mercoledì 28 ottobre 2015

DALL'IVA VIA VAI

La Commissione europea lancia l'anatema: spostare il prelievo fiscale dalla produzione al consumo.
Il Governo fa di più, mette "clausole di salvaguardia" ai conti pubblici. Questa norma indica come riuscire, in modo automatico, a trovare ulteriori risorse fiscali se le casse pubbliche si scassano.
Vi ronza l'Iva per la testa?
Eggià, qui ci sta un problema. Anzi, tre!
Primo: aumentare l'Iva, quella tassa sulla spesa.
Fiuuuuuu, proprio quella spesa con la quale si fa la crescita.
Gulp!
Se devo spendere, un +1% di Iva fa – 1% di spesa che fa – 1% di crescita.
Se tanto mi da' tanto, ci sarà pure meno da dover produrre, meno da lavorare, meno da guadagnare, meno tasse da prelevare, ancor meno spesa da fare; toh, anche meno Iva da incassare!
Bella no?
Secondo problema. Il prelievo fiscale diretto, tassando la capacità contributiva, tassa pure il reddito.
Lo tassa in maniera progressiva, lo dice la Costituzione: chi ha più, paga di più.
L'Iva invece, tassando la spesa, ribalta il principio. Paga di più chi ha una maggiore propensione alla spesa.
Essipperchè, tra tutti quelli che spendono ci sono quelli che spendono proporzionalmente di più.
Eggià, spendono tutto quelli che hanno poco denaro. A chi ne ha di più, per quanto volenteroso nello spendere,* resta in tasca il resto, risparmia.**
Et voilà, così chi ha di più sottrae reddito alla spesa e spesa alla crescita per non parlare dell'Iva risparmiata.
Terzo problema: la vendetta!
Ovvero il "paradosso della parsimonia".
Quelli che hanno tenuti i soldi al pizzo sono pazzi. Con la crisi, di cui in parte sono responsabili, chi aveva meno avrà ancora meno, quelli che hanno tenuto il resto dovranno spenderlo per compensare le minori entrate.
Eggià, tanto va la gatta al lardo che ci lascia lo zampino.

*Magari avrà speso per lo yacht, non comprerà una mucca invece delle bistecche, nè la calzoleria invece delle scarpe.

**Angus Deaton, neo Nobel per l'economia, ha fissato in 70.000 $ la soglia oltre la quale ci si affranca dal bisogno, pure dalle passioni e dalle emozioni, nel fare la spesa.

Mauro Artibani



mercoledì 21 ottobre 2015

TANTE RAGIONI FRAGILI, UNA RAGIONE FORTE

Mela piglio. Si melapiglio con quelli che, di questi tempi, ostentano le loro ragioni.
Melapiglio con le loro dicerie.
La prima dice: i Produttori generano ricchezza.
Gli economisti lo teorizzano, quelli dell'impresa si fregano le mani, i politici si danno un grandafare per distribuirla.
Approposito di ricchezza: non è tutt'oro quel che luccica!
Andiamo a bomba: è ricchezza produrre auto, abiti, case, alcool.... o lo diventa solo quando tutto questo viene acquistato?
Essì, l'auto prodotta ma non venduta, non è ricchezza, sta arrugginendo.
Eggià, è la spesa che fa la ricchezza, altro che le merci non ancora vendute e che, con la crisi, lo restano.
La seconda ragione dice quella della politica: redistribuisce la ricchezza generata dal processo economico.
Negletta quella ragione che, con la crisi, deve redistribuire redditi insufficienti perchè insufficienti erano i redditi per fare quella spesa che genera reddito.
Eggià, il serpente si morde la coda.
La loro "Ragione Sociale" finisce in un cul de sac!
Saltiamo da palo in frasca, mica tanto però, ed arriviamo ad esplorare la terza ragione, quella del Marketing.
Questa dice: il ciclo economico non può attendere che si manifesti la domanda, occorre generarla.
Eggià, si ha bisogno della domanda per smaltire l'offerta e generare la ricchezza.
Bene, gli uomini del marketing si danno un grandafare e questa domanda la creano, la incartano, la rendono irresistibile.
Ai Consumatori resta solo da acquistare ma...... quando mancano i redditi sufficienti a fare quella spesa, quella domanda, per quanto suadente sia, s'ammoscia.
S'ammoscia pure la ragione di questi tizi.
E la ragione dei Sociologi che studiano la gente che fa la spesa?
Eccola, ha il tono dell'anatema: "I Consumatori, gente prodiga e men che mai satolla!
Vizio, quindi!
Di questo convincono:
Gli Economisti che disdegnano l'economia dei consumi, apprezzando invece la sociologia dei consumi.
I politici, che attrezzano agenzie per la tutela del consumatore sopraffatto.
Quegli intellettuali impigriti che, sempre più, dipendono dal pensiero altrui.
Pure gli alti prelati della gerarchia ecclesiastica, sensibili a mondare quel vizio.
Già, quel vizio che fa il 60% del Pil.
Quel vizio, insomma, che ha la virtù di far crescere l'economia!
Gulp!
Visto? Di fronte a cotanta crisi si arrabbattano ragioni fragili.
E, per l'amordiddio, basta non se ne può più.
Adesso proviamo a raccattare i cocci di queste derelitte ragioni.
Con l'attaccatutto di una ragione forte, anzi fortissima, quella della Gente: LA DOMANDA COMANDA!
Mela piglio. Ve la rendo declamandola. Va scolpita:
Con l'acquisto generiamo il 60% del Pil.
Con l'Iva pagata finanziamo la spesa pubblica.
Consumando l'acquistato facciamo riprodurre generando pure occupazione.
Diamo spinta al ciclo produttivo.
Sostanza alla crescita economica.
Dulcis in fundo: con i risparmi finanziamo pure la spesa per gli investimenti della imprese.
Chi può fare di più?
Beh, a ben sbirciare, quelli del marketing possono ancora fare.
Prima giurare di cambiare registro.
Poi così li incastriamo: se, come la crisi mostra, i redditi sono insufficenti per fare la spesa ....beh dovete attrezzare una "Nuova Domanda", non da acquistare. No, Cocchi....., domanda da vendere.
Essipperchè, questa rinnovata domanda acquistata, delle Imprese, riducendo i prezzi, rifocilla il potere d'acquisto. Buono per svuotare i magazzini pieni, per poter riprodurre; creare pure occupazione e nuovo reddito.
Buon per loro.
Buon per tutti, pure per i politici che potranno tornare a darsi da fare, senza doversi azzuffare, reditribuendo redditi a destra e a manca.
In ultimo, con i Sociologi, mi tolgo un sassolino dalla scarpa: scambiare la virtù del fare la spesa con il vizio è imperdonabile.
Ma, noi commiserevoli, vi perdoniamo a prezzo di una penitenza.
Chiedete venia, ripetendo cento volte a squarcia gola: "il Consumatore sarà forse un imbelle, pure
però l'agente economico che fa la crescita!"

Mauro Artibani





mercoledì 14 ottobre 2015

TOH, IL VACCINO CHE RENDE IMMUNI DALLA CRISI

Il vaccino per il veleno del serpente viene estratto da quello stesso veleno, pari pari quello della crisi può essere estratto dall’economia che l’ha generata.
I fatti stanno pressappoco così:
L’economia dei consumi succede per trasmutazione all'Economia della Produzione quando l’offerta supera la domanda.
Quando insomma si vincola la crescita all’indifferibile esercizio del consumo si chiude un’epoca, si apre al nuovo: in tre tempi e un eppoi.
Primo tempo.
È il tempo della reflazione, del mercato sotto tutela.
All’uopo vengono attrezzate Agenzie, la Pubblicità, il Marketing per dare sostegno alla domanda; moda, vetrine scintillanti e altro ancora daranno sprone agli acquisti.
Quando poi “tutto quel che serve per vivere” diviene merce, si da’ corso ad un aumento esponenziale dei consumi. La vita si acquista, quell’acquisto genera ricchezza; più spesa più ricchezza ed un resto: l’affrancamento dal bisogno.
Il meccanismo economico, incorporando la funzione Consumazione, potenzia la capacità produttiva del sistema; non verrà fatto altrettanto con le risorse di reddito necessarie ad esercitare quella funzione.
Secondo tempo.
Si aggiusta il tiro e accanto a quelle agenzie che sollecitano la domanda, spuntano come funghi quelle del Credito che devono surrogare il reddito, reflazionare l’economia. Con un offerta di denaro irrinunciabile ad acquirenti impenitenti viene generata ricchezza con il debito.
Un ossimoro che prima illude il benessere, poi farà saltare i conti.
I nodi vengono al pettine: l'offerta in eccesso dipenderà ancor più da una domanda di colpo renitente, la produzione dal consumo, il Produttore dal Consumatore.
Terzo tempo.
La domanda comanda, i rapporti di forza tra gli operatori economici si rovesciano. Il mercato dovrà trovare un nuovo equilibrio, costruire regole nuove; ridefinire i ruoli degli attori del mercato, i compensi di ruolo, le gerarchie di ruolo, gli oneri e gli onori; pure revocare quelle tutele al mercato che non fa il prezzo di questi squilibri.
Giustappunto quando quella funzione della consumazione, la domanda, si mostra unico bene scarso sul mercato potrà trovare ristoro, quel valore remunero, ancor più quando si intravvede il maggior valore generato dall’esercizio del consumare rispetto a quello del produrre.
Una nuova allocazione del reddito dovrà retribuire quell’esercizio per riattivare il meccanismo dello scambio, dare sostegno alla crescita e ricostruire nuova ricchezza.
Eppoi…
Eppoi, governo di quella domanda che perseguendo il tornaconto individuale genera crescita prospera per tutti.
Domanda che contratta la quantità e qualità del prodotto: merci non sprecone di risorse naturali, pure ipo-energivore ed eco-compatibili che riducono costi e prezzi.
Domanda che fornisce misura all’azione per l’oggi, domani e dopodomani alfin di poter continuare ad intascare il dividendo di competenza.
Domanda competente, appunto, che migliora la capacità di spesa, la redditività del reddito; fornisce credito al ruolo e dignità all’atto.
Giustappunto una gagliarda competizione imbastita con l’offerta dentro il libero mercato liberato, genera tornaconto e disciplina; vantaggi singolari e plurali, particolari e generali.
Già, può accadere fin questo dentro i territori dell’economia: tracce di produttività sociale, proprio là dove etica e responsabilità non sembrano trovare albergo.
Mauro Artibani




giovedì 8 ottobre 2015

TOH, IL MIGLIORE DEI MONDI POSSIBILI

La fiducia dei consumatori va ai massimi da 13 anni, quella dei produttori da 7 anni
Mi arrendo e depongo le armi.
Si mi arrendo alla psico economia.
Eggià credevo che la crescita, dovendosi fare con la spesa, sarebbe mancata mancando i redditi sufficienti a farla e invece no, almeno in prospettiva. Essipperchè se sale la fiducia di consumatori e imprese a settembre, dal mese successivo gli ottimisti cominceranno a spendere.
Sta scritto tra le righe di quel che scrive l'Istat. L'indice del clima di fiducia dei consumatori aumenta a 112,7 da 109,3 di agosto mentre l'indice composito del clima di fiducia delle imprese sale a 106,2 da 103,9 e mostra progressi in tutti i settori.
La fiducia dei consumatori si mostra ai massimi da maggio 2002 e l'indice sulle imprese risulta al top dal dicembre del 2007. "Entrambi gli indici - sottolinea l'istituto statistico - permangono ai livelli massimi osservati negli ultimi due anni". Migliorano le stime sia dei giudizi, sia delle attese dei consumatori sull'attuale situazione economica del Paese (a -47 da -61 e a 14 da 6). Gli intervistati vedono un rallentamento della crescita dei prezzi sia nei 12 mesi passati sia nei prossimi 12 mesi (a -19 da -14 e a -18 da -14 ). Diminuiscono significativamente le attese di disoccupazione (a 7 da 25).
Riguardo le imprese, crescono tutti i climi di fiducia: quello del settore manifatturiero (a 104,2 da 102,7), quello delle costruzioni (a 123,3 da 119,5), quello dei servizi di mercato (a 112,2 da 110,0) e quello del commercio al dettaglio (a 108,8 da 107,8). Nelle imprese manifatturiere migliorano sia i giudizi sugli ordini (a -11 da -15 il saldo) sia le attese sulla produzione (a 12 da 11), mentre i giudizi sulle scorte rimangono stabili.
Ottimismo perchè pochi hanno avuto 80 euro in busta paga, mentre tutti hanno redditi fermi al 1985?
Perchè si prevede un taglio dell'Imu?
Per il conforto rigorosamente congiunturale che da il Qe, la svalutazione dell'euro fino alla riduzione del prezzo delle benzine?
Ottimismo a debito come rende noto l'Abi?
Crescono le erogazioni di prestiti bancari per le imprese e dei mutui immobiliari concessi alle famiglie, registrando un +27,2% per operazioni di credito al consumo.
Se l'ottimismo per ottimismo fa 64'ttrismo, fa pure il migliore dei mondi possibili?
Sia come sia ma, con la fiducia si fa la crescita?
Si, se ci si può fare la spesa!
Beh, di questi tempi la fiducia si mostra un Bene: fa vendere, è pure scarsa se non dispersa in mille rivoli.
Merce, insomma, di valore. Metterla a reddito si può, si deve.
L'ottimista che vende, abbassando i prezzi, l'acquista.
L'ottimista che compra, aumentato il potere d'acquisto, alfine spende per fare l'agognata crescita.
Eggià, la crescita si fa con la spesa!

Mauro Artibani



giovedì 1 ottobre 2015

QUAL DANNATO POTERE D'ACQUISTO PER FARE LA CRESCITA?

QUAL DANNATO POTERE D'ACQUISTO PER FARE LA CRESCITA?

Le indiscrezioni si bevono tuttedunfiato, poi ci si ragiona su.
L'ultima spiaggia del fisco sarebbe, secondo alcuni osservatori di mercato, l'imposizione di una tassa sui contanti.
Dal momento che ci sono conti bancari dove il denaro giace inerte, alle autorità sarebbe concesso di tassarlo per obbligare i risparmiatori a spenderlo, facendolo circolare nel sistema finanziario, anziché lasciarlo parcheggiato nelle casseforti.
Per farlo l'idea è inserire una fascia magnetica nelle banconote prelevate in modo che rimanga registrata la data del prelievo. Quando la banconota viene ridepositata in banca, l'istituto userà i dati per dedurre una percentuale del valore del denaro, proprio come una tassa per il deposito di contanti.
Se la percentuale dell'imposta fosse del 5% al mese e un risparmiatore prelevasse una banconota da 100 dollari per due mesi e poi ridepositasse il denaro, la banca registrebbere un valore depositato di 90,25 dollari (100 dollari x 0,95 viene 95 dollari per il primo mese, 83.92 dollari x 0,95 viene 79.73 dollari per il secondo mese).*
In cotanto affanno si scorge solo l'ultimo tentativo di raschiare il fondo di quel potere d'acquisto.
Prima è stato depauperato, deflazionando i redditi. La ricchezza delle famiglie nipponiche, per esempio, si è deteriorata negli ultimi 5 anni passando, dagli oltre 47mila dollari di reddito medio procapite, ai quasi 36mila attuali a causa di una crescita del paese generalmente molto debole.
Poi ancora depauperato, inflazionando i prezzi con le politiche monetarie espansive, riducendo il rendimento dei risparmi investiti. Bella, no?
Eggià, dentro un mondo che gira in tondo si può fare tutto, pure farne borsellino dove mettere e togliere monete a piacimento.
Basta cazzeggi. Quel potere d'acquisto serve per fare la crescita: un "Fondo Comune d'Investimento" garante della spesa.
Comune appunto, gestito proprio da quelli della spesa aggregata.
Le risorse ci stanno:
Il reddito da lavoro, investito per smaltire il bisogno.
I risparmi, investiti per finanziare gli investimani delle Imprese.
Già, quelle imprese - 30mila società impregnate in tutti i settori produttivi e in tutte le aree geografiche - di cui McKinsey, facendo le pulci e le stime, rintraccia i guadagni fatti e da fare dal 1980 al 2025. Gli utili operativi netti, che nel 1980 ammontava a 2.0 trilioni di dollari e che a fine 2013 era stato di 7.2 trilioni, sarà a fine 2025 di 8.6 trilioni.**
Queste risorse investite, abbassando i prezzi, attivano altre risorse immateriali disponibili nel Dna di chi sa spendere ben oltre il bisogno, smaltendo tutto il prodotto, così far riprodurre e rifare utili.
Cotanta spesa fa il resto, paga l'Iva, finanziando la spesa pubblica; quella risorsa che fa infrastrutture, leggi; gestisce la giustizia, la sicurezza, l'istruzione. Buona per garantire un ambiente economico produttivo, acconcio al fare business.
Beh, in fondo in fondo, quel fondo adeguatamente capitalizzato rende.
Si, rende pure fluido e continuo il ciclo e di questi tempi.......

* L'indiscrezione viene riportata dal sito "Wall Street Italia"
** Lo studio di McKinsey: Playing To Win. The New Global Competition For Corporate Profits.
Mauro Artibani