martedì 25 ottobre 2016

PER I GIOVANI UN DESTINO CINICO? NO BARO, ANZI STUPIDO!

Livia, 27 anni, laurea magistrale in Architettura con 110 e lode. Lo scorso anno con "garanzia giovani" lavora senza sosta per sei mesi a 500 euro/mese, 4 dei quali non ancora incassati. Quest'anno, free lance, sta in uno studio di professionale, senza sosta, per 900 euro/mese lordi.
Mia figlia, come le figlie/i di molti stanno dando tutto: dispongono di capitale umano come mai prima nella storia, hanno una disposizione alla spesa a più non posso, hanno il vigore dell'età.
Vabbè, Livia un caso; poi magari due, tre, quattro, cinque casi?
Quando il Rapporto 2016 della Caritas su povertà ed esclusione sociale fa i conti, ci resti secco.
Quelli di "Avvenire" ci guardano dentro, ne estraggono dati, fanno il titolo: "I giovani sono i nuovi poveri".
"La crisi del lavoro ha infatti penalizzato e sta ancora penalizzando soprattutto giovani e giovanissimi in cerca di occupazione e adulti rimasti senza impiego. Per la prima volta in Italia la povertà assoluta, che ha raggiunto i picchi più alti degli ultimi dieci anni, colpisce maggiormente giovani in cerca di lavoro e adulti rimasti senza impiego. E diminuisce con l’avanzare dell’età. Tra i 4,6 milioni di poveri assoluti il 10,2% sono nella fascia d’età tra i 18 e i 34 anni."
Quelli della Caritas, la misurano; quelli come Livia la vivono seppur lavorando.
Già, si può adire la malasorte, l'insipienza genitoriale; con l'etica si può moraleggiare sul destino cinico e baro ma....
Si, ma: se la crescita economica vien fatta con la spesa e se per fare quella spesa non hanno la capacità di reddito per farla, la spesa non si fa; il prodotto resta invenduto, il capitale umano svalutato. La scarsa attitudine alla spesa degli attempati, seppur corroborata da redditi alla bisogna, non compensa.
Attenzione però! Tutto questo garbuglio non è nè giusto nè sbagliato: e' stupido, economicamente stupido!
Occorre credo rammentare come la stupidità, in economia, sia da considerarsi un crimine che va perseguito: che cacchio di allocazione delle risorse di reddito è mai questa che fa mancare, a chi più fa, quel che invece resta in tasca a chi fa meno?
Se vedete in giro economisti, politici, policy maker provate a chiedere.
Loro sanno!

Mauro Artibani



martedì 18 ottobre 2016

EHI GENTE, L'EGUAGLIANZA NON CONVIENE

"Egalitè, egalitè" si motteggia già nel settecento. Motto più in là impiegato per fare la rivoluzione. Da allora la Politica prendendo sottobbraccio il motto e l'etica prova a farne azione; la "redistribuzione" la tecnica per perseguirla.
Dentro i processi economici, tutt'un'altro affare.
Macchè uguali: non tutto a tutti in egual misura, a ciascuno, invece, con giusta proporzione.
Si può dar torto per quel che incassa chi, con quel che fa, ha generato ricchezza che poi in parte trasferisce a quelli che, in proporzione, hanno fatto meno?
Eggià, così ha funzionato e seppur diseguali, così ci si affrancati dalla fame, poi pure dal bisogno.
Non andrà sempre così. I Produttori, ebbri per cotanto fare e per gli "animal spirits" che li abitano, cominceranno a produrre oltre misura, incasseranno senza merito; i sottoposti del lavoro, rei di aver sovrapprodotto, avranno più o meno "quel che serve per vivere", quel prodotto resterà invenduto.
Così si entra nella crisi, così si tornerà a gridare a gran voce contro la diseguaglianza, l'indice di Gini la misura; l'inefficenza di quel meccanismo che traferisce la ricchezza, generata dalla spesa agli agenti economici, la conclama.
Eggià, se chi gestisce i fattori della produzione è lo stesso che li remunera e tu il fattore che lavora, stai fresco a sperare l'eguaglianza.
Così il sistema produttivo va in stallo, l'economia della produzione a ramengo.
Si va oltre. Nell'economia dei consumi si staglia un nuovo "padrone del vapore": il Consumatore. Quando può, con quel che fa, fa il 60% di quella ricchezza ma non ha titolo per trasferirla poi fa riprodurre, crea occupazione ....., insomma il solito refrain.
I vecchi padroni, titolari del trasferimento, fanno ancora quel troppo; i sottoposti pure. Proprio quel troppo che squilibra e toglie merito all'avere in tasca di più!
Già, nell'Economia dei Consumi e in mezzo alla crisi, perseguire l'eguaglianza conviene?
Risulta equa quell'equaglianza che pretende di dare tanto a tutti, quando non tutti fanno al meglio?
Equo invece risulta quel remunero che premia il merito di chi, con la spesa, ripristina la produttività dei fattori di sistema, restituendo portanza al ciclo economico.
Agli attempati politici della Sinistra occorre rammentare come quest'equo remunero debba fornire ristoro proprio il merito dei più. Si, di quelli che fanno quella spesa. Chi altri sennò?
La Politica, per quel che può, deve trovare il modo* di dare norma ad un più efficiente strumento di trasferimento di quella ricchezza, generata dalla crescita, agli agenti attivi nel ciclo economico. Stante i fatti e con un fil di voce: "Per tutti, secondo il valore produttivo del ruolo di ciascuno; a ciascuno, per quel che fa per tutti!"

* Nell'attesa, non resta che sperare nel default di quelle politiche, monetarie e non, che hanno alterato il meccanismo di formazione dei prezzi, facendo mancare proprio ai più il ristoro del potere d'acquisto.

Mauro Artibani



martedì 11 ottobre 2016

UN REDDITO COMPLEMENTARE PER CHI NON CE LA FA

Ci risiamo: le ultime previsioni del Fmi, rese note poche ore fa, segnalano una crescita globale del Pil "sottotono", pari al 3,1 per cento nel 2016, che salirà al 3,4 per cento l'anno prossimo, con i Paesi in via di sviluppo che supereranno la velocità di crescita delle economie avanzate.
Non pago la Lagarde chiosa: "La mia speranza al termine della riunione annuale è che ogni ministro delle Finanze, ogni governatore di una banca centrale, tornerà a casa pensando, 'Che cosa posso fare per spingere la crescita che è attualmente troppo bassa, per un tempo troppo lungo, beneficiando troppo pochi? '"
Ve lo giuro, a quel dire, tornare a casa è stato un tormento.
Già, cosa posso fare?
Mettiamola così: per uscire dell'inghippo, tocca ricapitalizzare il reddito di chi fatica a fare la spesa.
Si e senza infingimenti: un reddito complementare perchè quello da lavoro da solo non basta a fare tutta la spesa che serve a fare tutta la crescita che serve a far star bene tutti.
S'ha da fare perchè i redditi, erogati dall'impresa a chi lavora per produrre beni e servizi, risultano insufficienti ad acquistare quel che viene prodotto.
S'ha da fare perchè, se la crescita economica rende indifferibile l'esercizio della spesa, questa insufficienza lo differisce.
Il complemento di uno scarto per l'esercizio di un obbligo, insomma.
Già, ma chi te lo da'?
Lo Stato, attraverso politiche fiscali acconce.
Ennò: "Bambole non c'è una lira!"
Le Imprese del troppo produrre*?
Ennò, a chi lavorando ha sovrapprodotto dicono: "Non c'è trippa per gatti!"
Si, vabbè ma, se "senza soldi non si canta messa", come si fa a fare la spesa?
Beh, la si fa facendo soldi!
Come?
Far fare il prezzo giusto ai prezzi** innesca una virtuosa partita di giro. Consente al mercato di apprezzare il valore di servizio della domanda, se ne potrà fare offerta ed incassare il dovuto; chi l'acquista sa che lo spendere quell'incasso attribuisce valore alle proprie merci, altrimenti svalutate. C'è già chi lo fa, Imprese pro crescita: hanno attrezzato business che acchiappano utili solo e quando i consumatori guadagnano.
Visto?
Giust'appunto, un reddito complementare, che surroghi l'insufficenza del primo, a remunero delle risorse produttive messe in campo per fare spesa/crescita, senza il quale non si fa nè l'una, nè l'altra.

*All'inizio del 2016 il business degli smart phone ha dato i primi segni di arresto, diminuendo le vendite. Fine 2016, a San Francisco Google presenta una linea di telefonini pensati per sfidare Apple, Amazon e Samsung. Già, gli "animal spirits" sono insopprimibili. Quando va così e così va, per tenere i guadagni, dovranno ridurre i costi, pure quelli del lavoro. Taglieranno ancor di più il reddito di quel lavoro.

**Sospendendo tutte le azioni reflattive messe in campo "ab illo tempore."
Mauro Artibani


martedì 4 ottobre 2016

I DILETTANTI DELLA SPESA FANNO DANNO

Provo a dire quel che la crisi ha reso urgente dire e molti non vogliono ascoltare.
Quando la Gente più che cibarsi ingrassa, veste alla moda che passa di moda e per andare da qui a lì acquista un Suv, i Sociologi gridano: Questo consumatore è un imbelle! Per le Associazioni dei consumatori quest'imbelle è un soggetto debole che ha bisogno di tutele.
Okkei, questo tizio sarà pure quel che dicono, è pure però un agente economico.
Ecchè agente: la spesa della Gente fa il 60% del Pil.
Sta sul mercato in una condizione di forza perchè proprio quelle azioni mostrano come sia affrancato dal bisogno e questo lo rende decisamente forte nei confronti delle Imprese che devono vendere. Vendere proprio a chi ha poco in tasca ma non è bisognoso.
Questa condizione genera un eccesso di offerta che staziona al mercato. Questo il tratto distintivo dell'Economia dei Consumi.
Pure i Signori dell'ultimo G20 sanno della sovraccapacità che zavorra le imprese nel mondo*.
Beh, se tanto mi da' tanto: hanno più bisogno i produttori di vendere che i consumatori di acquistare!
Al mercato, allora, chi sono i forti, chi i deboli?
Bene, se diamo un colpo al cerchio, tocca darlo pure alla botte: d'accordo, non sono soggetti deboli, dilettanti si e per stare sul mercato, in maniera adeguata al ruolo di generatori di Pil, tocca farsi professionisti.
Professional Consumer! Essipperchè, con la spesa trasformiamo le merci in ricchezza, consumando l'acquistato facciamo nuovamente produrre, diamo continuità al ciclo economico e sostanza alla crescita. Facciamo pure altro: con l'Iva finanziamo la spesa pubblica, se ci resta in tasca il resto, con quei risparmi, investiti, finanziamo l'investimento della imprese.
Fiuuuuuu, per l'economia, chi fa di più?
Oggi, con una crisi che sfianca tutti, la nostra forza vale di più; tocca farla valere per andare altre la crisi.
Mettere a profitto queste nostre prerogative si può, si deve, per il tornaconto di tutti.
Ci sono Imprese** che hanno capito l'antifona ed hanno attrezzato business che consentono di guadagnare se e quando noi guadagnamo.
La digidalizzazione dei processi, nell'economia 4.0 consente a noi consumatori di fare "Impresa" e utili per intascare quel reddito complementare necessario a poter rifocillare il potere d'acquisto.
L'uscita dalla crisi lo richiede, il ruolo lo impone.

*Gira in giro una lista accurata delle "sovraccapacità" che zavorrano l'impresa e l'economia.
** Le conosco, ho smontato e rimontato la loro struttura organizzativa per guardarle da dentro: sono aziende pro crescita.

Mauro Artibani