martedì 26 novembre 2019

IL LAVORO DI PRIMA E QUELLO DI POI

Il lavoro, nell'economia della produzione, produceva beni e servizi; merci insomma per dar ristoro ai bisogni. Chi lavorava, per il tempo e la perizia impiegati, riceveva un reddito che veniva speso per dare ristoro.... toh...ai bisogni. Tanti i bisogni, tante le merci da produrre per soddisfarli. Questo mirabile equilibrio mostrava il merito che verrà premiato da un reddito adeguato alla bisogna; meriterà la settimana corta per prender fiato, ferie per sgranchirsi, assistenza pubblica in caso di malattia, il gruzzolo del Tfr per rifocillarsi, la pensione infine per il meritato riposo. Si fecero carico del tutto una Filosofia economica che aveva fatto, di quel "travaglio", elegia. Una parte della politica e quella sindacale ne rappresentarono le istanze mentre, non scorto, con la produttività dell'esercizio reso rigenerava se stesso. Bene, nell'economia dei consumi, sregolata dall'impiego di regole scadute, ci si attarda ancora a riconoscere se si sia prodotto troppo o si sia affrancati dal bisogno. Nel frattempo il lavoro, correo con il Capitale dello squilibrio, da solo ne paga il prezzo, con un reddito insufficiente per fare la spesa. Sia come sia, un lavoro di tal fatta, privato di una taglia contrattuale da far valere, diventa incapace di riprodursi. L'efficacia delle Teorie che lo hanno sostenuto vacillano; la Politica rincorre inefficaci slogan, il Sindacato vivacchia. Così è se vi pare. Prima era funzione della produzione, oggi diventa dipendente dal consumo; solo così può ritrovare la sua riproduzione, il suo remunero. Essì, se nel prima, il reddito da lavoro spesava la spesa e l'esercizio di consumazione trovava il compenso nel ristoro del bisogno, il rapporto produzione/consumo stava in equilibrio. Nel poi, per riffe o per raffe, reso d'obbligo quell'esercizio di consumazione, ch'eppur collide proprio con l'affrancamento dal bisogno, deve trovare un più idoneo compenso per potersi riprodurre e far ri-produrre. Un reddito di scopo insomma, che pareggi il conto di quello insufficiente generato dal lavoro; pagato per l'obbligo dell'esercizio, per l'impiego di risorse scarse e per il vantaggio che ricava il ciclo produttivo con l'azione della "tiritera*". Okkei, signori dal fiato sul collo? Bene, se il prezzo è quello giusto, si vada oltre. *La spesa trasforma la merce in ricchezza, la sua consumazione da spinta alla ri-produzione, genera lavoro e lo remunera; tiene attivo il ciclo produttivo, da sostanza alla crescita economica. Mauro Artibani, l’economaio https://www.amazon.it/s?k=mauro+artibani&__mk_it_IT=%C3%85M%C3%85%C5%BD%C3%95%C3%91&ref=nb_sb_noss_1

martedì 19 novembre 2019

TRA GLI AGGREGATI C’E’ CHI CI MARCIA

Il presidente della Piccola Industria di Confindustria Carlo Robiglio, durante il Forum della Piccola Industria a Genova, ridice lo stradetto millantando un credito che più non hanno: "Lanciamo da questo luogo un accorato richiamo alla politica, con una richiesta di maggiore attenzione, maggiore vicinanza a chi crea ricchezza per il Paese, chi rende l'Italia un Paese vincente nel mondo". Non ancora pago, lo nega: "Dai primi calcoli con il nuovo codice della crisi di impresa l'intera platea di aziende interessate dalle procedure di 'allerta' in fase di prima applicazione oscillerà tra 25 e 30 mila. Com'è inevitabile, una parte di queste falliranno". Ma come… ma porcoggiuda, muoiono di ricchezza? Orsù, magari della sua cattiva allocazione! Toh, facciamocelo dire da quelli dell'Ufficio studi della CGIA: “Rispetto al 2007 (anno pre-crisi) le famiglie italiane hanno ridotto i consumi per un importo pari a 21,5 miliardi di euro. L'anno scorso la spesa complessiva dei nuclei familiari del nostro Paese è stata pari a poco più di 1.000 miliardi di euro. Nonostante la contrazione, questa voce continua comunque ad essere la componente più importante del Pil nazionale, il 60,3 per cento del totale”. Se insomma seppur con meno denaro le famiglie continuano a fare, in percentuale, la stessa spesa; qualcun’altro marca visita nel dover fare quel 39,3 che gli spetta, se la crescita non cresce! Essì, la ricchezza viene generata dalla spesa aggregata, se non la fanno tutti gli aggregati per quel che spetta loro accade che…. Oltre quel che teme Robiglio, ci sono i conti fatti sempre dalla CGIA: la platea delle imprese artigiane e del piccolo commercio è scesa di numero. Tra il settembre 2009 e lo stesso mese di quest'anno le aziende/botteghe artigiane attive sono diminuite di 178.500 unità (-12,1 per cento) mentre lo stock dei piccoli negozi è sceso di quasi 29.500 unità (-3,8 per cento). Complessivamente, pertanto, abbiamo perso più di quasi 200 mila negozi di vicinato in 10 anni" Brrrrrr! Mauro Artibani, l’economaio https://www.amazon.it/s?k=mauro+artibani&__mk_it_IT=%C3%85M%C3%85%C5%BD%C3%95%C3%91&ref=nb_sb_noss_1

giovedì 14 novembre 2019

Un prrr..... a quei generatori di benessere

Il ritratto inedito degli anziani in Italia che emerge dal primo rapporto Censis-Tendercapital sulla Silver Economy: l'economia che ruota intorno agli over 65. Si parte da un dato: negli ultimi dieci anni gli ultrasessantacinquenni sono aumentati di 1,8 milioni mentre la popolazione di under 34 è diminuita di 1,5 milioni. Numeri importanti; colpisce è il fatto che oggi gli anziani sono più ricchi del 13,5% rispetto alla media degli italiani, mentre i millenials sono al di sotto di oltre il 50%. Gli over 65 sembrano avere quindi un ruolo importante nell'economia, a partire da quello di "generatori di benessere", come spiega il presidente del Censis Giuseppe De Rita. "Gli anziani sono più ricchi, hanno redditi particolarmente alti, hanno consumi particolarmente alti e hanno ricchezza patrimoniale". Toh, quegli over che comandano la Politica, l'Economia e la Tecnica hanno tutto; agli under i miseri resti! Dopo però l'apologia dei sempiterni e dell'oggi, il domani, sarà ancor come l'oggi? La metto giù senza farla troppo lunga: quando le giovani generazioni, a differenza di quelle che lo sono state, hanno in tasca a malapena quel-che-serve-per-vivere, non è jella! Essipperchè, quando la Nazione si affida ai loro padri, quei de-ritiani generatori di benessere, si comprende perchè la crescita non cresca, anzi langua, pari pari alla produttività. Giust'appunto produttività improduttiva se di questi giovani, istruiti, vigorosi, "connessi" non impieghi il capitale umano e sociale che possono offrire al lavoro per migliorarne l'efficienza; se svuoti il portafoglio della loro "innata/incontenibile" capacità di far la spesa e resti appeso agli "arzilli" per quello che hanno fatto e che ancor possono fare. Già, quando questo si mostra e chi comanda lo fa, si è colpevoli di stupidità economica, che l'accontentarsi di poter continuare a far le nozze con i fichi secchi tenendo fuori i figli dall'intero processo economico, non monda! Non monda, anzi condanna, come il tentare di riparare al danno con la "paghetta" che, questi benestanti nonni e/o padri, sembrano misericordiosamente far sgocciolare ai malestanti nipoti e/o figli. Mauro Artibani, l'economaio https://www.amazon.it/s?k=mauro+artibani&__mk_it_IT=%C3%85M%C3%85%C5%BD%C3%95%C3%91&ref=nb_sb_noss_1

lunedì 4 novembre 2019

ANIMAL SPIRITS VERSO SOVRACCAPACITA'

Nell'economia della produzione, le virtù degli spiriti animali possono esser state garanti del produrre e generare ricchezza; nell'economia dei consumi, quelle invece di aver sovrapprodotto fino a depauperare quella stessa ricchezza. No, non è tanto una virtù che si fa vizio: l'opposto. Sono i vecchi viziosi della spesa di prima a diventar oggi virtuosi. Pizzico i fatti e ve li mostro: secondo Eurostat, nelle strutture alberghiere l'Italia conta 5 milioni di posti letto la cui occupazione media annua risulta del 46%; quanti, nel ristorante, hanno più tavoli apparecchiati che gente seduta, più lettini da massaggio che gente da massaggiare, più fornelli per cuocere che cibi da cucinare, più palloni da calciare che gente che calcia? Quando poi si trovano in giro sconti del 60% sulle confezioni di profilattico, t'accorgi che si son stimati coiti in eccesso. Tatatà, questa è la sovraccapacità bellezza! Qualcuno la prezza. Essì, quando il mercato dis-funziona nasce Groupon. Si mette in mezzo tra chi ha capacità produttiva inutilizzata e chi ha un potere d'acquisto insufficiente; fa il prezzo dello squilibrio, guadagna facendo ridurre i costi al primo, rifocillando quel potere al secondo: è il mercato bellezza! Fa questo dal Settembre del 2008 diventando leader nella gestione del potere d’acquisto collettivo, nel farlo incassa; a dicembre 2010 Google offre 6 miliardi di dollari per acquistare l’affare. Mette a reddito per sè e per i "grouponer" l'indomito spirito d'altri. Ehi, un momento, quel che appare esser manna è invece il mercato che fa il prezzo del non aver compreso quanto gli spiriti, questi maligni, di quei grouponer chiedano in più per poter fare, quel che spetta al loro esercizio di ruolo, nel tempo dei portafogli mosci. Più di quel che da' Groupon! Niente paura, un Groupon sovraccapace deve di pù. Quel di più lo deve perchè come il "tanto va la gatta al lardo che ci lascia lo zampino" facendo business dell'altrui sovraccapacità, si rischia la propria; quando si hanno più Deal da smerciare che smerciati, quelli che restano valgono meno. Per sventarla, paga il prezzo: Deal con sconti fino al 70%, fatti già dai sovraccapaci, al quale sempre più spesso si aggiunge il "... fino al 30%" dell'incasso del Groupon sovraccapace. Essì, quando il mercato funziona, del troppo fa il prezzo; quando è doppio, il prezzo raddoppia! Groupon ci sta per continuare a potersi fregiare del marchio: "Azienda Pro-Crescita". Quando poi quel vizio va oltre l'occasione, fino a a farsi regola produttiva, i virtuosi della spesa son costretti ad attrezzare i soccorsi. Barter, il termine: MbsMedia, LogySystem e DigitalBarter sono le agenzie che fanno affari con la "pubblicità in cambio merce". Quelli di MM fanno i conti di quanto valga l'affare: "La diffusione del barter nel mondo è in costante ed esponenziale crescita. Dagli ultimi dati rilevati nel 2006 si può constatare che sono oltre 1.000.000 le aziende che utilizzano questa forma di business. Nei soli USA l'industria del barter rappresenta un giro di affari di oltre 808.42 miliardi di euro, equivalente al 2,9% dell'intero PIL nordamericano, con un incremento medio annuo degli scambi al 19% negli ultimi tre anni. In Italia il corporate barter ha incrementato il fatturato di oltre 2.700 imprese." Una montagna di miliardi, alla fiera del troppo negli Usa, un anno prima dell'inizio della crisi. Sia come sia, gli espositori, pur qui, sovraccapaci di processo e/o di prodotto da una parte; dall'altra i proprietari dell'attenzione. In mezzo, chi per far business, ha bisogno di avere il comodato d'uso* dell'attenzione che serve a rendere efficace quella loro pubblicità per smerciare gli invenduti. Ennò, nel tempo del "non esistono pasti gratis" e con la micragna che gira, quelli s'hanno da scomodare e pagare! Ah già, il baratto non si paga con moneta, si scambia merce con merce poi, per salvaguardare il vantaggio dello smerciante sul mercato chiaro, le merci ricevute devono essere acquistate nei mercati grigi; negli adv store. Bene, se il tutto non viene a configurare un'elusione fiscale si potrà fare: dateci un pass per passare a rifocillare la nostra altrimenti stressata attenzione; conviene a tutti, a noi di più. Fermi tutti, manca un pezzo al puzzle perchè funzioni: nel budget 802.42 mld c'erano già nel 2006, un anno prima della crisi, figuriamoci tredici anni dopo. Di attenzione invece, per fare acquisti e pagare, ce n'è meno, molta meno. Già, vale doppio. Vale per il barterista, come promessa d'efficacia della campagna pubblicitaria dei sovraccapaci ed avere in cambio la merce; vale poi per smaltire il magazzino dei Barter dove proprio quella merce si vende. Dunque cocchi... se l'attenzione vale doppio non si può pagare, con gli spiccioli negli store dedicati, a malapena la metà; magari per poter continuare a dar coccarde a quegli immarcescibili "spiritati"! Si, proprio quando il rischio del suo sovrautilizzo non trova il "ricostituente" in un ristoro economico come si mostra nelle città, dove chiudono negozi, aprono adv, pur se ancora debbono dimostrare di riuscire a far profitti. * Il contratto di comodato, previsto dall’articolo 1803 del codice civile, recita: “una parte consegna all’altra una cosa mobile o immobile, affinché se ne serva per un tempo o per un uso determinato, con l’obbligo di restituire la stessa cosa ricevuta”. Per non sbattere nelle approssimazioni, al tempo dell'immateriale, considerare l'attenzione de facto "una cosa", per giunta di valore, può addirittura apparire un pleonasmo. Mauro Artibani, l'economaio https://www.amazon.it/s/ref=nb_sb_ss_i_3_7?__mk_it_IT=%C3%85M%C3%85%C5%BD%C3%95%C3%91&url=search-alias%3Daps&field-keywords=mauro+artibani&sprefix=mauro+a%2Caps%2C207&crid=E9J469DZF3RA