ai suoi “piezz‘e core” fa mancare l’acqua ai pozzi e aspetta che finisca il pandemonio. Può! Chi non può? I cartomanti, per esempio, che continuano a dare le carte di quella reflazione che falsa i prezzi ma non funziona. No, Presidente Bonomi, lasci stare; non ricominci con l’accusa di “pregiudizio antimpresa”. Stavolta no. “E’ il mercato bellezza”, niente scuse per non far fare il prezzo al valore produttivo della forza di quel fare la spesa, che dovrà pagare chi avrà tutto da guadagnare, altrimenti… beh, faccia Lei. Uff… dal momento che il tempo stringe, se prima lo pensavo, ora ho dovuto dirlo. Tutto d’un fiato! Mauro Artibani, l'economaio https://www.amazon.it/s/ref=nb_sb_ss_i_3_7?__mk_it_IT=%C3%85M%C3%85%C5%BD%C3%95%C3%91&url=search-alias%3Daps&field-keywords=mauro+artibani&sprefix=mauro+a%2Caps%2C207&crid=E9J469DZF3RA

martedì 6 ottobre 2020

IERI, OGGI E DOMANI POI ANCORA IERI

In tutto il mondo le chiusure dell’economia, adottate per contenere la diffusione del coronavirus, sono costate care ai lavoratori, in particolare nei Paesi a medio-basso reddito. Secondo le ultime stime dell’Organizzazione internazionale del Lavoro, nei primi nove mesi dell’anno, i redditi da lavoro nel mondo si sono ridotti di ben 3.500 miliardi di dollari, ovvero del 10,7% rispetto allo stesso periodo di un anno fa. Un dato che non tiene conto delle misure di sostegno diretto ai redditi messe in campo dai governi – benché adottate prevalentemente nei Paesi più ricchi del pianeta. Le evidenze raccolte da quelli dell’ILO hanno potuto confermare come gli interventi di spesa pubblica, nei mesi della pandemia, sono riusciti a tamponare la perdita dei redditi da lavoro e delle ore lavorate. Uno stimolo fiscale aggiuntivo nella misura dell’1% del Pil annuo riduce la perdita delle ore lavorate dello 0,8%. Tuttavia, sebbene i pacchetti di stimolo fiscale abbiano svolto un ruolo significativo nel sostenere l’attività economica e ridurre il calo dell’orario di lavoro, si sono concentrati nei paesi ad alto reddito”. Pure l’Ufficio Economico Confesercenti, sulla base di elaborazioni condotte su dati Istat, Svimez e SWG, fa i conti, in casa nostra però: “Cig, bonus e sostegni fiscali non bastano a mettere al riparo i redditi degli italiani dalla tempesta Covid. E, nonostante la mole di aiuti introdotta dallo Stato, alla fine dell’anno le famiglie si troveranno a perdere ciascuna in media -1.257 euro l’anno, per un totale di 32 miliardi di euro di reddito annuale, bruciati dall’emergenza sanitaria e dal conseguente rallentamento economico. Un problema visto che gli italiani hanno risposto alla riduzione dei redditi incrementando la prudenza. E fanno le formiche, aumentando il risparmio e praticando tagli draconiani alla spesa. Che, nel solo semestre trascorso, è scesa di -2.304 euro.” Il governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, nel suo intervento al Festival dell’Economia di Trento fa i conti, confronta poi stima: ″È vero che da noi la situazione sembra più contenuta rispetto ad altri paesi ma i consumi sono frenati; c’è un risparmio che non è più forzato dal periodo di chiusura ma è legato alla precauzione che tiene bassi i consumi. C’è uno stato di incertezza complessivo che ci accompagnerà per un certo periodo ma nessun economista ha la sfera di cristallo. Non siamo in grado di prevedere il futuro”. D’accordo, la sfera di cristallo no; lo specchietto retrovisore, per poter intravvedere oggi quel che non si è voluto vedere ieri e poter stimare il domani, forse si. Chi oggi con la spesa deve far la crescita, non può non dover rammentare quando ieri i padri non abbiano dovuto aiutare noi figli a star meglio e dover considerare come invece ci toccherà oggi farlo con i nostri, perché quel benessere che si va rincorrendo per il domani sembra appartenere ad un inesorabile ieri. Dunque, quel non visto può esser raccontato così: nel mercato si è progressivamente generato lo squilibrio tra un’offerta sovrabbondante e una domanda che, per smaltire quel sovrappiù, ha finito con l’affrancare i consumatori dal bisogno. Da qui a perdere slancio la crescita, poi l’occupazione, il lavoro e il reddito… beh questo il minimo di quel che possa capitare. Approposito, per non esser tacciato di voler menar il can per l’aia, la dico in un altro modo: la crescita viene generata dalla spesa talchè vi è stato, vi è, vi sarà più valore nell’esercizio del consumare che in quello del produrre. Questo valore deve trovare remunero per non dover ricorrere ancora al debito. Occhio, dentro l’economia di mercato stanno i remuneratori. Governatore, solo un mercato liberato da quei lacci reflativi che conosce a menadito, troverà il modo di fare il prezzo giusto di quel valore. Temo altrimenti debba continuare a scorgere ancora per molto quello “stato di incertezza complessivo” da Lei già intravvisto. Mauro Artibani, l'economaio https://www.amazon.it/s/ref=nb_sb_ss_i_3_7?__mk_it_IT=%C3%85M%C3%85%C5%BD%C3%95%C3%91&url=search-alias%3Daps&field-keywords=mauro+artibani&sprefix=mauro+a%2Caps%2C207&crid=E9J469DZF3RA

martedì 29 settembre 2020

DENTRO IL VECCHIO MONDO, LO SPAZIO PER IL NUOVO V’E’!

Dentro questo infingardo oggi ho in tasca carte di debito, perché lo smilzo reddito non mi basta per potere continuare ad esser prodigo e men che mai satollo. Sto su una Terra che così ho alterato nella sua capacità riproduttiva; della capacità di smaltimento poi… peggio che andar di notte. Dunque, cosa resterà di quell’Economia dei Consumi, pressappoco nata nel ’71, con la fine della aurea convertibilità della moneta e supportata con il debito, fino alla crisi del 2007, boccheggiando fin dentro la pandemia? Fin quando resteranno gli squilibri tra offerta e domanda, con una sovraccapacità strutturale della prima e la seconda sufficiente solo con quel credito che diventa debito? Beh… pochino o niente. Bene, se sono così conciato, una domanda rimbomba: di quanta ricchezza ho bisogno o, quanta ne posso generare? Beh, ad occhio e croce di tutta quella necessaria a non stentare la vita, insieme a tutti. Troppo generico? D’accordo, allora mettiamola così: per non dimenticare occorre rammentare come la ricchezza venga generata dalla spesa, non da altro; essì, quando si è provato a farlo, si è generata penuria. Proviamo con la “Dignità” per me, per la Terra, per gli altri; oltre il cantuccio dell’azzardo morale, con fatti concreti e misurabili. Se debbo spendere faccio prima la domanda; se ecocompatibile, ipo energivora, svestita di pakaging sfrontati, risulta acconcia al bisogno di rimettere la colpa. Se poi mi metto a farne offerta.. ah beh W l’economia circolare. Essì, quando dall’Harvard Business Review urlano: "non si tratta di fare di più con meno, quanto fare di più con ciò di cui si dispone», si intravvede la via. Non retta, circolare appunto, dove si passa e ripassa prendendo quel che si è lasciato per farne il nuovo. Dal “si produce generando scarti” al “far con gli scarti il nuovo da produrre”! Ehi, se il rifiuto diventa una risorsa, noi ne siamo i titolari con il possesso dello scontrino del prezzo pagato, nel prelievo Iva sulla merce acquistata poi nell'averla consumata e con la Tari pagata! Risorsa che migliora la produttività del sistema, migliora pure il valore economico della nostra azione che si potrà intascare; una mano lava l'altra, tutte e due puliscono la terra! Così siam finalmente dentro il ciclo economico. Bene, non sembri vano ma… per poter garantire la produttività di questo fare, che rifocilla la capacità competitiva delle Imprese, occorre giust’appunto doverla acquistare. Acquistata, aumenta la produttività dell’esercizio d’impresa incassandone pure un vantaggio competitivo. Mauro Artibani, l'economaio https://www.amazon.it/s/ref=nb_sb_ss_i_3_7?__mk_it_IT=%C3%85M%C3%85%C5%BD%C3%95%C3%91&url=search-alias%3Daps&field-keywords=mauro+artibani&sprefix=mauro+a%2Caps%2C207&crid=E9J469DZF3RA

martedì 22 settembre 2020

I CONTI DELLA SERVA FATTI AD APPLE
Fine agosto 2020: record per il listino dei titoli industriali negli Usa. Per effetto del frazionamento azionario di Apple, l'indice ha visto uscire ufficialmente il colosso petrolifero Exxon Mobil, il gigante farmaceutico Pfizer e il gruppo attivo nel ramo difesa, Raytheon Technologies. Cavolo! Soprattutto per la dipartita di Exxon Mobil, quotata sul Dow Jones da un secolo circa e, fino al 2013, la società più grande del listino in termini di valore di mercato: in quel periodo valeva $416 miliardi, più di Apple. Oggi vale appena $175 miliardi, cifra che impallidisce rispetto ai $2 trilioni di capitalizzazione raggiunti e superati da Apple alla fine di agosto. Giustappunto Apple avrebbe intenzione di lanciare nuovi prodotti a ottobre, secondo fonti di Bloomberg. Nei piani della società di Cupertino ci sarebbe il lancio di quattro nuovi modelli di iPhone con tecnologia 5G. Il gruppo avrebbe chiesto ai fornitori di produrre tra i 75 e gli 80 milioni di nuovi iPhone, in linea con le richieste degli anni precedenti. Ehilà, sotto non mentite spoglie, si mostra il valore del mondo digitale a spese di quello analogico. Quell’analogico che, con l’energia fornita da Exxon, era riuscito a rimpicciolire lo spazio e il tempo del mondo. Quel digitale che, con gli smartphone di Apple, lo stesso mondo lo ha contratto in un punto. Si insomma, ho un’auto prodotta prima e rifornita poi con l’energia venduta da Exxon; ci vado da qui a lì, tutti i dì, in meno tempo e pur se piove. Ho pure un figlio a Brisbane, sta in un’altra ora, in un altro giorno, in un’altra stagione; con lo smarphone ci sentiamo/vediamo quando vogliamo, ovunque sostiamo. Dunque, la distanza tra i $175 miliardi di Exxon rispetto ai $2 trilioni di capitalizzazione di Apple, sta tutta qui. Un momento. Se, come i valori di borsa mostrano, non sembrano esistere pasti gratis perché Apple sembra non intenderlo? Do un’occhiata e vi dico: l’abitare il “Mondo Apple” mette al riparo l’azienda dalla concorrenza senza dover avere pressione sui margini. Produce, a spron battuto, nuovi modelli di smartphone per sostituire quelli quasi uguali ai precedenti, li impone, li vende. Oddio, li vende… “se Il gruppo avrebbe chiesto ai fornitori di produrre tra i 75 e gli 80 milioni di nuovi iPhone, in linea con le richieste degli anni precedenti” li vendicchia! Quelli della Borsa glielo mandano a dire; il titolo in borsa, negli ultimi tre giorni, fa -14%. Cavolo, vuoi vedere che il “cerchio magico” di Cupertino sta mostrando la corda? Essipperchè pure al mondo digitale tocca fare i conti della serva e, se non tornano, doverli aggiustare. Vediamo cosa si possa fare senza far sconti: se non si mostra semplice intercettare “fedeli” alla religione Apple toccherà remunerare la nuova fedeltà! Se il mio smartphone vale il 70% del nuovissimo che verrà venduto e lo acquisto avrò buttato quel valore per riacquistarlo con il nuovo; se il nuovo venisse invece infilato nel vecchio avrei risparmiato un bel pezzo di prezzo: ho venduto la mia fedeltà, quelli di Cupertino l’hanno acquistata. Rifocillo il mio potere d’acquisto; il mercato d’altre merci ringrazia. Si, acquistato quest’esercizio che, con la spesa, trasforma la merce in ricchezza e con il consumo ne consente la riproduzione, viene fornita continuità al ciclo e sostanza alla crescita. Funziona, cavolo: aumenta la produttività d’esercizio dell’Impresa “associando” quella implicita all’esercizio di consumazione; il remunero delle risorse scarse impiegate nel fare la spesa fa incassare pure un vantaggio competitivo. Giust’appunto, quel vantaggio che l’attempato “mondo Apple” da solo non sembra più in grado di garantire. Mauro Artibani, l'economaio https://www.amazon.it/s/ref=nb_sb_ss_i_3_7?__mk_it_IT=%C3%85M%C3%85%C5%BD%C3%95%C3%91&url=search-alias%3Daps&field-keywords=mauro+artibani&sprefix=mauro+a%2Caps%2C207&crid=E9J469DZF3RA

mercoledì 16 settembre 2020

UN VACCINO PER LA PANDEMIA DELLA PENURIA Un virus e viene giù tutto. Si, tutto, pure l’economia e in tutto il mondo! Nel mondo, oltre cinque miliardi di persone ne sono rimaste invischiate; quando da questa pandemia saremo fuori, toccherà trovare il modo di non cadere in quella della penuria, a cui già sembrava costretto il mondo dalla “stagnazione secolare”. Pandemia della penuria, appunto, che costringerà a rifare i conti con i modelli economici già utilizzati, oggi sottoposti a stress test. Già proprio di quell’economia che, ben prima del virus, risultava infettata dagli squilibri. Oggi con il virus, produzione e consumo fanno fatica ad incontrarsi, ancor più darsi la mano per la ratifica del prezzo. Tanto che, seppur in modalità tecnica, si possono generare addirittura incubi.* Caos, insomma. La successione concitata delle iniziative prese dai leaders del mondo, per ripristirare l‘ordine, indebiterà il domani e chi dovrà abitarlo, più dell‘oggi. Mario Draghi, ex di lusso Bce, di quanto fin quì agito e dell’agitato di domani fa la sintesi al Financial Times: "Agire subito senza preoccuparsi dell'aumento del debito pubblico… bisogna immettere subito liquidità nel sistema e le banche devono fare la loro parte, prestando danaro a costo zero alle imprese, per aiutarle a salvare i posti di lavoro. Proteggere l'occupazione e la capacità produttiva in un momento di drammatica perdita di reddito richiede un immediato sostegno di liquidità.” Giust’appunto debito che, quando “troppo in alto sal cade sovente….”; questo empasse trova detrattori e sostenitori. I primi vorranno ridurlo a colpi di patrimoniale, senza se e senza ma; i secondi, più realisti del re, attrezzeranno moratorie… magari una Banca Centrale del Mondo, definita all’uopo, che monetizzi il debito acquistando sul mercato “titoli di debito perpetuo, zero coupon” emessi… da tutti quelli che hanno l’acqua alla gola. Verrebbe da dire sia come sia se non fosse che… il domani sarà come faremo che sia! Dunque, faremo: Draghi, cambiando il registro della politica monetaria del controllo di prezzi, cambia pure l’indirizzo; le azioni, di “sussidio alla sopravvivenza”, vanno recapitate al capitale e al lavoro! Già, per quanto la congiuntura lo esiga, il vecchio vizio non si scorda mai; al consumo, inteso ancora come una funzione accessoria del produrre, vanno solo gli spiccioli. Tant’è: il credito del proferente e il tono del proferito, non ammettono repliche ma… tra quest’oggi e il come è stato lo ieri, qual domani si speme e tocca divinare? Approposito del divinare, l’economia post Covid-19 riuscirà a trovare sostegno adeguato nelle politiche monetarie e fiscali, all’uopo adottate in tutto il mondo? Riuscirà, insomma, così facendo a sanare quel gap dell’out put che già sfiancava quella di prima? Do un’occhiata al modo mio e vi dico. Dunque, la crescita dovrà continuare a farsi, come prima, con la spesa aggregata ma… con un potere d’acquisto rifocillato proprio da queste ordite politiche. Una moneta insomma, da mettere in tasca, che sia adeguata a ruolo di ciascuno degli aggregati. Una quantità di moneta che dovrebbe, ad esempio, sanare lo squilibrio fra quella già nelle tasche dei titolari del capitale e quella che ha chi lavora; quella stessa che ha generato l’altrettanto poderoso squilibrio nella propensione al consumo, genitore della disparità nel potere d’acquisto. Una chicca ne tira un’altra: l’aggregato delle Imprese, a cui toccherà fare la spesa per investimenti ma che vedrà, con la pandemia, aumentare ancor più la capacità produttiva inutilizzata, verrà convinto dall’efficacia di queste politiche a fare la sua? Alfin, l‘ultima: tra il debito passato, quello futuro e la riduzione degli introiti conseguenti alle politiche fiscali in itinere, potrà l’aggregato Pantalone fare la spesa pubblica? Egregi divinatori, cotante domande attendono adeguate risposte. Nel fattempo, per non soccombere ai cattivi presagi, tocca invece trar lezione da come si stesse appunto in quel prima, prossimo alla recessione, ancorchè nel recedere d’oggi per non dover ristagnare domani. Cari miei, una premessa vi devo: osservare il reale, attraverso l’evidenza empirica, mi consente di eliminare le viscosità mostrate dai modelli previsivi che sono stati, in alto loco, fin qui utilizzati. Giust’appunto, quell’evidenza di come si stesse prima della pandemia: sovraccapacità dell’impresa, sottocapacità della spesa, affrancamento dal bisogno; redditi insufficienti, sorretti dal debito oltre ogni ragionevole limite. Il prezzo fatto dal mercato, per tal impiego dei fattori produttivi, risultava alterato dalle azioni messe in campo per stroncare la deflazione. Il gap dell’out put lo grida; strepitano invece i prezzi inflazionati fatti da altre asset class: azioni, obbligazioni, valori immobiliari. Questo bug del “prezzo in-giusto”, che ci aveva fatto entrare nella crisi del 2007 e che ancora attanaglia, ci sbatte oggi all‘inferno. Una sequenza non occasionale mostra la successione che mortifica la produttività del sistema: Dall’affrancamento dal bisogno i Consumatori ricavano libertà di azione; l’indebitamento li imbolsisce. La mancanza di risparmio, da un lato, limita l’efficacia dell’esercizio di consumazione nel gestire il controllo dei prezzi; sottrae risorse, dall’altro, per quegli investimenti industriali che migliorano la qualità del prodotto, riducono i costi e i prezzi. Il credito, elargito come se piovesse, ha rifocillato tutto e tutti salvando dal giudizio del mercato aziende zombie, proprio quelle che più concorrono a limitare l’impiego produttivo delle giovani generazioni più attrezzate del capitale umano e sociale per migliorare l’efficienza del produrre e per consumare che, tenute fuori dall’intero processo produttivo, aumentano ancor più il gap dell’out put del sistema. In quest’oggi poi, contratto nella pandemia, lo sconquasso del lock down aggraverà il già grave: fermata la produzione, le Imprese potranno ridurre l’eccesso in magazzino pagando il prezzo di una maggiore capacità produttiva inutilizzata; i Consumatori, non potendo far la spesa, vedranno ridursi il vantaggio dell’affrancamento dal bisogno prendendo in carico lo svantaggio di non poter fare neanche gli acquisti di bisogno. Il tasso di occupazione, già al 65%, precipiterà a far mancare, ancor più, quel potere d’acquisto necessario a tutti per fare la spesa. Il debito che verrà impiegato per salvare la baracca, ad oggi inestimabile, verrà ad aggiungersi a quei 255.000 mld di $, reflazionando ancor di più il mondo. L’Institute of International Finance stima un raddoppio dei deficit pubblici; l'incidenza del debito globale sul Pil balzerà in un solo anno dal 322% al 342%. Debito d’oggi che aggraverà ancor più il domani di quelle giovani generazioni, già zavorrate dall’onere contratto per gli studi che attrezzano il loro capitale umano; che avranno ancor meno occasioni per lavorare e consumare. Botte, corna e chitarra rotta, insomma; non solo la loro, magari quella di tutti i suonatori! Alla fine della fiera un mercato, ancor più opaco e inefficiente nel fare il prezzo, saprà farlo? Potràquan do tornerà ad ospitare chi domanda e chi offre; ci riuscirà, quando i venditori di merci e chi ne avrà bisogno avranno trovato l’accordo per darsi la mano. Prezzo appunto per gli uni da incassare, per gli altri da poter pagare. Si, esattamente come prima. Di un prima del prima perché lì almeno si riusciva a trovare quell’equilibrio che ha consentito crescite sane. Nel buio pesto d’oggi invece… la butto là: dopo il lockdown sussisteranno ancora le condizioni di base per poter dar corso a tal appetita crescita? Beh, gli impresari avranno ancora, seppur ammaccato, il capitale come pure le strutture d’impresa; disporranno ancora delle competenze e di quegli incoercibili animal spirits per fare la loro parte. I consumatori, per far la loro, dovranno rifischiettare la sempiterna tiritera mettendo in campo il rinato bisogno; avranno la riserva delle emozioni, le passioni finanche le esperienze da poter soddisfare. Per strafare, consumando l’acquistato, potranno dare la stura a quelle stesse imprese nel riprodurre, dando continuità al ciclo; con l’Iva pagata finanzieranno parte della spesa pubblica; se riusciranno a tenere in tasca il resto, investito, finanzierà gli investimenti delle imprese. Con cotanto fare genereranno i 2/3 di quella domanda aggregata che genererà altrettanta ricchezza; quel terzo che toccherà ad altri fare, lo sovvenzioneranno. Per far che tutto questo “valore” possa manifestarsi compiutamente impiegheranno risorse ancor più scarse: il Tempo, l’Attenzione, l’Ottimismo, il Denaro. Un concorso individuale, insomma, alla produttività generale che non ha eguali! Concorso, non vi giunga nuovo, che verrà depotenziato dalla diversa propensione al consumo dei singoli; frutto del diverso remunero messo in tasca dai “fattori” che operano nella produzione. Bene, per cotanta inefficienza un quesito, prodromo al dopo, rimbomba: quale economia di mercato potrà permettersi ancora il lusso, in sede di trasferimento della ricchezza generata dalla spesa, di remunerare i fattori che hanno concorso a crearla escludendo chi l’abbia de facto generata? Di dare risposta compiuta al rimbombo dovrà farsi carico la comunità internazionale; quella che, abbeverandosi con precetti scaduti, ha fin qui tirato a campare. Dovrà, appunto, darsi da fare per far sì che quell’economia di mercato, che in altri tempi ha mostrato di esser in grado di generare il massimo della ricchezza e nelle forme acconce distribuirla, torni a fare al meglio quel che dovrebbe saper fare. Se l’indifferibile “fattore consumo” , per la continuità del ciclo, attribuisce valore ad una domanda scarsa occorre poterne stimarne il prezzo, chi poi dovrà intascarlo, come e chi dovrà pagarlo. Diamo un’occhiata: se prima, nell’Economia della Produzione, si lavorava per guadagnare, nell'Economia dei Consumi deve trovare ristoro l‘esercizio di consumazione per avere a sufficienza da spendere; un reddito di scopo, insomma, che integri l’insufficienza di quello incassato con il produrre! Beh, se tanto può dar tanto, la Politica può/deve attrezzare l'ambiente normativo per un'economia capace di resistere oltre alle congiunture che la scrollano, anche ai cigni neri dei giorni d’oggi. La cornice in UE c’è. L’art 3, par. 3, del Trattato sull’Unione Europea, ha stabilito la costruzione del mercato interno basato su una crescita economica equilibrata, sulla stabilità dei prezzi e su«una economia sociale di mercato fortemente competitiva». Principi generali, insomma, che possono servire da sponda per ancorare la norma su “l’economia resistente”. Norma che già ritenni necessaria per fornire sprone all’Impresa nel dar corso ad una riconversione delle strutture che la organizzano, ad oggi non più procrastinabile. Giust’appunto per non procrastinare si rende spendibile, dentro i Parlamenti nazionali, la proposta di Legge per disporre di un mercato efficiente che sappia fare al meglio il prezzo; che disponga di allocare le risorse economiche generate dalla crescita per tenere adeguato quel potere d'acquisto che consenta l'esercizio di ruolo dei diversi operatori della spesa aggregata. L'adozione della norma renderà, de facto, appetita la costituzione di quell'Azienda "Libero Mercato Spa." Suvvia, proprio quella Spa che capitalizza onori ed oneri e, in punta di diritto societario, "offre a tutte le persone la possibilità di contribuire all'attività economica e di condividerne i benefici"; no non lo dico io, lo dice l’Fmi. Un'azienda, insomma, pro-crescita che agisce per tenere in equilibrio produzione e consumo, impiegando al meglio le risorse produttive degli addetti e l'adeguata allocazione delle risorse di reddito per sostenere la crescita e generare ricchezza. Agenti economici vi agiscono con ruoli integrati per la produzione dell’offerta, la generazione della domanda, del commercio e dell'acquisto, fornendo distinto contributo a quella spesa aggregata che fa la crescita. Il remunero degli operatori, che compensa quel diverso contributo, andrà speso nel “circuito aziendale“ per rendere fluido e continuo il ciclo produttivo. Giust'appunto un marchingegno societario che disponga l'adeguata capitalizzazione degli azionisti mediante una diversa allocazione della ricchezza** colà generata. La Politica, per caldeggiarne l’istituzione, dovrà farsi carico di attrezzare “norme di vantaggio fiscale” che ne rendano conveniente l'adozione. Norme affinchè il Mercato, quando non impallato dai meccanismi reflativi, sia in grado di poter fare il miglior prezzo tra le parti in causa remunerando la produttività di ciascun agente per migliorare la produttività del tutto. Tocca ribadirlo: ci sono Imprese che già lo fanno. Hanno attrezzato business pro-crescita che consentono di far profitto quando, con l'acquisto delle loro merci, i Consumatori rifocillano il potere d'acquisto. Funziona. Aumentano la produttività d’esercizio “associando” quella implicita all’esercizio di consumazione; la fidelizzano attraverso il remunero delle risorse scarse impiegate nel fare la spesa, incassandone pure un vantaggio competitivo. Per far sì che l'appetito per le altre Aziende venga mangiando, s'ha da tornare pure a metter mano agli attrezzi del mestiere della Politica: la leva fiscale per re-distribuire vantaggio agli aderenti la Spa, svantaggio ai renitenti. Per lenire il colpo a quei renitenti toccherà sussurrar come, tra l’affrancamento dal bisogno e/o il potere d’acquisto insufficiente per dare ristoro ai neo bisogni, la domanda resti l’unica merce scarsa sul mercato. Come insomma, pur dopo il mondo pandemizzato, continuerà ad esservi più valore nell’esercizio del consumare che in quello del produrre. Bene, nell’universo produttivo dell’Economia dei Consumi, il “paradigma del vantaggio comparato”, proprio quello che mi suggerì nonno Rizieri, dovrà fornire la regola per poter dare a Cesare quel ch’è di Cesare. Chi poi vorrà rappresentare queste istanze potrà intascare un cospicuo dividendo elettorale pagato da tutti i cesari del mondo e che farebbe tornare a crescere l’utilità marginale di una politica, altrimenti marginale. Approposito, la pandemia spinge pure a rivedere i processi innescati dalla globalizzazione aprendo una questione grande così: quella delle catene globali del valore che rischiano di venire squassate, con gli annessi profitti, degli affiliati alle filiere. Già, proprio quel profitto che, nell’economia lineare ed aperta, remunerava il rischio d’impresa, dentro quella circolare e continua, intrappola risorse sottraendole alla crescita. Diamo un’occhiata: dentro le filiere produttive si trovano ficcati il titolare del prodotto, i fornitori di materie e quelli dei materiali; chi fornisce i macchinari, i designer nonché quelli della pubblicità e quelli del marketing; ci stanno i fornitori di credito, pure quelli della logistica, giù fino ai commercianti, tutti in credito di rischio che, a compenso, reclamano il profitto. Orbene, rischio per rischio, quale Impresa vuol correr quello, con la pandemia, di trovarsi costretto nelle catene di approvvigionamento del vecchio paesello che è tanto bello? Ci siamo, l’ora batte. Un modo nuovo della produttività s’affaccia: quella interfattoriale. Per schivare la sorte del campanilismo di ritorno, tocca investire il profitto da rischio per remunerare chi, con la spesa, quel rischio lo abbatte. Niente paura: nell’Economia dei Consumi, proprio dove l’esercizio dell’acquisto e della consumazione chiudono il cerchio, dando continuità al ciclo produttivo, viene sottratto rischio all’impresa. Il remunero del rischio, riallocato per dare sostegno alla domanda, tiene attiva la funzione consumo; per i Produttori un investimento che rende efficiente la gestione dei fattori della produzione, garanti dell’utile d’impresa. Se viene a ridursi il prezzo delle merce si rende competitivo il prodotto; viene rifocillato il potere d’acquisto per poter avere ben più di quel-che-serve-per-vivere associando, insomma, l’acquirente alla „ditta“. Già, solo con i Consumatori, azionisti della filiera, le catene potranno compiutamente approvvigionare il valore sventando le “catenelle caserecce” che legherebbero chi, proprio nel globo interconnesso, trova il meglio tra i multifattori del vantggio comparato; aggregarli per confezionare al meglio ed esportare. Signori, il tempo stringe. Questo Trattato che fin ieri aveva l’ambizione di poter fornire gli input per riparare il danno, generato all‘economia da una stagnazione congenita, oggi può farsi antidoto economico/produttivo affinchè la pandemia Covid19 non degeneri in quella della penuria. * 21 marzo. Il Future, scadenza maggio, sul petrolio misura il disastro causato dal forte divario di fondo tra offerta in eccesso e domanda prosciugata a causa del blocco delle attività da coronavirus. Gli stock di greggio poi sono pieni; le petroliere spesso non sono in grado di svuotare il carico. I prezzi sono andati a picco e ieri il Nymex, alla Borsa merci di New York, ha dovuto accettare che i prezzi finissero, fino a meno €33.99. ** Il modo, insomma, per poter eliminare quella fattispecie di “reato economico”che si scorge quando non viene limitata la differenza, nella propensione al consumo, tra chi dispone meno di quel che deve spendere e chi ha più di quel che spende, rendendo inefficiente il contributo dei diversi operatori della spesa alla generazione della ricchezza. Mauro Artibani, l'economaio https://www.amazon.it/s/ref=nb_sb_ss_i_3_7?__mk_it_IT=%C3%85M%C3%85%C5%BD%C3%95%C3%91&url=search-alias%3Daps&field-keywords=mauro+artibani&sprefix=mauro+a%2Caps%2C207&crid=E9J469DZF3RA

martedì 8 settembre 2020

RIALLOCARE LA RICCHEZZA PER ANDARE OLTRE LA PANDEMIA Toh, toccava ancora uscire dalla crisi. Ci siamo ritrovati ficcati nella pandemia: per poter uscire dalle nebbie comincia a farsi strada la necessità di ripristinare la capacità di acquisto dei Consumatori. Viene in mente che, per farlo, occorra riallocare in altro modo la ricchezza che il meccanismo economico genera. Al solo bisbigliarne la possibilità, politici di sinistra divagano; quelli di destra nicchiano, quelli di centro.. boh! Già, la politica, tutta fuoco e fiamme, parla d’altro mentre la crisi rigurgita crisi. Bene, diamo un’occhiata: nel sistema economico i redditi vengono distribuiti in funzione del contributo fornito dagli agenti economici alla produzione del Valore. Funziona pressappoco così: i Produttori producono ed incassano profitto, ne trasferiscono una parte a quelli che lavorano alla produzione come reddito; i Consumatori quel reddito lo spendono. Quando sul mercato stazionano più merci di quelle che il reddito disponibile dei Consumatori consente di smaltire, quell’eccesso svaluta il valore di quella produzione, riduce il contributo dei Produttori, brucia ricchezza. Così si è entrati dove siamo adesso. Se invece i Consumatori dispongono di reddito adeguato a smaltire, viene restituito valore a quelle merci; quelle merci, ancorché consumate, debbono essere ri-prodotte generando nuovo valore, nuovo lavoro e crescita economica. Così si dà una stoccata alla crisi. Qui si mostra il pasticcio: nell’economia dei consumi questo straordinario contributo, fornito alla produzione del valore, non trova remunero. Et voilà l’opportunità: riallocare le risorse economiche generate dalla crescita per remunerare quest’esercizio del consumare, buono a guadagnare altra crescita. Una scommessa che la politica, quando smetterà di parlar d’altro, dovrà giocare tutto d’un fiato per andare oltre la crisi e, magari, ritrovare pure credito di ruolo. Una dritta: nell’Economia dei Consumi con la spesa si genera lavoro e lo si remunera! D’accordo, pure quella pubblica; fa meno d’un quarto della crescita, come quella per gli investimenti delle imprese; il resto, e che resto, invece la fanno i consumatori. Dunque se tanto da’ tanto, tocca alla politica farsi carico di defiscalizzare proprio quelle imprese che, nel farla, investono per attrezzare business che fanno utili se e quando i consumatori, che comprano le loro merci, rifocillano il potere d’acquisto. E per le imprese renitenti, dite? Beh… magari dovranno pagare dazio al fisco! Mauro Artibani, l'economaio https://www.amazon.it/s/ref=nb_sb_ss_i_3_7?__mk_it_IT=%C3%85M%C3%85%C5%BD%C3%95%C3%91&url=search-alias%3Daps&field-keywords=mauro+artibani&sprefix=mauro+a%2Caps%2C207&crid=E9J469DZF3RA

martedì 1 settembre 2020

METTI CASO SI SIA ROTTO L’INCANTO DELLA SPESA

Siam tutti dentro un loop che scuote e sganghera! Metti che nel primo trimestre del 2020 il reddito delle famiglie consumatrici diminuisce dell'1,6% rispetto al trimestre precedente, mentre la spesa per consumi finali si riduce del 6,4%, come ha reso noto l'Istat. Aggiungi che il potere d'acquisto delle famiglie risulta diminuito, rispetto al trimestre precedente, dell'1,7% a fronte di una sostanziale stabilità dei prezzi. Ehi, d’accordo tutto questo ma c’è pure dell’altro: il 70% di chi lavorava ha mantenuto il lavoro; pure la propensione al risparmio delle famiglie consumatrici, stimata al 12,5%, risulta in aumento di 4,6 punti percentuali rispetto al quarto trimestre 2019. Cavolo + 30 mld i risparmi! Metti pure che, con il lock down, si sia rotto l’incantesimo della spesa; quella che fa esecrare i Sociologi, per dovere d’ufficio scagliati contro quelli “prodighi e men che mai satolli”. Giust’appunto, quell’incantesimo dello spendere, melodiato che so… dalla Farragni, pagata a suon di 55.000 Euro a post. Metti caso che, prima della pandemia, invece che cibarsi si ingrassava, si vestiva alla moda che passava di moda, che per andare da qui a lì si aveva un Suv. Metti che, chiuso in casa, hai avuto il tempo di pensare prima di ingurgitare quel che trovi in tavola, poi guardi nell’armadio e lo vedi zeppo di cose non messe; magari sogni pure di poter andare a zonzo a piedi. La statistica si impiccia e…” quelli che restano in casa, il 34% degli italiani, dedica molto più tempo alle migliorìe domestiche; un quinto sta sperimentando il fitness virtuale, trovandosi bene e la metà di loro sceglierà anche in futuro questa modalità, svolgendo gran parte dell’attività fisica da casa.” Cavolo, talmente lacero l’incanto della spesa da non approfittare neanche nel veder calare l’andamento dei prezzi: secondo quanto stima l’Istat l’indice dei prezzi al consumo è stato negativo, a luglio, dello 0,3% su base annua e dello 0,1% sul mese. Terzo dato a segno meno, dopo il -0,2% registrato a giugno e a maggio. Amarus in fundo, l’emergenza Covid ha riportato i consumi ai livelli più bassi degli ultimi 25 anni. Ecco, appunto, tra il detto, lo sperato o il disperante, l’utilità della spesa sembra farsi marginale. Tatatà… nell’Economia dei Consumi quando questo si mostra, l’utilità marginale della domanda, al contrario, trasale. Quando si giunge al trasalimento, un mercato efficiente deve farne il prezzo. Massì, il prezzo del valore di quella domanda con cui viene generata la ricchezza; che fa ri-produrre, genera il lavoro, lo remunera, da sostanza alla crescita e continuità al ciclo economico. Già, vi è più valore nell’esercizio del consumare che in quello del produrre. Bene, per poter uscire a riveder le stelle, questo prezzo dovranno pagarlo tutti quegli agenti produttivi che potranno trarre beneficio dallo stare dentro un ciclo che gira a mille. Toh, vuoi vedere che la rottura di quell’incanto può esser messa a profitto? Mauro Artibani, l'economaio https://www.amazon.it/s/ref=nb_sb_ss_i_3_7?__mk_it_IT=%C3%85M%C3%85%C5%BD%C3%95%C3%91&url=search-alias%3Daps&field-keywords=mauro+artibani&sprefix=mauro+a%2Caps%2C207&crid=E9J469DZF3RA

mercoledì 26 agosto 2020

I GIOVANI PATIRANNO IL FUTURO, L’ECONOMIA IL PRESENTE.

Il presidente dell'Istat, Gian Carlo Blangiardo, commentando l'intervento dell'ex presidente della Bce Mario Draghi al Meeting di Rimini, dice: "La politica dovrebbe cercare, con un po' di fantasia e professionalità, di identificare delle possibili iniziative che consentano di valorizzare la risorsa dei giovani che sono formati, sono tecnologici e hanno, dal punto di vista qualitativo, gli elementi per poter dare un importante contributo in questa fase, Ma ci devono essere le condizioni per poter cogliere questo contributo. Il mestiere della politica è proprio quello di darsi da fare per capire come valorizzare questa risorsa". Ehi, tra il dire di Draghi, la chiosa di Blangiardo e la Politica c’è il mare in mezzo; bisogna nuotare per non affogare. Provo, magari con un po’ di fantasia, a fare qualche bracciata. Dunque… i giovani, l’impatto sociale di quel che fanno risulta arcinoto. Il loro fare economico meno, eppure sono l’oggi e il futuro; hanno idee, vigore e salute; sono istruiti, flessibili, prolifici. Sono di questo Mondo, hanno disposizione all'acquisto, come mai prima nel consorzio umano, che da' spinta alla produzione che crea occupazione. Dispongono di capacità contributiva: contribuiscono a pagare le pensioni, dovranno governare il domani. Tante risorse e tutte insieme, buone per migliorare la produttività del sistema economico. Risorse tutte loro, buone per tutti; quelle che, con gli 81 milioni di giovani disoccupati nel mondo, si degradano. Poi ci sono i 2 milioni di Neet censiti in Italia, poi quelli sotto occupati, quelli precari e quelli sotto pagati. Brrrrrr! Risorse umane, insomma, sottratte allo sviluppo che diventano zavorra, costo! Per loro oggi salari e stipendi insufficienti, domani pure le pensioni. Non possono fare quel che sprona la crescita. Mal utilizzati, viene sperperato il loro capitale umano; esclusi, viene disperso il capitale sociale. Questo loro disagio genera allarme sociale. Si riduce la capacità contributiva, aumenta il debito pubblico, aumenta pure la domanda di assistenza, sussidi e tutele. Vivono tutto questo dentro un mondo che ha usato la reflazione, in tutti i modi, per dare sostegno a quella domanda che non ha trasferito, però, effetti positivi né sull’offerta di lavoro nè sui redditi di quel lavoro. Quando in questo mondo la cattiva economia si rende evidente, i fatti urlano. Capitani di ventura nelle Imprese, tutti interessati a vincere la battaglia della competizione d’azienda, fanno la gestione separata dei fattori della produzione escludendo quello del consumo, mandando in pezzi la produttività dell’intero sistema. Annichilite le risorse, queste giovani generazioni patiranno il futuro; l’economia il presente. Nel 2017 l'incidenza della povertà nella fascia 18-34 sta al 10,4%, più del doppio rispetto al 2009; per i minorenni sta addirittura al 12,1%. Loro, senza reddito, smettono gli acquisti; non consumando spingono le imprese a ridurre la produzione, alterando la continuità del ciclo. Tenuto fuori dal meccanismo economico-produttivo quel loro esercizio di consumazione*, che fornisce un imprescindibile contributo alla produttività dell’intero sistema non sana il gap dell’out put. Questo è il minimo che possa capitare: remissione per tutti! *Esercizio che, con la spesa, trasforma la merce in ricchezza, con il successivo consumo ne consente la riproduzione; viene fornita continuità al ciclo e sostanza alla crescita; con l’Iva pagata si dà contributo alla spesa pubblica; alla fine della fiera se resta in tasca il resto, investito, finanzia la spesa per gli investimenti delle Imprese. N. B. - non sembri vano ma… per poter garantire la produttività di questo fare, che rifocilla la capacità competitiva delle Imprese, occorre acquistarla. Mauro Artibani, l'economaio https://www.amazon.it/s/ref=nb_sb_ss_i_3_7?__mk_it_IT=%C3%85M%C3%85%C5%BD%C3%95%C3%91&url=search-alias%3Daps&field-keywords=mauro+artibani&sprefix=mauro+a%2Caps%2C207&crid=E9J469DZF3RA

giovedì 6 agosto 2020

RICCHI, TRA PENTITI E IMPENITENTI

Bill Gates, Warren Buffett, George Soros lo chiedono a gran voce da tempo. In quest’ora pandemica un gruppo di 83 milionari internazionali, sotto il nome di Millionaires for Humanities, ha firmato una lettera aperta sollecitando i governi a tassarli di più per fronteggiare la crisi del coronavirus. Toh, magari perché una tassa permanente sulle persone più ricche del pianeta potrebbe “assicurare un finanziamento adeguato al sistema sanitario, alle scuole, e alla sicurezza”. Accorati, avvertono che la fase di ripresa dei prossimi mesi potrebbe rappresentare una delle ultime occasioni per “riequilibrare il mondo prima che sia troppo tardi”. Non paghi, si mondano: “A differenza di decine di milioni di persone in tutto il mondo, non dobbiamo preoccuparci di perdere il nostro lavoro, le nostre case o la nostra capacità di sostenere le nostre famiglie… Quindi, per favore. Tassateci. Tassateci. Tassateci. È la scelta giusta. L’unica scelta!* Ehi, ci siamo! In questi tempi magri torna a farsi prepotente la questione delle diseguaglianze. Beh, sarà la pandemia o quel che sarà, questa volta si entra a piedi pari nella questione pagando una bella penitenza. Dunque, se fossi maligno sarei indotto a pensare che… se ‘sti ricchi con le tasse legittimano il reddito guadagnato, con una sovrattassa legittimerebbero quel sovrappiù intascato dal mal trasferimento della ricchezza generata dalla spesa che, non remunerando chi l’ha generata, stressa il potere d’acquisto. Si, il sovrapprofitto del quale scrivono di pentirsi. Mentre da benigno sto riflettendo su come uscire dalla questione, una malizia mi passa per la mente ma… se con il fisco si redistribuisce, si pareggiano pure i conti con quel potere d’acquisto? Toh, proprio mentre rifletto, Mark Zuckerberg, non pentito nè espiante, anzi annuncia la sua innovazione. Inizia con i senior engineer che potranno esercitare l’opzione di lavoro da remoto, dai nuovi assunti, oltre ai dipendenti con le migliori valutazioni di risultato. Zuckerberg ha dichiarato che Facebook punterà aggressivamente alle assunzioni da remoto, un modo per ampliare il bacino del capitale umano acquisibile. Prevista anche la creazione di hub fisici regionali, per i momenti di interazione in presenza. Con una avvertenza: le retribuzioni dei dipendenti “remoti” di Facebook verranno parametrate al costo della vita ed alla fiscalità delle località in cui vivono. Pressappoco una “gabbia salariale”, riferita alla localizzazione dei lavoratori di un’azienda, anziché tra aziende. No, non si configura come una discriminazione salariale; qui quel che conta è il potere d’acquisto, una grandezza reale e non nominale, ottenuto rapportando la retribuzione nominale al livello dei prezzi. Si dirà, nuovo eh? Macchè, vecchio come il cucco! Essipperchè, così Mister Facebook riducendo il salario sembra voler pareggiare il potere d’acquisto, magari tagliandolo dov’è più alto. Un bel modo per continuare a far aumentare le entrate nelle tasche di quelli dalla bassa propensione alla spesa; dimentico di come la crescita economica si faccia proprio con quell’acquisto. Orsù penitenti e impenitente, per non menare il can per l’aia e nessuno pagar penuria, tocca poter creare il massimo della ricchezza. Per farlo serve una propensione alla spesa, non bassa, nè alta; quella giusta a far acquistare tutto quel che viene prodotto e poter dare a tutte le persone la possibilità di contribuire all'attività economica e di condividerne i benefici. *La litania del pentimento prosegue: “I milionari hanno un ruolo fondamentale da svolgere nella guarigione del nostro mondo. No, non siamo noi a prenderci cura dei malati nei reparti di terapia intensiva. Non stiamo guidando le ambulanze che porteranno i malati negli ospedali. Non stiamo rifornendo gli scaffali dei negozi di alimentari o consegnando cibo porta a porta. Ma abbiamo soldi, molti. Soldi che sono disperatamente necessari ora e che continueranno a essere necessari negli anni a venire, mentre il nostro mondo si riprende da questa crisi. Oggi noi milionari chiediamo ai nostri governi di aumentare le tasse su persone come noi. Subito. Sostanzialmente. In maniera permanente.” Mauro Artibani, l'economaio https://www.amazon.it/s/ref=nb_sb_ss_i_3_7?__mk_it_IT=%C3%85M%C3%85%C5%BD%C3%95%C3%91&url=search-alias%3Daps&field-keywords=mauro+artibani&sprefix=mauro+a%2Caps%2C207&crid=E9J469DZF3RA

martedì 21 luglio 2020

IN CINA C’E’ LAVORO NON SCORTO

La Cina ha deciso di ingraziarsi i dati sulla disoccupazione estendendo il concetto di "occupato" a nuove figure professionali come i blogger e i giocatori competitivi online. Lo riferisce oggi il South China Morning Post. Il ministero dell'Educazione cinese, secondo una nota ufficiale, ha ordinato alle università di adottare nuovi criteri nel riferire dell'impiego dei neo laureati. Questo dopo che l'occupazione, anche nella seconda economia del mondo, è stata duramente toccata dall'epidemia COVID-19. Secondo l'Ufficio nazionale di statistica cinese il tasso di disoccupazione, a fine maggio, sarebbe risultato essere il 5,9 per cento; gli analisti ritengono però che si tratti di un dato falsato dal fatto che circa 290 milioni di lavoratori migranti non sono considerati nelle statistiche ufficiali. I nuovi criteri comunicati dal ministero, con una nota datata 29 maggio, prevedono che i neolaureati che aprono siti di e-commerce siano inseriti come "occupati" se forniscono il link del loro sito di e-commerce e i dati di registrazione. Invece i laureati con lavori freelance nel marketing online, i gestori di siti internet, gli operatori di marketing su WeChat e i giocatori di e-sport online sono considerati “occupati flessibili” che comunque escono fuori dalla percentuale dei disoccupati. Bella no? I conti con l’oste tornano: se ti muovi appena, lavori; se invece scalpiti, sei flessibile. Signori d’Oriente, si può anche tentare di fare come intendete fare. Se pensate invece di voler strafare si può: c’è gente da voi che ancora non può; vorrebbe però poter spendere come si fa in Occidente, senza sosta né freni. Fa bene questa spesa e chi la fa per poter bilanciare la vostra economia votata più all’esportazione, meno ai consumi interni, nel tempo che deve attrezzare una risposta acconcia a quella de-globalizzazione che sembra intravvedersi all’orizzonte e che farebbe schiantare, per eccesso, l’intera capacità produttiva del Paese. Suvvia, nell’Economia dei Consumi, il lavoro della spesa che genera reddito; quel reddito che serve a fare nuova spesa. Tocca allocare quelle risorse di reddito per remunerare chi, con la spesa, crea lavoro e ne paga il costo remunerando tutti; pure quelli del Capitale, magari pure quello pubblico. Non vi appaia un’eresia dover remunerare chi lavora senza sosta/ferie/assistenza nè previdenza a fare la spesa per trasformare la merce in ricchezza che, consumata, fa riprodurre; tiene attivo il ciclo economico, da’ sostanza alla crescita. Giust’appunto quella crescita che rende indifferibile l’esercizio e che, per potersi esercitare, impiega risorse scarse: il tempo, l’attenzione, l’ottimismo e il denaro. Mauro Artibani, l'economaio https://www.amazon.it/s/ref=nb_sb_ss_i_3_7?__mk_it_IT=%C3%85M%C3%85%C5%BD%C3%95%C3%91&url=search-alias%3Daps&field-keywords=mauro+artibani&sprefix=mauro+a%2Caps%2C207&crid=E9J469DZF3RA

mercoledì 15 luglio 2020

LE RAGIONI SCADUTE DEI “FRUGALI”

La pandemia ha colto gli Stati in condizioni fiscali molto diverse. La Germania ed i cosiddetti “frugali”, ovvero quelli del surplus di bilancia commerciale, proprio quelli che vivrebbero al di sotto dei propri mezzi, hanno avuto spazio per un vigoroso impulso fiscale espansivo. Altri, come il nostro, giunti all’appuntamento col destino in ben altre condizioni fiscali, sono costretti a sperare in sussidi esterni o improbabili cancellazioni di debito. Si questo nostro sciagurato paese, così ricco privatamente e così indebitato pubblicamente, sta sempre in attesa della fatale compensazione tra le due dimensioni. Giust’appunto olandesi, tedeschi ed altri popoli europei stanno aspettando quella compensazione. Beh si dirà, come dar loro torto? E ... se avessero solo mezza ragione? Essipperchè, prima di poter accampare vecchie ragioni, nell’Economia dei Consumi toccherà rifare i conti per intercettare quelle nuove ragioni a disposizione. Diamo un’occhiata: sul Recovery fund la strada sarà ancora lunga, ha detto l Merkel, ma "ricordiamoci che i Paesi frugali sono beneficiari netti del mercato unico". Cosa avrà voluto dire l’ex frugale? Che l’Euro, più che l’Europa, ha ridotto il nostro vantaggio competitivo aumentando il loro tanto, da poter esportare più di quanto importano? D’accordo ma…. è un vantaggio assoluto questo, ai tempi del virus, o un vincolo che ti impicca al come si sta nelle case di chi ha importato? Quel che le loro ragioni non scorgono: la patrimoniale per ridurre il debito pubblico, riduce la spesa potenziale; il lock down quella reale, quando il reddito di oltre il 50% delle famiglie, in Italia, si è ridotto allo stremo come emerge dall'Indagine straordinaria sulle famiglie italiane nel 2020 pubblicata dalla Banca d'Italia. Si può, insomma, continuare a beneficiare di una crescita, fatta con la spesa degli altri, quando gli altri stanno/staranno così? Bene, bando alle vecchie ragioni su quel che s’ha da fare, con il recovery plan, per sanare l’out put gap: la crescita si fa con la spesa, non con la produzione; per farla al massimo, tutto quel che viene prodotto deve poter essere acquistato. Signori toccherà come al solito esser prodighi, altro che frugali. Tutti! Mauro Artibani, l'economaio https://www.amazon.it/s/ref=nb_sb_ss_i_3_7?__mk_it_IT=%C3%85M%C3%85%C5%BD%C3%95%C3%91&url=search-alias%3Daps&field-keywords=mauro+artibani&sprefix=mauro+a%2Caps%2C207&crid=E9J469DZF3RA

martedì 7 luglio 2020

IL LAVORO DI RAFFA, NON DI RIFFA!

Il Lavoro, con l’articolo 1 della Costituzione, diviene l’istituto che fonda la Repubblica. La legge, 20 maggio 1970 n. 300, con "Lo Statuto dei lavoratori” ne fa un Diritto. Cinquanta anni dopo il Presidente Mattarella, con il garbo istituzionale che gli è proprio, ne rammemora il senso: "Dal lavoro, dalla sua dignità e qualità, dipende il futuro del Paese e dell'Europa. Senza diritto al lavoro e senza diritti nel lavoro non ci può essere sviluppo sostenibile. La sfida dei cambiamenti va affrontata con coraggio e la partecipazione, con il lavoro, al bene comune. Un collante irrinunciabile per tenere unita la comunità e renderla più forte.” Mi vien voglia di dire… quando Carlo Bonomi, presidente di Confindustria, in un intervento su 'Il Sole 24Ore' mi sopravanza: Il "reddito" e il "lavoro" a "milioni di italiani possono darlo solo le imprese e i mercati, gli investimenti e…". Con un colpo da maestro, insomma, mette il cappello su quanto scritto in Costituzione, sulla norma dello statuto e sul proferito dal Presidente. Ennò, Capitano mio capitano! Le Imprese non possono, quel lavoro e quel reddito, inventarlo; tutt’al più son trasferenti di quel che i Consumatori con la spesa hanno generato. Prima il reddito poi l’input per poter lavorare a ri-produrre. A meno che, spaventati dai lockdown e dalla recessione, gli europei ammassino risparmi nei depositi bancari rischiando di pregiudicare la ripresa post pandemia di Covid-19. Che stia accadendo, lo rileva il Financial Times sulla base dei dati della Bce e della Banca d'Inghilterra che già a marzo riportavano forti aumenti dei depositi nelle maggiori economie. In Italia i dati Bce riportano un aumento di 16,8 miliardi di euro a marzo sui depositi, anche qui a fronte di una media mensile di 3,4 miliardi. Giust’appunto cari confindustriali! Con questi chiari di luna siete ancora convinti di poter dare quel lavoro, pagare un reddito e, magari, pure investire quel che vi tocca? Bene, dopo il colpo al cerchio, tocca alla botte: Sociologi, Antropologi pur’anche Filosofi voi che del lavoro avete redatto la “mitologia” potreste trovare il modo di render merito proprio a chi, con quel che fa, lo genera e lo remunera e rende ancor spendibili le vostre prediche? Fino a riabilitare, magari, quell’esser prodighi e men che mai satolli dei Consumatori, non più vizio, magari convincendo la Politica a doverne rappresentarne la virtù! Mauro Artibani, l'economaio https://www.amazon.it/s/ref=nb_sb_ss_i_3_7?__mk_it_IT=%C3%85M%C3%85%C5%BD%C3%95%C3%91&url=search-alias%3Daps&field-keywords=mauro+artibani&sprefix=mauro+a%2Caps%2C207&crid=E9J469DZF3RA

martedì 30 giugno 2020

MA QUALE PREGIUDIZIO ANT’IMPRESA

Il presidente di Confindustria, Carlo Bonomi, non perde l’occasione di sbandierare il Libro Bianco con su scritto il voler trasformare l’Italia, entro il 2030, in un paese più efficiente e produttivo, con una migliore spesa pubblica e un piano per la riduzione del debito. Ok, quando riuscirò ad averne copia, saprò cosa si vorrà fare per il Paese. Oddio, son curioso di saper pure cosa vorranno fare per la produttività delle proprie Ditte. Per non farla troppo lunga prendiamo di petto, giust’appunto, l’efficienza e la produttività. Prima, nell’evo passato, le imprese, con la produttività, erano riuscite e fare il meglio, magari tagliando il costo del lavoro, rifilando a chi lavora redditi insufficienti per poter acquistare quanto veniva prodotto* ottenendo il disprezzabile risultato di finire in surplus produttivo; per riparare al danno si aggrapparono a tutte le asimmetrie informative** spendibili e alle politiche monetarie lasche per non far scendere i prezzi. Ebbri ancor del credito del “produrre la ricchezza”, dimentichi come il fare merci sia, seppur condizione necessaria, nient’affatto sufficiente per generarla; sufficienza che, piaccia o meno, sta in carico alla spesa. Permalosi pure: se dici ma…. sei ant’impresa. Giacchè non lo sono, provoco: la pandemia spinge a rivedere i processi innescati dalla globalizzazione aprendo una questione grande così. Le catene globali del valore rischiano di venire squassate con gli annessi profitti degli affiliati alle filiere. Già, proprio quel profitto che, nell’economia lineare ed aperta, remunerava il rischio d’impresa mentre, dentro quella circolare e continua, intrappola risorse sottraendole alla crescita. Diamo un’occhiata. Dentro le filiere produttive si trovano ficcati il titolare del prodotto, i fornitori di materie e quelli dei materiali; chi fornisce i macchinari, i designer nonché quelli della pubblicità e quelli del marketing; ci stanno i fornitori di credito, pure quelli della logistica, giù fino ai commercianti, tutti in credito di rischio che, a compenso, reclamano il profitto. Orbene, rischio per rischio, quale Impresa vuol correr quello, con la pandemia, di trovarsi costretto nelle catene di approvvigionamento del vecchio paesello che è tanto bello? Ci siamo, l’ora batte. Un modo nuovo della produttività s’affaccia: quella interfattoriale. Per schivare la sorte del campanilismo di ritorno, tocca investire il profitto da rischio per remunerare chi, con la spesa, quel rischio lo abbatte. Niente paura: nell’Economia dei Consumi, proprio dove l’esercizio dell’acquisto e della consumazione chiudono il cerchio, dando continuità al ciclo produttivo, viene sottratto rischio all’impresa. Il remunero del rischio, riallocato per dare sostegno alla domanda, tiene attiva la funzione consumo; per i Produttori un investimento che rende efficiente la gestione dei fattori della produzione, garanti dell’utile d’impresa. Se viene a ridursi il prezzo delle merce si rende competitivo il prodotto; viene rifocillato il potere d’acquisto per poter avere ben più di quel-che-serve-per-vivere associando, insomma, l’acquirente alla „ditta“. Già, solo con i consumatori, azionisti della filiera, le catene potranno compiutamente approvvigionare il valore sventando le “catenelle caserecce” che legherebbero chi, proprio nel globo interconnesso, trova il meglio tra i multifattori da aggregare, per confezionare al meglio ed esportare. *I dati di Confcommercio lo certificano, tra il 1979 e il 2013 i redditi disponibili delle Famiglie ristagnano. **Pubblicità, marketing, moda, credito al consumo, big data e…. chi più ne ha, più ne metta! Mauro Artibani, l'economaio https://www.amazon.it/s/ref=nb_sb_ss_i_3_7?__mk_it_IT=%C3%85M%C3%85%C5%BD%C3%95%C3%91&url=search-alias%3Daps&field-keywords=mauro+artibani&sprefix=mauro+a%2Caps%2C207&crid=E9J469DZF3RA