lunedì 30 ottobre 2017

DAL LAVORO ESPLICITO A QUELLO IMPLICITO

L'economia globale soffre dell'indebolimento della classe media, costretta ad indebitarsi per consumare, e della distribuzione del reddito verso il capitale. Lo dice il direttore esecutivo del Fmi, Carlo Cottarelli, in un'intervista a La Repubblica.
Poi aggiunge: "Un aumento di salari e stipendi della classe media porterebbe a una distribuzione del reddito meno squilibrata e ridurrebbe la necessità di indebitamento della classe media. Ma globalizzazione e sviluppo tecnologico tendono a spostare la distribuzione del reddito verso il capitale. Non sarà facilissimo correggere queste tendenze".
Vero, tutt'altro che facile, si dovrà fare però!
Vediamo di mettere in riga i fatti:
  • In Italia ci sono un robot industriale ogni 62 dipendenti manifatturieri con un "rischio" di automazione per 3,2 milioni di persone occupate. Lo vedete lo sviluppo tecnologico che fa guadagnare di più a quelli del capitale?
  • La globalizzazione fa aumentare la gente in cerca di occupazione, riduce il salario; aumentano gli utili d'impresa.
  • Dulcis in fundo, la fiducia dei consumatori nell’Eurozona si attesta in ottobre a -1.0. Sic, una sfiducia insomma che svela come chi lavora per produrre abbia fatto troppo, quindi male.
Orbene, a fronte di tali andazzi:
  • Si può con ragione stimare "Un aumento di salari e stipendi della classe media porterebbe a......."?
  • Il lavoro, insomma, inevitabilmente condannato allo smilzo reddito e per il capitale averne più di quanto ne meriti*?
  • La classe media diventare infima e gli infimi sparire?
Ennò non si può!
Già, a quelli dell'Fmi, tocca ricordare come la crescita economica si faccia con la spesa.
Indiprcuiposcia se il lavoro esplicito non ce la fa, toccherà fornire di reddito quello implicito.
Si, quel lavoro di consumazione che, quando viene agito, fa i 2/3 della ricchezza e quando sfiduciato, vista la fiducia dei consumatori ai minimi da sedici anni, diventa scarso acquistando ancor più valore.
Valore che, messo a reddito, potrà rifocillare il potere d'acquisto di quella classe media.
Si può addirittura strafare facendo tornare al lavoro implicito pure gli incapienti. Già, proprio quelli che hanno la maggior propensione alla spesa: i più produttivi.
Chi paga?
Pantalone no, anzi da questa paga guadagna nuovo prelievo fiscale.
Chi dispone di più capitale di quanto ne impieghi, rischiando di vederlo evaporare nella sfiduciata spesa, si!
* Già merito, in conflitto d'interesse se l'impresa, che trasferisce ai fattori produttivi la ricchezza generata dalla spesa, trattiene più risorse di reddito di quanto ne impieghi per fare la spesa in conto capitale.

Mauro Artibani



martedì 24 ottobre 2017

TAYLOR ALLA FED? SE FOSSE, ARDEREBBE 'L MONDO!

Ho visto gli economisti austriaci danzare con quelli di Chicago, i keynesiani recalcitrare e i monetaristi annaspare. Tutti gli altri non sanno cosa dire.
Eggià, il "si dice" c'è. Sono state pubblicate indiscrezioni stampa secondo cui Donald Trump sembri preferire l’economista di Stanford John Taylor, ex sottosegretario al Tesoro degli Stati Uniti sotto George Bush padre, per il posto di presidente della Federal Reserve.
Taylor, 70 anni, è noto per la regola di politica monetaria da lui formulata: la Regola di Taylor. Si tratta di un’esamina per determinare il livello più corretto possibile dei tassi di interesse. Nello specifico la regola, enunciata dal professore di Stanford, sta in una formula matematica che mette a confronto il costo del denaro nominale di breve periodo imposto dalla banca centrale e quello dell’economia reale.
L’obiettivo sta nel far si che il tasso di interesse, determinato dalle autorità monetarie, risulti pari al tasso di interesse reale di equilibrio. Quel tasso reale a cui corrisponde un livello di domanda aggregata pari all’offerta aggregata, in un contesto di piena occupazione,  per poter realizzare il Pil potenziale ed azzarare l'out put gap.
Dunque, senza farla troppo lunga, se toccasse rivedere quelle politiche monetarie, che fin qui hanno alterato il meccanismo di formazione dei prezzi, va bene. Benissimo!
Con questi modi Taylor troverà pure il modo di centrare il tasso di equilibrio?
Beh, che questo delicato equilibrio domanda/offerta aggregata si debba trovare, okkei.
Se si spera che questo lo si possa ottenere con la piena occupazione nel tempo dell'automazione, del 4 punto 0, del part time, della condizione precaria si va knock out.
Essì nell'economia dei consumi, dove quel cacchio di Pil si fa con la spesa, il punto d'equilibrio non si trova con l'occupazione; nel reddito invece, quello dalla spesa generato e speso per acquistare quanto prodotto e far nuovamente produrre, si.
Sta proprio qua la possibilità di azzerare l'out put gap.
Ehi Trump, attento agli abbagli.

Mauro Artibani


martedì 17 ottobre 2017

EHI DELL'FMI, FUORI PIOVE!

Ehi Gente, vedo nuvole, se uscite portate l'ombrello: Le politiche economiche di breve termine, che portano a un aumento dell'indebitamento delle famiglie, possono inizialmente provocare "un'accelerata superiore alla media" della crescita e dell'occupazione poi possono provocare "un periodo di instabilità e crescita contenuta del Pil e dell'occupazione".
Non ho detto che piova; potrebbe quando si legge nei capitoli analitici del rapporto sulla stabilità finanziaria globale dell'Fmi: "ampi incrementi del debito delle famiglie sono associati con crescenti probablilità di crisi finanziarie e recessioni"; tanto più che l'effetto positivo di un incremento del debito delle famiglie "si inverte in tre-cinque anni" ed è associato con una "maggiore probabilità di crisi bancarie. E la cosa peggiora all'aumentare del debito stesso, motivo per cui le economie avanzate corrono più rischi.
Avete capito? Questi tizi stanno scoprendo l'acqua calda quando ormai è diventata gassosa.
Non paghi per cotanta solerzia, quelli del Fondo stimano come il debito delle famiglie sia associato a risultati macroeconomici negativi a partire da livelli "relativamente bassi, a circa il 30% del Pil". Bella no?
Figuriamoci quando nelle economie avanzate il rapporto medio tra debito e Pil risulta aumentato dal 52% al 63% dal 2008 al 2016, mentre in quelle emergenti passa, nello stesso periodo, dal 15% al 21%: gulp!
Pregni di cotanta consapevolezza, a lor dire per mitigare i rischi, auspicano un giusto mix di istituzioni, regolamentazioni e politiche economiche: "una supervisione e una regolamentazione finanziaria migliori, poi una dipendenza inferiore a finanziamenti esterni e, ancora, tassi di cambio flessibili. Dulcis in fundo ma in fundo in fundo, "minori ineguaglianze di reddito potrebbero attenuare l'impatto di un debito familiare crescente sui rischi della crescita".
Eggià, se l'acqua calda diventa gassosa prima i poi piove, governo ladro!

Mauro Artibani



martedì 10 ottobre 2017

PURE I NOBEL CONTINUANO A RECITARE IL GIA' DETTO

Ci risiamo è la solita storia, in un'intervista rilasciata alla Stampa, il Nobel dell'economia Vernon Smith risponde così a due domande che sbirciano nella crisi.
1: «I tagli alle tasse che vuole fare Trump sono giusti?»
«Sì. Non c'è ragione per tassare i redditi delle imprese; tutti i soldi che incassano vengono restituiti, sotto forma di stipendi, bonus, dividendi. Non bisogna tassarli a livello corporate, ma quando diventano redditi personali. Altrimenti si incentiva la pratica di lasciarli all'estero, nei Paesi con tasse basse».
2: «L'insoddisfazione che ha aiutato Trump a vincere è giustificata?».
«Sì. Trump è riuscito a parlare alla gente emarginata dal sistema. Dalla Seconda Guerra Mondiale in poi non avevamo mai avuto un periodo così lungo di bassa crescita e occupazione. Molti si sentivano ignorati, ed era vero".
Risposte esemplari da parte di chi, ortodosso dell'economia, continua a recitare il già detto.
Si, recita quelle regole, scritte a caratteri indelebili, che danno alle imprese il monopolio nell'allocazione della ricchezza generata.
Già, ma generata da chi? Non da queste; fanno beni e servizi che, se invenduti, diventano cattivi e non serviti!
Essì, magari invenduti proprio perchè quel meccanismo, che trasferisce la ricchezza generata, mal funziona non facendo arrivare nelle tasche di Cesare; proprio quel Cesare che con la spesa ha generato e di cui ha bisogno per rifare nuova ricchezza.
Essì, magari proprio ai quei cesari emarginati che, proprio dall'emarginazione, ricevono la stimmate di avere la maggiore propensione a quella spesa che acquista proprio quel che le imprese producono.
Sic.... et sempliciter, vogliamo rivedere il funzionamento di questo meccanismo di trasferimento un po scemo?
Eh Smith? Lei un Nobel, io no; lei può, dica a Trump come l'intera faccenda non sia solo un questione di tasse!

Mauro Artibani



mercoledì 4 ottobre 2017

LA FAMIGLIA ARCOBALENO, PAURA EH?

«Benvenuto: chiunque tu sia, questa è casa tua».
La scritta ti accoglie in una gigantesca radura, dopo quattro ore di ascesa a piedi sulle montagne di Tramonti di Sopra. Per i tremila partecipanti al raduno europeo della «Famiglia Arcobaleno», anche l' impervia salita fa parte del cammino di purificazione spirituale che riporta a contatto pieno con la natura e l' ambiente.
Arrivano da ogni angolo del Vecchio Continente, ma ci sono anche un indonesiano e un australiano. Gli italiani sono circa un terzo, ma è impossibile fare una stima esatta: non c' è alcun censimento ufficiale; nel cerchio attorno al grande fuoco può entrare chiunque. Basta rispettare tre semplici regole: non si usano alcol e droghe, si lasciano fuori convinzioni politiche e religiose, si condivide tutto.
Non circola denaro, salvo due volte al giorno quando i bambini passano con il cappello per raccogliere le offerte, buone per acquistare gli alimenti per pasti rigorosamente vegani. Capita che qualcuno non abbia risorse da inserire nel cilindro, ma vanno bene anche un semplice abbraccio o un bacio.
Beh, loro saranno pure tutti felici e contenti, i policy maker meno, anzi perniente.
Essipperchè questa gente ha voluto orgogliosamente mancare al loro compito d'istituto, quello del dover fare la spesa per fare la crescita economica e vivaddio generare i 2/3 della ricchezza.
Si dirà: me questi sono i soliti quattro gatti... non ce la faranno a grippare la macchina produttiva!
Già, ma, non mancano mica solo loro, mancano pure quelli del portafoglio floscio. Giust'appunto, i working poors. La disoccupazione giovanile, quella dei prodighi nel fare le spesa, dice Draghi, sta “ancora 4 punti percentuali sopra” rispetto a quello registrato “all’inizio della crisi finanziaria nel 2007”.
Altro che arcobaleno, un cielo plumbeo annuvola il domani.
Dannazione, per quanto ancora si potrà pensare di sfidare quella ragione economica che per generare la crescita ha reso indifferibile l'esercizio del consumo mentre differisce il denaro, erogato dalle imprese, a chi lavora per produrre proprio quelle merci da dover acquistare?

Mauro Artibani