martedì 23 dicembre 2014

+2 -2, MEGLIO ZERO

+ 2 -2% sembra poca cosa. Tutt’altro che niente, invece, per quelli che contano, urlano e strepitano nel fare e rifare i conti e farseli tornare.
La differenza mostra l’effetto della variazione dei prezzi dei beni sul mercato. Gli effetti, appunto. La causa invece sta nella maggiore o minore quantità di moneta disponibile dagli operatori per le transazioni economiche.
Senza farla tanto lunga: tra gli squilibri del +2 -2, meglio zero! Essipperchè zero espone la condizione di equilibrio nella disponibilità di moneta tra gli operatori economici.
Già zero dispone l’ottimo nell’impiego delle risorse produttive: quel che serve insomma alle imprese per produrre e quanto quelli della spesa devono avere in tasca per acquistare quanto prodotto. Giust’appunto per fare tutti il meglio per la crescita.
Teoria? Beh, forse un po’. Mica tanto però, se già lo statuto d’azione delle Banche Centrali recita la stabilità dei prezzi. Cacchio, solo che l’equilibrio viene confezionato mediante l’espansione o la contrazione artificiale della quantità di moneta in circolazione ed un mandato: per la Bce, tenere il tasso di inflazione di medio periodo a un livello prossimo al 2%.* Stessa cosa per la Fed, la BoE, la BoJ.
 Alla faccia dell’equilibrio, alla nuca di quell’ottimizzazione; in culo a quella crescita che si fa con la spesa e che così se ne fa meno.
Eggià questi istituti, per svolgere al meglio il mandato istituzionale, fanno pressappoco così: se si riduce la base monetaria e i prezzi scendono, magari, del 2% facendo aumentare il potere d’acquisto, Lor Signori intervengono con la politica monetaria per dare spinta a quei prezzi fino a quell’asintodico + 2%. Torna così a ridursi quel potere d’acquisto: bella no?
Alla deflazione dei prezzi si contrappone insomma una istituzionale inflazione monetaria che, alterando il meccanismo di formazione dei prezzi, riproduce intatto lo squilibrio.
Ci risiamo, la regola di un decrepito paradigma sprona per dar sostegno ai prezzi con l’intento di salvaguardare la produzione ed il lavoro. Dimentica che quel che  non si  acquista si svaluta, svalutando proprio quella produzione ed il lavoro che ha prodotto ed ancor più mancherà proprio quel lavoro per poter riprodurre.
Tocca a questo punto della tenzone aggiustare il tiro per far sì che possa farsi quel prezzo dei nuovi equilibri che si intravvedono al mercato, là, dove hanno più bisogno le imprese di vendere che i consumatori di acquistare.
Eggià, così un prezzo “disinibito” potrà rifocillare quel potere d’acquisto ad oggi inibito.
Tocca insomma sospendere le azioni di reflazione messe in campo che, invece di sanare quegli squilibri, li aggravano. Tocca insomma far agire i dispositivi propri di un mercato efficiente. Quelli in grado di rendere compatibili le risorse economiche degli agenti su quel mercato, con il prezzo dei beni che sono in vendita.
Per l’inflazione e la deflazione, quelle “vere”, nessun anatema insomma, non conviene a nessuno!
P.S: Ogni riferimento agli accadimenti che ieri hanno generato la crisi e che ancor oggi la conclamano appare del tutto causale.
*Quelli di wikypedia dicono che; La BCE esercita il controllo dell'inflazione nell'"area dell'euro" badando a contenere, tramite opportune politiche monetarie (controllando la base monetaria o fissando i tassi di interesse a breve), il tasso di inflazione di medio periodo a un livello inferiore (ma tuttavia prossimo) al 2%.

Mauro Artibani

venerdì 19 dicembre 2014

CACCHIO, GLI INVESTIMENTI. QUALI? DI CHI? COME?

Quando i redditi, erogati dalle Imprese a chi lavora per produrre merci, si sono mostrati insufficienti ad acquistare quanto prodotto, si è generato un pericoloso squilibrio. Fin quando il credito ha surrogato quell’insufficienza si è fatto finta di niente. Quando quel credito sparso nel mondo ha confezionato per ogni dollaro  3,7 di debito si è impallato il meccanismo dello scambio. L’offerta si è fatta in eccesso, la domanda in difetto.
La crisi sta tutta qui. Anzi peggio, nasce da questo squilibrio, si perpetua con l’aggravarsi dello squilibrio.
I Policy-maker di questo mondo, dopo tanti arzigogoli più o meno ineffettuali, per uscire dal guado, sembrano convergere su un punto: spingere gli investimenti.
Cacchio, gli investimenti.Quali? di chi? Come?
Verosimile che tocchi a quelli delle Imprese sovraccapaci e con i magazzini pieni;
a quelli che governano Stati messi all’angolo dalla riduzione del gettito fiscale che fa aumentare deficit e debito; finanche a quelli dell’ industria finanziaria squassata dai crediti incagliati, frutti amari di “investimenti” sballati.
Sant’iddio toccherebbe, insomma, per compito d’istituto,  proprio a quegli agenti che mancano di agio per poter agire, peggio di così…..
Vuoi vedere che toccherà fare l’inverosimile per rimettere in pristino un equilibrio decente?
Vuoi vedere che toccherà aguzzare uno sguardo traverso per vedere oltre?
Si, oltre, dove ci sono altri agenti che hanno risorse che, quando agite per il meglio, garantiscono l’equilibrio proprio nel cuore del sistema: nel meccanismo dello scambio.
E qui si mostra il danno, l’impiego delle loro risorse produttive, che fanno buona parte della crescita, risultano imbolsite  dal debito d’ossigeno reddituale.
Bolsi si, pure però affrancati dal bisogno. Eggià, questi non bisognosi, di quanta sprone possono disporre per fare esercizio e rassodare la pancetta?
Ad occhio e croce, tanta quanta ne consentirebbe un adeguato portafoglio.
Tanto quanto i nuovi bisognosi hanno convenienza che quel potere d’acquisto venga rassodato.
Tanto quanto serve, insomma.
Beh, quei 1.560 mld di euro l’anno, per esempio, che pur in mezzo alla crisi ci stanno. Basta riallocarli in modo da togliere alibi ai pancettari e smaltire il bisogno di smerciare per chi vende; con un rimpinguato prelievo fiscale far fare al pubblico la spesa che gli spetta. E ci vogliamo rovinare, se resta pure il resto, si possono disincagliare i crediti di quelli del credito per farli tornare ad investire in prestiti e guadagnare.
Se poi, come misura l’Fmi, scorgendo persino la relazione inversa che vige nell’economia dei consumi tra spesa e occupazione, un punto di Pil aumenta di uno 0,6% l’occupazione giovanile, beh… allora tocca proprio fare fitness, senza se, senza ma.
Mauro Artibani

venerdì 12 dicembre 2014

LA CRISI, TRA ELEMOSINANTI ED ELEMOSINATI


Se qualcuno, di fronte a questa maledetta crisi, avesse voglia di scherzare potrebbe dire: Fai fare una buca, poi falla riempire, tanto paga Pantalone.  Avrai dato lavoro quindi reddito che verrà speso per fare la crescita.
Pure  andare in giro con l’elicottero di Friedman, guidato da Ben Bernanke, che rovescia soldi sui ben-capitati per ampliare la base monetaria e dare sostegno alla spesa, si può pensare di poter fare.
Già, quando si sta davanti ad una crisi imperterrita, lunga 7 anni e latitano soluzioni, non si può andare tanto per il sottile; si toglie la polvere a quelle vecchie, le si rimette in ghingheri.
Gulp, un lavoro fasullo ed il miracolo del denaro piovuto dal cielo.
Cosa nascondono e cosa svelano tali ipotesi di scuola?
L’insufficienza della domanda, cos’altro sennò?
Proprio quella domanda che, se invece trova agio, tiene fluido il ciclo della produzione e fa la crescita.
Domanda insomma che senz’altro s’ha da fare, costi quel che costi!
Perché, i policy-maker dell’altro ieri, di ieri, fino a quelli d’oggi, compresa la forza di quella domanda, ancor più quando viene esercitata bel oltre il bisogno, mancano di afferrarne il ruolo?
Ruolo a tal punto frainteso che i keynesiani ritengono possibile che la spesa privata debba essere sovvenzionata dallo Stato, pagando magari un lavoro fasullo, e non da chi incassa gli utili da quella spesa.
I piloti di elicottero, invece, ritengono di poter dare denaro  a debito per sovvenzionare  spesa a debito per tutti, facendo aumentare i prezzi che riducono il potere d’acquisto.
Dove sta la produttività di questo fare?
-         Quale bene viene generato da quel lavoro e quale remunero merita?
-         Quale cavallo, non soffrendo d’arsura, beve alla fonte del liquido monetario, ancor più offerto a debito?
-         Come si può ritenere di dover fare “elemosina” a chi consuma affinchè faccia quel che gli spetta per obbligo d’ufficio nel sistema produttivo?
Bene, anzi male, fino a quando si continuerà a ritenere quei Tizi, costretti all’indifferibilità della spesa per fare la crescita, esterni al ciclo produttivo, si farà folclore economico. Giust’appunto, come folcloristiche si mostrano le soluzioni messe sul piatto.
Quella indifferibilità deve essere esercitata per garantire la fluidità del ciclo economico, pure per generare lavoro vero ed una crescita senza debito.
Un momento: per quel prodigioso fare vengono impiegate risorse di ruolo. Risorse scarse, senza un potere d’acquisto adeguato, pressoché  non esercitabili.
Mauro Artibani

giovedì 4 dicembre 2014

GIOCA ALL’ ATTACCO, NON IN DIFESA, CON I CONTI DELLA LA SPESA

Quando con quel che guadagni dal lavoro ci paghi a malapena  “quel che serve per vivere” e vuoi , vivaddio, avere un po’ di più, devi darti da fare e pure imparare a farlo.
Una bella sfida: Si può fare. Et voilà: Consigli per gli acquisti ’ per usare una  Domanda sapiente.
Quel che costa troppo fare da soli si può fare insieme ad altri e risparmiare:
-viaggiare insieme costa meno;
-costa meno pure una casa per le vacanze condivisa;
-magari pure acquistare il 3 per 2 in tre conviene; acquisti il giusto, non sprechi, spendi meno;
Puoi  insomma “fare meglio insieme”. Questo fare  gli inglesi lo chiamano sharing, gli economisti lo definiscono economia della condivisione. A Noi fa risparmiare.
Quando vai in giro, acchiappa tutte le “carte fedeltà” che ti vengono offerte. Quando ri-giri usale, non rimirarti negli specchietti come fa l’allodola, acquista al meglio quel che costa meno. Fidelizzi i  fidelizzatori e risparmi.
Se vuoi puoi. Senza andare in giro, al mercatino sottocasa, i prezzi variano. Alle 13 sono più bassi delle 10: prezzi ad orologeria. Guarda l’orologio!
Fai il pane per te, la pizza con quelli del pianerottolo.
Fai il menù settimanale dopo aver acquistato le “offerte”, non prima.
Vesti alla moda? Fatti furbo: se acquisti il giorno dopo la  “scadenza della moda” , se ne accorgono in pochi, quel vestito ti costa la metà.
Non vesti alla moda? I tuoi abiti li abiti fino all’usura;  spendi meglio il tuo denaro.
Puoi persino fare baratto tra ciò che hai e non usi e ciò che vuoi e non hai.  Non spendi: un bel guadagno.
Due volte l’anno si smercia l’invenduto: compri a saldo, fai affari d’oro.
Se metti in comune la tua forza contrattuale, ci aggiungi l’azione di net- work operata dai “Social Shopping”, acquisti confezioni  per il ristoro, il tempo libero, gli eventi, la salute, i viaggi, lo sport e i servizi, a prezzi scontati fino all’ 80%: un bel guadagno.
Tanti sconti, sconti per tanti?  Già, senza dimenticare però che nell’economia non esistono pasti gratis. Con quello sconto le imprese acquistano la tua domanda per vendere la loro offerta in eccesso.
Se tanto ci da’  tanto, al mercato si incontra la possibilità di sfruttare tutte le occasioni per  tentare di riparare il danno che ha provocato lo squilibrio del mercato, tra  le tonnellate di nuove merci, per numero e volume, da dover acquistare e,  come denuncia l'Ufficio Studi di Confcommercio, la riduzione del reddito disponibile delle famiglie italiane, che nel 2013 torna ai livelli di 25 anni fa, pari a 1.032 miliardi di euro, rispetto ai 1.033 del 1988.
Un Professional Consumer deve farlo quel che gli spetta e farlo al meglio, per obbligo di ruolo.
Se però, alla fine della fiera resta ancora un resto d’invenduto, beh…. allora avranno ancora più “bisogno” le Imprese da vendere che i Consumatori d’acquistare.
Eggià, avranno bisogno di rinnovare il loro modello di business,  per andare oltre l’occasionalità dello “sconto”.
Imprese impareggiabili nell’averlo già fatto ci sono; nel fare per Sé, fanno pure per Noi:
Ikea vende mobili da montare, li acquisto, li monto, ottengo il prezzo più basso sul mercato;
le tv commerciali e le Free Press, fanno commercio della mia attenzione con i pubblicitari; la do in comodato d’uso, in cambio ottengo informazione ed intrattenimento tutto l’anno, senza spendere il becco d’un quattrino;
Groupon, Groupalia, Letsbonus, intermediano tra l’offerta in eccesso e la domanda in difetto; loro guadagnano nel farlo, i domandanti pure con sconti travolgenti;
H3G che fa contratti telefonici biennali, deflazionando il prezzo, reflazionando il pacchetto offerto, è okkei.
Gli Outlet guadagnano gestendo “città dello sconto” dove si incontrano chi ha invenduto e chi vorrebbe acquistarlo.
” Bla bla Car “ organizza il viaggiare condiviso, ci guadagna; ci guadagnano pure i viaggiatori.
Olè, ai Politici tocca tornare a prender parte, farsi parte, nella questione. C’è una montagna di credito elettorale da guadagnare e senza sconto.
Ci sono pure quelli della spesa, a loro toccherà fare  una scelta, difficile e solenne:
giocare in difesa, mettendo i risparmi al pizzo in attesa di giorni peggiori o, all’attacco,  impiegandoli per rifocillare quel potere d’acquisto che spende per fare crescita e un domani migliore?
Magari pure per chi non ha lavoro, magari pure per i nostri figli e i figli dei nostri figli.


Mauro Artibani