mercoledì 27 aprile 2016

UN MONDO ECONOMICAMENTE STUPIDO

Oxfam, l'organizzazione internazionale che si occupa di progetti umanitari e di sviluppo, aggiorna i dati dei soldi custoditi al riparo degli occhi indiscreti del Fisco: Stanno parcheggiati offshore 7.600 miliardi di dollari. "Di 68 società che hanno avuto fondi dal Fmi, 51 usano paradisi fiscali", ha affermato Winnie Byanyima, il direttore esecutivo di Oxfam, intervenendo a un incontro sui sistemi fiscali con il direttore generale del Fmi, Christine Lagarde.
Ci risiamo. Tassazione, evasione ed elusione, tornano alla ribalta con lo scandalo dei Panama Papers che ha travolto alcuni dei potenti del mondo.
L'attenzione sul problema, proprio a valle delle nuove rivelazioni dell'Icij, resta elevata. La Commissione Ue ha recentemente proposto una stretta fiscale che obbligherebbe le multinazionali a dare conto della loro presenza e delle tasse che pagano nei vari Paesi. Verrà lanciata a giorni una nuova piattaforma sulla tassazione che metterà insieme Fmi, Banca Mondiale, Ocse e Onu. La Lagarde, durante il Fiscal Forum 2016, ha spiegato: "E' fondamentale avere tutti intorno al tavolo", rappresentando pertanto "anche i Paesi a basso reddito". La contraddizione, secondo il numero uno dell'Fmi, è che "operiamo in un sistema globale ma le tassazioni sono su base nazionale". La task force "non avrà alcun orientamento politico - ha assicurato la Lagarde - le società faranno parte della consultazione ma le istituzioni devono lavorare autonomamente".
Bene, mentre i Policy Maker si danno un gran da fare, per far pagare la tasse a quelli che ci marciano, vediamo di guardare di traverso i fatti.
7.600 mld di dollari fuori fisco, una quantità pari al 10% del Pil del mondo.
Una montagna di risorse economiche che, sottratte alla crescita, la depauperano.
Questa sembra essere la faccia in ombra di quella disparità degli 1% che hanno molto, contro quel 99 che ha poco.
Già, disparità tra quelli che stanno in purgatorio, in paradiso e all'inferno:
- di quelli che con il poco spendono meno, limitando il proprio contributo alla crescita;
- di quelli che hanno più di quanto possano ragionevolmente spendere, riducendo ancor più la crescita potenziale e che, a fronte di questa riduzione, tengono i soldi nei paradisi fiscali invece di fare spesa in conto capitale;
- di quelli dei "fischi" nazionali, immiseriti da non poter fare l'altra spesa, quella pubblica.
Moralmente riprovevole tutto questo? Oltre la morale, più semplicemente stupido!
Stupido ritenere che si possa allocare la ricchezza prodotta dalla crescita in tal modo improvvido da minare le capacità di contributo degli agenti economici, conditio sine qua non, per rifare la stessa crescita, anzi di più.
Occorre, chiudento i pertugi e senza indugi o sconti a chicchessia, ri-allocare il mal allocato, così che nessuno possa sottrarsi dall'esercitare il ruolo che gli tocca nel sistema economico; fare tutti insieme appassionatamente la spesa, quella aggregata appunto, per tornare a fare questa benedetta crescita.

Mauro Artibani



martedì 19 aprile 2016

LA CRESCITA SI FA CON LA SPESA, NON CON L'INFLAZIONE

"Il 2016 non sarà meno foriero di sfide per la BCE. Le prospettive per l’economia mondiale sono circondate da incertezza. Dobbiamo fronteggiare persistenti forze disinflazionistiche". Così dice Mario Draghi, presidente della Bce, nell'introduzione al rapporto annuale 2015 dell'istituto di Francoforte:"Si pongono interrogativi riguardo alla direzione in cui andrà l’Europa e alla sua capacità di tenuta a fronte di nuovi shock. In questo il nostro impegno a onorare il mandato conferitoci continuerà a rappresentare un’ancora di fiducia per i cittadini d’Europa".
Persistenti forze disinflazionistiche?
Fiuuuuu! Forzati della dietrologie, c'è pane per i vostri denti, datevi da fare.
Dove stanno? Quali sono? Cosa vogliono ottenere?
Vi do un aiutino: stanno nel mercato, sono quelli che fanno la spesa, reclamano la possibilità di poter continuare a farla.
Si, insomma quella deprecabile gente, prodica e men che mai satolla. Quella che, pur affrancata dal bisogno, con quel fare fa il 60% della crescita economica. Si, insomma, quelli della "spesa privata", privati del reddito sufficente a farla. Nella fattispecie, i cittadini dell'Ue.
Proprio quelli che i Nostri vogliono favorire con i tassi bassi per poter spingere l'inflazione.
Lo dice Ignazio Visco, di Bankitalia: "Bassi tassi nominali potrebbero far male ad alcune istituzioni ma sono necessari per il rafforzamento della crescita, l'aumento del reddito disponibile e della spesa, e in ultimo dell'inflazione".
Dice pure il vice Draghi, Vitor Constancio: "La Bce ha fatto...e continuerà a fare ciò che è necessario per perseguire l'obiettivo della stabilità dei prezzi che ora prevede anche cercare di incoraggiare la crescita.
Vediamo di venire a capo del bandolo della matassa che sta dietro queste dicerie: Io che a furia di cibarmi sto in sovrappeso, che vesto alla moda che passa di moda e per andare da qui a lì lo faccio in Suv, se dispongo di 100 euro per fare la spesa e sul mercato ci sono merci per un valore di 120 euro, manco di poter acquistare il tutto e fare tutta la crescita possibile.
A fronte di questa mancata crescita:
Loro, abbassano il costo del denaro affinchè io lo prenda e lo spenda, così non scendono i prezzi. Anzi salgano (inflazione).
Io, affrancato dal bisogno, non ho convenienza alcuna ad indebitarmi per acquistare sovrappiù, ancor meno quando, con l'inflazione, costa di più (deflazione).
Loro hanno il mandato istituzionale della stabilità dei prezzi, situata attorno al 2% (gulp), a cui si attengono per fronteggiare quelle intravviste persistenti forze disinflazionistiche.
Io mi sforzo di dover pareggiare il conto. Se per loro i prezzi sono stabili se aumentano del 2% devo spendere un 2% in meno per tenere stabile il potere d'acquisto.
Si sta ficcati insomma dentro un ginepraio, di interessi confliggenti, che gira in tondo minando ancor più la crescita, dimentichi che inflazione e deflazione "per me pari son".
Giust'appunto dispositivi, ad uso del mercato efficiente, per ripristinare l'equilibrio quando risulta alterato il rapporto domanda/offerta. Equilibrio che occorre garantire per ottimizzare l'impiego dei fattori produttivi.
Equilibrio possibile mediante la gestione attiva del "processo di consumazione" che gli arrangi, tentati per manomettere, l'inflazione hanno tentato di scalfire.
Si rende pertanto evidente dover riconsiderare l'efficacia delle politiche di reflazione adottate, alla luce degli imperativi che regolano l'equilibrio nell'economia dei consumi:
  • Quel che viene prodotto deve essere consumato.
  • Produttori e consumatori debbono disporre dei mezzi di esercizio per poter dispiegare per intero il loro ruolo.
  • La crescita si fa con la spesa. Così viene generato reddito, quel reddito che serve a fare nuova spesa. Tocca allocare quelle risorse di reddito per remunerare chi, con la spesa, remunera.
A chi parrebbe di poter scorgere, in questo azzardo, la possibilità di andare oltre quell'ineffettuale già fatto, scorga, scorga pure.

Mauro Artibani



martedì 12 aprile 2016

FALSI SALARI, FALSI PREZZI PER UN PIL FASULLO

Due luoghi comuni dell'economia.
Il primo: L'attività manifatturiera giapponese ha visto a marzo una contrazione, al ritmo più rapido di oltre tre anni, con i nuovi ordini per le esportazioni scesi sensibilmente, alimentando i timori che la terza economia mondiale possa scivolare di nuovo in recessione.
Il secondo:Nessun limite alla politica monetaria espansiva della Bank of Japan. Lo ha detto il governatore della BoJ, Haruhiko Kuroda, nel corso di un intervento al Parlamento.
Già, il tentativo di operare il controllo sui prezzi, spingendo al limite le tecniche di reflazione, non sembra funzionare
Beh, allora che si fa?
Olivier Blanchard, ex responsabile economista del Fondo Monetario Internazionale, e Adam Posen, direttore generale del Peterson Institute for International Economics si mettono di buzzo buono a dire la loro ponendo al Giappone un monito e suggerendo alcune iniziative:
“E’ arrivato il momento per il Giappone di fare sul serio riguardo all’aumento dei salari. Un piano di una maggiore spinta a far salire i salari dovrebbe essere adottata dal governo giapponese”.
Tra le misure proposte:
  • Ritardare il taglio delle tasse "corporate" che è stato promesso, fino a quando le aziende non alzeranno i salari.
  • Aumentare i compensi nel settore pubblico: in questo modo anche le aziende private sarebbero costrette a fare lo stesso, per non perdere i propri dipendenti.
  • Aumentare il salario minimo e i salari stabiliti nei contratti governativi e nei settori regolamentati di almeno il 5%.
  • Infine, indicizzare i salari all’inflazione in quei settori in cui il governo ha la giurisdizione.
Inflazione a tutti i costi, dunque! I due economisti vanno avanti e suggeriscono perfino l’introduzione di sanzioni fiscali per le società che non “si attengano” alle disposizioni, e dunque non assicurino “un aumento dei salari di almeno il 2% più la crescita della produttività”.
Secondo la coppia Blanchard-Posen, se si riuscisse a fare in modo che i salari crescano a un ritmo più veloce rispetto ai prezzi, le spese al consumo dovrebbero finalmente salire. Allo stesso tempo, tuttavia, le aziende potrebbero non essere d’accordo, in quanto, al fine di tutelare i margini sui profitti, sarebbero ovviamente tentate di aumentare i prezzi.
In ogni caso, i due economisti fanno notare che i redditi e i prezzi più alti farebbero salire il valore del PIL su base nominale. L’effetto sarebbe il calo del rapporto debito/Pil, che al momento si aggira a quasi il 250%.
Insomma con giochi di prestigio, a fronte di una sovraccapacità produttiva sia dell'impresa che del lavoro che la deflazione misura, si ordiscono falsi salari e falsi prezzi per accroccare un Pil fasullo, buono per ridurre in modo altrettanto fasullo il debito pubblico.
Cavolo. Per questi ortodossi dell'economia, pur di non cambiare i paradigmi che agitano il loro pensiero, costringerebbero i principi del libero mercato a farsi friggere, proprio quando questa congiuntura lascia intravvedere soluzioni eterodosse per andare oltre la crisi.
Et voilà: Per guadagnare occorre spendere! Più eterodosso di così non si può: se si vogliono far crescere i salari, così come i profitti aziendali, occorre vendere quel sovrappiù che ingolfa i magazzini, per farlo occorre che i consumatori dispongano di un potere d'acquisto idoneo a smaltire quelle sovraccapacità che frenano la nuova produzione e riducono i salari.
Eggià, occorre remunerare cotanto impeto all'acquisto, che impiega tempo, attenzione e competenza per potersi esercitare e che fa tanto bene ha chi ricava ricavi*. Altro che controllo sui prezzi.
Essipperchè, solo la spesa genera reddito senza infingimenti. Il lavoro poi lo distribuisce, quando si lavora per nuovamente produrre, avendo smaltito ed incassato il profitto.

*Steen Jakobsen, capo economista di Saxo Bank, dice: “Viviamo una  crisi finanziaria che dura da otto anni e, i lavoratori che portano a casa remunerazioni ai minimi storici, mentre le aziende conseguono i guadagni (al lordo delle imposte) più elevati di sempre. Senza contare che si assiste al più basso livello di investimenti mai registrato nella storia e al più basso livello di produttività.

Mauro Artibani


martedì 5 aprile 2016

IL POTERE NEGOZIALE E IL NEGOZIO

Ci risiamo. Si mostra un nuovo peggioramento per la fiducia dei consumatori di Eurolandia, che conferma un progressivo deterioramento delle aspettative, in atto sin dall'inizio dell'anno.
La stima flash del dato sul sentiment di chi fa la spesa indica per il mese di marzo un valore di -9,7 punti rispetto al dato di febbraio di -8,8, risultando peggiore delle attese degli analisti che indicavano un -8,5.
Quando Eurostat, con dati e fatti, dice che sei sfiduciato tu cosa dici?
Si, lo sono perchè da noi in Eu si paga più Iva che da voi in Italia e questo riduce il mio potere d'acquisto.
Vero! L’Italia, riferisce la Corte dei Conti, “è al 22esimo posto in Europa (con il 17,7%) nel prelievo sui consumi, quasi quattro punti in meno rispetto all’Ue, ma al quarto posto sia nel prelievo sugli immobili sia in quello gravante sull’energia”.
E tu, italico acquirente di queste cose, cosa dici?
Dico che non ci vedo affatto chiaro in tutta questa faccenda. I denari che ho in tasca non danno lustro al mio potere d'acquisto. Quei vantaggi e quegli svantaggi per me pari son.
Cavolaccio, tutti questi, più che sfiduciati sembrano incazzati!
Ne hanno ben donde: politiche di reflazione, di tutti i tipi e in tutte le salse, hanno risolutamente alterato il meccanismo di formazione dei prezzi. Questo arzigogolo non ha consentito di poter adeguare il potere d'acquisto all'aumento spasmodico dei volumi di merci che si riversano sul mercato che, invendute, hanno fatto la crisi.
Arzigogolando Benoit Coeure, membro del Comitato direttivo della Banca centrale, ha escluso che nel corso dell'ultima riunione si sia discusso del concetto di "helicopter money", ovvero il finanziamento diretto all'economia pur ritenendo, il dibattito in corso "interessante".
Interessante, insomma lasciar cadere soldi sulla gente per farla così spendere?
Due questioni:
dove si prendono quei soldi ed ancor più, non esistendo pasti gratis, come si restituiscono?
Quanto spazio ha ancora il debito per surrogare redditi insufficienti e far spendere gente abbondantemente affrancata dal bisogno?
Eppur si dice: "la crescita si fa con la spesa, quindi s'ha da fare!" Vero.
Ah beh, allora si intravvedono le ragioni per essere ottimisti. Essipperchè, se con la spesa facciamo il 60% di quella crescita, questo ci consegna un gigantesco potere negoziale.
Se tanto ci da' tanto possiamo disporre del negozio nel quale vendere l'unica merce scarsa sul mercato, la domanda. Nella scarsità sta il valore, nel valore il prezzo; quello che adegua il potere d'acquisto al ruolo di acquirente di merci altrui.

Mauro Artibani