martedì 28 marzo 2017

FINITA LA PACCHIA DEL DEBITO

David Stockman non le manda a dire, fa i conti: "nel 1994 c'erano circa 36,166.37€ miliardi di debito nell'economia di tutto il mondo, questa cifra ha raggiunto gli 76,853.53€ miliardi nel 2000, poi è scoppiata a 180,831.83€ miliardi nel 2014. Cioè, in appena due decenni il debito mondiale è aumentato del 5X.
Sempre nel 1994 il PIL mondiale era di circa 22,603.98€ miliardi e il suo valore nominale oggi è nel range dei 63,291.14€ miliardi il PIL è cresciuto solo di 40,687.16€ miliardi negli ultimi due decenni, o solo il 28% rispetto alla supernova del debito da 144,665.46€ miliardi".
Urca, la resa produttiva di quel debito, fatto per fare la crescita: pah!
A giudicare dal sovrapprodotto che si mostra in giro*, fino alle città fantasma cinesi, non è un bel mostrare. Il concomitante avviarsi di un processo “europeo” di sostituzione di lavoro permanente e garantito con lavoro temporaneo e a garanzie (legali e di welfare) ridotte non aiuta.**
L'avviarsi di una più che generosa deflazione salariale a braccetto con l'aumento della disoccupazione lo raccontano; l'impoverimento lo conclama.
L'aumento della povertà, sia relativa che assoluta, la mostrano quelli del centro studi Confindustria, riferendo dati, elaborati nel 2013, evidenziano come in 5 anni di crisi la fetta della popolazione piu' disagiata sia cresciuta del 4,3%. 
"Un cittadino europeo su quattro e' a rischio poverta' ed esclusione sociale. In tutto sono 122,6 milioni le persone che nel Vecchio continente hanno un reddito pari o inferiore al 60% del reddito medio dei propri compatrioti o soffrono una forte deprivazione materiale o vivono in una famiglia dove in media gli adulti lavorano meno di un paio di mesi l'anno."
Orbene, quelli che sanno dicono che, per rimettere in sesto i cocci, tocca smaltire il debito, le sovraccapacità, la disoccupazione; per farlo occorre disporre della crescita economica.
Or male: quei Signori dimentichi di come la crescita si faccia con la spesa, che per farne tanta occorra acquistare ben oltre il bisogno, non s'avvedono dell'illecito economico a cui viene costretto il bisognoso.
Eggià, occorre dare norma a tal misfatto e pena di pubblico ludibrio a chi, abbiente invece, si mostri renitente a far la spesa.
Una norma resistente alle farraggini che alterano il meccanismo di formazione dei prezzi nell'economia di mercato.
A fronte, una imperitura epigrafe: "La crescita si fa con la spesa. Così viene generato reddito, quel reddito che serve a fare nuova spesa. Tocca allocare quelle risorse di reddito per remunerare chi, con la spesa, fornisce reddito a tutti."***


* Mauro Artibani. La domanda comanda: verso il capitalismo dei consumatori, ben oltre la crisi. Aliberti editore, pag. 130

** La Voce. Info: L’occupazione non aumenta con la flessibilità, Paolo Barbieri e Giorgio Cutuli

Mauro Artibani


martedì 21 marzo 2017

UN REDDITO DI SCOPO PER FARE LA SPESA

Dalla vita prendi quel dilemma uovo/gallina, trasferiscilo nell'economia della crisi, suona così: Quando la crescita manca, c'è troppa merce o poco denaro?
Si, perchè se la crescita si fa con la spesa, tocca che ci sia tanta merce d'acquistare quanto denaro per farlo.
Se, poniamo, i denari sono insufficienti la merce resta invenduta, l'impresa diventa sovraccapace; per tornare in equilibrio taglia la produzione, i costi, l'occupazione e i salari. Ci sarà ancora meno denaro per fare la spesa, l'impresa ancora più sovraccapace. Cade il mondo, cade la terra, tutti giù per terra.
Per riparare il danno, a dilemma si aggiunge dilemma: o si riduce la merce d'acquistare, riducendo la crescita della ricchezza oppure si trovano i denari che occorrono per acquistare quella troppa merce per fare tutta la crescita possibile.
Facile no?
Non è facile. Dentro queste imprese, gli "animal spirits" si nutrono di più fatturato per fare più utili, non del taglio alla produzione. Per trovare i denari basta guardare* il mutato rapporto capitalizzazione/lavoro tra le imprese di ieri e quelle "digitali" di oggi. Si scorge come il trasferimento della ricchezza disponibile in cassa, attraverso il remunero di quel poco lavoro che resta, sia del tutto insufficiente a fare tutta la spesa che serve.
Si, lavoro insufficiente e svalutato per aver fatto quel troppo: con i 52 €/giorno, il reddito medio degli italiani adulti che lavorano, ci acquisti tre tazze di the da Babington's a Roma e i giovani una e 1/2: gulp!
I bassi tassi di occupazione (64, 9% in Europa; negli Usa – 3% dall'inizio della crisi) tagliano il resto della spesa.
Dunque: quando si guadagna, se si guadagna, appena quel-che-serve-per-vivere si dovrà guadagnare quello che manca per poter acquistare, quello che sta oltre il semplice bisogno, per fare tutta la crescita possibile.
Fuori dai denti: solo quel lavoro, che somma alla funzione svolta nella produzione quella svolta nel'esercizio di consumazione, rivaluta il ruolo; ripristina dignità offese e remunero adeguato. Quando il lavoro manca, per compensare il danno, dovrà trovare remunero questo esercizio.
Un reddito di scopo, per un lavoro di scopo, fare la crescita!
Un reddito insomma che, sommato a reddito, produca altro reddito; ricchezza che acquista e genera altra ricchezza.
Questa la regola che fa girare l'Economia dei Consumi. Nell'Azienda "Libero Mercato Spa" questo si deve fare per non tirare a campare!**
A questo dire, Gary North sobbalza, con sconcerto domanda: "Quale servizio produttivo deve aver svolto la persona, che esercita la domanda, al punto da ottenere denaro?"
Dunque, caro Gary, quella domanda fa più il 60% del Pil; per fare la crescita, chi domanda viene sottoposto ad un obbligo, da svolgere a tempo pieno. Per il servizio produttivo: con la spesa trasforma la merce in ricchezza, consumando l'acquistat....... insomma il solito refrain. Nel farlo impiega risorse scarse, quindi, valore!
I politici intuiscono e, per farsi belli, promettono: Reddito di Cittadinanza o simili.
Ma...... l'esser cittadino non è in sè un esercizio produttivo da dover remunerare;*** quando questa Gente spende lo diventa.
Dunque, chi paga il conto di un tale reddito di scopo?
Lo Stato mamma, come credono i keynesiani, non deve farlo! Ancor meno può se, già fa la spesa, quella pubblica che altrimenti verrebbe ridotta
Quelli invece che vendendo il prodotto guadagnano - che venduto riproducono - che restano così dentro un ciclo attivo - che con la crescita prosperano; quelli, insomma, che dallo scopo della spesa estraggono vantaggio produttivo, quelli invece si.
Essì, gli Amministratori Delegati della "Libero Mercato Spa" dovranno ricapitalizzare i loro soci che fanno la spesa, mediante....coff coff, un prelievo fatale.
No, non sono tasse ma tosse e quel prelievo non preleva sugli utili; sul profitto, che nel sistema circolare della produzione, manca di ragione economica, si!
Nel mondo ci sono grandi Aziende che lo fanno; hanno attrezzato business che fanno utili se e quando il Consumatore guadagna.
Lo giuro, rende!

* Una ricerca del 2013 dell'università di Oxford (firmata Carl Benedikt Frey e Michael A. Osborne) stima come il 47 per cento dei lavori negli Stati Uniti siano a un passo dalla sparizione. Le cause: sostituzione con intelligenza artificiale, computer, robot e algoritmi.
I due riferiscono: «oggi le tre maggiori società della Silicon Valley capitalizzano in Borsa 1.090 miliardi di dollari con 137 mila dipendenti, mentre 25 anni fa le tre maggiori aziende manifatturiere americane capitalizzavano in tutto 36 miliardi di dollari impiegando 1,2 milioni di lavoratori».

** Dentro l' Economia dei Consumi, nella produzione si lavora per guadagnare; nell'esercizio di consumazione si deve aver guadagnato per poter lavorare.

*** A meno che, come i gatti, da felini cacciano per mangiare a felloni in casa, mangiano cibo in scatola e fanno le fusa.

Mauro Artibani



martedì 14 marzo 2017

+ IVA, PUSSA VIA!

Drizzate le orecchie, anzi no, aguzzate la vista e date un'occhiata:
Se non scongiurato prima, si attende per il 2018 l’aumento dell’IVA. Quelli della Commissione Ue, si fregano le mani. Hanno messo a punto, in uno studio, gli effetti positivi che si avrebbero nel caso di aumento dell’Iva dal 10 al 13%. Un mossa del genere, secondo l’esecutivo Ue, avrebbe effetti “progressivi” e comporterebbe aumenti del reddito disponibile fino al 3% per le fasce più basse, se le risorse fossero destinate a un credito d’imposta per il lavoro dipendente.
Nel documento, allegato alla comunicazione sugli squilibri macroeconomici, inviata al governo italiano il 22 febbraio, si sottolinea che “uno spostamento ottimale del carico fiscale verso i consumi potrebbe ridurre ulteriormente l’onere fiscale sul lavoro e favorire la lotta contro la povertà e la disuguaglianza”.
La simulazione del Centro comune di ricerca della Commissione considera sia l’aumento della sola Iva agevolata che quello combinato a un aumento dell’aliquota ordinaria dal 22 al 24%.
Dunque, vediamo, non sono un Ragioniere ma, se mi ci metto, ragiono anch'io: All'Ue dicono che, se si fa + l'Iva, aumenta fino al 3% il reddito disponibile per le fasce più basse.
Cavolo, ma se aumentano dello stesso importo, siamo pari e patta; pressappoco una partita di giro!
E i pensionati, e quelli che vivono con l'assegno di invalidità e i disoccupati, i sottoccupati, quelli costretti a lavorare in nero?
Tutta questa Gente si vedrà ridotto il potere d'acquisto del 3%, pari pari all'aumento dell'Iva.
Signori della corte Ue, mi tocca rammentarvi come "La crescita si faccia con la spesa. Così viene generato reddito, quel reddito che serve a fare nuova spesa. Tocca allocare, insomma, quelle risorse di reddito per remunerare chi, con la spesa, remunera."
Bene, se a quella Gente, verrà ridotto il potere dell'acquisto per fare la spesa, e alle imprese rimarrà l'invenduto, temo che a molta altra gente verrà a mancare il reddito; ci saranno più poveri e disuguali. Glielo dite voi?
Sissignori, l'economia dei consumi, funziona così!

Mauro Artibani


mercoledì 8 marzo 2017

AH, BEH, ALLORA..... W L'ECONOMIA CIRCOLARE

Beh, se con Circular Economy si intende quel termine generico che definisce un sistema pensato per potersi rigenerare da solo, non è male.
Da solo appunto! Essipperchè quell'impronta ecologica, sempre più profonda, lasciando segni indelebili sulla Terra ne riduce la capacità riproduttiva e quella di smaltimento.
Nel 1976, in un rapporto presentato alla Commissione europea dal titolo "The Potential for Substituting Manpower for Energy", Walter Stahel e Genevieve Reday delinearono la visione di un'economia circolare e il suo impatto sulla creazione di posti di lavoro, risparmio di risorse e riduzione dei rifiuti.
Ci volle un po' poi quelli dell'UE si convinsero, ne fecero un piano strategico per il settennato 2014/2020.
Veniva previsto il passaggio dall’economia lineare, basata sulla produzione di scarti, a quella circolare incentrata sul riuso e il riciclo.
Toh, circolare*, come l'Economia dei Consumi.
Quelli dell’Harvard Business Review danno la dritta: "non si tratta tanto di fare di più con meno, piuttosto, fare di più con ciò di cui già disponiamo».
Bene, allora, pronti?
Via: i Produttori devono attrezzare il loro fare a questo cambio di paradigma, i Consumatori devono invece reclamare.
Si, reclamare: "Se il rifiuto diventa una risorsa, noi ne siamo i titolari!"
Già, chi altri sennò? Il titolo di possesso sta nello scontrino del prezzo pagato, nel prelievo Iva sulla merce acquistata, nell'averla consumata!
Dopo il titolo tocca alla strategia: in quel rifiuto sta la materia prima, l'impresa la trasforma in materiale, il mercato ne fa merce; venduta si guadagna.
Poi la tattica: come titolari della domanda selezioniamo gli acquisti compatibili, con il processo di consumazione ottimizziamo il rifiuto, al mercato lo vendiamo; con il guadagno rifocillando il potere d'acquisto, teniamo attivo un ciclo vieppiù virtuoso.
Alfine l'incenso: migliora la produttività del sistema, si fa acconcio il ristoro economico; una mano lava l'altra, tutteddue la terra!
A voler esser maligni si potrebbe gongolare se, con la totale automazione dei processi di trasformazione, l'intera filiera produttiva si facesse per intero "cosa nostra".
Non vi appaia vano ma, in questa direzione sembra compiersi l'impresa: Il Capitalismo dei Consumatori
Bella no?

*Dalla convenzionale filiera del sistema lineare (estrazione, produzione, consumo, smaltimento) viene sottratto un passaggio, estrazione e smaltimento si fanno tutt'uno con la fornitura. Gli estremi così si congiungono, il cerchio si chiude. Lì dentro si scorge quanto risplenda il maggior valore dell'esercizio del consumare che quello del produrre.

Mauro Artibani