venerdì 29 novembre 2013

UFFA 'STA SINISTRA!



Senza farla troppo lunga prendo a prestito quanto afferma un Signore di questa sinistra. Veltroni. Scrive, dando sfogo alla sua vis letteraria, ribadendo un luogo comune grosso così: "i produttori producono ricchezza". Non pago affonda il colpo ed aggiunge l'auspicio che si dia luogo alla "società dei produttori". Lo stesso auspicio che arriva dal presidente di Confindustria d'accordo con i vertici sindacali. 
Già, cosa c'è di meglio, nel pantano della crisi,  che mettere in scena la commedia di una bella società fatta da Imprese e da chi ci lavora? 
Personaggi che recitano la sovraccapacità produttiva, gli uni, mentre  gli altri la fanno con il lavoro. In platea stanno gli  interpreti, che non scorgono tale sconquasso. 
Va in scena, insomma, la commedia delle debolezze imprenditoriali, sindacali e pure quelle della politica.
Non se ne parla nemmeno grida Landini insieme all'altro pezzo della sinistra, rinverdendo  antichi furori tra capitalisti e comunisti, progressisti e conservatori, liberali e socialisti,  destra e sinistra.  
Capitale e lavoro insieme? Giammai, appunto!
Già, l'altra sinistra si crogiola con quelle  insindacabili nostalgie novecentesche.
Tra il male ed il peggio si mostra tutta l'inadeguadezza dei Nostri ad affrontare l'oggi ed il domani che la crisi impone.
Una sinistra, insomma, che impreca cose vecchie e quando tenta il nuovo spreca risorse scarse.
Essipperchè, quando la capacità produttiva delle imprese diventa sovraccapacità, viene svalutato il valore delle merci, svalutato pure quel lavoro che le ha prodotte. Due svalutazioni che bruciano ricchezza!
Sinistra dei miei stivali: la crescita si fa con la spesa, non con la produzione nè con il lavoro.  La spesa dei consumatori  fa il 60% del Pil.
Quando questi tizi questo fanno smaltiscono sovraccapacità, fanno ri-produrre: così si crea pure occupazione.
Capito Signori. Per questa via si può pensare di tutelare l'impresa ed il lavoro.
Già, e quando questa spesa manca sono guai. E, se voi state in tutt'altre faccende affaccendati, a chi toccherà rappresentare questi gloriosi agenti economici?

Mauro Artibani
http://news.you-ng.it/2013/11/14/i-segreti-della-crisi-you-ng-intervista-mauro-artibani/



giovedì 21 novembre 2013

ACCIDENTI, CI MANCAVA PURE LA DEFLAZIONE



Accidenti ci mancava pure la deflazione. Non si parla d'altro: c'è, non c'è? Fa bene, fa male?

Il leader degli industriali sottolinea la presenza di "una situazione di deflazione preoccupante" nel Paese. "Nonostante l'ultimo aumento dell'Iva, c'è l'inflazione in calo: significa che siamo in una situazione di vera e propria deflazione e questo è preoccupante". Il numero uno della Bce, Mario Draghi, che pur ha tagliato i tassi di interesse, non sembra altrettanto timoroso per il basso livello dei prezzi in un contesto di crescita fiacca. Un' indiscrezione del Frankfurter Allgemeine Zeitung, al quale una fonte anonima interna all'ECB avrebbe rivelato che Draghi sarebbe seriamente preoccupato del rischio deflazione in Europa, pur evitando di ammetterlo in pubblico.Cristian Marazzi da parte sua dice: la deflazione è un pericolo perché ingenera quell'effetto domino di stagnazione/riduzione dei salari nominali che non incentivano gli investimenti e che, di conseguenza, contribuiscono a ridurre ulteriormente la domanda aggregata. La spirale deflazionistica è deleteria: aiuta, ma per poco, una crescita orientata all'esportazione al prezzo però di una povertà dilagante. Crescita marginale a mezzo di povertà, ecco cosa è il rischio deflazione.

Beh, dopo tanto dire dico anche della filosofia, che sta nelle dichiarazioni di Jonathan Loynes di Capital Economics, secondo cui "se non puoi vincere qualcosa, devi imparare a conviverci e apprezzarla".

Essipperchè se la deflazione che si intravvede, quella che si teme, pure quella che si auspica, mostra incontroveltibilmente il fallimento di tutte la politiche di reflazione messe in campo per dare sostegno artificiale alla domanda, occorre fare di necessità virtù.

Già, non si può, ed ancor meno si deve, mortificare quel dispositivo del mercato efficiente buono per ripristinare l’equilibrio di prezzo tra domanda e offerta, quando si sta dinnanzi a un eccesso di capacità produttiva ovvero a redditi insufficienti a smaltire quella sovraccapacità.

Un maledetto danno, invece per i timorati della deflazione. Danno derivato dalla riduzione generalizzata dei prezzi, che rimanda gli acquisti, generando stagnazione economica e recessione. Danno perché vengono a ridursi gli utili delle aziende, i redditi di chi lavora e i tassi di interesse reali.

Per i dannati, il contrasto operato dalle politiche reflattive tenta di ridurre questi danni.

Ahinoi: invertire la caduta dei prezzi, mediante politiche monetarie e fiscali, gonfia il debito.

Si tenta, insomma, con la tecnica di rimuovere gli effetti della deflazione misconoscendone le cause: per lor signori sembrano essere i prezzi più bassi, non i bassi redditi, a tagliare gli acquisti!

Sia come sia, per chi sia interessato a voler disinnescare la deflazione occorre ridefinire l'equilibrio del mercato per dare, magari, a Cesare quel che spetta a Cesare.

In quel mercato, appunto, dove la crescita si fa con la spesa.

Essì, così viene generato reddito, quel reddito che serve a fare nuova spesa.

Tocca, insomma, allocare quelle risorse di reddito per remunerare chi, con la spesa, remunera.

Allocare? Si, dare la giusta dose di trippa ai gatti.

Quali risorse? Pressappoco 1500 miliardi l'anno: l'ammontare del Pil.

Chi fa la spesa? Quelli della domanda aggregata.

Come ripartire il remunero? In ragione del contributo alla spesa fornito da questi soggetti economici.

Toh, i consumatori da soli, di quella spesa, ne fanno il 60%. A tutti gli altri aggregati tocca il resto.

Remunerati per fare la crescita, insomma, che come sanno i più risulta incompatibile proprio con la deflazione.




Mauro Artibani

http://news.you-ng.it/2013/11/14/i-segreti-della-crisi-you-ng-intervista-mauro-artibani/

venerdì 15 novembre 2013

APPROSITO DI SPENDING REVIEW

Mamma mia! 
In 2 anni sono stati oltre 118 i miliardi di euro sottratti dalle tasche dei pensionati e finiti nelle casse dello Stato. La denuncia e' dello Spi Cgil che aggiorna il calcolo con le maggiorazioni intervenute sulle tasse nazionali e locali, sul drenaggio fiscale e con il blocco della rivalutazione annuale delle pensioni. Di questi 101,6 miliardi sono arrivati direttamente dall'Irpef nazionale; 3,82 miliardi dalle addizionali regionali e 1,19 miliardi da quelle comunali, dice ancora il sindacato dei pensionati della Cgil, che calcola come "per il solo drenaggio fiscale i pensionati hanno pagato 3,6 miliardi di euro".
Porc..pressappoco la stessa cosa accade con il lavoro. Lo dice LabItalia: ex interinali, finti autonomi, contratti a 'zero ore' o 'mini-job' con orario molto ridotto. Sono sono alcune delle molteplici forme di lavoro 'atipico' (solo in Italia se ne contano dalle 19 alle 46, a seconda di chi esegue il calcolo) diffuse in Europa. Un 'esercito' di lavoratori che con la crisi sono diventati sempre più precari: 9 milioni, stando ai dati Eurostat, coloro che hanno un contratto di durata inferiore a 6 mesi, di cui l'80% ha meno di 40 anni. A lanciare l'allarme è l'Inca, il patronato della Cgil che ha promosso con altri partner sindacali europei (Cgil per l'Italia, Ces per l'Europa, Tuc per il Regno Unito, Fgtb per il Belgio, Dgb per la Germania, Ccoo per la Spagna) il progetto 'Accessor' (acronimo di 'Atypical Contracts and Crossborder European Social Security Obligations and Rigths').
E' il caso di continuare o basta così?
Eggià, da questi numeri all'essere costretti a fare Spending Review, per questi poveri cristi, il passo è breve e risoluto, per tentare di salvare il salvabile di quel che resta del portafoglio.
Quando questo accade, accade pure che chi deve produrre nuove merci ci pensi su due volte prima di farlo. Lo grida la caduta del 25% della produzione industriale dall'inizio della crisi.
Già, pure qui spending review!
E non finisce qua: se non si guadagna abbastanza, se si riducono i profitti si riduce il prelievo fiscale diretto; se si spende meno si riduce quello indiretto.
Beh, se si riducono le entrate fiscali vengono a mancare le risorse per finanziare il Welfare e pure qui tocca fare spendig review.
Orbene, se la crescita si fa con la spesa e i soggetti economici che debbono farla non possono o non vogliono, questa cacchio di crescita come si farà a farla?
Proviamo a dare risposta all'arcano dilemma: seppur in mezzo alla crisi questa spesa genera redditi per 1500 miliardi di euro. Concorre a generare tale ammontare per il 60% la spesa dei consumatori, per il 38% la spesa congiunta dello stato, quella delle imprese per gli investimenti, quella per rifocillare la scorte; quel che resta tocca alla differenza tra impotrazioni ed esportazioni.
Bene, queste risorse di reddito debbono essere riallocate per remunerare, con quella stessa percentuale, quelli che con la spesa hanno generato quel reddito che serve a fare nuova spesa.

Mauro Artibani
http://www.alibertieditore.it/?pubblicazione=la-domanda-comanda-verso-il-capitalismo-dei-consumatori-ben-oltre-la-crisi 



venerdì 8 novembre 2013

CRISI: FAR GUADAGNARE L'OTTIMISMO

Andiamo a ficcare il naso dove stanno i problemi inrisolti della crisi.
Un mercato del lavoro sovraffollato, l'aumento della produttività guadagnato con la riduzione del costo del lavoro, le migrazioni dal sud al nord del mondo, l'automazione dei processi produttivi e chissà quant'altro ancora  hanno ottenuto un non trascurabile risultato: i redditi erogati dalle imprese a chi lavora per produrre sono risultati insufficienti per smaltire il prodotto!
Quando accade questo, questo finisce con il generare un'offerta in eccesso ed una domanda in difetto che ha blocca il meccanismo dello scambio. La crisi, al netto di un credito surrogatorio ormai inattingibile, sta tutta qui.
E noi qui, in mezzo al guado, per uscirne diamo un colpo al cerchio ed uno alla botte.
Al cerchio, quello rappresentato dalle imprese che per poter vincere nella competizione globale hanno l'obbligo di sottoporre a dieta i costi: quelli del lavoro, primi da comprimere, costi quel che costi. 
Alla botte mezza vuota, quella dei consumatori, della risorsa di reddito adeguato a fare la spesa. 
La produttività totale dei fattori viene alterata: quella del Capitale sale; quella del Lavoro che produce reddito si riduce; quella dell'esercizio di Consumazione, sospesa l'efficacia della risorsa di reddito, smette di fare la spesa mettendo in stand by pure altre risorse: ottimismo, attenzione, tempo
Ricominciamo daccapo: 
Inderogabile la riduzione del costo del lavoro per stare sul mercato e fare profitti?
Inderogabile avere nel portafogli il denaro per acquistare quanto prodotto per far fare profitto? 
Beh, si è davanti allora ad una strada obbligata: qei profitti fatti e per continuare a farli occorre reinvestirli, magari riducendo i prezzi, per rimpolpare  i consumatori di quel potere d'acquisto che smaltisce  merci altrimenti svalutate.
Difficile, non impossibile. Ci sono imprese che già lo fanno insieme ad un rinnovato profitto.
Per  stare ai fatti: 
Ikea, remunera il tempo occorso per il montaggio del mobile acquistato con il prezzo più basso per quel prodotto. 
Le televisioni commerciali, ma anche le "free press" remunerano la mia attenzione alla loro pubblicità con la gratuità del prodotto/servizio.
Nel mondo Low cost e quello dei Social shopping, i prezzi rassodano l'ottimismo.
Un momento, facendosi domandanti ben altro che acquirenti, si può fare di più. Altro che gongolare per queste offerte che mostrano ancora carattere occasionale, .
Si può fare ancor di più: i consumatori  che fanno impresa per fare  commercio dell'unica merce scarsa  sul mercato, la domanda.*
Bene, quando tutto questo accade, accade pure che quelle risorse tornano agenti. 
Ottimo e abbondante per tornare a far crescere proprio quella bistrattata produttività totale dei fattori. 
Se si ritenesse necessario dover ancorare l'equilibrio di tali processi ad un fondamento stabile, si può ricorrere ad un paradigma nuovo di zecca: "La crescita si fa con la spesa. Così viene generato reddito, quel reddito che serve a fare nuova spesa. Tocca allocare quelle risorse di reddito per remunerare chi, con la spesa, remunera."
*a pag. 201 de: " La domanda comanda", Aliberti Editore 2013, si trova il business plan prodromo all'impresa. 
Mauro Artibani
http://www.alibertieditore.it/?pubblicazione=la-domanda-comanda-verso-il-capitalismo-dei-consumatori-ben-oltre-la-crisi


venerdì 1 novembre 2013

LA CRISI, E SE DOMANI......

E se il debito non fosse la causa della crisi bensì l'effetto?
Si, insomma, se la causa fosse invece da attribuire ai quei redditi, erogati dalle imprese a chi lavora, insufficienti ad acquistare quanto prodotto?
Possibile se, come dice l'Ufficio Studi di Confcommercio, nel 2012 il reddito disponibile è stato pari a 1.032 miliardi di euro, rispetto ai 1.033 del 1988.
Beh, mettendo nel conto quanto la crescita si faccia con la spesa aggregata, per farla in tali condizioni di insufficienza si è fatto ricorso alle politiche di reflazione, in grado di fornire credito per surrogare quell'insufficienza. Debito insomma per creare ricchezza: bella no?
Anzi di più. Finchè il trucco ha celato il fatto si è venduto, acquistato, lavorato, riprodotto con buona pace del debito.
Quando accade, però, che il debito troppo in alto sal, tracolla sovente, precipitevolissimevolmente.
Il meccanismo dello scambio va in blocco, salta l'equilibrio tra il prodotto e il consumato che tiene attivo il meccanismo produttivo: non si vende nè si acquista; le merci perdono valore, non vengono riprodotte.
La produttività totale dei fattori finisce dalle stelle alle stalle: le imprese mostrano sovraccapacità produttiva.
Chi lavora nell'impresa produce in eccesso e quelli, che con la spesa fanno il 60% della crescita, sono costretti a fare spending rewiev, dimagrendo mangiando meno, svestendo la moda che passa di moda, smettendo il Suv per andare da qui a lì.
Si sta tutti, insomma, come d'autunno sugli alberi le foglie.
Per uscire dal guado e tornare a crescere occorre migliorare la produttività dei singoli fattori.
Pronti, via: La crescita si fa con la spesa. Così viene generato reddito, quel reddito che serve a fare nuova spesa. Tocca impiegare quelle risorse di reddito per remunerare chi, con la spesa, remunera.
Giust'appunto quei 1032 miliardi da riallocare per meglio sostenere il potere d'acquisto di quelli che fanno la spesa, alfin di poter tornare ad ingrassare, rivestirsi alla moda, tornare a mostrare il Suv e.... vai col tango!
Smaltito l'invenduto, l'impresa mette la sordina alla sovraccapacità, ripristina il valore delle merci che verranno ri-prodotte. Affrancato così dal produrre l'eccesso, tornerà a mostrare valore pure il lavoro che potrà trovare più adeguato remunero, meno agire precario e soprattutto altro lavoro.
Ai consumatori tocca pure un ultimo sussulto: coniugare il tornaconto del guadagnare spendendo con la responsabilità di chi, con una domanda competente, comanda i processi che governano l'oggi ed il domani. Prosit!

PS. Corre l'obbligo di precisare che tra i fattori della produzione viene inserito d'imperio quell'esercizio di consumazione in grado di ridare efficienza a quegli altrimenti malandati fattori, continuità al ciclo e sostanza alla crescita economica.

Mauro Artibani
http://www.alibertieditore.it/?pubblicazione=la-domanda-comanda-verso-il-capitalismo-dei-consumatori-ben-oltre-la-crisi