martedì 29 novembre 2016

TROPPO CARA CI FU QUEL FAR LA SPESA

Sempre più vecchi a fare la spesa per restare abbarbicati alla vita .
I giovani abituati alla spesa per vivere la vita.
Quelli delle Imprese che del prendere rischi si vantano e li assumono spendendo.
Quelli che pur di spendere ingrassano, vestono alla moda che passa di moda e che per andare da qui a lì hanno preso un Suv.
Quelli, infine, che vogliono poter spendere per poter fare altrettanto.
Essi, al mercato stanno tutti belli tonici; in forma per poter dar corso virtuoso al ciclo economico.
Prendono fiato, scaldano i muscoli, insomma si attrezzano all'uopo.
All'uopo?
Massì, ci sono pressappoco 1.600 miliardi di euro per assoldarli. Quella ricchezza, misurata dal Pil, pronta all'uso per generarne non altrettanta, di più.
Proprio quella ricchezza, generata dalla spesa aggregata, che viene trasferita dall'impresa ai soggetti del ciclo, remunerando il capitale ed il lavoro.
Orsù gente, s'ha da correre.
Pronti, Via!
Pronti?
I giovani che studiano non lavorano, poi ci sono i neet che non fanno nè l'uno nè l'altro; molti hanno lavori precari, moltissimi invece sono disoccupati.
Quelli non costretti dal bisogno, più che spendere risparmiano; quelli invece affamati di tutto, hanno poco da spendere.
I rischianti, visto l'andazzo, danno un taglio al rischio; seppur assoldati, si fanno renitenti alla spesa per quegli investimenti in conto capitale.
I benestanti, seppur volenterosi, non ce la fanno a spender tutto.
Lo Stato vedrà ridotto il prelievo fiscale per fare la spesa pubblica, pure quella per le pensioni di quegli arzilli vecchietti.
Via?
Si, via della misericordia. Già, il Mic (Misery Index Confcommercio) di settembre si è attestato su un valore stimato di 18,9 punti, in aumento di due decimi di punto rispetto ad agosto. Il peggioramento è imputabile principalmente alla componente relativa ai prezzi di beni e servizi ad alta frequenza d'acquisto.
Signori trasferenti, per veder correre gli iscritti al ciclo, occorre integrare l'insufficiente trasferimento di ricchezza sui redditi di lavoro nella produzione, con quello del lavoro di consumazione che, guarda caso, smaltisce l'altrimenti invenduta produzione.
Si paga con la riduzione dei prezzi; il costo sta nella rinuncia a quel profitto che remunera il rischio d'impresa.

Mauro Artibani



martedì 22 novembre 2016

PAPERONI, PAPERI E DEPAUPERATI

Sale il numero degli italiani che riesce a risparmiare. "Per il quarto anno consecutivo cresce la quota di italiani che affermano di essere riusciti a risparmiare negli ultimi dodici mesi: passano dal 37% del 2015 al 40% attuale, il dato più alto dal 2003, superando di gran lunga coloro che consumano tutto il reddito (il 34%, erano il 41% nel 2015)". Sta scritto nell'indagine Acri-Ipsos su "Gli Italiani e il Risparmio".
Al contempo, però, "tornano ad aumentare le famiglie in saldo negativo di risparmio, dal 22% del 2015 al 25% attuale, perché cresce il numero di coloro che intaccano il risparmio accumulato (dal 16% dello scorso anno al 19% attuale) e rimane costante al 6% la percentuale di chi ricorre a prestiti".
Dunque, ci sono quelli che risparmiano, quelli che non ce la fanno; ci sono pure 47 paperoni che hanno in tasca gli stessi quattrini che ha il 50% della popolazione che ha meno.
E tutto quell'oceano di denaro che hanno riversato in ogni dove i gestori delle politiche monetarie?
Nell'Eurozona l'eccesso di liquidità bancaria ha raggiunto un nuovo picco storico. Lo segnalano i dati diffusi dalla Bce.
Già, però la liquidità in eccesso nelle banche dell'Eurozona ha raggiunto 1.096 miliardi, tra questi anche 401 miliardi depositati overnight presso la Bce e remunerati al tasso di interesse annuo di -0,4%.
Cavolo, questo è il segno di come il denaro, nonostante gli sforzi espansivi della Bce, non riesca a trovare immediato impiego nell'economia reale e venga conseguentemente parcheggiato. L'eccesso di liquidità generalmente riflette la presenza di una pronunciata avversione al rischio.
Perchè accade questo?
Perchè i paperoni, dei prestiti non ne hanno bisogno; i paperi non li vogliono, ai depauperati non li danno!
Già, un bel garbuglio.
Essipperchè, quella ricchezza generata con la spesa - nel 2015 il Pil risulta pari a 1.642.444 milioni di euro viene mal trasferita dalle Imprese ai soggetti economici attraverso il remunero del capitale e del lavoro. Tal trasferimento mette in tasca ad alcuni più di quanto possano ragionevolmente spendere; a quelli magari ciccioni, quelli vestiti alla moda e a quelli che vanno in Suv oltre quanto abbiano voglia di spendere; quel poco che resta va a chi, quei 9,3 milioni gli italiani che non ce la fanno e sono a rischio povertà, ha bisogno di fare tanta spesa per andare oltre la vita grama.
Insipienza economica? Macchè, ancora quel dannato paradigma che sovrintende al pensare e al fare dei trasferenti; quello che attribuisce all'impresa la generazione della ricchezza.
Senza scomodare l'euristica si potrà, con un trasferimento di tal fatta, fare tutta la spesa che serve a smaltire la merce prodotta per rifare tutta ricchezza possibile?
Se dovesse restare latte inveduto caglierà, i quotidiani rimasti in edicola incarteranno il pesce, la moda in vetrina passerà di moda, le auto in magazzino cominceranno ad arruginire. Essì, la spesa che verrà a mancare brucerà il valore della merce invenduta. Figuriamoci la ricchezza.
Scomodando l'euristica si potrebbe cambiare il paradigma, magari con questo, nuovo di zecca: "La crescita si fa con la spesa. Così viene generato reddito, quel reddito che serve a fare nuova spesa. Tocca allocare quelle risorse di reddito per remunerare chi, con la spesa, remunera."
Quando dal suo sito, Gary North, con sconcerto si domanda: "Quale servizio produttivo deve aver svolto la persona, che esercita la domanda, al punto da ottenere denaro?"
Beh, la domanda fa il 60% del Pil quindi, per fare la crescita, il domandante viene sottoposto pressappoco ad un obbligo. Per il servizio produttivo: con la spesa trasforma la merce in ricchezza, consumando l'acquistato fa riprodurre, da' continuità al ciclo, sostanza alla crescita. Per farlo impiega risorse scarse.
Basta?
Mauro Artibani

mercoledì 16 novembre 2016

"TOCCA PIU' AMARE IL BUON ESTRANEO CHE 'L PARENTE RIO", CONVIENE!

Lo straniero è un tipo strano, come l'estroso. Si, insomma, non sono io, non siamo noi.
Il forestiero viene dalla foresta. Eggià, oltre il posto dove abito il resto è natura.
In tutto il mondo modi di dire, per secula et seculorum modi di pensare l'altro.
Poveri diavoli, insomma, noi e loro!
Eggià, il bisogno divide, misconosce, contrappone. Quel "Proletari del mondo unitevi", non più di un afflato poetico.
Poi nell'Economia dei Consumi, l'affrancamento dal bisogno, allontana il bisogno di dividersi; giacchè c'è pure la guerra. Quando in Europa Shengen lo metterà per iscritto, tutti andranno dappertutto. Gli sviluppi tecnologici faranno il resto: Skype e uno smartphone insieme riducono tempo e spazio ad un punto. Là dove si sta, sta pure il Mondo.
Non più foreste, nè mari nè monti ci dividono: io a zonzo in patria, Simone a Sidney -16342 km più in là - stiamo insieme: in un' altra ora, d'un'altro giorno, d'un'altra stagione.
Quando arriva il cataclisma della crisi, chi stava bene sta male; chi stava male sta peggio.
Se nel mondo reso globale lo straniero mancava, con la crisi si riaffaccia.
Con la sordina messa a Shengen e i muri che si costruiscono tengo fuori chi vuole quel che ho.
Proprio quegli stormi di uccelli neri che, ancor più afflitti, bussano alle nostre porte.
Bella no? Con quel toc toc loro riconoscono noi; con le porte sprangate noi neghiamo loro.
Si può adire la morale e giudicare? Si!
Si può interpellare il diritto internazionale? Si!
E la mera, becera convenienza?
Misuriamola:
La crescita si fa con la spesa. Per uscire dalla crisi tocca farla! Chi più dei bisognosi ha tal bisogno?
La crescita crea quell'occupazione che fa incassare tutti; loro, pure allo zonzo.
Il prelievo fiscale sulla spesa, rimette il debito sovrano, rifocillando la spesa pubblica.
Quella spesa smaltisce sovraccapacità d'impresa, sprona la spesa per per gli investimenti.
Eppoi suvvia, lor sono prolifici e giovani*, noi meno, molto meno.
L'esser, nel mondo tecnologicamente globale, pseudo speciosi dimentica come occorra esser prodighi per mantenere la prosperità. Loro hanno la voglia di esserlo, noi non più.
Onore al merito, allora, tanto quanti i visti sui passaporti**.
Essì, "tocca più amare il buon estraneo che ’l parente rio", conviene!

    *Onu, Report on Replacement Migration edito nel Marzo del 2000 con successive release anno fino al 2015. Propone letteralmente la replacement migration (migrazione per sostituzione) come soluzione pratica all’invecchiamento e diminuzione della popolazione nelle economie occidentali a fronte di un crollo del tasso di fertilità e del tasso di mortalità.

**"I migranti pagano contributi alla previdenza in quantita' piu' che doppia rispetto a quello che ricevono. Insomma, oggi pagano una quota importante delle nostre pensioni". Lo dice il ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali, Giuliano Poletti

Mauro Artibani




mercoledì 9 novembre 2016

DUE DEBOLEZZE, INSIEME, NON FANNO UNA FORZA!


Ci risiamo. A due anni dal primo appello, Confindustria ci riprova: Un "patto tra gli attori della fabbrica per la crescita e combattere le disuaglianze". Questo, quanto proposto dal presidente Vincenzo Boccia, a Cgil, Cisl e Uil. "Noi siamo pronti in questa fase delicata a un patto sulle questioni industriali" ha aggiunto, concludendo il meeting dei giovani di Confindustria.
Nel mezzo aveva aggiunto: "Continuiamo sulla strada di un confronto leale avendo fiducia tra noi, sapendo che delegittimare l'altro vuol dire delegittimare se stesso. Entriamo nelle fabbriche, lì siamo nati. Il rispetto dei nostri lavoratori dobbiamo conquistarcelo ogni giorno. Questa è una stagione importante in cui da soli possiamo fare tanto, ma da soli non ce la faremo. Vale per tutti: Governo, imprese e sindacati".
Il leader degli imprenditori ha ricordato che con il numero uno della Cgil, Susanna Camusso, c'è "condivisione" sul problema delle diseguaglianze che, però, "si risolve con la crescita. Con la leader della Cisl, Annamaria Furlan, il presidente di Confindustria ha condiviso l'idea che il ruolo dei corpi intermedi si conquista; mentre con il segretario generale della Uil, Carmelo Barbagallo, è d'accordo sulla necessità di sottoscrivere un patto per la crescita.
In mezzo alla crisi, insomma, un patto per andare oltre.
Per gli attempati novecentisti, un patto del diavolo: i pattuenti, capitale e lavoro. Chi dirige l'Impresa e chi ci lavora.
Già, in mezzo alla crisi un accordo tra le Imprese che, con il sovrapprodotto, intasano il mercato e chi, con il sovrapprodurre, ha intasato le scorte.
Una sgangherata accolita insomma: somma di due debolezze che non fa mezza forza.
A garantire il capezzale viene chiamato il Governo.
Un'avviso ai governanti: Se si vuol dar soccorso ai primi, assiderati e ai secondi, stremati, tocca far altro; navigando controvento, di bolina, dar sostegno a quei terzi che, con la spesa, smaltiscono le scorte, fanno riprodurre, remunerano!
Lo si può fare riconfigurando il dispositivo che trasferisce la ricchezza generata dalla spesa, dall'impresa agli agenti del ciclo della produzione: nel ganglio vitale dove opera l'esercizio di consumazione.
Dov'altro sennò?

Mauro Artibani