Più
di ieri, meno di domani: funziona così la crescita.
Fa
così il mondo biologico. Pure quello dell’economia, affollato com’è da soggetti
che scalpitano per migliorare il proprio status.
State
attenti, qui succede di tutto: pronti?
Via!
La
ricchezza, generata dalla crescita economica, remunera il lavoro occorso per
far crescere l’economia.
Crescita, insomma, per il
tornaconto di tutti.
L’impronta ecologica che la
crescita lascia si mostra grande come il mondo; al fare responsabile solo un
misero resto.
Per chi lavora nella
produzione, con il reddito ancorato all’aumento della produttività, più si
cresce più torna il conto del reddito; salva la responsabilità del pater
familias.
Per l’amministratore delegato,
che organizza al meglio i fattori produttivi, più crescita, più bonus e tanta
responsabilità verso gli amministratori deleganti. Questi, che dalla crescita
ottengono utili, responsabilmente li distribuiscono agli azionisti che
responsabilmente incassano il profitto.
Per le imprese del
commercio, su per giù lo stesso refrain: quella crescita produttiva occorre
venderla, a tutti i costi, per incassare.
Agli
uomini di marketing il compito di produrre domanda che smaltisce l’offerta,
offerta dalla crescita; quelli della pubblicità fanno in modo che quella
crescita incontri acquirenti, dia i suoi frutti: tutti insieme fanno questo
responsabilmente, incassando laute parcelle.
Per l’industria finanziaria
finanziare la crescita, fornire credito per produrre e per consumare,
incassando per il tornaconto dei prestatori; sotto stress al test della
responsabilità.
Per i politici quando la
crescita si fa ricchezza va distribuita, questo il loro mestiere. Guadagnano
consenso e potere; raccattano fragili maggioranze elettorali che vanno
coccolate, sacrificando forse all’interesse la responsabilità generale.
Per i consumatori ruolo
ingrato: non guadagnano, spendono più di quant’hanno, acquistano più di quanto
devono; smaltiscono a “più non posso”, inquinano. Responsabilità: pah!
Insomma, facendo la somma,
tornaconti dispari; la responsabilità poi: ognuno per sé, Dio per tutti.
Il giocattolo della crescita
mostra gli anni, gli interpreti invece gli affanni: ruoli opachi, business
abborracciati, meccanismi crippati, risorse sprecate, valore bruciato; margini
ridotti, crediti inattingibili, debito per tutti; l’ambiente puzzolente,
degradato e, e, e…
Tra tanta insufficienza,
sembra scorgersi una chance. Là dove quelli che della vita spesa a fare la
spesa fanno lavoro, che con quella spesa generano la crescita – clienti di quel
tutto reso merce, poi consumato, poi smaltito; quel tutto che sta dappertutto e
lascia tracce indelebili – si ha l’opportunità e la convenienza a fare meglio.
Meglio per tutti.
Sì. Fare, oltre la pratica
dilettante e torna il tornaconto nell’acquistare: al mercato gestire una
domanda ecosostenibile e pro-redditizia, il no-packaging per esempio;
condizionare il prezzo e la qualità dell’offerta; poi fare offerta, mettendo a
profitto le risorse immateriali ed ecocompatibili dei consumatori, per
rifocillare il reddito.
Torna utile e fa utili
governare i processi di crescita che tengono in ordine quel mercato che abita
tutto: l’ambiente appunto, la Terra. Quella terra sulla quale poter camminare
lasciando tracce delebili.
Ei, ei, si rende possibile, insomma,
coniugare crescita, tornaconto e responsabilità.
Mauro Artibani