venerdì 26 giugno 2015

ECCO, I GRECI PER ESEMPIO

Se vai al mercato con la sporta vuota, i bisogni insoddisfatti e non trovi la merce che ti serve, torni a casa bisognoso. Bisognoso resti pure se trovi merce ma ti mancano i denari sufficienti ad acquistare quel che ti serve.
Stesso risultato. Non lo stesso tornaconto però per gli altri agenti del mercato: nel primo caso i produttori hanno venduto e guadagnato, nel secondo invece non hanno venduto, hanno anzi dissipato ricchezza.
Se poi ad alcuno venisse di pensare come la povertà sia l'equivalente della dipendenza dal bisogno, beh.... la cosa è nota ai bisognosi.
L'abbiente, invece, fa finta di niente ma si sbaglia di grosso: quel "grasso che gli colava di dosso", per dar ristoro a chi non ha, non cola più.
E qui viene il bello: l'Economia dei Consumi non ammette il bisogno, anzi per funzionare lo esclude; la strutturale sovraccapacità che la impalla lo impone. Per smaltirla occorre acquistare oltre il bisogno, per fare quella spesa non s'ha da essere bisognosi.
Dentro questo sistema circolare e continuo, per stare in equilibrio quanto viene prodotto deve essere acquistato. Viene cosi ottimizzato l'impiego dei fattori produttivi che per cotanto fare vanno tenuti a libro paga, pure di quelli che fanno la spesa.
Già, per tenere attivo il ciclo, dentro quel sistema, c'è chi lavora per produrre e chi deve farlo per consumare quanto prodotto.
Là, dove becca remunero l'esercizio del produrre e viene a mancare quello del consumare, si rischia il crak.
Ci sono aree disomogenee nel mondo dove più si produce ed altre dove più si consuma e magari hanno pure un'unica moneta: ecco.. in Grecia per esempio. Lì mancano di poter fare la spesa; mancando già di produrre, quanta sarà la ricchezza generata per poter pareggiare i conti ed ancor più rimettere il debito?
Così i Greci rischiano il default sul debito. Per tutta risposta i creditori chiedono una riduzione delle pensioni, un intervento sul mercato del lavoro, un aumento dell'Iva.
Meno denaro, insomma, per fare la spesa, più alto il costo della spesa: Bella, no?
Se tra quelli che fanno la spesa chi consuma fa il 60% della crescita e chi produce il 20%, quel 60 avrà pure un valore. Eccome. Olè, se vi è più valore nell'esercizio del consumare che in quello del produrre, questo valore deve fare prezzo altrimenti resterà solo di attendere i miracoli.
Quegli stessi miracoli che sembrano fare la crescita dell'economia spagnola, sfidando le leggi delle gravità, con un tasso di disoccupazione al 24% ed i redditi da lavoro compressi ogni ragionevole dire. Okkio però: il tasso di risparmio in Spagna è sceso dall'11.5% prima della crisi, al 4.3% dello scorso anno. Eggià, se non esistono pasti gratis, figuriamoci i miracoli!
A meno che la deflazione che impazza in Spagna abbia rifocillato quel disastrato potere d'acquisto. Un vero miracolo!
Ecco, appunto, la deflazione: un modo possibile per riallocare la ricchezza a quegli attori economici che hanno bisogno.
Epperchennò pure confermare la regola: non si può essere bisognosi dovendo acquistare ben oltre il bisogno per fare la crescita.

Mauro Artibani



venerdì 19 giugno 2015

STANNO AL MERCATO SOLI SOLETTI

Pechino rivede al ribasso al 50,2% dal 51,2% precedentemente stimato il contributo dei consumi interni alla crescita del Pil nel 2014. Secondo quanto comunicato dall'Ufficio nazionale di statistica, investimenti ed export hanno invece contribuito rispettivamente per il 48,5% e l'1,3% contro il 54,2% e il -2,4% del 2013.
Nelle economie sviluppate i consumatori hanno fatto molto di più: 60 % nell'Ue, 65% in Giappone, oltre il 70% negli Usa.
Un dato su tutti: Il deficit della bilancia commerciale statunitense a Maggio ha toccato i massimi da sei anni e mezzo: quasi 51 miliardi e mezzo di dollari a marzo, un aumento del 43% rispetto al mese precedente. Lunga vita ai Consumatori di ultima istanza allora.
Un momento però, la Cina dovrebbe offrire ancora molte opportunità, in particolare grazie all'ascesa di un forte ceto medio. Stando alle stime, ogni anno più di 20 milioni di famiglie cinesi ne entrano a far parte.
Eppoi, il motore della crescita dei consumi mondiali è rappresentato da paesi emergenti come Brasile, Indonesia, India e Cina che nel 2030 contribuiranno per due terzi all'espansione dell'economia globale.
Il principale motivo della crescita economica prevista va ricercato nel vasto bacino di potenziali consumatori rappresentato dalla classe media dei paesi emergenti, dove ogni giorno circa 2,5 miliardi di persone possono spendere tra i 10 e i 92.47€. Si tratta di una cifra pari a cinque volte gli acquirenti dei 34 membri dell'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE), ossia di un numero altissimo di possibili acquirenti. Nel 2030 i mercati emergenti rappresenteranno due terzi della progressione mondiale.
E quelli del "bel paese" cosa fanno?
"Abbiamo un assoluto disperato bisogno di ripartire" dice preoccupato il presidente di Confindustria, Giorgio Squinzi, concludendo il convegno dei giovani imprenditori di Santa Margherita ligure.
Il leader di Confindustria ha inoltre ricordato che il governatore di Bankitalia, Ignazio Visco, "ci ha sollecitato a investire di più, ma non possiamo investire se non c'è mercato".
Già, non c'è mercato, ovvero i produttori ci sono, i consumatori no!
Le associazioni dei commercianti, un pò indispettiti da tal dire, dicono quello che vedono: se non lo vedono loro?
Nell'insieme, i dati diffusi da Confcommercio restituiscono un quadro sconfortante con una ripresa dei consumi del +0,5% ad aprile "addirittura sovrastimata". "Ripresa che favorirà solo un moderato recupero di quanto perso negli anni della recessione in termini di produzione di ricchezza, di reddito disponibile e di consumi delle famiglie". In valori pro capite, tra il 2007 ed il 2014 gli italiani in media hanno infatti "patito una riduzione in termini reali del 12,5% per il Pil, del 14,1% per il reddito disponibile e dell'11,3% per i consumi". Di questo passo romba Confcommercio, "la spesa delle famiglie tornerà ai livelli pre-crisi solo nel 2030. Il reddito disponibile tornerà a tale livello nel 2034", il Pil pro capite nel 2027.
Tra il dire preoccupato dei produttori e le indispettite risposte dei commercianti i conti però non tornano.
Se il mercato manca e per tornarci a fare quello che i consumatori facevano prima della crisi occorrerà attendere il 2030, chi surrogherà per i prossimi 15 anni la spesa per fare la crescita?
Se tanto ci da poco, al mercato i produttori dovranno restare ancora soli, soletti!

Mauro Artibani



giovedì 11 giugno 2015

SIGNORI, SVEGLIA: LA DOMANDA COMANDA

A sette anni, quasi otto, dall'inizio della crisi chi governa il processo economico?
Bella domanda!
Sintetica e congiante una bella risposta: Chi, con quel che fa, ha generato ricchezza per tutti!
Beh, diamo un'occhiata allora a cosa ci propone la storia della generazione di questa ricchezza.
Per buona parte del' 900 hanno battagliato quelli del capitale e quelli del lavoro: Noi più di Voi.... No! Noi più di Voi. Un gran polverone e botte da orbi.
Tolta la polvere, sedati gli animi, vincono per ko tecnico quelli del Capitale.
Eggià, producevano merci, vendute generavano ricchezza, con stipendi e salari la distribuivano; creavano occupazione e davano pure ristoro ai bisogni della Gente: chi poteva fare di più?
Loro si fanno Comandanti del Capitalismo, insomma, agli altri tocca obbedire!
Fin quando i redditi da lavoro - massì i soldi che abbiamo in tasca - diventano insufficienti ad acquistare tutte le loro merci.
Porc... a quel punto quelle merci invendute si svalutano bruciando ricchezza.
Para pà para pappapà: arrivano i nostri!
Beh, si: quelli del Credito.
Hanno denaro, l'unica merce scarsa sul mercato, lo prestano.
Preso in prestito, surroga quel reddito insufficiente per fare la spesa e ri-creare tanta, ma tanta nuova ricchezza.
Tutto questo, quelli che sanno, lo chiamano Ossimoro: creare ricchezza con il debito!
Ma tant'è, si fa!
Per cotanto fatto quei tizi reclamano il comando del Capitalismo.
I Produttori, ringraziano poi abdicano.
Si va così dal capitalismo dei produttori a quello dei finanziatori a passo di carica.
Poi, carica debito oggi, carica debito domani... fin quando troppo in alto sal e allor cade sovente precipitevolissimevolmente!
I prestiti delle Banche, incagliati per 180 miliardi di euro, difficilmente torneranno in cassa per essere ri-prestati.
Fiuuuuu, vuol dire che si chiudono i rubinetti del liquido finanziario e la ricchezza immiserisce.
Si. E vuol dire pure che quei tizi, prestatori di prima istanza, hanno fallito.
E qui viene il bello: si sta nel bel mezzo della crisi senza condottieri alla guida del capitalismo.
Sotto a chi tocca!
Stavolta tocca a noi, quelli della spesa.
Presentiamo le credenziali. Anzi, stavolta le scolpiamo: CON L'ACQUISTO GENERIAMO IL 60% DELLA RICCHEZZA, CON L' IVA PAGATA FINANZIAMO LA SPESA PUBBLICA. CONSUMANDO L'ACQUISTATO FACCIAMO RI-PRODURRE CREANDO PURE OCCUPAZIONE, DIAMO SPINTA AL CICLO, SOSTANZA ALLA CRESCITA ECONOMICA. DULCIS IN FUNDO, SE CI RESTA IN TASCA IL RESTO FINANZIAMO PURE LA SPESA PER INVESTIMENTI DELLE IMPRESE.
Eggià, la Domanda comanda!
Signori condottieri, si, dico a voi: se tanto ci da tanto, si può andare dritti dritti verso il Capitalismo dei Consumatori.
Alla politica che non si avvede di questo, agli economisti con lo sguardo rivolto all'indierto, agli intellettuali in tutt'altre faccende affaccendati: sveglia!

Mauro Artibani


giovedì 4 giugno 2015

LA ROAD MAP DI CONFARTIGIANATO ABBAIA ALLA LUNA

Quelli di Confartigianato, dall'Auditorium di Expo 2015 a Milano per l'assemblea nazionale, non lo mandano a dire: "Meno annunci, meno personalismi, meno tweet ma più attenzione alla realtà, maggiore ascolto, più cambiamenti concreti".
Dal palco della manifestazione il presidente di Confartigianato Giorgio Merletti invita a “guardare alla realtà: guardiamo proprio a Expo e al lavoro che ha generato, all’economia che ha mosso e sta muovendo a Milano, in Lombardia, in Italia".
Traccia pure la road map Confartigianato per uscire dalla crisi: "Cominciare subito e dalla priorità assoluta: la riduzione del peso delle tasse". Merletti ricorda che "tra il 2005 e il 2015 l’Italia, tra tutti i Paesi europei, ha subìto il maggiore aumento della pressione fiscale: il risultato è che oggi paghiamo 29 miliardi di tasse in più rispetto alla media Ue, pari ad un maggior costo di 476 euro pro capite".
Dopo aver tagliato le tasse, dice Merletti, bisognerà "continuare sui fronti della burocrazia, del credito, del mercato del lavoro, delle infrastrutture, dell’innovazione, dei ritardi di pagamento della pubblica amministrazione".
Un fiume in piena sul fronte della pubblica amministrazione, ha pure sostenuto la necessità di semplificare la burocrazia per le imprese, perchè "dobbiamo ricordare quanto danno fa al Paese, ai cittadini e alle imprese il peso della corruzione. È dalla vessazione burocratica che nasce la mazzetta".
Ricapitolando: Piove, Governo ladro!
Senza andare troppo per il sottile sul Job's Act gli artigiani in coro chiosano: "L'occupazione non si crea per decreto; se le imprese non hanno lavoro, non possono nemmeno offrirlo".
Fiuuuuu: Vero! Anzi, di più, lapalissiano!
Tanto che viene voglia di dare una sbirciata, su come stiano i fatti, a quei dati forniti lo scorso anno dalla consorella Confcommercio: Il reddito disponibile delle famiglie italiane nel 2013 torna ai livelli di 25 anni fa. In quello stesso anno, quel reddito ammontava a 1.032 miliardi di euro, rispetto ai 1.033 del 1988.
Orbene, anzi ormale, questo significa che fin ieri le "organizzazioni datoriali" non hanno dato reddito adeguato, hanno tenuto i portafogli stretti. Non paghi, oggi vogliono indietro pure quello dato allo Stato.
Si, quello che serve per fare la spesa pubblica.
Beh, occorre rammentare a Lor Signori tutti, come la crescita – proprio quella che serve per generare le occasioni di lavoro che si anelano – si faccia proprio con la spesa, per farla occorre avere i soldi in tasca.
Se il lavoro non mi ha retribuito in modo sufficiente come faccio a fare la spesa, quella che genera altro lavoro?
Eggià, cose dell'altro mondo. In quello dell'Economia dei Consumi solo un reddito adeguato che fa la spesa adeguata genera lavoro adeguato.
Bella nò?
Mauro Artibani