mercoledì 28 dicembre 2016

CACCHIO, FERMATE 'ST'ESPANSIONE MONETARIA

Il rialzo dei prezzi dello 0,5% dei beni ad alta frequenza di acquisto significherà pagare, in termini di aumento del costo della vita, 76 euro in più su base annua a famiglia. E' quanto calcola l'Unione nazionale consumatori, dopo la diffusione dei dati Istat.
Una coppia con 1 figlio pagherà nei dodici mesi 72 euro in più, un pensionato con più di 65 anni sborserà 40 euro, 40 euro anche un single con meno di 35 anni, 58 euro una coppia senza figli con meno di 35 anni.
Non paghi, quelli dell'Unc hanno stilato la classifica delle città più e meno care d'Italia. "Sono 5 su 19 le città capoluogo ancora in deflazione. Nonostante fossero 9 nel mese di ottobre, è significativo che la deflazione permanga a Milano e Roma".
Il record della deflazione a Torino, dove l'abbassamento dei prezzi dello 0,2% consente ad una famiglia di 4 persone di risparmiare 95 euro su base annua in termini di riduzione del costo della vita. Al secondo posto delle città meno care, Roma, con una deflazione dello 0,2% ed una minor spesa annua di 82 euro. Al terzo posto Potenza, dove una tradizionale famiglia di 4 componenti risparmierà 64 euro (-0,2%).
Credo banalmente che chi spende a Torino stia meglio di chi sta in quel di Roma, meglio ancora di chi spende a Potenza; meglissimo del resto degli italici abitanti.
Peggio invece stanno quelli che pure gli Industriali hanno infine scorto: Confindustria ha reso noto che il numero dei poveri assoluti risulta pari a 4,6 milioni, in crescita del 157% rispetto al 2007.
Colpa di quei satanassi di "inflazione/deflazione" dunque?
Colpa un cacchio, tutteddue sono dispositivi del mercato efficiente, idonei a tenere proprio l'equilibrio tra domanda ed offerta, solo che....
Solo che la crescita si fa con la spesa, non con la produzione: così viene generato reddito, quel reddito che serve a fare nuova spesa.
Tocca allora allocare quelle risorse di reddito per remunerare chi, con la spesa, remunera.
Così si dovrebbe fare; Loro invece fanno cosà: con l'espansione della liquidità monetaria alterano il meccanismo di formazione dei prezzi; alterando il funzionamento di quei dispositivi rendono il mercato opaco ed inefficiente, così come il potere d'acquisto.
Glielo dite voi a quelli della Bce di smetterla?
A tal dire, Gary North, con sconcerto prende e domanda: "Quale servizio produttivo deve aver svolto la persona, che esercita la domanda, al punto da ottenere denaro?"
Beh, quella domanda fa il 60% del Pil quindi, per fare la crescita, il domandante viene sottoposto pressappoco ad un obbligo. Per il servizio produttivo: con la spesa trasforma la merce in ricchezza, consumando l'acquistato fa riprodurre, da' continuità al ciclo, sostanza alla crescita. Per farlo impiega risorse scarse.
Le basta caro Gary?

Mauro Artibani



martedì 20 dicembre 2016

ALTRO CHE MILLENIALS, SETTECENTO CINQUANT'OTTO €

Cacchio: Per la prima volta nella storia i giovani sotto i 35 anni saranno più poveri dei loro padri, dei loro nonni, pure dei coetanei di 25 anni fa. Oggi i cosiddetti millenials stanno subendo un vero e proprio "ko economico".
Lo rileva il Censis nel suo Rapporto sulla situazione sociale del paese per il 2016: Rispetto alla media della popolazione, oggi le famiglie dei giovani con meno di 35 anni hanno un reddito più basso del 15,1% e una ricchezza inferiore del 41,1%.
Ta ta tà: La forte domanda di flessibilità e l'abbattimento dei costi generati da decontribuzione e Jobs act, insieme al boom dei voucher, stanno alimentando l'area delle professioni non qualificate e del mercato dei "lavoretti".
Il divario tra i giovani e il resto degli italiani si è ampliato nel corso del tempo, perché venticinque anni fa i redditi dei giovani erano superiori alla media della popolazione del 5,9% (mentre oggi sono inferiori del 15,1%) e la ricchezza era inferiore alla media solo del 18,5% (mentre oggi lo è del 41,1%).
Si dirà: Che t'apetti da 'sti bamboccioni tutti ciccia e ossa?
Ennò cocchi in mezzo, tra quella ciccia e quelle ossa, sta il più potente concentrato di risorse come mai prima dentro il consorzio umano.
Mettete insieme: il vigore dell'età, il capitale umano generato dall'istruzione, quello sociale* di cui dispongono con le tecnologie di connessione, una spiccata propensione al consumo; shakerate ben bene, otterrete un potenziale produttivo inestimabile.
Inestimabile?
Macchè, qualcuno lo ha stimato, qualcun altro elargito, quei novemilacento euro l'anno, appunto, che mortificano.
Mortificano con i "lavoretti" quel capitale umano; con la disoccupazione, che li sconnette, quello sociale; con il portafoglio insufficiente la spesa; nulla facendo cominciano ad imbolsire, vanificando pure la risorsa del vigore.
Bella nò? Mortificano loro, la produttività totale dei fattori, poi la crescita economica per tutti.
Pure quella degli elargitori!
*capitale sociale: «la somma delle risorse, materiali o meno, che ciascun individuo o gruppo sociale ottiene grazie alla partecipazione a una rete di relazioni interpersonali basate su principi di reciprocità e mutuo riconoscimento». Gary Becker
Mauro Artibani



martedì 13 dicembre 2016

NON HA VINTO NESSUNO, POTREMMO VINCERE!

Io che per ruolo spendo per fare la crescita economica, sono un giovane che non ha lavoro, un vecchio senza molto da spendere per surrogare la spesa di quel mio nipote, un ex "cetomedista" che spende meno di prima perchè prima aveva di più. Sono pure un benestante che ha speso, ma non tutto, perchè non ho bisogno di farlo, sono un diversamente in gamba che non può nè vuole perchè ho altro da fare, sono un pensionato che per l'amordiddio non ce la fa, sono un immigrato bisognoso di spendere ma senza il becco d'un quattrino, sono un emigrato e spendo dove sono andato.
Sono insomma tutti. Tutti quelli che, tutti insieme, non dispongono dei soldi neecessari a fare tutta la spesa che occorre per fare quella crescita che serve a tirarci fuori dall'impaccio.
Quelli che, secondo l'Ilo, si ritrovano con la quota del reddito da lavoro sul Pil ridotta al 65% contro il 75% che si registrava negli anni '70.
Sono la Gente insomma che ha votato si, no, ni!
Ho vinto? Ho perso?
La Politica ha vinto?
Quella del Premier no; ha tentato di fare, per far fare la spesa, stiracchiando un paradigma economico vecchio come il cucco, non facendo gran che.
La Politica degli altri?
Quella dei 5 stelle che vogliono permiare con un reddito statale l'esser cittadino di uno Stato che già non può fare la spesa che gli tocca e ne farebbe ancor meno davanti alla "Decrescita"?
Quella dei novecenteschi destri e sinistri che si scazzottano per dare ai loro accoliti un reddito che non meritano?
Quella che tutt'insieme ci fa stare nella crisi dal 2007?
Chi ha vinto quando, stima l'Istat, il 28,7% delle persone residenti in Italia sono a rischio di povertà o esclusione sociale? Si, insomma quando si trovano almeno in una delle seguenti condizioni: rischio di povertà, grave deprivazione materiale, bassa intensità di lavoro.
Cacchio, noi stiamo perdendo e se perdiamo noi, lo giuro, non vince più nessuno.
Tra la Gente gira un tweet, lo firmano e lo ritwittano a quella politica, impegnata a sternutire tra chi ha vinto e chi prepara la rivincita.
Tweet x tweet dice: "La crescita si fa con la spesa. Così viene generato reddito, quel reddito che serve a fare nuova spesa. Tocca allocare quelle risorse di reddito per remunerare chi, con la spesa, remunera."
La Politica deve ripartire da qui, dando insomma a Cesare quel ch'è di Cesare!
Tocca ad essa fare norme anormali, leggi leggere, regole che regolino; quel che gli spetta, insomma per meritare l'emolumento.

Ps: I cesari giudicheranno e voteranno!

Mauro Artibani



martedì 6 dicembre 2016

QUANNO CE VO CE VO

Paraponzi ponzi pò, ci risiamo: L'inflazione a novembre "torna in terreno moderatamente positivo (+0,1%), ma questo non impedirà di archiviare un 2016 caratterizzato da una dinamica di deflazione".
Lo afferma il presidente della Federdistribuzione, Giovanni Cobolli Gigli, sottolineando: "ci auguriamo che questo segnale possa rappresentare l'avvio di una graduale ripresa dei prezzi, ma su questo auspicio pesa come un macigno la debolezza dei consumi, come testimoniato dalla dinamica delle vendite al dettaglio dell'Istat, che per i primi 10 mesi dell'anno indicano una stabilità assoluta in valore e addirittura un calo in volume (-0,6%)".
Poi non pago chiosa: "Anche per raggiungere una fisiologica crescita dei prezzi è quindi necessario sostenere i consumi. I successi delle ultime manifestazioni commerciali (black friday) fanno capire come sia indispensabile avere un commercio libero di agire, senza vincoli o ostacoli che ne limitino le opportunità, come invece continua ad accadere a livello sia nazionale sia locale".
Sostegno alla domanda per far crescere i prezzi? Beh, nel mondo ci sono 2,1 miliardi di persone obese o in sovrappeso, non basta? Non bastano, a lor Signore, nemmeno tutte le tecniche e le politiche di reflazione che stanno in campo alla bisogna? Si, insomma l'obsolescenza programmata, la moda che passa di moda, l'usa e getta, la pubblicità, il marketing, il credito al consumo fino alle politiche monetarie lasche che hanno fatto lievitare il debito del mondo a 200.000 miliardi di $, segnandone il picco.
E se facessimo scendere invece i prezzi, per rifocillare quel potere d'acquisto che da sostegno alla domanda?
C'è già chi lo fa: Ikea, le free press, Groupon, Airbnb,Uuber.
Vuole altro?
Magari questo proposito:
"Ho questa visione che fra 5 o 10 anni non si pagherà niente per viaggiare con la RyanAir".
Lo pensa l'amministratore delegato della più grande compagnia a basso costo d'Europa. Invece di guadagnare con i biglietti aerei, farebbe i suoi profitti raggiungendo accordi con i ristoranti, i caffè e i negozi degli aeroporti, per ottenere una parte dei loro ricavi. "Siamo noi che portiamo i clienti agli esercenti degli aeroporti. E gli aeroporti sono ormai diventati come dei centri commerciali. Per cui penso che in futuro una proposta del genere possa avere un senso. Forse non la accetteranno subito tutti gli aeroporti o tutte le compagnie aeree. Alcuni degli aeroporti più piccoli di cui ci serviamo possono trovare questa proposta di mutuo interesse". Con un sistema simile avremmo voli sempre pieni e tutti contenti: i passeggeri, le linee aeree e gli esercenti".
Beh, c'è insomma chi ha già fatto e chi si accinge a fare.
Lei, nel frattempo cosa intende fare?
Essipperchè, è bene tenere a mente come la crescita si faccia con la spesa e, se i denari che vengono dal lavoro non sono sufficenti a farla, aivoglia a deflazione!

Mauro Artibani



martedì 29 novembre 2016

TROPPO CARA CI FU QUEL FAR LA SPESA

Sempre più vecchi a fare la spesa per restare abbarbicati alla vita .
I giovani abituati alla spesa per vivere la vita.
Quelli delle Imprese che del prendere rischi si vantano e li assumono spendendo.
Quelli che pur di spendere ingrassano, vestono alla moda che passa di moda e che per andare da qui a lì hanno preso un Suv.
Quelli, infine, che vogliono poter spendere per poter fare altrettanto.
Essi, al mercato stanno tutti belli tonici; in forma per poter dar corso virtuoso al ciclo economico.
Prendono fiato, scaldano i muscoli, insomma si attrezzano all'uopo.
All'uopo?
Massì, ci sono pressappoco 1.600 miliardi di euro per assoldarli. Quella ricchezza, misurata dal Pil, pronta all'uso per generarne non altrettanta, di più.
Proprio quella ricchezza, generata dalla spesa aggregata, che viene trasferita dall'impresa ai soggetti del ciclo, remunerando il capitale ed il lavoro.
Orsù gente, s'ha da correre.
Pronti, Via!
Pronti?
I giovani che studiano non lavorano, poi ci sono i neet che non fanno nè l'uno nè l'altro; molti hanno lavori precari, moltissimi invece sono disoccupati.
Quelli non costretti dal bisogno, più che spendere risparmiano; quelli invece affamati di tutto, hanno poco da spendere.
I rischianti, visto l'andazzo, danno un taglio al rischio; seppur assoldati, si fanno renitenti alla spesa per quegli investimenti in conto capitale.
I benestanti, seppur volenterosi, non ce la fanno a spender tutto.
Lo Stato vedrà ridotto il prelievo fiscale per fare la spesa pubblica, pure quella per le pensioni di quegli arzilli vecchietti.
Via?
Si, via della misericordia. Già, il Mic (Misery Index Confcommercio) di settembre si è attestato su un valore stimato di 18,9 punti, in aumento di due decimi di punto rispetto ad agosto. Il peggioramento è imputabile principalmente alla componente relativa ai prezzi di beni e servizi ad alta frequenza d'acquisto.
Signori trasferenti, per veder correre gli iscritti al ciclo, occorre integrare l'insufficiente trasferimento di ricchezza sui redditi di lavoro nella produzione, con quello del lavoro di consumazione che, guarda caso, smaltisce l'altrimenti invenduta produzione.
Si paga con la riduzione dei prezzi; il costo sta nella rinuncia a quel profitto che remunera il rischio d'impresa.

Mauro Artibani



martedì 22 novembre 2016

PAPERONI, PAPERI E DEPAUPERATI

Sale il numero degli italiani che riesce a risparmiare. "Per il quarto anno consecutivo cresce la quota di italiani che affermano di essere riusciti a risparmiare negli ultimi dodici mesi: passano dal 37% del 2015 al 40% attuale, il dato più alto dal 2003, superando di gran lunga coloro che consumano tutto il reddito (il 34%, erano il 41% nel 2015)". Sta scritto nell'indagine Acri-Ipsos su "Gli Italiani e il Risparmio".
Al contempo, però, "tornano ad aumentare le famiglie in saldo negativo di risparmio, dal 22% del 2015 al 25% attuale, perché cresce il numero di coloro che intaccano il risparmio accumulato (dal 16% dello scorso anno al 19% attuale) e rimane costante al 6% la percentuale di chi ricorre a prestiti".
Dunque, ci sono quelli che risparmiano, quelli che non ce la fanno; ci sono pure 47 paperoni che hanno in tasca gli stessi quattrini che ha il 50% della popolazione che ha meno.
E tutto quell'oceano di denaro che hanno riversato in ogni dove i gestori delle politiche monetarie?
Nell'Eurozona l'eccesso di liquidità bancaria ha raggiunto un nuovo picco storico. Lo segnalano i dati diffusi dalla Bce.
Già, però la liquidità in eccesso nelle banche dell'Eurozona ha raggiunto 1.096 miliardi, tra questi anche 401 miliardi depositati overnight presso la Bce e remunerati al tasso di interesse annuo di -0,4%.
Cavolo, questo è il segno di come il denaro, nonostante gli sforzi espansivi della Bce, non riesca a trovare immediato impiego nell'economia reale e venga conseguentemente parcheggiato. L'eccesso di liquidità generalmente riflette la presenza di una pronunciata avversione al rischio.
Perchè accade questo?
Perchè i paperoni, dei prestiti non ne hanno bisogno; i paperi non li vogliono, ai depauperati non li danno!
Già, un bel garbuglio.
Essipperchè, quella ricchezza generata con la spesa - nel 2015 il Pil risulta pari a 1.642.444 milioni di euro viene mal trasferita dalle Imprese ai soggetti economici attraverso il remunero del capitale e del lavoro. Tal trasferimento mette in tasca ad alcuni più di quanto possano ragionevolmente spendere; a quelli magari ciccioni, quelli vestiti alla moda e a quelli che vanno in Suv oltre quanto abbiano voglia di spendere; quel poco che resta va a chi, quei 9,3 milioni gli italiani che non ce la fanno e sono a rischio povertà, ha bisogno di fare tanta spesa per andare oltre la vita grama.
Insipienza economica? Macchè, ancora quel dannato paradigma che sovrintende al pensare e al fare dei trasferenti; quello che attribuisce all'impresa la generazione della ricchezza.
Senza scomodare l'euristica si potrà, con un trasferimento di tal fatta, fare tutta la spesa che serve a smaltire la merce prodotta per rifare tutta ricchezza possibile?
Se dovesse restare latte inveduto caglierà, i quotidiani rimasti in edicola incarteranno il pesce, la moda in vetrina passerà di moda, le auto in magazzino cominceranno ad arruginire. Essì, la spesa che verrà a mancare brucerà il valore della merce invenduta. Figuriamoci la ricchezza.
Scomodando l'euristica si potrebbe cambiare il paradigma, magari con questo, nuovo di zecca: "La crescita si fa con la spesa. Così viene generato reddito, quel reddito che serve a fare nuova spesa. Tocca allocare quelle risorse di reddito per remunerare chi, con la spesa, remunera."
Quando dal suo sito, Gary North, con sconcerto si domanda: "Quale servizio produttivo deve aver svolto la persona, che esercita la domanda, al punto da ottenere denaro?"
Beh, la domanda fa il 60% del Pil quindi, per fare la crescita, il domandante viene sottoposto pressappoco ad un obbligo. Per il servizio produttivo: con la spesa trasforma la merce in ricchezza, consumando l'acquistato fa riprodurre, da' continuità al ciclo, sostanza alla crescita. Per farlo impiega risorse scarse.
Basta?
Mauro Artibani

mercoledì 16 novembre 2016

"TOCCA PIU' AMARE IL BUON ESTRANEO CHE 'L PARENTE RIO", CONVIENE!

Lo straniero è un tipo strano, come l'estroso. Si, insomma, non sono io, non siamo noi.
Il forestiero viene dalla foresta. Eggià, oltre il posto dove abito il resto è natura.
In tutto il mondo modi di dire, per secula et seculorum modi di pensare l'altro.
Poveri diavoli, insomma, noi e loro!
Eggià, il bisogno divide, misconosce, contrappone. Quel "Proletari del mondo unitevi", non più di un afflato poetico.
Poi nell'Economia dei Consumi, l'affrancamento dal bisogno, allontana il bisogno di dividersi; giacchè c'è pure la guerra. Quando in Europa Shengen lo metterà per iscritto, tutti andranno dappertutto. Gli sviluppi tecnologici faranno il resto: Skype e uno smartphone insieme riducono tempo e spazio ad un punto. Là dove si sta, sta pure il Mondo.
Non più foreste, nè mari nè monti ci dividono: io a zonzo in patria, Simone a Sidney -16342 km più in là - stiamo insieme: in un' altra ora, d'un'altro giorno, d'un'altra stagione.
Quando arriva il cataclisma della crisi, chi stava bene sta male; chi stava male sta peggio.
Se nel mondo reso globale lo straniero mancava, con la crisi si riaffaccia.
Con la sordina messa a Shengen e i muri che si costruiscono tengo fuori chi vuole quel che ho.
Proprio quegli stormi di uccelli neri che, ancor più afflitti, bussano alle nostre porte.
Bella no? Con quel toc toc loro riconoscono noi; con le porte sprangate noi neghiamo loro.
Si può adire la morale e giudicare? Si!
Si può interpellare il diritto internazionale? Si!
E la mera, becera convenienza?
Misuriamola:
La crescita si fa con la spesa. Per uscire dalla crisi tocca farla! Chi più dei bisognosi ha tal bisogno?
La crescita crea quell'occupazione che fa incassare tutti; loro, pure allo zonzo.
Il prelievo fiscale sulla spesa, rimette il debito sovrano, rifocillando la spesa pubblica.
Quella spesa smaltisce sovraccapacità d'impresa, sprona la spesa per per gli investimenti.
Eppoi suvvia, lor sono prolifici e giovani*, noi meno, molto meno.
L'esser, nel mondo tecnologicamente globale, pseudo speciosi dimentica come occorra esser prodighi per mantenere la prosperità. Loro hanno la voglia di esserlo, noi non più.
Onore al merito, allora, tanto quanti i visti sui passaporti**.
Essì, "tocca più amare il buon estraneo che ’l parente rio", conviene!

    *Onu, Report on Replacement Migration edito nel Marzo del 2000 con successive release anno fino al 2015. Propone letteralmente la replacement migration (migrazione per sostituzione) come soluzione pratica all’invecchiamento e diminuzione della popolazione nelle economie occidentali a fronte di un crollo del tasso di fertilità e del tasso di mortalità.

**"I migranti pagano contributi alla previdenza in quantita' piu' che doppia rispetto a quello che ricevono. Insomma, oggi pagano una quota importante delle nostre pensioni". Lo dice il ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali, Giuliano Poletti

Mauro Artibani




mercoledì 9 novembre 2016

DUE DEBOLEZZE, INSIEME, NON FANNO UNA FORZA!


Ci risiamo. A due anni dal primo appello, Confindustria ci riprova: Un "patto tra gli attori della fabbrica per la crescita e combattere le disuaglianze". Questo, quanto proposto dal presidente Vincenzo Boccia, a Cgil, Cisl e Uil. "Noi siamo pronti in questa fase delicata a un patto sulle questioni industriali" ha aggiunto, concludendo il meeting dei giovani di Confindustria.
Nel mezzo aveva aggiunto: "Continuiamo sulla strada di un confronto leale avendo fiducia tra noi, sapendo che delegittimare l'altro vuol dire delegittimare se stesso. Entriamo nelle fabbriche, lì siamo nati. Il rispetto dei nostri lavoratori dobbiamo conquistarcelo ogni giorno. Questa è una stagione importante in cui da soli possiamo fare tanto, ma da soli non ce la faremo. Vale per tutti: Governo, imprese e sindacati".
Il leader degli imprenditori ha ricordato che con il numero uno della Cgil, Susanna Camusso, c'è "condivisione" sul problema delle diseguaglianze che, però, "si risolve con la crescita. Con la leader della Cisl, Annamaria Furlan, il presidente di Confindustria ha condiviso l'idea che il ruolo dei corpi intermedi si conquista; mentre con il segretario generale della Uil, Carmelo Barbagallo, è d'accordo sulla necessità di sottoscrivere un patto per la crescita.
In mezzo alla crisi, insomma, un patto per andare oltre.
Per gli attempati novecentisti, un patto del diavolo: i pattuenti, capitale e lavoro. Chi dirige l'Impresa e chi ci lavora.
Già, in mezzo alla crisi un accordo tra le Imprese che, con il sovrapprodotto, intasano il mercato e chi, con il sovrapprodurre, ha intasato le scorte.
Una sgangherata accolita insomma: somma di due debolezze che non fa mezza forza.
A garantire il capezzale viene chiamato il Governo.
Un'avviso ai governanti: Se si vuol dar soccorso ai primi, assiderati e ai secondi, stremati, tocca far altro; navigando controvento, di bolina, dar sostegno a quei terzi che, con la spesa, smaltiscono le scorte, fanno riprodurre, remunerano!
Lo si può fare riconfigurando il dispositivo che trasferisce la ricchezza generata dalla spesa, dall'impresa agli agenti del ciclo della produzione: nel ganglio vitale dove opera l'esercizio di consumazione.
Dov'altro sennò?

Mauro Artibani




martedì 25 ottobre 2016

PER I GIOVANI UN DESTINO CINICO? NO BARO, ANZI STUPIDO!

Livia, 27 anni, laurea magistrale in Architettura con 110 e lode. Lo scorso anno con "garanzia giovani" lavora senza sosta per sei mesi a 500 euro/mese, 4 dei quali non ancora incassati. Quest'anno, free lance, sta in uno studio di professionale, senza sosta, per 900 euro/mese lordi.
Mia figlia, come le figlie/i di molti stanno dando tutto: dispongono di capitale umano come mai prima nella storia, hanno una disposizione alla spesa a più non posso, hanno il vigore dell'età.
Vabbè, Livia un caso; poi magari due, tre, quattro, cinque casi?
Quando il Rapporto 2016 della Caritas su povertà ed esclusione sociale fa i conti, ci resti secco.
Quelli di "Avvenire" ci guardano dentro, ne estraggono dati, fanno il titolo: "I giovani sono i nuovi poveri".
"La crisi del lavoro ha infatti penalizzato e sta ancora penalizzando soprattutto giovani e giovanissimi in cerca di occupazione e adulti rimasti senza impiego. Per la prima volta in Italia la povertà assoluta, che ha raggiunto i picchi più alti degli ultimi dieci anni, colpisce maggiormente giovani in cerca di lavoro e adulti rimasti senza impiego. E diminuisce con l’avanzare dell’età. Tra i 4,6 milioni di poveri assoluti il 10,2% sono nella fascia d’età tra i 18 e i 34 anni."
Quelli della Caritas, la misurano; quelli come Livia la vivono seppur lavorando.
Già, si può adire la malasorte, l'insipienza genitoriale; con l'etica si può moraleggiare sul destino cinico e baro ma....
Si, ma: se la crescita economica vien fatta con la spesa e se per fare quella spesa non hanno la capacità di reddito per farla, la spesa non si fa; il prodotto resta invenduto, il capitale umano svalutato. La scarsa attitudine alla spesa degli attempati, seppur corroborata da redditi alla bisogna, non compensa.
Attenzione però! Tutto questo garbuglio non è nè giusto nè sbagliato: e' stupido, economicamente stupido!
Occorre credo rammentare come la stupidità, in economia, sia da considerarsi un crimine che va perseguito: che cacchio di allocazione delle risorse di reddito è mai questa che fa mancare, a chi più fa, quel che invece resta in tasca a chi fa meno?
Se vedete in giro economisti, politici, policy maker provate a chiedere.
Loro sanno!

Mauro Artibani



martedì 18 ottobre 2016

EHI GENTE, L'EGUAGLIANZA NON CONVIENE

"Egalitè, egalitè" si motteggia già nel settecento. Motto più in là impiegato per fare la rivoluzione. Da allora la Politica prendendo sottobbraccio il motto e l'etica prova a farne azione; la "redistribuzione" la tecnica per perseguirla.
Dentro i processi economici, tutt'un'altro affare.
Macchè uguali: non tutto a tutti in egual misura, a ciascuno, invece, con giusta proporzione.
Si può dar torto per quel che incassa chi, con quel che fa, ha generato ricchezza che poi in parte trasferisce a quelli che, in proporzione, hanno fatto meno?
Eggià, così ha funzionato e seppur diseguali, così ci si affrancati dalla fame, poi pure dal bisogno.
Non andrà sempre così. I Produttori, ebbri per cotanto fare e per gli "animal spirits" che li abitano, cominceranno a produrre oltre misura, incasseranno senza merito; i sottoposti del lavoro, rei di aver sovrapprodotto, avranno più o meno "quel che serve per vivere", quel prodotto resterà invenduto.
Così si entra nella crisi, così si tornerà a gridare a gran voce contro la diseguaglianza, l'indice di Gini la misura; l'inefficenza di quel meccanismo che traferisce la ricchezza, generata dalla spesa agli agenti economici, la conclama.
Eggià, se chi gestisce i fattori della produzione è lo stesso che li remunera e tu il fattore che lavora, stai fresco a sperare l'eguaglianza.
Così il sistema produttivo va in stallo, l'economia della produzione a ramengo.
Si va oltre. Nell'economia dei consumi si staglia un nuovo "padrone del vapore": il Consumatore. Quando può, con quel che fa, fa il 60% di quella ricchezza ma non ha titolo per trasferirla poi fa riprodurre, crea occupazione ....., insomma il solito refrain.
I vecchi padroni, titolari del trasferimento, fanno ancora quel troppo; i sottoposti pure. Proprio quel troppo che squilibra e toglie merito all'avere in tasca di più!
Già, nell'Economia dei Consumi e in mezzo alla crisi, perseguire l'eguaglianza conviene?
Risulta equa quell'equaglianza che pretende di dare tanto a tutti, quando non tutti fanno al meglio?
Equo invece risulta quel remunero che premia il merito di chi, con la spesa, ripristina la produttività dei fattori di sistema, restituendo portanza al ciclo economico.
Agli attempati politici della Sinistra occorre rammentare come quest'equo remunero debba fornire ristoro proprio il merito dei più. Si, di quelli che fanno quella spesa. Chi altri sennò?
La Politica, per quel che può, deve trovare il modo* di dare norma ad un più efficiente strumento di trasferimento di quella ricchezza, generata dalla crescita, agli agenti attivi nel ciclo economico. Stante i fatti e con un fil di voce: "Per tutti, secondo il valore produttivo del ruolo di ciascuno; a ciascuno, per quel che fa per tutti!"

* Nell'attesa, non resta che sperare nel default di quelle politiche, monetarie e non, che hanno alterato il meccanismo di formazione dei prezzi, facendo mancare proprio ai più il ristoro del potere d'acquisto.

Mauro Artibani



martedì 11 ottobre 2016

UN REDDITO COMPLEMENTARE PER CHI NON CE LA FA

Ci risiamo: le ultime previsioni del Fmi, rese note poche ore fa, segnalano una crescita globale del Pil "sottotono", pari al 3,1 per cento nel 2016, che salirà al 3,4 per cento l'anno prossimo, con i Paesi in via di sviluppo che supereranno la velocità di crescita delle economie avanzate.
Non pago la Lagarde chiosa: "La mia speranza al termine della riunione annuale è che ogni ministro delle Finanze, ogni governatore di una banca centrale, tornerà a casa pensando, 'Che cosa posso fare per spingere la crescita che è attualmente troppo bassa, per un tempo troppo lungo, beneficiando troppo pochi? '"
Ve lo giuro, a quel dire, tornare a casa è stato un tormento.
Già, cosa posso fare?
Mettiamola così: per uscire dell'inghippo, tocca ricapitalizzare il reddito di chi fatica a fare la spesa.
Si e senza infingimenti: un reddito complementare perchè quello da lavoro da solo non basta a fare tutta la spesa che serve a fare tutta la crescita che serve a far star bene tutti.
S'ha da fare perchè i redditi, erogati dall'impresa a chi lavora per produrre beni e servizi, risultano insufficienti ad acquistare quel che viene prodotto.
S'ha da fare perchè, se la crescita economica rende indifferibile l'esercizio della spesa, questa insufficienza lo differisce.
Il complemento di uno scarto per l'esercizio di un obbligo, insomma.
Già, ma chi te lo da'?
Lo Stato, attraverso politiche fiscali acconce.
Ennò: "Bambole non c'è una lira!"
Le Imprese del troppo produrre*?
Ennò, a chi lavorando ha sovrapprodotto dicono: "Non c'è trippa per gatti!"
Si, vabbè ma, se "senza soldi non si canta messa", come si fa a fare la spesa?
Beh, la si fa facendo soldi!
Come?
Far fare il prezzo giusto ai prezzi** innesca una virtuosa partita di giro. Consente al mercato di apprezzare il valore di servizio della domanda, se ne potrà fare offerta ed incassare il dovuto; chi l'acquista sa che lo spendere quell'incasso attribuisce valore alle proprie merci, altrimenti svalutate. C'è già chi lo fa, Imprese pro crescita: hanno attrezzato business che acchiappano utili solo e quando i consumatori guadagnano.
Visto?
Giust'appunto, un reddito complementare, che surroghi l'insufficenza del primo, a remunero delle risorse produttive messe in campo per fare spesa/crescita, senza il quale non si fa nè l'una, nè l'altra.

*All'inizio del 2016 il business degli smart phone ha dato i primi segni di arresto, diminuendo le vendite. Fine 2016, a San Francisco Google presenta una linea di telefonini pensati per sfidare Apple, Amazon e Samsung. Già, gli "animal spirits" sono insopprimibili. Quando va così e così va, per tenere i guadagni, dovranno ridurre i costi, pure quelli del lavoro. Taglieranno ancor di più il reddito di quel lavoro.

**Sospendendo tutte le azioni reflattive messe in campo "ab illo tempore."
Mauro Artibani


martedì 4 ottobre 2016

I DILETTANTI DELLA SPESA FANNO DANNO

Provo a dire quel che la crisi ha reso urgente dire e molti non vogliono ascoltare.
Quando la Gente più che cibarsi ingrassa, veste alla moda che passa di moda e per andare da qui a lì acquista un Suv, i Sociologi gridano: Questo consumatore è un imbelle! Per le Associazioni dei consumatori quest'imbelle è un soggetto debole che ha bisogno di tutele.
Okkei, questo tizio sarà pure quel che dicono, è pure però un agente economico.
Ecchè agente: la spesa della Gente fa il 60% del Pil.
Sta sul mercato in una condizione di forza perchè proprio quelle azioni mostrano come sia affrancato dal bisogno e questo lo rende decisamente forte nei confronti delle Imprese che devono vendere. Vendere proprio a chi ha poco in tasca ma non è bisognoso.
Questa condizione genera un eccesso di offerta che staziona al mercato. Questo il tratto distintivo dell'Economia dei Consumi.
Pure i Signori dell'ultimo G20 sanno della sovraccapacità che zavorra le imprese nel mondo*.
Beh, se tanto mi da' tanto: hanno più bisogno i produttori di vendere che i consumatori di acquistare!
Al mercato, allora, chi sono i forti, chi i deboli?
Bene, se diamo un colpo al cerchio, tocca darlo pure alla botte: d'accordo, non sono soggetti deboli, dilettanti si e per stare sul mercato, in maniera adeguata al ruolo di generatori di Pil, tocca farsi professionisti.
Professional Consumer! Essipperchè, con la spesa trasformiamo le merci in ricchezza, consumando l'acquistato facciamo nuovamente produrre, diamo continuità al ciclo economico e sostanza alla crescita. Facciamo pure altro: con l'Iva finanziamo la spesa pubblica, se ci resta in tasca il resto, con quei risparmi, investiti, finanziamo l'investimento della imprese.
Fiuuuuuu, per l'economia, chi fa di più?
Oggi, con una crisi che sfianca tutti, la nostra forza vale di più; tocca farla valere per andare altre la crisi.
Mettere a profitto queste nostre prerogative si può, si deve, per il tornaconto di tutti.
Ci sono Imprese** che hanno capito l'antifona ed hanno attrezzato business che consentono di guadagnare se e quando noi guadagnamo.
La digidalizzazione dei processi, nell'economia 4.0 consente a noi consumatori di fare "Impresa" e utili per intascare quel reddito complementare necessario a poter rifocillare il potere d'acquisto.
L'uscita dalla crisi lo richiede, il ruolo lo impone.

*Gira in giro una lista accurata delle "sovraccapacità" che zavorrano l'impresa e l'economia.
** Le conosco, ho smontato e rimontato la loro struttura organizzativa per guardarle da dentro: sono aziende pro crescita.

Mauro Artibani


mercoledì 28 settembre 2016

LA CRISI, LA GATTA, IL LARDO E LO ZAMPINO

Secondo il ministro dell'Energia venezuelano, Eulogio Del Pino, il livello di produzione mondiale del petrolio risulta eccessivo e dovrebbe essere ridotto di almeno il 10% per tornare a stimolare i prezzi.
Niente di nuovo all'orizzonte, il carattere distintivo dell'Economia dei Consumi sta proprio nel sovrapprodotto che affolla il mercato.
Se mai vi fosse stato bisogno della ratifica politica a tanta evidenza empirica, ora v'è.
Dentro il G20, ad Hangzhou in Cina, dove si continua a ridire il già detto nei summit precedenti, ops, una presa d'atto: "Riconosciamo che l’eccesso di capacità produttiva nell'acciaio e altre industrie sia un problema globale che richiede risposte collettive."
Nel comunicato finale si decide, addirittura la costituzione di un forum "per monitorare il processo" e tagliare la sovraccapacità.
Beh, intanto che loro monitorano, sbircio in giro per conto mio e...:
* Più prodotto pubblicitario di quanto l'attenzione ne possa intercettare.
* Tanta informazione prodotta, non altrettanta conoscenza.
* Ogni anno 30 milioni di autovetture invendute a fronte di 90 milioni di unità prodotte nel mondo.
* Le Utility dell’energia, in Europa, il 30% di sovraccapacità;
* Le Poste italiane hanno il 20% di sportelli di troppo;
* Le banche Ue chiudono le troppe filiali;
* Negli Usa si raccontano 24 mesi di eccesso di capacità nelle imprese edili: due anni senza costruire per smaltire 8 milioni di abitazioni.
* L’AD di Research In Motion dice “ troppi e troppo potenti i nuovi dispositivi wireless presenti sul mercato, si rischia l’intasamento totale delle reti senza fili”
* I saldi, due volte l'anno, per smerciare merci invendute.
* Gli outlet, i luoghi dove si tenta di smaltire l'invenduto.
* La moda, il modo dell'usa-e-getta per vendere l'eccesso.
*Ogni giorno, in ogni rivendita di pane di Milano, 6 Kg di pane restano invenduti.
*Il Governo della Cina ha dichiarato “sovraccapaci” 11 dei 18 settori industriali.
* 840 milioni di tonnellate l'anno, il surplus di acciaio prodotto nel mondo.
* In Cina sono state costruite 10 nuove città, attrezzate di tutto punto, inabitate.
* Nel mondo di internet gira il numero 3,5 che grida sovraccapacità. Si legge così: Nella rete
ci sono un miliardo di siti, 3.5 miliardi gli utenti che li usano.
* Il surplus delle risorse naturali impiegate per produrre merci altera la capacità riproduttiva
della natura.
* I redditi erogati per produrre quell'eccesso risultano insufficienti a smaltirlo.
Visto?
Beh, intanto che loro monitorano e prima che taglino, ammesso che taglino, si possono fare quattro conti: quei "sovraccapaci", per mitigare il danno, tagliano la spesa in conto capitale poi tagliano il lavoro; quel che resta lo pagano meno, reo di aver sovrapprodotto.
Orbene, così si amplia il danno perchè la ricchezza, generata dalla spesa, viene trasferita dalle Imprese agli attori di mercato mediante il remunero di quel capitale e quel lavoro: così tal traferimento mal trasferisce. Resta di più nelle tasche proprio di chi si sottrae alla spesa per gli investimenti, arriva meno a chi ha più propensione alla spesa. Non è finita, anzi, questo maltrasferito sottrae pure al prelievo fiscale le risorse per fare la spesa pubblica.
Questa la modalità tecnica della crisi! Cosi al mercato della spesa aggregata non vanno tutti, quelli che vanno hanno da spendere poco; altri, oltre al poco, male. Per le Imprese ancor più sovrapprodotto, ancor più invenduto.
Con questi chiari di luna, la produttività totale dei fattori collassa, l'output gap esplode.
Peggio di così si muore, la crescita pure!
I Policy Makers, per mettere le pezze e non far fare al mercato il prezzo della sovraccapacità, hanno dato la stura alle tecniche di reflazione* piazzandole in ogni dove, con l'intento di poter surrogare con il debito tale inefficienza.
Bene, se ancora non basta il picco del debito a chiedere conto dell'intrallazzo, tocca sospendere il soccorso di quelle tecniche per ripristinare l'efficienza del mercato nella determinazione dei prezzi. Con il prezzo giusto si può ricalibrare quello sgangherato meccanismo di trasferimento, evvivaddio rifocillare il potere d'acquisto di chi spende per generare nuovamente la crescita. Per questa via si rifocilla pure quel capitale e quel lavoro non più sovraccapaci; con il prelievo fiscale pure la spesa pubblica produttiva.
Essì, conviene.
A tutti!

*Reflazione, azione messa in atto con l'intento di dare sostegno alla domanda per non far scendere i prezzi.

Mauro Artibani



martedì 20 settembre 2016

TRASFERENTI RICCHEZZA CHE MAL TRASFERISCONO

All'inizio fu Tremonti, Ministro dell'economia, di fronte alla crisi soleva dire "E' terra incognita".
A distanza di tempo l'attuale Ministro Padoan dice: " La prima considerazione banale è che a molti anni dalla fine della crisi finanziaria stiamo ancora discutendo sulla bassa crescita, le cause sono più profonde e complesse di quello che si poteva pensare".
Beh oggi mi sento fortunato, già temerario, mi metto a dire quel che altri, per mestiere, avrebbero dovuto pensare.
Dunque, cause più profonde e complesse: come quella di ritenere lecito creare ricchezza con il debito?
Già, questo si fa da tempo immemore nel mondo; là dove vanno a braccetto gli 80.000 mld di $ del Pil con i 200.000 mld di debito.
Già, già, perchè un tal ossimoro governa gli equi/squilibri economici?
Beh, basta pizzicare qua e là tra le notizie:
Perchè i redditi delle Famiglie, ha stimato Confcommercio nel 2013, sono gli stessi dell'1988. Aivoglia a fare la spesa!
Perchè nel 2014 il tasso di occupazione della popolazione di età compresa tra i 15 e i 64 anni, nell'UE-28, è stato del 64,9 %; il 35,1 % di chi potrebbe lavorare viene costretto all'ozio, altro che fare la spesa. Altri lo saranno.Secondo la societa’ Forrester, entro cinque anni, l’utilizzo dei robot portera’ all’eliminazione del 6% circa dei posti di lavoro.
Perchè secondo gli ultimi dati della Commissione europea la differenza tra le entrate Iva previste e quelle effettivamente riscosse è ancora una volta a “livelli inaccettabilmente alti”:159 miliardi nel 2014. E a quanto ammontano quelle mancate entrate dai redditi non dichiarati sul fatturato nascosto all'Iva? Se tanto ci da' tanto, con che si fa la spesa pubblica?
Oibò, se da questi pertugi non transita il foraggio per fare quella spesa e smaltire quel che viene prodotto, come si rende spendibile, per le Imprese, fare la spesa per gli investimenti?
Tant'è, cresce senza sosta anche la liquidità parcheggiata dalle banche dell'Eurozona presso la Bce: 394,7 miliardi; proprio quella liquidità che non trova impiego, sotto forma di prestiti, nell'economia reale e viene parcheggiata overnight presso la Bce e remunerata a un tasso annuo negativo, pari a -0,40%, segnalando un aumento dell'avversione al rischio.
Questi i fatti ancorchè il fattaccio. Risulta evidante l'inefficace trasferimento della ricchezza, dall'impresa agli agenti economici, fornendo reddito al capitale e al lavoro per tenere attivo il ciclo produttivo.
Stanno qui le ragioni " profonde e complesse" della crisi.
Da qui occorre ripartire per riparare al danno: nell'Economia dei Consumi occorre correggere il meccanismo di trasferimento, remunerarando il lavoro di chi spende, affinchè possa farlo per poter generare nuovo Capitale, nuova produzione, nuovo lavoro seppur automatizzato e, suvvia, la crescita.

Mauro Artibani




martedì 13 settembre 2016

SIGNORI DEL G20, ALTRO CHE MONITORARE, S'HA DA FARE!

Comincia così il refrain che anticipa il G20: "Abbiamo bisogno di politiche forti per evitare la trappola della bassa crescita". Lo dice il direttore del Fondo Monetario Internazionale, Christine Lagarde, a poche ore dal vertice dei capi di Stato e di Governo del G20 ad Hangzhou in Cina, focalizzato proprio sulla bassa crescita, sulle forti disuguaglianze e sui lenti avanzamenti delle riforme strutturali.
Si prosegue cosà: "Le cause della bassa crescita sono più profonde e complesse di quello che possiamo pensare", ha aggiunto Padoan. "La formula del G20 lanciato qualche anno fa del 2x5, cioè di aumentare del 2% in cinque anni il tasso di crescita, sembra lontano". "Certo le performance della crescita sono diverse a seconda delle regioni e diverse sono le esperienze ma ci sono elementi comuni che vorrei ricordare per capire lezioni che si possono trarre soprattutto dal mio punto di vista."
Non pago chiosa ripetendosi: "La prima considerazione banale è che a molti anni dalla fine della crisi finanziaria stiamo ancora discutendo sulla bassa crescita. Le cause sono più profonde e complesse di quello che si potessero pensare".
Dentro il G20 si ridice il già detto nei summit precedenti, poi hop, una decisione si mostra: "Riconosciamo che i problemi strutturali, tra cui la capacità in eccesso in alcune industrie, aggravate da una debole ripresa economica globale e la domanda di mercato depresso, hanno causato un impatto negativo sul commercio e sui lavoratori. Riconosciamo che l’eccesso di capacità in acciaio e altre industrie sia un problema globale che richiede risposte collettive. Riconosciamo anche come quelle sovvenzioni e altri tipi di supporto dai governi sponsorizzate possono causare distorsioni del mercato e contribuire alla capacità in eccesso a livello globale e richiedono pertanto un’attenzione."
Nel comunicato finale si sostiene che "misure come i sussidi sono una causa alla radice delle distorsioni di mercato" e un forum sarà costituito "per monitorare il processo" di tagliare la sovraccapacità.
Io, che sono maligno, leggo, interpreto e sputo la sentenza: bassa crescita, ovvero troppo prodotto, poco consumato!
Già, quel troppo prodotto dai produttori che, per riparare al danno, tagliano i costi - prima quelli del lavoro – poi gli investimenti, sottraendo un bel gruzzolo al processo economico.
Essipperchè sta proprio nella farragine del dispositivo che alloca i redditi il problema: La ricchezza, generata dalla spesa, dalle imprese viene mal trasferita all'economia reale. Proprio quel reddito che arriva a chi lavora per produrre beni, si mostra da tempo immemore insufficente ad acquistare quei beni prodotti.
Quando questo avviene, l'esercizio del consumo viene differito, aumenta ancor più la sovraccapacità dell'impresa. Così si entra nella crisi; così ci si resta. Anzi no: con le politiche monetarie che forniscono credito, che diventa debito per surrogare quei redditi insufficenti, si fa tutt'al più quella "bassa crescita"!
Signori, dal G20 più che monitorare l'evidenza, tocca attrezzare la modifica del dispositivo di traferimento della ricchezza che, dentro l'Economia dei Consumi, genera queste pesanti diseconomie: se la spesa genera ricchezza, quella ricchezza deve tornare a chi fa la spesa per poter generare altra ricchezza!

Mauro Artibani