mercoledì 21 dicembre 2011

PER I CONSUMATORI, MACCHE’ TUTELE D’EGITTO

Mi venga un colpo: la Politica ha attrezzato agenzie a tutti i livelli della sua giurisdizione, dall’assessorato alla tutela di chi Consuma del paesino delle Langhe, su su passando per Provincie, Regioni, Stati, fino alla UE nella commissione mercato interno e protezione dei consumatori e ancor più su alle linee guida ONU per la loro tutela. Eggià, tutele per quei soggetti esposti all’acquisto che si ritiene possano essere sopraffatti da pubblicità ingannevole, esercizi commerciali scorretti, clausole contrattuali vessatorie, azioni di Marketing criptiche, offerte di credito irresistibili, meccanismi di fidelizzazione spudorati, promozioni inattingibili. Un momento: deboli proprio quegli stessi soggetti che con gli acquisti generano la ricchezza, consumando l’acquistato fanno ri-produrre dando continuità al ciclo economico e sostegno alla crescita? Toh, deboli, proprio quelli forti che abitano il centro del meccanismo produttivo! Che ai giorni nostri la politica scambi lucciole per lanterne sta sotto gli occhi di tutti; che la presunta debolezza di quell’essere venga esposta a celare quel che combina l’ente mercato, allarma. Giustappunto solo un mercato celato può esporre impudicamente quegli squilibri tra i soggetti economici che vi operano: opaco, rende spendibili pratiche scorrette; inefficiente, non apprezza la forza di quei tizi, non fa il prezzo della loro domanda. Apologeti del mercato dove siete? Mauro Artibani Per approfondire il tema trattato: PROFESSIONE CONSUMATORE Paoletti D’Isidori Capponi Editori Marzo 2009 www.professionalconsumer.splinder.com www.professioneconsumatore.org

mercoledì 7 dicembre 2011

CI SONO SOGGETTI ECONOMICI CHE DICONO E CI SONO QUELLI CHE FANNO

Ci sono soggetti economici abitanti il mercato che, attrezzati di idonea capacità di spesa, con il loro fare fanno da soli i 2/3 della crescita. Quando quella capacità si riduce, come ai nostri giorni, non si spende, non si cresce. Orbene la crisi: se ne parla, straparla; si attrezzano rimedi più o meno vaghi, più o meno seri; non vengono chiamati a rispondere del loro misfatto. Eppure hanno da dire, anzi dicono senza peli sulla lingua: Cortesi colleghi del mercato, per generare la crescita economica il nostro esercizio risulta indifferibile; se siamo costretti a differirlo, per mancanza di reddito sufficiente a dar corso alla spesa per acquistare quanto avete prodotto, quanto cacchio ci vuole a comprendere dove sta l’inguacchio? Perché chi ha da dire e pure da dare, con le orecchie fa il mercante e con la bocca continua a parlar d’altro? Mauro Artibani Per approfondire il tema trattato: PROFESSIONE CONSUMATORE Paoletti D’Isidori Capponi Editori Marzo 2009 www.professionalconsumer.splinder.com www.professioneconsumatore.org

venerdì 2 dicembre 2011

OLTRE LA CRISI CAMBIANDO IL VERSO DELLE POLITICHE DI REFLAZIONE

La crisi mostra quello che le politiche di reflazione per decenni hanno occultato. Si, insomma, sono stati messi in campo dispositivi per dare sostegno alla domanda e, sostieni oggi, sostieni domani, i Consumatori hanno cominciato ad ingrassare, a vestire alla moda; magari per andare da qui a lì ci sono andati in Suv. Si, insomma, hanno acquistato ben oltre il bisogno. Oggi che mancano pure i redditi per sostenere l’andazzo ed il credito risulta non disponibile, si prospetta un parapiglia. Già, sono le Imprese ad aver bisogno di vendere più di quanto l’abbiano i Consumatori di acquistare. Se tanto mi dà tanto, occorre cambiare il verso di quelle politiche di reflazione: fin ieri a sostenere l’acquisto, da oggi a sostenere la capacità di spesa. Utilizzando, che so…. i lauti profitti fatti nel tempo delle vacche grasse. Adesso, subito: nel tempo dei bovini magri occorre sostenere i redditi di quelli che hanno sostenuto, per lo più a debito, proprio i prezzi con i quali le Imprese hanno fatto profitto. E, si badi bene, aldilà di una più o meno astratta giustizia sociale, per poter tornare a vendere quel che si è prodotto e riprendere a crescere. Mauro Artibani Per approfondire il tema trattato: PROFESSIONE CONSUMATORE Paoletti D’Isidori Capponi Editori Marzo 2009 www.professionalconsumer.splinder.com www.professioneconsumatore.org

venerdì 25 novembre 2011

VENI VIDI VICI, TUONA IL PROFESSIONAL CONSUMER

Quest’accidente di Professional Consumer dice, mostra, scrive una successione di fatti: • La crescita economica rende l’esercizio del consumo indifferibile; un obbligo l’esercizio di spesa. • Sta in sovrappeso, vestito alla moda a bordo di un Suv, il Consumatore affrancato dal bisogno. • Fa i conti con l’eccesso di offerta l’Impresa; magazzini pieni e merci svalutate. • Hanno più bisogno i Produttori di vendere che i Consumatori di acquistare. • I redditi da lavoro erogati dalle Imprese per produrre risultano insufficienti a smaltire quanto prodotto. • Generare per troppi anni ricchezza con il debito, che surroga redditi, ha fatto sboom. • Le Imprese sovrapproducono svalutando valore, bruciando ricchezza; quelli che producono credito, indebitati stanno sull’orlo del baratro. Tira le fila: questi i fatti che fin ieri hanno mosso l’economia, oggi la bloccano. Prosa: tal fatti, disfatti e ben bene rifatti possono sbloccarla. Chiosa: dunque, si estrae più valore dall’esercizio del consumare che dal produrre. Pronostica: verso il Capitalismo dei Consumatori! Prosit. Mauro Artibani Per approfondire il tema trattato: PROFESSIONE CONSUMATORE Paoletti D’Isidori Capponi Editori Marzo 2009 www.professionalconsumer.splinder.com www.professioneconsumatore.org

giovedì 17 novembre 2011

LA CRISI, QUALCUNO LA RACCONTA COSI’…

La crisi, qualcuno la racconta così: Le Imprese producono più di quando vendono; bruciando valore minano la crescita. Il lavoro che non genera reddito adeguato a smaltire il prodotto non ri-genera lavoro. Quelli del credito, mancano di credito, screditati. I Consumatori orfani di reddito, ignudi di credito stanno in stand by; l’economia che ha fin quì funzionato a debito non funziona più! Quel gagliardo empirista si è messo a fare le pulci agli ideologi di questo andazzo fin quando scorge, in un agitato consesso sulla crisi, sparuti “esperti” che brandiscono tomi di dottrine scadute. Li prende di petto: voi con le vostre dannate ricette avete proposto stimoli in tutte le salse per dare spinta ai consumi. Cacchio, ricette di reflazione, le più disparate, per lo più a debito, per il timore che tocchi ai prezzi scendere per sostenere gli acquisti. Infervorato da vis teoretica, a quei timorati della deflazione scaglia un anatema: per sostenere i prezzi si è fatto esplodere il debito, per rimettere il debito occorrerà far esplodere i prezzi! Cacchio cacchio cacchio: così si riduce ancora il potere d’acquisto; loro sbarrano gli occhi, lui sbatte la porta e li lascia lì. Qualcosa si muove sul fronte occidentale: c’è chi sta con le Imprese, lui con i Consumatori. Già, sta più valore nell’esercizio del consumare che in quello del produrre: ci sarà da meditare. Mauro Artibani Per approfondire il tema trattato: PROFESSIONE CONSUMATORE Paoletti D’Isidori Capponi Editori Marzo 2009 www.professionalconsumer.splinder.com www.professioneconsumatore.org

mercoledì 9 novembre 2011

OCCORRE AGGIORNARE IL RAPPORTO PREZZO/UTILI DALL’OGGI AL FUTURO ANTERIORE

La “dannata sequenza” sta tutta in un tormentone: un riflesso dell’aumento della produttività si mostra nella riduzione del costo del lavoro*; altrettanto la sovraccapacità produttiva dell’impresa quella che, per essere smaltita, impone la riduzione del ciclo di vita dei prodotti. Un eccesso tira l’altro e poi un altro ancora. Quei redditi da lavoro insufficienti, che non smaltiscono alla bisogna, fanno ancor di più: aumentano le scorte di merci in magazzino che la costante innovazione di prodotto, figlia dalla competizione, svaluta, non svuota, anzi raddoppia**; per le aziende il tempo di ammortamento dei costi si riduce. Al mercato sottocasa, dove non si va tanto per il sottile, si fronteggiano l’aumento del volume delle merci offerte ed una ancor più ridotta capacità di spesa di chi fa la spesa, non più supportata dal supporto del credito; in mezzo, a prendere schiaffi, sta la riduzione dell’utile d’impresa. Un bel guaio. Per uscire dal guado, ripristinando il valore di quelle merci, alle imprese tocca investire quel profitto, non impiegato nella ri-produzione, per smaltire l’invenduto rimpinguando il potere d’acquisto degli smaltitori. Investimento mediante opzione: ridurre il prezzo di quell’offerta/aumentare il costo di produzione della domanda. Scandalo: si riduce il reddito d’impresa; all’utile si sottrae il profitto! Un colpo! “SELL” per quegli analisti di borsa in “tempo reale” che studiano il rapporto P/U delle aziende quotate: tirano una linea, fanno una frazione; sopra sta il prezzo dell’azione delle aziende anzidette, sotto l’utile generato da quelle aziende. Già, visto che per la media storica delle quotate allo S&P500 il rapporto da’ 15, quando scende il numeratore si va oltre quel 15, l’azione risulta sopravvalutata: sell, appunto. Questo dice un mercato che fissa strabico l’oggi; questo non dice quello abitato da ebri analisti che invaghiti di produttività/competitività tout court, balbettano invece BUY. Buy che non misurano le diseconomie degli eccessi, proprio quelle che i tempi lunghi della crisi mostrano, quelle che tirano giù gli utili. Né allarmati sell né miopi buy servono a raddrizzare i fatti. A quelle diseconomie occorre fare la festa: investire oggi per smaltire il prodotto fornisce stimolo alla crescita, garantisce il domani e la continuità del ciclo produttivo che non svaluta le scorte, neppure gli utili. Investire il profitto è utile, pulisce quelle farragini che intralciano produttività e competitività, fa utili. E’ tempo di aggiornare quei P/U dal troppo prossimo oggi o giù di lì, ad un futuro anteriore, che si intravvede, dove si mostrano più stabili e sostenibili gli utili, più trasparenti ed efficaci le stime. * Il rapporto del Budget Office, l'organismo indipendente del Congresso Usa, che fornisce analisi economiche, dice che tra il 1979 e il 2007 i redditi della classe media sono rimasti al palo **Nel 2005 il surplus produttivo dell’industria automobilistica mondiale era pari a 25 mln di auto, nel 2010 sono 30 mln: 90mln offerte, 60 mln domandate. Mauro Artibani Per approfondire il tema trattato: PROFESSIONE CONSUMATORE Paoletti D’Isidori Capponi Editori Marzo 2009 www.professionalconsumer.splinder.com www.professioneconsumatore.org

venerdì 4 novembre 2011

DENTRO L’ECONOMIA DEI CONSUMI STA IL VACCINO DALLA CRISI

Il vaccino per il veleno del serpente viene estratto da quello stesso veleno, pari pari quello della crisi può essere estratto dall’economia che l’ha generata. I fatti stanno pressappoco così: L’economia dei consumi succede per trasmutazione all'Economia della Produzione quando l’offerta supera la domanda. Quando insomma si vincola la crescita all’indifferibile esercizio del consumo si chiude un’epoca, si apre al nuovo: in tre tempi e un eppoi. Primo tempo. È il tempo della reflazione, del mercato sotto tutela. All’uopo vengono attrezzate Agenzie, la Pubblicità, il Marketing per dare sostegno alla domanda; moda, vetrine scintillanti e altro ancora daranno sprone agli acquisti. Quando poi “tutto quel che serve per vivere” diviene merce, si da’ corso ad un aumento esponenziale dei consumi. La vita si acquista, quell’acquisto genera ricchezza; più spesa più ricchezza ed un resto: l’affrancamento dal bisogno. Il meccanismo economico, incorporando la funzione Consumazione, potenzia la capacità produttiva del sistema; non verrà fatto altrettanto con le risorse di reddito necessarie ad esercitare quella funzione. Secondo tempo. Si aggiusta il tiro e accanto a quelle agenzie che sollecitano la domanda, spuntano come funghi quelle del Credito che devono surrogare il reddito, reflazionare l’economia. Con un offerta di denaro irrinunciabile ad acquirenti impenitenti viene generata ricchezza con il debito. Un ossimoro che prima illude il benessere, poi farà saltare i conti. I nodi vengono al pettine: l'offerta in eccesso dipenderà ancor più da una domanda di colpo renitente, la produzione dal consumo, il Produttore dal Consumatore. Terzo tempo. La domanda comanda, i rapporti di forza tra gli operatori economici si rovesciano. Il mercato dovrà trovare un nuovo equilibrio, costruire regole nuove; ridefinire i ruoli degli attori del mercato, i compensi di ruolo, le gerarchie di ruolo, gli oneri e gli onori; pure revocare quelle tutele al mercato che non fa il prezzo di questi squilibri. Giustappunto quando quella funzione della consumazione, la domanda, si mostra unico bene scarso sul mercato potrà trovare ristoro, quel valore remunero, ancor più quando si intravvede il maggior valore generato dall’esercizio del consumare rispetto a quello del produrre. Una nuova allocazione del reddito dovrà retribuire quell’esercizio per riattivare il meccanismo dello scambio, dare sostegno alla crescita e ricostruire nuova ricchezza. Eppoi… Eppoi, governo di quella domanda che perseguendo il tornaconto individuale genera crescita prospera per tutti. Domanda che contratta la quantità e qualità del prodotto: merci non sprecone di risorse naturali, pure ipo-energivore ed eco-compatibili che riducono costi e prezzi. Domanda che fornisce misura all’azione per l’oggi, domani e dopodomani alfin di poter continuare ad intascare il dividendo di competenza. Domanda competente, appunto, che migliora la capacità di spesa, la redditività del reddito; fornisce credito al ruolo e dignità all’atto. Giustappunto una gagliarda competizione imbastita con l’offerta dentro il libero mercato liberato, genera tornaconto e disciplina; vantaggi singolari e plurali, particolari e generali. Già, può accadere fin questo dentro i territori dell’economia: tracce di produttività sociale, proprio là dove etica e responsabilità non trovano albergo. Mauro Artibani Per approfondire il tema trattato: PROFESSIONE CONSUMATORE Paoletti D’Isidori Capponi Editori Marzo 2009 www.professionalconsumer.splinder.com www.professioneconsumatore.org

venerdì 28 ottobre 2011

I GIOVANI PATISCONO IL FUTURO, L’ECONOMIA IL PRESENTE

L’impatto sociale di quel che fanno risulta arcinoto, del loro fare economico meno, eppure sono l’oggi ed il futuro; hanno idee, vigore e salute; sono istruiti, flessibili, prolifici; hanno disposizione all’acquisto che poi consumano dando sprone al produrre che sprona l’occupazione; dispongono di capacità contributiva, contribuiscono a pagare le pensioni; governeranno il domani. Risorse a iosa, insomma, buone per migliorare la produttività del sistema economico. Risorse appannaggio di queste generazioni, quelle che… massì gli 81.000.000 di giovani disoccupati nel mondo, il 10% in Eu il 18% negli Usa. Poi ci sono quelli inoccupati, quei 2.000.000 di Neet* censiti in Italia; ed ancora quelli sottoccupati, quelli precari e quelli sotto remunerati. Risorse, quelle, non utilizzate, sottratte allo sviluppo che diventano zavorra, costo! Già, per loro salari e stipendi insufficienti oggi, le pensioni domani; mancando pure di “affidabilità creditizia” non confezionano quella domanda che sprona la crescita. Mal impiegati, viene sperperato il loro capitale umano; esclusi, disperso capitale sociale. Questo loro disagio genera allarme sociale. Aumenta con loro il debito privato, si riduce la capacità contributiva, aumenta il debito pubblico, aumenta pure la domanda di assistenza, sussidi e tutele. Vivono tutto questo dentro un mondo reflazionato in tutte le salse che se ha sostenuto la domanda, non ha trasferito effetti positivi sull’offerta di lavoro, ancor meno sui redditi di quel lavoro. Quando quel mondo annaspa le diseconomie si rendono evidenti, i nodi vengono al pettine. Capitani di ventura randagi, tutt’intenti a vincere la battaglia della competizione d’azienda, fanno la gestione separata dei fattori della produzione, confliggente con quella del consumo, mandando in mille pezzi la produttività dell’intero sistema. Annichilite le risorse, i nostri patiscono il futuro, l’economia il presente. Già, senza reddito smettono di tirare la volata agli acquisti né, consumando, spingono le imprese a riprodurre alterando la continuità del ciclo. Tenuti fuori dal meccanismo economico-produttivo, questo il minimo che potesse capitare: remissione per tutti! * NEET acronimo inglese di "Not in Education, Employment or Training" Mauro Artibani Per approfondire il tema trattato: PROFESSIONE CONSUMATORE Paoletti D’Isidori Capponi Editori Marzo 2009 www.professionalconsumer.splinder.com www.professioneconsumatore.org

giovedì 20 ottobre 2011

18 OTTOBRE, A CHE PUNTO E’ LA CRISI ?

Il 18 ottobre, un giorno qualsiasi, a quattro anni dallo scoppio della crisi economica globale, prendo al volo dalla rete un resoconto e due proclami istituzionali e ve li mostro. Nelle minute dell'ultima riunione del 20-21 settembre della Fed, Ben Bernanke e soci scrivono: "I partecipanti alla riunione vedono una considerevole incertezza in vista di una graduale ripresa della crescita economica". Dunque non solo graduale ma pure considerevolmente incerta la crescita. Dopo che quei tizi hanno tentato di mettere pezze a più non posso, non è un bel sentire. Niente paura: la Commissione europea presenta la road map per uscire dalla crisi finanziaria, restaurare la fiducia nell'area euro e nell'Europa nel suo complesso. “La road map - dice il presidente della Commissione Ue, Jose' Manuel Barroso - è la risposta per una svolta”. Poi chiosa: ''La fiducia puo' essere ristabilita solo attraverso una immediata implementazione di tutte le misure di cui c'è bisogno per risolvere la crisi''. Non pago richiosa: ''Soltanto in questo modo saremo capaci di convincere i cittadini europei, i nostri partner e i mercati che abbiamo le soluzioni alle sfide che l'economia sta affrontando''. Ma porc..convincere i cittadini che la soluzione passi per l’implemento delle misure di cui c’è bisogno? Ms. Barroso la prego, ha dimenticato di dire quali siano quelle di cui c’è bisogno? E ancora: Juncker, presidente dell’eurogruppo, annuncia 10 proposte per scacciare la crisi. Ullallà! al punto 6: "Un programma di crescita economica per i paesi più in difficoltà". UN programma insomma, non IL programma delle cose da farsi, per la crescita economica. A quattro anni di distanza qualcosa, non meglio specificato, viene auspicato, non fatto! Brrrrrr. Che Lor Signori non sappiano che pesci pigliare? Io, Professional consumer un’idea l’avrei: Che ne direste di farvi promotori e gestori di una ricapitalizzazione dell’azienda “Consumatori spa”, una multinazionale che, quando ha la capacità di spesa la spende per smaltire quell’invenduto che fa riprodurre, che fa lavorare, che genera occupazione, poi reddito, insomma, che fa crescere almeno di 2/3 del Pil ? Un bell’aumento di capitale al quale dovranno essere sollecitati ad aderire quelli che hanno riserve di reddito non investite né spese; quelle insomma sottratte alla crescita. Vi sia buona consigliera la notte. Mauro Artibani Per approfondire il tema trattato: PROFESSIONE CONSUMATORE Paoletti D’Isidori Capponi Editori Marzo 2009 www.professionalconsumer.splinder.com www.professioneconsumatore.org

giovedì 13 ottobre 2011

PER USCIRE DALLA CRISI TOCCA RICAPITALIZZARE I CONSUMATORI

Le Imprese producono troppo, retribuiscono poco, impallano il mercato svalutando il valore delle merci che hanno prodotto; bruciano ricchezza, bloccano la crescita. Sottraggono a quella crescita riserve di capitale che non vengono investite. I Consumatori hanno acquistato tutto, hanno poi smaltito fino ad inquinare pur di far crescere l’economia, ora affogano in un mare di debito. Ci sono ancora quelli del credito, screditati, che non fanno più credito. In ultimo gli Stati, anch’essi indebitati, che debbono risanare i conti e mancano di spendere per la crescita. Insomma, il meccanismo dello scambio risulta bloccato: non si vende, né si acquista. In un mercato di tal fatta si mostra come i Produttori abbiano bisogno di acquistare quella domanda che smaltisce l’offerta. Questo il fatto nuovo, questo quello che la crisi dice, proprio mentre l’economia di mercato rischia il default. Per ripristinare l’equilibrio agli Imprenditori, azionisti di riferimento della società “libero mercato s.p.a.” , tocca insomma ricapitalizzare i soci Consumatori. Massì, un bel aumento di capitale che doti gli associati di adeguata capacità di spesa mettendo sul piatto i profitti d’impresa, quelli tenuti in cassa e non spesi per gli investimenti produttivi. Per quegli Imprenditori che aderiscono, un investimento: abbassando il prezzo delle merci, per smaltire il prodotto, viene rifocillato quel potere d’acquisto che smaltisce. Così investiti quei profitti consentiranno di poter nuovamente produrre, riprendere a crescere e tornare a fare utili. Per questa via si va oltre la crisi; percorrendola fino in fondo si risanano le casse pubbliche. Approfittando del profitto si può fare centro, altro che sterilizzarlo dentro prelievi patrimoniali! Mauro Artibani Per approfondire il tema trattato: PROFESSIONE CONSUMATORE Paoletti D’Isidori Capponi Editori Marzo 2009 www.professionalconsumer.splinder.com www.professioneconsumatore.org

giovedì 6 ottobre 2011

USCIRE DALLA CRISI GOVERNANDO LA PRODUTTIVITA’ DI SISTEMA

La crisi che dal 2007 impazza per il mondo mostra come la gestione efficiente dei soli fattori capitale/lavoro, risulti insufficiente a governare l’efficienza dell’intero sistema produttivo. Dentro un sistema economico, circolare e continuo, il rapporto che allinea produzione e consumo rende necessario istituire sinergie di processo tra gli operatori operanti, per tenere fluido il meccanismo dello scambio domanda/offerta e rimuovere le aporie che si generano nelle fasi negative del ciclo produttivo. Fin quando l’automazione dei processi e l’innovazione tecnologica hanno espanso la capacità produttiva delle imprese, riducendo nel contempo l’impiego di lavoro, quei gestori dei fattori della produzione passavano all’incasso: efficaci gli input, buono l’output. Quando quella sovraccapacità genera un eccesso di offerta non smaltito dall’insufficienza del reddito - risultato della riduzione del costo del lavoro, della contrazione dell’offerta di lavoro, della precarietà di quel lavoro - la produttività di quel produrre collassa. Fin quando il credito ha rifocillato l’insufficienza di quei redditi, consentendo ai Consumatori di smaltire l’offerta, si è confezionata la crescita, si è generata ricchezza: efficace l’input, buono l’output. Quando il debito supera il livello di guardia ed il credito si mostra inattingibile si contrae la domanda, l’offerta torna invenduta; si svaluta il valore di quei beni, si riduce la crescita, viene bruciata ricchezza. Gli output: dalle stelle alle stalle. Quando, insomma, risulta alterato proprio quel rapporto tra la quantità dei fattori impiegati e le quantità di prodotto ottenuto e consumato, la necessità di un coordinamento nella gestione dei fattori di produzione e consumo torna a farsi prepotente. I gestori della produzione e quelli del consumo hanno la necessità di calibrare nuove azioni operative sul mercato; mettere a regime le risorse di ruolo, comporre sinergie per recuperare l’empasse. Ai Produttori tocca raddrizzare i modi del loro fare. Rendere efficiente l’impiego delle riserve di capitale*: se si teme di investire per produrre invenduto sottraendo denaro alla crescita, si investa per vendere l’eccesso già prodotto; riducendo il prezzo di quelle merci torneranno sufficienti redditi insufficienti, troverà ristoro il potere d’acquisto, mitigato il debito. Si potrà consumare, si potrà tornare a produrre, a lavorare, a crescere, a guadagnare. Eggià, smaltire l’invenduto restituisce scarsità alle merci, ripristinandone il valore; l’impresa riacchiappa scampoli di capacità competitiva. Anche ridurre l’impiego di quegli strumenti di reflazione, ormai inefficaci nel sostenere la domanda per contenere i costi, è utile; migliora gli utili. Ai Consumatori tocca produrre domanda, la risorsa più appetibile sul mercato, altro che acquistare quel che si trova. Buona per sottoporre a controllo qualità e quantità dell’offerta, migliorare la redditività del reddito disponibile; rendere ineffettuale pubblicità e marketing nel confezionare il prodotto, come pure il ricorso al credito: si accorciano ipertrofiche filiere produttive, si contengono costi e prezzi. Prodotti domandati, eco-compatibili, limitano l’impiego delle risorse naturali, contraggono i volumi di smaltimento, contengono i costi per i Produttori e il prezzo per i Consumatori; migliora pure la produttività sociale del mercato, magari solo un pizzico. Il riequilibrio, poi, della propensione al consumo tra chi ha più e spende meno di chi ha meno e spende di più, elimina ristagni di reddito, rimette in circolo denaro, dispone una maggiore capacità di spesa di chi sovracquista per aggredire l’eccesso di offerta. Tornato l’acquisto si riproduce, aumentano gli utili di impresa, viene fornita spinta allo sviluppo economico. Tal riequilibrio, non una imposta patrimoniale cheppur non rimette il debito, deve disporre una diversa allocazione delle risorse economiche tra gli stessi operatori del consumo. Riequilibrare proprio la capacità di spesa riattiva il circuito della crescita; quella crescita che sostiene le entrate fiscali che risanano quel debito: due piccioni con una fava! * Le aziende americane continuano ad accumulare liquidita'. Nel secondo trimestre le loro riserve sono salite del 4,5% a 2.047 miliardi di dollari. Si tratta del livello maggiore dal 1945. Lo riporta la Fed. (ANSA 16/09/11) Mauro Artibani Per approfondire il tema trattato: PROFESSIONE CONSUMATORE Paoletti D’Isidori Capponi Editori Marzo 2009 www.professionalconsumer.splinder.com www.professioneconsumatore.org

venerdì 30 settembre 2011

GIOVANI CONSUMATORI CONSUMATI

Ehilà, buon giorno, come va? Tu, che ti trovi ad ascoltare più rock in cuffia che in concerti live e voi, “gole secche”, a bere meno drink più minerale, magari rinunciando al pub, per più uggiosi “giri di peppe”. Anche tu che cerchi lavoro e non riesci a scovarlo e quello che scorgi è un lavoretto; costretto in abiti già usati, non quelli alla moda che passa di moda. Pure voi che avreste voglia di…. ma….; che per spostarvi da qui a là siete costretti a farlo sulle gambe invece che sulle vostre moto. Non molto bene vedo. Essì mio caro, quando ci si trova senza il becco d’un quattrino non resta che studiare, magari guardare la televisione, chessò leggere un libro. Quando tutto questo si mostra, quando tutto questo accade, bè: questa è la crisi economica bellezza e tu non ci puoi fare niente. Già, la crisi, quell’accidente che mostra risolutamente come manchino i redditi sufficienti per dare corso agli acquisti. Quegli acquisti che – sì – divertono, soddisfano, intrigano ma che danno sostegno pure alla Domanda che smaltisce l’Offerta, che produce ricchezza, che fa crescere l’economia Ecchì lo dice? Lo dice il Pil! Quel PIL che, per quanto abbia perso l’appeal dei giorni migliori, funziona ancora come indicatore della ricchezza prodotta. Bè, quel PIL dice che nei paesi sviluppati, proprio quella ricchezza viene generata per i 2/3 dagli acquisti, dal consumo. Insomma da noi tutti. Et voilà il paradosso: siamo forti, indiscutibilmente potenti, vieppiù immiseriti. Ricchi di tutto, a debito però. Condannati insomma a sostenere quel Pil, ci tocca consumare altrimenti si scende ancor più giù. Ricominciamo daccapo. Dobbiamo consumare, oltre che per il nostro conforto, per far crescere l’economia: una bella responsabilità. Non abbiamo i denari sufficienti per farlo; non ci sono altri che possano farlo in vece nostra: la crisi sta tutta qui. Cosa fare giovanil virgulti? A) Far finta di niente B) Accettare una vita low-cost C) Fare la nostra parte E’ in gioco l’oggi e forse il domani di tutti. Occhio, c’è molto da fare, si può fare molto perché: • Noi affrancati dal bisogno, i Produttori zeppi di merci invendute. • Hanno più bisogno i Produttori di vendere che noi di acquistare. • Si mostra più valore economico nell’esercizio del consumare che in quello del produrre. Si può, si deve, mettere a profitto questa forza! Sono anni che ci rifletto, che lo scrivo, che lo dico nei post: date un’occhiata. Mauro Artibani www.professionalconsumer.splinder.com

giovedì 22 settembre 2011

I PRODUTTORI INVESTANO, ANDARE OLTRE LA RECESSIONE SI PUO’

Strilli, urla; sguardi torvi e parolacce: recessione? Quando i Consumatori mancano dei redditi in grado di sostenere la domanda. Quando i Produttori, accortisi del fatto, non investono per produrre. Quando quelli del credito hanno denari opachi che i Consumatori, già indebitati, non vogliono e i Produttori non chiedono. Quando gli Stati sovrani, che mancano il controllo del bilancio, non hanno il becco d’un quattrino per spingere la politica economica. Quando, insomma, tutto questo avviene, viene a mancare quel prestatore di ultima istanza in grado di dar sostegno alla crescita. La recessione: il minimo che possa capitare! Eppure vi è stato chi, approfittando a piene mani di tecniche e politiche reflattive di ogni sorta messe in campo per dare sostegno alla domanda, è riuscito a smaltire il surplus di offerta senza ridurre il prezzo delle merci facendo lauti profitti. Quegli stessi che hanno pure ridotto il remunero del lavoro, accreditando il debito per sostenere i redditi che acquistano…. tanto paga Pantalone, aggiungendo profitto a profitto. Si scorge il finanziatore di ultima istanza? Già, proprio tutti quelli renitenti ad investire. Quelli che: ma, se investo per produrre, chi acquisterà il prodotto? Toh, proprio i Produttori, quelli che per produrre hanno bisogno di vendere più di quanto abbiano i Consumatori di acquistare. Bando alle ciance allora: se non investono i loro profitti per produrre li investano, sì li investano, per smaltire il prodotto, che so… abbassando il costo delle merci offerte al mercato. I Consumatori vedendo aumentare il potere d’acquisto, acquisteranno. Si potrà così tornare a produrre, a lavorare, a guadagnare , a crescere per poi ridurre il debito senza fare debito: bella no? Mauro Artibani Per approfondire il tema trattato: PROFESSIONE CONSUMATORE Paoletti D’Isidori Capponi Editori Marzo 2009 www.professionalconsumer.splinder.com www.professioneconsumatore.org

giovedì 15 settembre 2011

CRISI: HANNO PIU’ BISOGNO I PRODUTTORI DI VENDERE CHE I CONSUMATORI DI ACQUISTARE

Ai Professional Consumer pare di scorgere dentro questa crisi come abbiano più bisogno i Produttori di vendere che i Consumatori di acquistare. Agli altri può sembrare un patatrac, eppure questo chiaro che invece si scorge dentro il buio della crisi illumina! Difficile a credersi quando per molti, troppi anni, in un mercato del lavoro sovraffollato che ha ridotto stipendi e salari, quelli del credito, surrogando con il debito quei redditi insufficienti, hanno fornito potere d’acquisto affinché si potesse produrre e vendere più di quanto si potesse acquistare. Ora che il credito si è fatto inattingibile ed il debito ha superato i livello di guardia la domanda ristagna. Così quel bisogno dei Produttori si mostra. Per i Consumatori, l’occasione di andare al mercato a fare offerta della merce più appetibile: la capacità di acquisto. Quella domanda, necessaria per smaltire l’eccesso che ingolfa il mercato, venduta per rifocillare il reddito. Già, guadagnare quei denari che consentono di poter tornare a recitare quell’esercizio della spesa che da solo fa i 2/3 del Pil. Si, insomma, la crescita! Un modo del tutto “originale”, questo, per riallocare le risorse economiche che sono nelle tasche dei Signori che producono perché possa essere retribuito quel maggior valore presente nell’esercizio del consumare rispetto a quello del produrre. Valore che venduto produrrà ricchezza. Ricchezza che distribuita arricchirà tutti, viepiù senza fare debito. Mauro Artibani Per approfondire il tema trattato: PROFESSIONE CONSUMATORE Paoletti D’Isidori Capponi Editori Marzo 2009 www.professionalconsumer.splinder.com www.professioneconsumatore.org

mercoledì 7 settembre 2011

SE NON SI INVESTE PER PRODURRE, SI INVESTA PER SMALTIRE IL PRODOTTO

Agricoltori, industriali, artigiani, commercianti, con la sovraccapacità produttiva che si ritrovano e la renitenza a retribuire adeguatamente il lavoro, di chi lavora per loro, non fanno al meglio il loro fare. Proprio chi produce e Commercia merci standardizzate, quelle soggette a rapida obsolescenza tecnologica, a rapido degrado fisico/chimico, a ridotto ciclo vitale, ad accelerata sostituzione, stanno lì gonfi di offerta inacquistata che perde valore e brucia ricchezza. Sta qui la crisi. Già, finchè i Consumatori, con il debito, hanno messo una pezza ai redditi insufficienti pur di acquistare tutto si è vista la crescita. Ora non più. Il meccanismo dello scambio domanda/offerta risulta impallato: si vende e si acquista in maniera insufficiente a sostenere quella crescita. E qui viene il bello: quelli della sovraccapacità hanno, insomma, bisogno di vendere; quelli che hanno acquistato tutto hanno da vendere la capacità di acquisto per racimolare denaro e poter magari tornare ad acquistare ancora tutto. Già, proprio in questo trambusto si intravvede la soluzione: per Lor Signori acquistare la domanda. Beh, si, investire i profitti messi in cascina per dotare i Consumatori di idonea capacità di spesa nei confronti delle loro merci; così venderle e rifare profitto. Eggià, se alcuno si azzarda ad investire per produrre, si investa almeno per smaltire il già prodotto per poi riprodurre. Giustappunto una diversa allocazione delle risorse di reddito, tra i soggetti economici impiegati nel ciclo produttivo, si mostra indifferibile per restituire equilibrio al mercato ed uscire dalla crisi. Eggià, crescita senza dover fare altro debito; viepiù crescita che riduce il debito: una cuccagna! Mauro Artibani Per approfondire il tema trattato: PROFESSIONE CONSUMATORE Paoletti D’Isidori Capponi Editori Marzo 2009 www.professionalconsumer.splinder.com www.professioneconsumatore.org

martedì 30 agosto 2011

SOTTO L’OMBRELLONE GIOCHIAMO AL GIOCO DELLA CRISI.

Massì, ad agosto, per chi si attarda sotto l’ombrellone, cosa c’è di meglio che giocare con la crisi?
Un giochino facile facile:
Può governare il meccanismo economico chi per mestiere produce beni, che con la sovraccapacità che si ritrova ne produce troppi; che retribuisce poco chi lavora - quegli stessi che dovrebbero acquistarli - che così facendo viene svalutato il valore di quei beni bruciando ricchezza?
Che per uscire dal guado ha dovuto cedere pezzi di sovranità a chi ha fornito credito per sostenere quei redditi insufficienti che smaltiscono l’eccesso e tenere in piedi la baracca?

Possono governare il meccanismo economico quei nuovi governatori che, oliando con il credito il meccanismo dello scambio offerta/domanda, hanno reso possibile generare ricchezza con il debito e che a fronte di cotanto fare hanno meritato bonus? Ecchè bonus!
Quegli stessi che hanno giocato a rimpiattino, nascondendo il debito in ogni dove, fino a quando ha fatto sboom infettando il mondo?

Possono governare il meccanismo economico quelli che, disponendo delle risorse finanziarie adeguate, acquistano pure l’eccesso restituendo valore alle merci; consumandole ne consentono la riproduzione fornendo continuità al ciclo e sostanza alla crescita?

Tre domande, una la risposta giusta: orsù non è difficile!

Altro giro, altro quiz: chi possiede quelle risorse finanziarie da distribuire a chi non ne dispone?

Ad occhio e croce proprio quelle aziende che hanno retribuito poco e con la risorsa del credito hanno pure venduto l’eccesso, senza ridurre il prezzo delle merci, facendo lauti profitti.
Tra queste, secondo Standard & Poor's, solo le prime 500 aziende americane per capitalizzazione avevano liquidità per 963 miliardi di dollari alla fine del primo trimestre, in progresso rispetto agli 837 mld di un anno fa.

Quelli del credito che, avendo in pancia 6.300 mld di $ di titoli finanziari più o meno “tossici”, non fanno più credito.

Le finanze pubbliche di quegli stati che per salvare quelli del credito sono oramai al collasso.

Facile no?

Già, ma quante risorse finanziarie occorrono?
Quelle necessarie per acquistare tutto quello che sta oltre il bisogno e le emozioni che lo “stile di vita” confeziona e che il reddito disponibile manca di poter acquistare. Quelle insomma che necessitano per acquistare l’invenduto.
Già, proprio quell’invenduto che svalutato brucia ricchezza bruciando pure i profitti di quelle aziende.
Facile no?

Mauro Artibani
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Marzo 2009

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martedì 16 agosto 2011

CAVOLO: TRA LE PARTI SOCIALI NON CI SONO I CONSUMATORI

Nell’incontro tra Governo e “parti sociali” per scacciare la crisi si recita a soggetto.
Personaggi ed interpreti:
Il Governo, quello governato dai diktat europei per governare il debito e la crescita.
La Confindustria, quelli che mal governano i fattori della produzione; che producono troppo, retribuiscono poco.
I Sindacati, quelli che rappresentano chi lavora per produrre e che non riceve redditi sufficienti per acquistare quanto prodotto.
Le Associazioni bancarie, quelle che hanno messo il credito per surrogare quei redditi insufficienti e fare il debito fino allo sboom e che non hanno più credito per fare altro debito.
Già, tutti insieme appassionatamente. Proprio quelli che non hanno governato la crescita, dicono il già detto, rivendicano ragioni, distribuiscono torti.
Ma porcoggiuda! Ci sono tutti su quel palcoscenico tranne i Consumatori e le loro ragioni.
Si, i Consumatori, proprio quelli che per statuto di ruolo occupano il centro della scena economica; quelli che acquistano trasformando il valore delle merci in ricchezza, che consumando l’acquistato forniscono l’input per far nuovamente produrre dando continuità al ciclo e sostanza alla crescita.
Già, proprio quelli che, disponendo di reddito adeguato, garantiscono i 2/3 di quella crescita e, quando inadeguato, confezionano la decrescita: si svaluta il valore delle merci, si brucia ricchezza, si riduce l’occupazione, pure il prelievo fiscale, aumenta il debito. Si riduce insomma la produttività del sistema economico.
Già quella produttività che si declama sulla bocca di tutti; pure dei Professional Consumer inascoltati.
Danno loro un consiglio a Lor Signori: se, perché non si vende, si teme di investire nella nuova produzione i lauti profitti sottraendoli alla crescita, li si investa per smaltire quanto prodotto.
Date da spendere a chi acquista, acquisteranno tutto; occorrerà nuovamente produrre.
La produttività delle imprese andrà alle stelle, ci sarà nuova occupazione, nuovi redditi, nuova crescita, un maggiore prelievo fiscale; si ridurrà il debito.

Mauro Artibani
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venerdì 12 agosto 2011

PUNTO E DACCAPO: FLOP DELLE POLITICHE MONETARIE E MERCATO ALTERATO

Con la crisi ci risiamo.
Si, siamo punto e daccapo: le politiche monetarie, quelle fiscali, nonché quelle keynesiane, hanno fatto flop.
Fare opera di reflazione non è servito a sostenere gli acquisti: il meccanismo dello scambio domanda/offerta sta lì ancora inceppato, l’equilibrio del mercato alterato; quelle politiche non più spendibili da stati indebitati.
Vestali dell’efficienza, coriacei della concorrenza, integralisti del laissez faire, dove eravate ieri ed oggi dove siete?
Ortodossi della prima ora, dove sta quel mercato che a tutto rimedia?
Perché quella domanda di acquisto, unico bene scarso sul mercato, non trova acquirenti.
Perchè la sola merce di valore, ecchè valore, in barba a tutti gli altri beni offerti in eccesso non fa prezzo?
Eppure vagoni di profitto, buoni da investire per ri-produrre, non investiti perché privi di quella domanda che possa smaltire il prodotto, giacciono inerti nelle casse aziendali, sottratti alla crescita.
Cortesi mercatisti, il tempo stringe. Occorre sollecitare i detentori di quel tesoretto ad investire i loro guadagni nell’acquisto proprio di quella maledetta domanda per poter poi vendere l’offerta e così nuovamente produrre.
Un modo questo per rinverdire l’efficienza del mercato, sbloccare quello stramaledetto meccanismo dello scambio e riprendere a crescere.
In fretta però!

Mauro Artibani
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mercoledì 3 agosto 2011

IL BILANCIO DELLA FAMIGLIA RISCHIA IL CRAC

Quando arriva il tempo in cui l’offerta supera la domanda, al mercato cambiano la regole del gioco. Quel consumare, ormai satollo, perde lo statuto di variabile indipendente, viene cooptato nel processo produttivo, dovrà darsi da fare, ricominciare daccapo.
Eggià, la crescita economica rende indifferibile l’acquisto, obbligato l’esercizio di consumazione.
I Consumatori devono riorganizzare la propria azione; la Famiglia, il proprio statuto per farsi Impresa.
Il meccanismo produttivo ospita questi nuovi addetti e, da lineare aperto, si fa circolare e continuo.
Impresa costituita da addetti che abitano sotto lo stesso tetto. I familiari adulti concorrono con il lavoro a generare reddito, tutti agendo sulla domanda lo spendono; chi lavora produce merci e servizi, tutti impiegano il tempo libero per acquistare quanto prodotto.
Impresa che acquista quel tutto trasformando il prodotto in ricchezza. Non paga, da’ corso alla consumazione della spesa, magari facendo ingrassare, vestire alla moda che passa di moda gli addetti, epperchennò sprecando pur di far nuovamente produrre, dare continuità al ciclo produttivo e sostegno alla crescita economica.
Investe nella prole per garantire la riproducibilità tecnica dell’impresa: più bocche da sfamare aumentano la quantità della domanda; l’ istruisce, la cura, l’assiste, l’attrezza di capitale umano per migliorare la qualità di quella domanda; con la paghetta attrezza la loro capacità di spesa e ne retribuisce l’esercizio.
Flessibile quanto basta per stare sul mercato: quando il costo d’esercizio degli addetti riduce il potere d’acquisto viene ridotta la dimensione aziendale; la contraccezione contrae le nascite riducendo la domanda.
Alta la produttività d’esercizio: genera i 2/3 del Pil. Bassa la redditività: redditi insufficienti, risparmi allo stremo, debito fuori controllo per tenere il potere d’acquisto e fornire input all’intera filiera produttiva.
Ligia al dovere fiscale, sui redditi da lavoro paga fino all’ultimo cent; non paga, accetta di vedere tassato, ancorchè non retribuito, l’esercizio di ruolo con l’Iva sugli acquisti, la Tarsu sul consumato.
Encomiabile nell’impiego delle risorse aziendali utilizzate sul mercato per gestire la domanda:
Il Tempo libero, quello fatto a pezzi, impiegato per acquistare il prodotto, per smaltire il prodotto, trattenuto dai “suggerimenti pubblicitari”; quel che resta per riposare per poi ricominciare.
L’Ottimismo, lo stesso di chi sbircia di sera il rosso del cielo per sperare buon tempo, che ristora la sete in bicchieri mezzi pieni, quello che acquista senza se, senza ma.
L’Attenzione, quella necessaria a dipanare le merci, l’informazione sulle merci e smerciare le merci.
Il Denaro, quello impiegato per acquistare ben oltre il bisogno, oltre la capacità di spesa.
Risorse queste spese, pur esse non retribuite.
Nel sistema circolare della produzione, insomma, tal valore impiegato nell’esercizio del consumare non trova adeguato remunero; ancor meno quando la condizione precaria del lavoro riduce ancor più i margini di redditività del reddito disponibile, proprio mentre balzi di produttività aumentano quell’offerta di prodotto che necessita di maggiori volumi di domanda.
In sede di bilancio si rischia il crac: i flussi di cassa risultano insufficienti a smaltire l’offerta del mercato, viene alterata la produttività dell’intera filiera di sistema. Si mostra così l’inefficace allocazione delle risorse nel meccanismo economico.
Eggià, non basta per uscire dal guado alzare il tetto al debito.

Mauro Artibani
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martedì 19 luglio 2011

I PROTAGONISTI DELLA CRISI E QUELLI DELLA CRESCITA


Nella commedia della crisi si recita a soggetto.
Personaggi ed interpreti: Produttori e Consumatori.
I primi soffrono di un eccesso di capacità produttiva, al mercato portano beni in eccesso; non paghi, retribuiscono il lavoro che produce con un reddito insufficiente a smaltire il prodotto. Viene così svalutato il valore delle loro merci.
Con questi Tizi, ed i loro vizi, si brucia ricchezza non si incontra la crescita.
I secondi acquistano, ben oltre il bisogno, magari a debito, trasformando quelle merci in ricchezza; consumando l’acquistato forniscono l’input per nuovamente produrre.
Con le virtù di questi Cai viene fornita continuità al ciclo economico, sostegno alla crescita.
Quando però il credito, che rifocilla quei redditi insufficienti, si mostra inattingibile siamo alla crisi.
A fronte di tutto questo ora tutti, ma proprio tutti, invocano la crescita.
Beh, a conti fatti, visto che sembra esserci ficcato più valore nell’esercizio del consumare che in quello del produrre, si rende necessario estrarre questo valore.
Per farlo si potrebbe trasfondere liquido monetario, prelevato da Tizio, nell’esercizio svolto da Caio ed ops i secondi potranno tornare ad esercitare le loro virtù; i primi vendendo l’eccesso vedrebbero mondati i vizi del loro fare.
Così la crescita potrebbe ripartire, appagando pure gli invocanti.
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giovedì 14 luglio 2011

GIOCHIAMO CON LA CRISI


Con la crisi l’occasione si fa ghiotta, prendiamo in giro il meccanismo produttivo.
Pronti, via!
Chi ha denaro e vuole investirlo dovrà avere la ragionevole certezza che potrà ottenere utili da tale pratica.
Chi, pur ricevendo tal incentivo, produrrà merci e darà occupazione solo se avrà la possibilità di vendere il prodotto.
Chi lavorerà a quella produzione, lo farà a fronte di un compenso che remuneri adeguatamente l’esercizio.
Chi , al mercato, nonostante abbia fatto acquisti per soddisfare i bisogni e magari pure le passioni, finanche le emozioni, si troverà senza le risorse economiche adeguate per acquistare il resto che è stato prodotto, impallerà il meccanismo, l’economia pure.
La merce resterà invenduta, si brucerà ricchezza. Chi ha investito disinvestirà, chi ha prodotto non riprodurrà, chi ha lavorato mancherà di lavorare.
Et voilà, la crisi mostra quanto valore vi sia nell’esercizio del consumare. Esercizio che per potersi esercitare dovrà trovare conveniente remunero per compensare quei redditi insufficienti, quelli erogati in un mercato del lavoro sovraffollato, e rifocillare quella capacità di spesa che smaltisce l’invenduto, che fa ri-produrre fino a rendere conveniente nuovamente investire.
Eggià, questo il modo per fornire sostegno ed efficienza al meccanismo produttivo e garantire la crescita economica.
Si, reddito, non molto, quanto basta per acquistare quel resto che blocca il meccanismo dello scambio domanda/offerta e impalla il mercato.

Mauro Artibani
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mercoledì 29 giugno 2011

CHI TIENE IN PIEDI QUESTO PAESE?


“La riforma fiscale va fatta diminuendo il carico sui lavoratori e le imprese che tengono in piedi questo Paese».
Il presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia, insiste sulla necessità di «abbassare le tasse» e sulla possibilità di «spostare il peso sulle cose. Si può fare a parità complessiva di pressione, aumentando gradualmente l'Iva. I soldi incassati si usino per abbassare l'Irpef sui lavoratori e diminuire i costi del lavoro sull'Irap» per le imprese.
Un prelievo fiscale, insomma, che avvantaggi capitale e lavoro, svantaggi il consumare. Sorbole!
Ma se l’insufficienza del reddito che retribuisce il lavoro fa il paio con la sovraccapacità di offerta delle imprese nello zavorrare la crescita e, se l’unica funzione attiva nel meccanismo della crescita risulta quella di consumazione che genera i 2/3 del PIL, risulta lecito tassare questo esercizio?
Proprio lì, dove si consuma, c’è valore da estrarre per far si che si possa tornare poi ad investire, produrre, creare lavoro, distribuire reddito, proprio lì si insinua il fisco?
C’è chi sostiene: detassare Irap ed Irpef racimola competizione sui costi per le imprese, capacità di spesa per chi lavora quando acquista.
Non mi è dato sapere se e quanto, per questa via, possa aumentare la capacità delle imprese di stare sul mercato; per il lavoro dipendente, si dice in giro, che nel migliore dei casi riducendo l’Irpef, aumentando l’Iva si farà una operazione a somma zero.
C’è ancora una chicca: la capacità di consumare degli individui, è noto, risulta inversa alla capacità di spesa. Chi guadagna meno, insomma, spende percentualmente più di chi ha più. Aumentare l’Iva sugli acquisti tassa meno chi ha più; più chi ha meno. Per questa via si viola pertanto il precetto costituzionale che regola la progressività del prelievo fiscale in rapporto al reddito disponibile; si riduce ancor di più la capacità di spesa di chi ha meno: non è un bel sentire, ancor meno un bel fare!
Mauro Artibani
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martedì 21 giugno 2011

PRODUTTORI E CONSUMATORI SI DANNO UN GRAN DA FARE MA….


Quando funziona l’economia funziona pressappoco così:
Produttori e Consumatori si danno un gran da fare, c’è chi fa tutto quel che può per mettere merci sul mercato e chi fa ancor di più per acquistarle.
Si, insomma, c’è chi impiega risorse per produrre merci che vendute diventano ricchezza e chi spende quella ricchezza, con la spesa, per smaltire quelle merci e dare continuità al ciclo produttivo.
Risultato: tutti hanno tutto, pure la natura depredata, la terra inquinata: non è un bel vedere!
Quelli che producono cercando il profitto, non sanno far altro; sono per la crescita senza se, senza ma.
Noi Consumatori pure ma, disponendo del potere della Domanda, possiamo fare di più e meglio.
Con la domanda possiamo imporre ai Produttori cosa e come produrre, quali risorse impiegare, quali confezioni adottare per limitare lo smaltimento epperchènno contrattare il prezzo.
Giustappunto Operatori di Mercato, in barba alla vulgate che ci vuole scemi, potremo meglio amministrare la produttività, quella civile, delle nostre azioni e non solo.
Eggià, migliorando la convenienza del nostro fare prendiamo in carico la responsabilità del nostro ruolo, salvaguardiamo la risorse naturali, puliamo l’ambiente e miglioriamo la redditività del nostro smilzo reddito: bingo!
Ecco, si, Professional Consumer, cos’altro sennò!
Mauro Artibani
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venerdì 17 giugno 2011

AAAA: CERCO GENTE PER FARE BUSINESS CON LA CRISI


C’è chi crede che si possa far girare l’economia in direzione contraria per uscire dalla crisi?
Si può credere che per farlo chi, fin ieri, ha venduto oggi debba acquistare e chi, fin quì, ha acquistato possa alfin vendere per rifocillare il proprio reddito?
La crisi mostra come abbiano più bisogno i Produttori di vendere che i Consumatori di acquistare. Mostra pure come sia la Domanda la reginetta delle merci appetibili sul mercato.
Occorre mettere a profitto questo vantaggio.
La domanda comanda: qui sta il business!
Chi crede che questo sia possibile e abbia competenze nella gestione di Social Network, nel web marketing, nel web design, nel settore commerciale, in quello legale e quello finanziario si faccia avanti.
Cerco gente per fare squadra e per fare business.

Mauro Artibani
Studioso dell’Economia dei Consumi
Mauart1@libero.it
069495423

lunedì 13 giugno 2011

REDISTRIBUIRE LA RICCHEZZA PER ANDARE OLTRE LA CRISI


Per uscire dalle nebbie della crisi comincia a farsi strada la necessità di ripristinare la capacità di acquisto dei Consumatori.
Viene in mente che per farlo occorra redistribuire in altro modo la ricchezza che il meccanismo economico genera.
Al solo bisbigliarne la possibilità politici di sinistra divagano; quelli di destra nicchiano, quelli di centro.. boh!
Già, la politica, tutta fuoco e fiamme, parla d’altro mentre la crisi rigurgita crisi.
Bene, diamo un’occhiata: nel sistema economico i redditi vengono distribuiti in funzione del contributo fornito dagli agenti economici alla produzione del Valore.
Funziona pressappoco così: i Produttori producono ed incassano profitto, quelli che lavorano alla produzione percepiscono reddito; i Consumatori quel reddito lo spendono.
Quando sul mercato stazionano più merci di quelle che il reddito disponibile dei Consumatori consente di smaltire, quell’eccesso svaluta il valore di quella produzione, riduce il contributo dei Produttori, brucia ricchezza. Così si entra nella crisi.
Se invece i Consumatori dispongono di reddito adeguato a smaltire, viene restituito valore a quelle merci; quelle merci, ancorchè consumate, debbono essere ri-prodotte generando nuovo valore, nuovo lavoro e crescita economica: così si da’ una stoccata alla crisi.
Qui si mostra il pasticcio: nell’economia dei consumi questo straordinario contributo, fornito alla produzione del valore, non trova remunero.
Et voilà l’opportunità: riallocare le risorse economiche generate per remunerare quest’esercizio del consumare buono a garantire la crescita.
Una scommessa che la politica, quando smetterà di parlar d’altro, dovrà giocare tuttodunfiato per andare oltre la crisi e chessò, magari, ritrovare pure credito di ruolo.

Mauro Artibani
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lunedì 23 maggio 2011

QUELLI DELLA PUBBLICITA’ HANNO SCIPPATO ADAMO


In principio fu Adamo. Si proprio Lui “the first”che, fornito della divina onomathesia, ha imposto il nome alle cose.
Così ci venne consegnato un mondo distinto, interpretato; dove le cose potessero accadere, dare loro esistenza: senso.
Poi è toccato a filosofi, poeti, artisti, religiosi. In ultimo, nei pressi del mondo contemporaneo, ai pubblicitari che mostrano straordinarie abilità nel perseguire cotanto compito.
Quelli della pubblicità hanno scippato Adamo.
Non solo informano: danno Nomi e Norme, ordinano Fatti, confezionano Emozioni, dispongono Significati.
Impacchettano dentro pakaging impeccabili Esperienze, altro che prodotti; Senso, altro che merci.
Là, dove tutto è merce, la pubblicità previene poi provvede quando, come, dove, perché delle cose che accadono e noi con-formati e con-vinti, senza remore, facciamo del nostro peggio.
Esecrabili, disdicevoli?
Loro no, noi si.
Loro fanno del loro meglio.
Chi meglio di loro propone domanda di consumo?
Chi meglio di loro olia i meccanismi dell’acquisto?
A noi, orfani della domanda, non resta che acquistare fino allo stremo; fino a confondere la fisiologia dello stare nel mercato per produrre ricchezza, con la patologia del consumare che ci alberga come Fine.
Fino a generare patenti diseconomie: sprechi, monnezze, debito in eccesso, allucinate solitudini.
Non è un bel vedere, dobbiamo cambiare registro.
Per non farla troppo lunga e noiosa si può cominciare da un giochino: “interferenza culturale” si chiama.
Un sagace passatempo per smontare il meccanismo pubblicitario: quello affisso sui muri, quello degli spot televisivi, quello esposto nei giornali, quello che ci pesca nella rete delle reti.
Guardare dentro il massaggio di sguincio, capovolgere, modificare, come fare i baffi alla Gioconda così da alterare quelle risoluzioni di senso e scardinare le nostre inerzie; separare l’informazione dalla sublimazione, la conoscenza dal Senso.
Quelli del Culture Jamming già lo fanno con risultati esilaranti.
Si potranno separare così i mezzi dai fini; sconnettere gesti fin troppo automatici, limare retoriche imperscrutabili che affannano e , mi voglio rovinare, così rinvigoriti ed informati poter andare al mercato per Offrire DOMANDA, contrattare l’OFFERTA fare il PREZZO
Questo il nostro mestiere, vieppiù un ricostituente per la nostra mente.

Mauro Artibani
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giovedì 19 maggio 2011

CORTESE MARCEGAGLIA LEI SBAGLIA


Onore al merito.
Lei svolge con solerzia, passione e competenza il compito d’istituto. Accredita ruoli, rivendica la responsabilità degli associati nel fare impresa: “Noi lo teniamo in piedi questo paese, tutti i giorni noi facciamo qualcosa per il Paese, visto che contribuiamo per il 70% alla crescita del Pil''.
Ai Consumatori tocca porre in dubbio questo suo dire: Il valore delle merci e dei servizi venduti, non quelli prodotti, generano quel Pil. Solo con l’acquisto il valore di quei beni, altrimenti svalutati, viene trasformato in ricchezza.
Questa ricchezza generata dalla spesa privata, da quella pubblica e da quella spesa oltre frontiera che acquista le vostre esportazioni va ben oltre il 70; il resto resta ai vostri investimenti e alle vostre scorte, quando non sono zavorra.
Questa ricchezza retribuisce i redditi da capitale, quelli da lavoro; rifocilla le scassate casse pubbliche.
Produrre , insomma, risulta condizione non sufficiente per sostenere lo sviluppo; occorre acquistare quel prodotto, trasformarlo in moneta ed ancora consumarlo per dare input ad un nuovo produrre, fornire continuità al ciclo, sostanza alla crescita economica.
La prova del 9: a fronte di una riduzione delle crescita del Pil, i gestori delle politiche reflattive somministrano potenti ricostituenti in grado di sostenere la domanda, non l’offerta.
Tutti conoscono il giochino, tutti sollecitano quelle politiche, Lei non può non conoscerlo.
Giaccheccisono mi consenta una chiosa: i fatti mostrano come vi sia più valore nell’esercizio del consumare che in quello del produrre.
Apprezzi quel valore, quel ruolo, quella responsabilità ed ancor più lasci che il mercato ne faccia il prezzo.
Mauro Artibani
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martedì 10 maggio 2011

O CRESCITA O MORTE DICONO GLI INDUSTRIALI


O crescita o morte, dicono gli industriali.
La Marcegaglia di Confindustria, più soft, precisa: “con una crescita troppo lenta, di un + 0,8 o un + 1,0 non si và da nessuna parte. Si deve tornare a crescere almeno al 2%”.
Minacciano e imprecano la crescita, Loro.
Ma come, ma porc… stanno abdicando?
Loro, per definizione, produttori di valore, di occupazione; quelli che danno lavoro, quelli che retribuiscono reddito, quelli che insomma generano la crescita. Proprio loro la reclamano.
Già, da chi?
Vuoi vedere che si scoprono gli altarini?
Vuoi vedere che siamo finalmente punto a capo?
La crescita insufficiente è figlia di un meccanismo dello scambio offerta/domanda impallato. Le merci, non acquistate, perdono valore, l’economia rallenta.
La colpa: il reddito insufficiente. Chi altri sennò?
Già, quel reddito da lavoro, erogato dai Produttori per produrre merci, insufficiente ad acquistare quanto prodotto.
Quell’insufficienza che, surrogata dal debito, per decenni ha consentito di oliare il meccanismo dello scambio facendo funzionare la macchina economica, generando appunto crescita.
Quel reddito surrogato, ma impallato, che oggi non sostiene più quell’acquisto che fa ri-produrre, lavorare, crescere l’economia.
Eggià Signori miei, la spinta alla crescita non proviene più dall’impresa ma dalla spesa: vi è più valore nell’esercizio del consumare che in quello del produrre.
Tal ruolo dovrà essere remunerato da un reddito, giustappunto sufficiente e non surrogato, a generare altra crescita, magari al 2%.
Et voilà, il mondo alla rovescia!

Mauro Artibani
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mercoledì 4 maggio 2011

I CONSUMATORI VANNO A BRACCETTO CON LA CRISI


In mezzo ai fatti, tra le notizie, i Consumatori banchettano con i perché.
Perché in UK, da almeno un decennio, si è scelto di rinunciare all’industria manifatturiera a vantaggio di quella finanziaria che fa profitti con il credito, che rifocilla redditi insufficienti?
Perché i gestori della crisi hanno messo in campo politiche reflattive di ogni sorta per sostenere la domanda?
Perché, in ogni dove, si edificano più centri commerciali che centri produttivi?
Perché, in mezzo alla crisi, cresce l’impresa Groupon che fa affari organizzando gruppi d’acquisto?
Oh bella, vuoi vedere che si estrae più valore dall’esercizio del consumare che da quello del produrre?
La prova del 9: con i consumi delle famiglie si genera i 2/3 del Pil!
Vuoi vedere che toccherà riallocare le risorse economiche così generate in altro modo, magari per retribuire quel valore e, magari, andare oltre la crisi?

Mauro Artibani
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venerdì 29 aprile 2011

LA MISSION AZIENDALE DEI CONSUMATORI


Fare Impresa, questa la mission possible dei Consumatori.
Quando la capacità produttiva delle aziende confeziona una offerta superiore alla capacità di spesa degli acquirenti, viene svalutato il valore di quelle merci: si brucia ricchezza, si contrae lo sviluppo. Si mostra evidente come la crescita economica risulti vincolata dall’esercizio di consumazione.
Crescita ancora possibile fin quando l’insufficienza del reddito ha trovato il soccorso del credito generando i 2/3 del PIL; impossibile quando il debito, entrato in sofferenza, ha reso quel credito inattingibile bloccando il meccanismo dello scambio domanda/offerta.
C’è dell’altro: nei dati riferiti dal presidente dell'Istat, Enrico Giovannini il 20/04/2011 nel corso dell'audizione davanti alle commissioni Bilancio di Camera e Senato sul Def, le famiglie italiane vengono messe in difficoltà dalla crisi. La loro propensione al risparmio ''è scesa fino ad attingere ai risparmi accumulati'' mentre il reddito reale pro capite “è sceso di 300 euro'' rispetto al 2001. Occorre aggiungere come il numero delle famiglie, nello stesso periodo, sia aumentato; “la riduzione del reddito reale, pertanto, si fa ancora più consistente''.
Questi fatti consentono agli acquirenti di guadagnare il vantaggio improcrastinabile: disporre di un reddito adeguato per tornare a garantire quella crescita.
I Consumatori, associati in network, hanno da commerciare la gestione delle risorse impiegate nell’acquisto: Tempo, Attenzione, Ottimismo e Denaro. Un prodotto/servizio che estrae valore dall’azione di consumazione.
Insomma nuova offerta per una nuova domanda, quella delle imprese; reddito nelle tasche dei Consumatori.

Mauro Artibani
Per approfondire il tema trattato: PROFESSIONE CONSUMATORE
Paoletti D’Isidori Capponi Editori
Marzo 2009

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giovedì 21 aprile 2011

NUOVA DOMANDA E NUOVA OFFERTA PER RIPRENDERE A CRESCERE


Per riprendere a crescere occorre produrre e consumare.
Su questo più o meno tutti concordano.
Già, se però girano più merci che redditi chi potrà acquistare e chi vorrà ancora produrre?
Per questa via non si cava un ragno dal buco.
Proviamo a cambiare le carte in tavola: quale offerta e quale domanda sono compatibili con un meccanismo di scambio di tal fatta, finito en panne?
Pochi redditi, troppa merce: dunque, se chi deve acquistare vende per denaro la sua capacità di acquisto e, viceversa, chi deve vendere acquista quella domanda per smaltire l’invenduto, si avrà una riallocazione dei redditi tra chi ha e deve vendere e chi non ha e deve acquistare, che potrà riportare in equilibrio il meccanismo dello scambio.
Ristorati i Produttori, rifocillati i Consumatori. I primi potranno tornare a vendere i secondi ad acquistare: facile no?

Mauro Artibani
Per approfondire il tema trattato: PROFESSIONE CONSUMATORE
Paoletti D’Isidori Capponi Editori
Marzo 2009

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mercoledì 13 aprile 2011

PER I CONSUMATORI PAROLE CROCIATE SCIARADE INDOVINELLI


Per i Consumatori c’è da divertirsi con le parole crociate, sciarade, indovinelli e rebus che riempiono i supermercati.
Questo è quanto ci propone il mercato dei prodotti alimentari.
Questo mostra quanto siano necessari esercizi di pratica enigmistica per disinnescare trucchi e doppi-gioco che ci vengono proposti quando ci facciamo prossimi all’acquisto.
“PANNA”, l’acqua minerale, lo è di nome o di fatto?
E quel lieve dell’acqua “LIEVE”, sarà lieve?
Sempre quelli della Lieve nell’etichetta scrivono: “Può essere consigliata per i bambini”. Loro intanto non lo fanno.
L’olio “CUORE” fa bene al cuore? Non c’è scritto; ci invitano però a desumerlo.
La minerale “SUCCHI” va bevuta come raccomandato: 8 bicchieri al giorno per smaltire le scorte o come prescrizione posologica?
La Posologia potrebbe divenire il più sofisticato modo di trattenerci presso il Loro prodotto.
Se quell’acqua viene bevuta, con cadenzata regolarità, seguiamo una cura: fidelizzati!
Rovistando negli scaffali del supermercato si può far tesoro dei prodotti in predicato di prescrizione medica.
I cereali “KELLOGS’” espongono le quantità giornaliere raccomandata ad un adulto.
Risponde “NESTLE’” con “Fibre1” e…”una porzione contiene il 40% del fabbisogno giornaliero”.
Siete affetti da stipsi? Niente paura, si fanno in quattro per voi; la “DANONE” con lo yogurt “Activia” migliora “ogni giorno la tua naturale regolarità”.
C’è chi va fino in fondo, lo “Yogurtino” della “PLASMON”, per “mantenere il benessere dell'intestino.
Gozzovigliatevi, tanto “MAYA – Proactive” fa il miracolo: aiuta a ridurre significativamente il colesterolo.
”Buon giorno salute”. Esercizi quotidiani per il tuo intestino: una confezione al giorno leva il medico di torno con YAKULT, alimenti pre- pro-sim-biotici.
Ricomponiamoci. Assumiamo un tono professionale.
La Fidelizzazione va accuratamente evitata. Può essere una malattia invalidante: consente ai produttori di sottrarsi alla concorrenza del mercato e noi di trovarci ficcati in nicchie maleodoranti dove i venti della convenienza non spirano.
C’è aria viziata. Gestire la formazione del prezzo stando in apnea può risultare oltremodo difficoltoso. Le rendite di posizione troverebbero agio e Noi Consumatori mancheremmo ad uno dei precetti della nostra Mission: pulire il mercato da viscosità, opportunismi, farragini, che rallentano la produttività degli scambi.

Mauro Artibani
Per approfondire il tema trattato: PROFESSIONE CONSUMATORE
Paoletti D’Isidori Capponi Editori
Marzo 2009

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martedì 5 aprile 2011

CORTESE CONSUMATORE, SIAMO IN MEZZO AD UN PANDEMONIO


Cortese Consumatore,
ad oltre due anni dallo sconquasso siamo ancora ficcati in mezzo ad un pandemonio; si stenta a capire i fatti.
Lei non ha molto tempo, io non posso tediarla con empiti teorici, di seguito le propongo un percorso accelerato nella crisi ed i modi per andare oltre. Le frasi maiuscole sono stringhe - da me confezionate e custodite, zeppe di dati e fatti- che, se vuole, posso illustrarle.

• La crisi economica, al di là di quel che si dice sta ficcata NEL MERCATO. LI’ RISULTA ALTERATO IL RAPPORTO DI SCAMBIO DOMANDA/OFFERTA
• Questo è potuto accadere perchè I REDDITI DA LAVORO, EROGATI DAI PRODUTTORI PER PRODURRE MERCI, SONO RISULTATI INSUFFICIENTI AD ACQUISTARE QUELLE MERCI
• Per riparare il danno si è dato corso ad UN OSSIMORO: SI E’ CREATA RICCHEZZA CON IL DEBITO acquistando tutto
• Complice, un VECCHIO PARADIGMA CHE HA IMPOSTO VECCHIE REGOLE: i timorati della deflazione hanno messo in campo politiche reflattive - propensi a credere che non si acquisti perché scendono i prezzi, non che manchino i redditi sufficienti ad acquistare- fino a fare sboom.
• A questo punto senza il credito, ormai inattingibile, ci si trova davanti ad un altro ossimoro: HANNO PIU’ BISOGNO I PRODUTTORI DI VENDERE CHE I CONSUMATORI DI ACQUISTARE
• Ovvero: LA DOMANDA COMANDA
• Comando che si mostra ancor più evidente poichè LA CRESCITA ECONOMICA HA RESO INDIFFERIBILE L’ESERCIZIO DI CONSUMAZIONE
• Ancor più quando, L’INDIFFERIBILITA’ DELLA PRATICA DI CONSUMAZIONE RENDE QUESTO ESERCIZIO UN OBBLIGO: UN LAVORO
• Già un LAVORO, quello di consumazione, CHE GENERA I 2/3 DEL PIL
• Con tanta forza ed un pizzico di fare consapevole, et voilà: IL PROFESSIONAL CONSUMER.
• Cotanto ruolo cambia le regole. Nuove competenze vanno messe a reddito; si profila UN NUOVO PARADIGMA CHE ORGANIZZA UN NUOVO ECQUILIBRIO PER IL SISTEMA ECONOMICO/PRODUTTIVO
• Essipperchè l’eccesso di capacità produttiva, L’ ECCESSO DI OFFERTA e l’insufficienza reddituale AFFRANCANO I CONSUMATORI DAL BISOGNO ancorchè dai diktat di marketing e pubblicità: GESTORI DEI PROPRI UMORI ACQUIRENTI SI FANNO DATORI DI LAVORO DI PRODUTTORI ORAMAI DIPENDENTI.
• CAMBIANO LE REGOLE DEL GIOCO ed il ruolo dei giocatori; vanno redistribuiti onori ed oneri e nuovi organigrammi per UN CAPITALISMO TUTTO NUOVO, QUELLO DEI CONSUMATORI.
• Per la POLITICA l’occasione della vita. Già, quella politica che mendica fragili consensi avrà l’opportunità di tornare a prendere parte, farsi parte nel rappresentare questi interessi; gli interessi dei più.
• Per il SINDACATO, che rappresenta il lavoro,un’altra chance: rappresentare il lavoro di consumazione.
Mi rendo conto quanto questo mio dire spiazzi. Se ho ragione a lei la notizia, a me l’occasione di aprire un dibattito sulla crisi, magari per andare oltre. Oltre il già detto.
Mauro Artibani
www.professionalconsumer.splinder.com
mauart1@libero.it

martedì 29 marzo 2011

SE CONSUMARE FOSSE UN MESTIERE COME CAMBIEREBBE IL CAPITALISMO?


Quando un uomo dall'intelligenza vivace si stufa di fare l'architetto, il redattore o il pubblicista e capisce che nel nostro tempo consumare è una specie di mestiere, allora può vestire i panni del 'professional consumer' e, avvolto in questo nuovo mantello, decidere di indagare la crisi economica, tentando di svelarne le cause recondite per superarla. Ma soprattutto può cercare di mostrare quel capovolgimento di paradigma che – aldilà della recessione stessa – ha intaccato il buon funzionamento del nostro capitalismo maturo.
Quell'uomo è Mauro Artibani, romano 60enne, autore di 'Professione consumatore' (Pdc Editori, 2009). Artibani è un prolifico blogger con un'idea alquanto originale e in apparenza bislacca: consumare è un lavoro, una professione fondamentale per l'intero sistema. Quindi, in quanto professionista, il consumatore va retribuito dalle imprese produttrici. Va pagato come se lavorasse. "Tutti noi consumiamo in ogni momento della nostra giornata, anche quando leggiamo un giornale o apriamo l'acqua del rubinetto in casa – dice Artibani a Nannimagazine.it – Due terzi del nostro PIL derivano dai consumi finali. Se smettessimo di consumare, semplicemente il Paese non andrebbe avanti. Diciamo, con un gioco di parole, che la nostra vita è spesa a fare la spesa, per cui è necessario uscire da un equivoco...".
Quale?
"La vulgata sociologica considera il consumatore un imbelle, uno stupido pressoché schiavizzato dalla pubblicità e dal marketing. Allora tutti auspichiamo che diventi responsabile, consapevole e dunque 'critico', nell'ottica dei sociologi. Se invece ci spostiamo sul piano economico, ci rendiamo conto innanzitutto che la regola ferrea della crescita rende la pratica del consumo indifferibile, improcrastinabile. In pratica, un obbligo".
E quindi?
"Il meccanismo produttivo dipende da noi consumatori e tale forza dobbiamo gestirla bene. Dobbiamo rivendicare il ruolo attivo che ci compete, rompendo la crosta sociologica e andando oltre l'essere meramente 'critici'. Da qui nasce la figura del 'professional consumer'. Questo nostro ruolo obbligato io lo considero un lavoro, un mestiere che deve essere in qualche modo retribuito. Tale retribuzione va ad aumentare il nostro reddito disponibile e serve a riequilibrare un meccanismo domanda offerta ormai malato, azzoppato dall'eccesso di capacità produttiva del nostro capitalismo che non può essere smaltito da redditi ad oggi insufficienti".
Ma il consumatore gode già dei prodotti che consuma. Come si ottiene un altro genere di beneficio?
"Mi spiego. Il consumo ha due funzioni chiave: da una parte, acquistando si trasforma il valore della merce in ricchezza; dall'altra, poi, consumando si sprona il meccanismo della riproduzione e si dà continuità al ciclo produttivo. Ci sono aziende, le più avvertite e sensibili, che già retribuiscono questa funzione. Per esempio, le televisioni commerciali: il loro prodotto è la conquista dell'attenzione dello spettatore che rivendono ai pubblicitari che a loro volta la rivendono ai produttori. Per fare ciò le tv commerciali retribuiscono, danno un reddito al consumatore, cioè gli forniscono informazione e intrattenimento senza fargli pagare il canone. Stessa cosa accade con i giornali 'free press' che sono gratis grazie alla pubblicità. Pensiamo a quelle compagnie telefoniche che ti fanno parlare gratis se ascolti messaggi pubblicitari".
Sì, ma siamo di fronte a benefici trascurabili per i redditi.
"Certo, ma bisogna capire che hanno più necessità i produttori di vendere che i consumatori di acquistare. La pratica del consumo è indifferibile per far crescere il PIL. E il profitto inteso come remunerazione del rischio di impresa, nel momento in cui il rischio non c'è perché i consumatori hanno l'obbligo di comprare, non ha più molto senso e può essere redistribuito ai consumatori stessi sotto forma di abbassamento dei prezzi per sanare lo scompenso del reddito insufficiente. Per i produttori, ciò che appare come rinuncia al profitto in realtà è un investimento, perché così rimane attiva la funzione del consumo, il ciclo va avanti, si migliora la gestione dei fattori produttivi che danno utili e le merci sono più competitive grazie ai prezzi più bassi".
In pratica siamo di fronte a un esito (prezzi più bassi) che viene raggiunto non con il libero mercato e la concorrenza, ma con una sorta di decisione pianificata, in qualche modo organizzata collettivamente dai produttori. Ma in regime di libero mercato, il rischio di impresa esiste perché il consumatore può scegliere le merci di Tizio invece che quelle di Caio o di Sempronio. Dunque, Caio e Sempronio rischiano. E proprio a causa dell'eccesso di offerta.
"Ci dovrebbe essere l'obbligo a rinunciare a parte del profitto per riequilibrare i redditi. Lo devono capire i produttori stessi che presto non ci saranno crediti o debiti in grado di surrogare i redditi insufficienti. La crisi del 2008 che ha visto collassare il capitalismo finanziario è nata proprio dall'esplosione del meccanismo del consumo fondato sul debito".
Chiede uno sforzo di pensiero collettivo e responsabile, forse utopistico, nella società del libero mercato schiava delle trimestrali di cassa. Oppure auspica una sottrazione di profitto ex lege. La sua è una visione socialisteggiante, forse applicabile in Cina, in un capitalismo di Stato, ordinato dall'alto, in cui il decisore politico può sottrarre direttamente risorse ai produttori per distribuirle alla forza lavoro che oggi è sottopagata e non alimenta la domanda interna. Più difficile attuarla in un'economia liberale e di mercato, in cui il decisore politico ha qualche spuntata arma normativa e regolatoria o la possibilità di un riequilibrio attraverso lo spostamento dei pesi fiscali.
"Non nascondo la mia formazione di sinistra, anche se oggi sono alquanto perplesso. Vede, è saltato il vecchio paradigma per cui il lavoro, l'occupazione crea reddito. Ormai è il reddito che crea occupazione e fa andare avanti il sistema. Eppure tutti continuiamo a ragionare in modo vecchio, superato. Oggi, in regime di offerta superiore alla domanda, non possono più governare i produttori. Sono i consumatori ad avere il coltello dalla parte del manico e devono rivendicare questo governo del sistema. Ecco perché provocatoriamente dico che bisogna entrare nell'era del capitalismo dei consumatori. È così che si va oltre la crisi".
Nelle sue parole si ascoltano gli echi di teorie come la 'decrescita felice' di Serge Latouche. E si pensa a fenomeni come quello dei Gruppi di acquisto solidale.
"Ecco, i Gas, aldilà dell'aggettivo 'solidale', sono gruppi di 'professional consumer' che mettono insieme una forza d'urto in grado di negoziare su prezzo e qualità del prodotto. E questo è il loro reddito in quanto consumatori che 'lavorano'. Io però voglio superare il concetto pedagogico o filantropico-ambientalista che sta dietro a termini come 'solidale' e 'felice'. E voglio pormi su un piano di convenienza economica. Se il consumatore che diventa 'professionale' recupera lo status di soggetto che in quel meccanismo 'lavora', ciò lo sottrae al discredito sociologico e lo mette in condizione di ripensare in termini collettivi il suo stare sul mercato con altri che lavorano come lui. In tal modo, il consumatore è investito di una responsabilità precisa: lui sa che non potrà più consumare un mondo già consumato. Dunque, risiede in ciò la convenienza di un consumo che sia davvero sostenibile".
Intervista di Ulisse Spinnato Vega a Mauro Artibani