venerdì 27 marzo 2015

DUE PRODUTTIVITA' SONO MEGLIO DI UNA

Dal 1990 sul mercato sono arrivati beni e servizi, per numero e volume, come mai visti prima.
Da allora i redditi erogati dalle Imprese sono invece pressappoco gli stessi.
Gulp, da operatore economico dell'acquisto, come faccio a fare quel che mi spetta con il poco denaro che mi resta e, per non farmi dare del renitente alla spesa, come posso impiegare quel resto al meglio?
Così quando, per la prima volta dal 2009, Samsung Electronics congela ancora i salari trasalgo.
Eggià, a gennaio Samsung ha annunciato il primo calo dei suoi profitti annuali dal 2011. La risposta: stop agli aumenti salariali per quest'anno. A pesare sui conti Samsung sono la concorrenza di Apple e quella sui prezzi della cinese Xiaomi. Già nel 2009 il congelamento dei salari era stato deciso sulla scia della crisi finanziaria.
Di primo acchito rispondo di botto: Loro tagliano i costi, tagliando i redditi? Bene, Noi taglieremo le spese!
Una partita di giro, insomma e chi non ci mette ci rimette.
Quelli che sanno ribattono: ehi, ehi, attenzione! Questi tagliano il costo del lavoro, riducono pure i prezzi però.
Vero, li tagliano con gli aumenti di produttività. Sono loro, quelli della deflazione "buona".
Già, e qua sta la seconda partita di giro.
Ummm, in tutto sto' girare c'è puzza di raggiro.
Ci sono fette di innovazione nei prodotti dell' high tech che aumentano la produttività riducendo i costi; c'è pure il vecchio che resta, ampiamente ammortizzato, che migliora i ricavi.
L'ultimo smart phone contiene il 30% di quell' innovazione rispetto al penultimo e costa pure meno. C'e pure un qui pro quo però: non è un buon affare. Nell' acquistare il nuovo 30%, riacquisto pure quel vecchio 70% che sta nel telefono che scarto: ad occhio e croce insomma ci rimette il mio potere d'acquisto e faccio una figura barbina. Cattiva la Domanda, pessimo uso del denaro, scarto del valore: bassa la produttività del mio agire economico.
Un brutto affare, appunto. Ancor più brutto se la produttività delle imprese, confliggendo con quella dei consumatori, altera risolutamente l'efficienza dell' intero meccanismo economico.
Per uscire dall'empasse occorre usare la forza, mettere in campo la potenza di fuoco disponibile ed un po' di capacità coercitiva. Sfoderare insomma il potere d' acquisto.
Giust'appunto "Potere". Se esercitato fa il 60% della crescita, fuori esercizio vanifica le altrui produttività!
Esercitarlo conviene. Lo si può esercitare al meglio contrattando. Magari proprio con quelli dell'high tech per far produrre loro ed acquistare noi quel che basta,"Cip Innovazione", da inserire nel vecchio Phone. Con quelli dell'industria della medicina stabilire un formato, non più standard, della confezione farmacologica che deve essere misurato invece su ogni specifica patologia. Risprmio io, il SSN, pure meno residuo: tre piccioni con una fava.
Suppergiù lo stesso si può fare con i produttori di merci "usa e getta". Massì basta acquistare l'usa e riusa: si spende meno, si smaltisce ancora meno.
E via di questo passo a sbirciare e trovare occasioni tra la cose da acquistare. Così s'ha da fare.
Farlo rassoda la produttività, migliora la capacità di spesa; tutto torna chiaro e tondo. Giust'appunto tondo, come il sistema produttivo dove girano insieme chi con un produrre produttivo da' spinta al ciclo e chi con un consumare altrettanto produttivo rende perpetuo quel girare.

Mauro Artibani


giovedì 19 marzo 2015

A QUEI PREVISORI CHE MAL PREVEDONO LO SVOLGIMENTO DELLA CRISI


A pensare male si fa peccato ma spesso ci si azzecca, diceva Andreotti.
Quelli della Cgil non lo pensano, lo scrivono: "All’ottavo anno della più grande crisi degli ultimi due secoli la domanda sorge spontanea: non si accorgono che i modelli econometrici utilizzati non funzionano? Oppure anche la “tecnica” di calcolo previsionale viene utilizzata per infondere fiducia negli attori economici e nei mercati a prescindere dalla creazione di nuova occupazione e nuovo reddito? Ancora una volta la metodologia viene piegata alla contingenza “politica”? Possibile che non si capisca che l’approccio monetarista e tutto dal lato dell’offerta – anche se con intento espansivo – non possa colmare i vuoti della domanda effettiva?"
Non paghi, ricostruiscono le stime previsionali della Banca d’Italia e delle principali istituzioni internazionali più prossime all’anno di previsione e, dunque, più utili per ,l’elaborazione dei documenti di economia e finanza su cui vengono predisposte le manovre finanziarie di fine anno. Quelli del Sindacato poi, affondano il colpo evidenziando la clamorosa reiterazione degli errori di calcolo per 7 anni di seguito. Il gap previsionale, cioè lo scostamento cumulato tra le previsioni istituzionali e il dato effettivo, oscilla tra i 10,5 (dell’OCSE) e i 14,3 punti percentuali (del Governo italiano).
Si dirà: ma loro sono di parte nel riferire.
Mica tanto se il Ministro Padoan, nel programma di Minoli su Radio 24 lunedì 23 Febbraio, confessa candidamente "i modelli previsionali non funzionano più". Già, se non lo sa lui che è stato pure all'Ocse dove sembra proprio che non ne azzecchino una.
Previsioni? Pah. Manco a parlarne dice pure Marchionne, Ad di Fca.
Affrontiamo l'arcano e vediamo di raccapezzarci qualcosa. Diamo un'occhiata ad uno di quegli indicatori di fiducia, market sensitive, quelli che quando escono fanno tremare l'economia: la Fiducia dei Consumatori, quella condizione psico/economica che quando c'è fa il 60% del Pil.
Quando sono in uscita i dati sulla questa fiducia tutti, ma proprio tutti, tendono le orecchie per poter scrutare se c'è la ripresa in atto.
Orbene, come si misura quella fiducia?
Con la possibilità di soddisfare il bisogno con il potere d'acquisto a disposizione.
Semplice, lineare, senza sbavature: un cacchio!
Se, come ha mostrato il centro studi di Confcommercio, il reddito disponibile delle famiglie italiane nel 2013 risultava lo stesso del 1990, la faccenda si complica. Eccome!
Se, insomma, ho bisogni insoddisfatti ed il portafogli floscio, la vedo nera, mi deprimo; la mia fiducia va sotto zero.
Se, invece a debito, negli anni passati ho acquistato oltre misura fino ad affrancarmi dal bisogno e oggi, quello stesso portafoglio mi mette a dieta, manco il fitness, uso pure il fuori moda e magari vado a piedi o quasi, non sono affatto affranto, anzi conosco chi si inorgoglisce addirittura.
Ho insomma margini di riserva per non essere depresso del tempo che mi aspetta. La mia fiducia tiene.
Orbene, vista questa mia discrezione ad esser "doppio" vedranno chiaro gli agenti economici che stanno con me nel mercato. Le Imprese vorranno mettere soldi per investire e produrre il nuovo?
Le Banche mi daranno credito ed, ancor più, avranno indietro quello prestato? Ed i Politici incontrandomi cambieranno strada o mi tenderanno la mano?
Rischi a iosa per tutti insomma. Già, nessun sistema economico può permettersi una fiducia lasca.
Si, insomma, per limitare i danni tocca stabilizzare l'umore di qei consumatori.
Una strada v'è, occorre agire sul potere d'acquisto: se in grado di acquistare quanto viene prodotto potrà consentire a chi ha bisogno di avere ristoro; a chi manca del bisogno di intercettarne di nuovi, non è difficile, già li vedo.

Mauro Artibani

giovedì 12 marzo 2015

LE DONNE IL GIORNO DOPO LA FESTA

Passata la festa tra sbornie di clichès, esercizi di retorica e volumi di luoghi comuni, ricominciamo:
la ripresa dell'economia mondiale è nella migliore situazione anemica ma aumentare la partecipazione delle donne nel processo produttivo potrebbe cambiare in meglio la situazione.
Fiuuuuuu. La pensa così Christine Lagarde. Lo dice pure il direttore generale del Fondo monetario internazionale che, in un post riportato dal sito della Cnbc, mostra come una reale parità nella forza lavoro tra uomini e donne aumenterebbe il Pil del 5 per cento negli Stati Uniti, del 9 per cento in Giappone, il 12 per cento negli Emirati Arabi Uniti e il 34 per cento in Egitto.
Cacchio, se lavorano tante donne, quanti uomini, siamo fuori dalla crisi?
Macchè. Facciamo quattro conti. Nel 2014, in Italia, le persone occupate erano meno del 56% della popolazione tra i 15 e i 64 anni con una distanza marcatissima dall'Unione Europea (il 65,5%). Ancora più marcata è la differenza nel tasso di occupazione femminile (il 46%).
Già, c'è un problema al femminile, non il solo però: a conti fatti da noi ci sta un 10% di occupazione femminile in meno tra le persone occupate, che sono comunque il 9,5 % in meno che nel resto dell'Ue. Lì però il 34,5% di gente in età da lavoro non lavora.
Giust' appunto non sembra esserci solo il problema dell'occupazione di genere; c'è pure quello degenerato della riduzione dei posti di lavoro tout court.
Allora hai voglia a trovare un equilibrio di genere. Equilibrio poi che in economia serve a poco; dentro il ciclo produttivo ancora meno.
Essipperchè, giova rammentarlo, la crescita si fa con la spesa, che siano i maschietti o le femminucce a farla cambia poco.
Il problema non sta in chi lavora ma quanti debbano lavorare perchè si abbiano complessivamente a disposizione redditi idonei ad acquistare quanto prodotto per far funzionare il ciclo e generare crescita quindi occupazione.
Maschile e femminile per me pari son! Anzi faccio l'avvocato del diavolo e da buon maschilista mi tolgo un sassolino dalla scarpa: Proprio pari non son, hanno figli che le distraggono, quando non restano ancora incinte hanno quel fastidioso ciclo, fanno pure le massaie e qual cos' altro. Essì, proprio pari non son pure quando spendono.
Oh oh se spendono*, un occasione da non perdere.
Quando, insomma, sembra non esserci in giro trippa per gatti e non bastano gli auspici dell'Fmi, manco tentare di fare il lavoro per legge e finanche l'Onu non può fare granchè, viene il bello al mercato.
Essipperchè il mercato invece può, basta mandarci proprio quell'altra metà del cielo, magari quella considerevolmente affrancata dal bisogno. Massì quelle sovrappeso, anche quelle che vestono alla moda, finanche quelle che si muovono in Suv.
Già, tutte al mercato a mostrare quel che sanno e possono fare per poter contrattare, con quelli che hanno da offrire, il prezzo di quel fare la spesa altrimenti sospesa**. Così torneranno a fare la crescita, et voilà pure l'occupazione, magari anche femminile.
Due piccioni con una fava, insomma, non quella dei maschietti però!***

*In un mondo dove tutto quel che serve per vivere si è fatto merce hanno la cura di se, dei figli, del marito, dei nonni e della casa, nella salute e nella malattia. In questo vivere feriale e festivo, tutte occasioni di spesa, Già, proprio la dove la crescita si fa con la spesa: fatevi sotto, chi meglio di voi....
**tra un offerta in eccesso ed una domanda non costretta dal bisogno.
***Messo in nota si nota meno per non suscitare scomposte reazioni di genere quando si mostra più importante, per far funzionare il processo economico, la spesa al femminile che il lavoro al maschile.

Mauro Artibani


giovedì 5 marzo 2015

TOH, LA LEGGE PER UN' ECONOMIA RESISTENTE


La crisi langue in un dormiveglia congiunturale di chi, gira e rigira, nicchia al voler cambiare le regole del gioco.
Per cominciare a cambiare invece e dare inizio ad un gioco nuovo ci potrebbe essere bisogno di una legge per fare una economia resistente, pressappoco questa:

"Visto come la crisi economica abbia posto in evidenza la necessità ridefinire i legami produttivi che regolano il rapporto tra gli agenti operanti nel ciclo di generazione della ricchezza;

Visto che la crescita, da tempo differita, non consente di poter godere dell'agio di espansione del ciclo che rinnova la produzione, crea occupazione, reddito e quel prelievo fiscale che consente di disporre di previdenza, assistenza, pubblica sicurezza, giustizia, istruzione;

Considerato come si renda necessario, per lo sviluppo dell'economia di mercato, disporre di un adeguato equilibrio tra quote di consumo e produzione, per sottrarre quelle sovraccapacità di processo e di prodotto che svalutano le risorse impiegate;

Considerato come la crescita renda indifferibile l'esercizio della spesa;

Considerato come la spesa aggregata, che il Pil misura ed espone, mostra il diverso contributo fornito dagli agenti alla generazione della ricchezza nazionale;

Visto che, a spesa fatta, tutti gli agenti del ciclo traggono ristoro e sprone per l'esercizio del proprio ruolo, elevando nel contempo la produttività totale dei fattori impiegati;

Ritenuto di straordinaria necessita' e urgenza emanare disposizioni volte a favorire un piu' razionale impiego delle risorse della spesa per dare sostegno alla crescita economica;

Il Presidente della Repubblica promulga la seguente Legge:

Art. 1 La crescita si fa con la spesa. Spesa che genera reddito, buono per fare altra spesa.

Art 2 Il reddito generato dalla spesa deve compiutamente dare sostegno al Potere d' Acquisto.

Art 3 Occorre allocare le risorse economiche generate dalla crescita per tenere adeguato quel potere d'acquisto che consente l'esercizio di ruolo dei diversi operatori della spesa.

Art 4 L'atto di poter esercitare l'acquisto dispone una economia più resistente con adeguato beneficio per tutti gli agenti del ciclo."

Visto che legge?
Niente paura, cultori di vecchi paradigmi, è solo uno scherzo!

Mauro Artibani