mercoledì 30 aprile 2014

NUOVO EQUILIBRIO CON L’ ECONOMIA DEI CONSUMI



Fin quando non prenderemo atto dell’avvenuto mutamento strutturale dell’economia, caratterizzata dalla centralità dei consumi - meno dalla produzione - ci troveremo ad essere costernati dai dati micro/macro che agenzie di tutte le risme ci propinano ogni dì.
Per esempio: L'indagine congiunturale elaborata dalla Commissione Europea,  sul morale dei consumatori della zona euro mostra, ad aprile,  un -8,7 %.
Dell’ Italia parla l’Istat, dice: Oltre un milione di famiglie sta senza reddito da lavoro. Si tratta di 1 milione 130 mila. Tra questi quasi mezzo milione (491 mila) corrisponde a coppie con figli, mentre 213 mila sono monogenitore.
Ci si mette pure Unimpresa: “gli acquisti low cost nel primo trimestre del 2014 sono cresciuti del 60%. Le famiglie italiane inseguono sempre di più risparmi e promozioni: 5 su 7 hanno provato almeno una volta i discount nel primo trimestre di quest’anno, confermando una tendenza cresciuta con la recessione e consolidatasi nel 2013”.
Coldiretti ci mette il carico da  11: “Più di quattro italiani su 10  mangiano il pane avanzato dal giorno prima, con una crescente tendenza a contenere gli sprecchi.  La crisi ha portato i cittadini a sviluppare diverse tecniche per evitare quello che una volta veniva considerato un vero sacrilegio”.
Se tanto mi dà tanto, tutto ciò ha inevitabili conseguenze sui ricavi degli esercenti. C’è chi stima che l’impatto sui conti potrebbe arrivare ad avere un’incidenza negativa del 65-70%.
Fiuuuuuu! Questo aggraverebbe un quadro già profondamente depresso.
Del resto, nel 2013 i consumi sono scesi del 2,6% cosicchè quando i consumi delle famiglie - che fanno il 60% del Pil – languono, la crisi si mostra.
Si, insomma, meno consumi, meno produzione, meno occupazione, ancor meno reddito.
Dopo la sbornia dei dati ricominciamo daccapo. Dai consumatori, quelli del 60% del Pil.
Si può con ragione supporli esterni al ciclo della produzione, come una scaduta dottrina economica ancora pontifica?
Si può con ragione supporre che tal esclusione ingarbugli il ciclo svalutando il produrre e, pure, il lavorare?
Lecito porli al centro del ciclo produttivo a far fare loro quel che sanno fare?
Bene, proprio mercato, dove produttori e consumatori si debbono fare soci per fare la crescita, si mostra quell’intoppo che fa la crisi.
Già, proprio qui, la domanda, pur risultando essere l’unica merce scarsa,  non riesce a fare prezzo di tal valore perché le politiche di reflazione messe in campo hanno impallato il meccanismo di formazione dei prezzi, ottenendo l’ineguagliabile risultato di far mancare ai soci consumatori il denaro per fare la spesa.
Orbene, se la crescita si fa con la spesa, quella spesa che  genera reddito, quel reddito che serve a fare nuova spesa, occorre  allocare quelle risorse di reddito per ricapitalizzare quei soci, della  “Libero Mercato Spa”, che con la spesa remunerano.
Da riallocare c’è tanto: in Italia, 1500 miliardi di euro l’anno; nel mondo 60.000 miliardi di $. Buoni per tornare a fare nuova crescita; ottenendo pure il non trascurabile vantaggio di poter restituire valore alla produzione ed al lavoro.
Et voilà, l’Economia dei Consumi!


Mauro Artibani




giovedì 24 aprile 2014

IL LAVORO FUNZIONE DEL REDDITO


C’era una volta, nell’economia, un fine causale che forniva regole; pur essendo un output, organizzava modi di fare, per fare al meglio: il bisogno. Con tal target, le cose nell’economia trovavano il modo di fare gruppo  mediante  aggregazioni semplici, poste in sequenza lineare. Coppie causali, giust’appunto, tenevano insieme l’insieme: (produzione/occupazione), (lavoro/reddito), (reddito/spesa), (spesa/domanda), (domanda/offerta). Il rapporto di necessità tra i congiunti appariva evidente. Il lavoro forniva il reddito per fare la spesa affinchè la domanda potesse acquistare l’offerta e generare ricchezza: l’efficacia sorprendente.
Parte del mondo lasciava così l’atavica fame; l’altra parte ci sta provando.
Cotanto fare, lineare e rettilineo, fece tanto. Tanto pure che, circa la metà del cibo prodotto nel mondo - due miliardi di tonnellate circa - non viene consumato e finisce nella spazzatura. Sta scritto in un rapporto curato dalla britannica Institution of Mechanical Engineers.
Dice pure Danny Dorling, professore di geografia alla Oxford University: “ oggi giorno possediamo circa sei volte più roba rispetto ad una generazione fa, che si tratti di vestiti, mobili, tecnologia o soprammobili”.
Quando infine i pubblicitari e gli uomini del marketing si mettono a sollecitare le emozioni, le passioni, finanche l’esperienza  per dar sprone all’acquisto, siamo ben oltre il bisogno.
Quando questo si mostra, cambia tutto: hanno più bisogno i produttori di vendere che i consumatori di acquistare.
Si fa finta di niente!
Così quando i Consumatori, oltre che affrancati da quel bisogno, si trovano in tasca pure portafogli sgonfi: patatrac!
Essì patatrac, perché quel perfetto congegno di fluidità, che muove, tutto si inceppa. La successione ordinata salta, quella lineare si incrina; l’equilibrio va in stallo.
Per metterci una pezza si fa e rifà il già fatto: prima col credito facile che diventa debito, poi con zaffate di reflazione per non far scendere i prezzi; persino con la riduzione del costo del lavoro che spreme salari e stipendi; non paghi, ancora con la riduzione del ciclo di vita dei prodotti, con l’automazione dei processi,in ultimo con la  riduzione  del ciclo del lavoro.
Essipperchè, annullato il bisogno che forniva  direzione al processo economico si naviga a vista. Pur rimettendo insieme i frammenti di quelle coppie scoppiate non si vede granchè.
 Lo dice persino Joseph Stiglitz“ci sono situazioni tali che bisognerebbe cercare nuove soluzioni, un nuovo pensiero economico.”
Appunto, proviamo con un pensierino: Scoppiate  nella deflagrazione, il determinismo che teneva assieme gli accoppianti, si fa indeterminato. L’occasione è ghiotta, si possono ricomporre accoppiate che non t’aspetti, dove le cause si fanno effetti e gli effetti cause.
La sequenza Reddito/Spesa, per esempio, solo invertita mostra il vero. E’ la spesa che trasformando il valore delle merci, altrimenti svalutate, in ricchezza genera reddito.
Invertita così pure quella Lavoro/Reddito. Essipperchè,  quel reddito fa la spesa, consuma; occorre riprodurre , si crea lavoro. Lavoro, appunto, funzione del reddito.
Si scambiano le parti pure in quella vecchia coppia domanda/offerta quando i consumatori, senza bisogno, offrono spudoratamente la voglia di acquistare a chi ha bisogno di vendere. Così la domanda si fa offerta per un’offerta che domanda.
Questo accade nel mondo alla rovescia,  dove il sistema produttivo da lineare aperto si fa circolare e continuo, la produzione fornisce l’input al ciclo mentre l’output della spesa lo rende perpetuo.
Le nuove relazioni di coppia vanno rese istituto.
Per tutta risposta  le vecchie coppie, ancora agenti, continuano a dettare le regole: in questo modo si è generata la crisi; così la si rende perpetua.

Mauro Artibani

giovedì 17 aprile 2014

LA CRISI, IL FATTO ED IL MISFATTO


Se hai poco da spendere e ti viene un tizio in casa che ti offre denaro quasi a credito, non ti fai sfuggire l’occasione: lo prendi.
Rifocilli il tuo portafoglio, corrobori il potere d’acquisto, acquisti; tutto a debito.
Quel tizio, con il suo fare, da’ sostegno alla tua domanda.
Se tanti tizi vanno nelle case di tutti e propongono lo stesso giochino, tutti acquistano. Et voilà i prezzi delle merci, altrimenti invendute,  non scendono.
Un bel giochino che disabilita il mercato dal fare i prezzi rendendolo opaco  e, vieppiù, inefficiente.
Vogliamo chiamare tutto questo fare, politica monetaria espansiva?
Vogliamo attribuire tal fare a quella parte del mondo, di cultura anglosassone, fatto per uscire da questa maledetta crisi?
Paghi di cotanto fare lo strombazzano con i megafoni dell’ Fmi: "Per la zona euro, un'ulteriore espansione della politica monetaria, comprensiva di misure non convenzionali, è necessaria per sostenere l'attività e aiutare la Banca centrale europea a perseguire l'obiettivo della stabilità dei prezzi, in modo da ridurre il rischio di un'inflazione ancora più bassa o di vera e propria deflazione “.
Fiuuuuuuuuu, il trucco lo chiamano “stabilità di prezzi”.
Vogliamo dire che la crescita pure se fatta con quei prezzi truccati dal debito risulta insufficiente a ripagare quel debito, anzi lo aumenta?
Approposito degli altri, gli euro tedeschi, fanno pure loro un giochino, tutt’affatto diverso però.
Fanno pressappoco così: se ho pochi redditi  per fare la spesa e mi sono indebitato oltre il lecito per farla, mi ritrovo in casa tizi che mi redarguiscono.
Mi vogliono morigerato in un mondo che per crescere ha bisogno di prodighi.
 Le Banche si adeguano. I prestiti al settore privato hanno registrato una contrazione su base annua del 3,6 %.
Mi prodigo allora per non spendere, anzi risparmio per ripagare il debito e se mi cricca manco lo rimborso.
Gulp:  lo stock di crediti deteriorati "è arrivato nel complesso dell'eurozona  a 800 miliardi di euro, stima l’Fmi.   Il debito pubblico europeo,  nel 2013, al 95,2% del Pil e la crescita, quando c’è, è asfittica! 
Beh, dopo il tanto fare di tutti quei tizi, questo il fatto: secondo la Banca dei Regolamenti Internazionali “il debito globale ha sforato i $100 bilioni. +$30 bilioni sin dall'inizio della Grande Recessione. Gli stati mondiali sono i responsabili principali.  E…. porc  la crescita non cresce, anzi decresce!
Orbene,  da quel che si scorge, non c’è più trippa per i gatti: nè i trucchi, nè i debiti; nemmeno i morigerati, ancor meno i forzati della prodigalità, fanno la crescita.
Essipperchè, la crescita si fa con la spesa. Così viene generato reddito, quel reddito che serve a fare nuova spesa. Tocca allocare quelle risorse di reddito per remunerare chi, nella “Libero Mercato S.p.A.”, con la spesa, remunera. Dentro quella allegra società si scorgono ruoli da onorare, azioni da retribuire, risorse da impiegare.
Ecchè risorse! Ogni anno  nel mondo vengono generati redditi da Pil per 60.000 miliardi di $: riallochiamoli!


Mauro Artibani


venerdì 11 aprile 2014

LA CRISI E IL COLLASSO DEL VALORE


Mettete che in Francia il potere d’acquisto dei cittadini, dall’introduzione dell’Euro a oggi, sia crollato: 1000 Franchi del 2001, nel 2011 avrebbero un potere d’acquisto di 181 Franchi. 
Aggiungete che il tasso di occupazione in Italia sia arrivato al 55,2%. 
Metteteci pure un pizzico di disoccupazione, in Europa al 11,9% 
E, oplà: “si sta/come d’autunno/sugli alberi/ le foglie”. 
Tanto che la stima preliminare della Commissione Europea, dell'indice relativo alla fiducia dei consumatori, dice: -9,3 punti. Sic! 
Signori, il cocktail della crisi sta qui, ha pure un nome: “collasso del valore”. Bevetelo! 
Essipperchè, come ebbe a scrivere Menger: Il valore non è qualcosa di intrinseco alle merci, non è una loro proprietà, ma semplicemente l'importanza che noi attribuiamo alla soddisfazione dei nostri bisogni; in relazione alla nostra vita ed al nostro benessere. 
Lo sanno le imprese che, con la sfiducia che gira per il mercato, vedono le loro merci svalutate. 
Lo sanno pure quelli che fanno quelle merci che vedono, negli smilzi redditi, svalutato il loro lavoro. 
Il cane si morde la coda: a sfiducia si somma sfiducia; si disgrega ancor più la spesa, pure quella aggregata. 
Gulp, proprio quella spesa che fa la crescita. 
Già, quando il debito smette di surrogare le insufficienze del sistema produttivo i nodi vengono al pettine. 
La spesa, tenuta fuori dal novero dell’esercizio produttivo, impalla la gestione dei fattori Capitale e Lavoro.
Se la crescita rende indifferibile l’esercizio del consumo, alla spesa tocca rivendicare l’imprescindibilità di quell’esercizio per chi, nel farla, impiega pure annessi ancor più produttivi: il tempo, l’attenzione, l’ottimismo. 
Già, per dipanare il garbuglio occorre impiegare queste risorse anticicliche che la spesa impiega per fare la crescita. 
Proprio quegli annessi, accreditati dai pubblicitari e da quelli del marketing che apprezzano in pieno il valore di quelle risorse necessarie per rendere fluido il ciclo economico. 
Risorse che, ancor più scarse, sono valore. Ad esser pignoli, si fa valore pure quel reddito, scarsissimo, impegnato per fare quella spesa che sta oltre il bisogno. 
Risorse, insomma, da impiegare per ripristinare la produttività del sistema e far tornare a funzionare il meccanismo dello scambio. 
Prodrome alla spesa, se attive, la stimolano; se stimolata, riavvia quella crescita che rivaluta gli svalutati. 
Giust’appunto, per acquisire tal vantaggio recuperando capacità produttiva, finanche quella competitiva, agli svalutati tocca l’impresa di ricapitalizzare i gestori di quelle risorse: con una fava due piccioni, insomma, forse tre. 

http://www.mixcloud.com/enricopietrangeli5/love-peace-and-bike-puntata-numero-40/ 

Mauro Artibani 
www.professionalconsumer.wordpress.com

venerdì 4 aprile 2014

CHE C’AZZECCA LA LIRA ?

Sentite questa: Il reddito medio in Italia ha subito una diminuzione di circa 2.400 euro rispetto al 2007. Lo riferisce l'Ocse. Si tratta, precisa l'analisi, di una delle riduzioni in termini reali più significative nell'eurozona, dove in media, la diminuzione è pari a 1.100 euro.
Adesso sentite quest’altra, la dice Bertolussi: dall'inizio della crisi alla fine del 2013 i consumi delle famiglie italiane al netto dell’ inflazione sono crollati del 7,6 per cento. Ciò vuol dire che la spesa, in valore assoluto, è diminuita di 66,5 miliardi di euro.
Esattamente tra queste due notizie sta ficcata la crisi.
Per tutta risposta, in questi tempi grami di denari ma pure di idee, si dibatte a spronbattuto di euro si , lira no; lira si, euro no.
Orbene, il problema sta nell’uscire dall’euro o nell’entrare in un’altra Europa?
L’ Europa di una economia,  finalmente liberata dei trucchi reflattivi,  che si faccia nuova di zecca.
Già, quell’Economia dei Consumi che gli accademici non scorgono, le facoltà non insegnano ed i politici misconoscono.
Là dove produzione e consumo giocano alla pari dentro un sistema circolare e continuo; dove i primi danno l’input al moto e i secondi, con l’output, quel moto lo rendono perpetuo, per fare quella crescita che fa la ricchezza.
Ecco, appunto, la “Libero Marcato Spa”, dove agiscono quegli operatori di mercato: milioni di Imprese producono valore, centinaia di milioni di Consumatori producono il consumo di quel valore. Pure dentro gli Stati e tra gli Stati ci sono aree dove si produce più di quanto si consuma ed altri dove accade l’inverso. I primi hanno bisogno di acquirenti, i secondi di venditori. 
Gli squilibri nelle bilance commerciali di quei paesi lo mostrano, esponendo costi e ricavi. 
Lo mostra quella parte di debito fatta per dare sostegno al tenore di vita necessario a smaltire le merci prodotte altrove. 
Questo accade perché, pur  spendendo tutti  un’ unica moneta, per generare ricchezza, questa viene mal allocata per remunerare adeguatamente i titolari di quelle risorse produttive che fanno la crescita: quelli che con la spesa fanno il 60% di quella ricchezza.
Se la crisi risulta avere origine dal reddito erogato dalle imprese a chi lavora, insufficiente ad acquistare quanto prodotto;
Se questa insufficienza ha impallato il meccanismo dello scambio, dando la stura alla recessione dei paesi del sud e alla stagnazione di quelli del nord;
Se  sprazzi di deflazione gridano e mettono in allarme pure  Jens Weidmann, il falco della Bundesbank;
Se, se, se: insomma non c’è più trippa per gatti, per nessuno.
Quanto di tutto questo possa essere ritenuto responsabile l’euro, lo si può intuire.
Come  invece la lira possa risolvere tal garbuglio non è dato pensare.
Bando alle ciance, andiamo al sodo: quando in quel mercato unico l’offerta si mostra in eccesso, svalutandone il valore per difetto di domanda, si impone la necessità di riportare in equilibrio quel commercio squilibrato, acquistando l’unica merce scarsa sul banco della spesa: la domanda. 
Tocca a chi vende importare quella merce che fa smerciare il già prodotto, fa riprodurre dando continuità al ciclo, fa crescere l’economia per fare utili.
Viene pure riequilibrato lo squilibrio tra le bilance commerciali dei paesi associati.
Uno spazio unico, senza dazi nè gabelle si mostra conveniente, con un’unica moneta ancor di più.
Senza farla troppo lunga, tant’è: "La crescita si fa con la spesa.
Così viene generato reddito, quel reddito che serve a fare nuova spesa. Tocca allocare quelle risorse di reddito per ricapitalizzare chi, nella “Libero Mercato S.p.A.”, con la spesa, remunera.


Mauro Artibani