mercoledì 23 dicembre 2015

LETTERA OTTIMISTA AL PRESIDENTE RENZI

Buon giorno Presidente,
le scrivo quello che non avrà modo di leggere: mi consente di fare le pulci alle sue iniziative politiche ed al suo dire?
Grazie.
Con la crisi gli immobili si sono svalutati del 20%, altrettanto svalutato il valore del mio investimento; per i proprietari da case, pressappoco 800mld di euro in meno. Le obbligazioni azzerate di valore, il guadagno in conto capitale del mio portafoglio pure. Ho perso il lavoro. Quelli che lavorano, invece, raccattano redditi insufficenti: mia figlia, laureata a pieni voti, si barcamena con "Garanzia Giovani". 500 euro lordissime al mese per 35 ore sett, pur esse nette, che diventano 80 lorde. Non paga, anzi pagata male, fa la cameriera nei week end per 30 euro; al netto delle mance, requisite dal gestore.
Si può con tutto questo fare la spesa? Non solo la spesa di necessità, quella gira gira si fa, tutta la spesa che serve per fare la crescita e generere altro reddito!
Essipperchè, giova rammentarlo, la crescita si fa con la spesa, quella aggregata, non con la produzione nè con il lavoro.
Lei taglia le tasse ( tagliando così una parte della spesa pubblica, pur essa spesa per fare la crescita)
bene!
Poi mi ficca in tasca 80 euro, per rifocillare quel potere d'acquisto, che per tutti è fermo al 1988 (1032 miliardi ), per acquistare quelle merci che da quel tempo si sono triplicate. Facendo i conti con l'oste, non tornano.
Lei, non pago, dispensa ottimismo. Lo deve fare, lo fa: basta?
Ottimistizzato, quegli 80 euro, insufficenti a fare tutta la spesa che tocca fare per fare la crescita, li metto in banca. Investiti, forniscono liquido monetario per gli investimenti delle Imprese. Crede che le imprese, con i magazzini pieni, vogliano raccattarli per fare la loro spesa in conto capitale per fare la crecita?
Ora, dopo aver contraddetto, mi tocca dire. Lo faccio con un tweet: "La crescita si fa con la spesa. Così viene generato reddito, quel reddito che serve a fare nuova spesa. Tocca allocare quelle risorse di reddito per remunerare chi, con la spesa, remunera."
Astruso?
Ok, mettiamola così: si diceva di allocare quei 1600 miliardi di euro circa, che quella spesa, pure in questo tempo di crisi, gira che ti rigira, fa girare.
Ri-allocare, appunto, magari, per non far mancare i denari a quelli che hanno un alta propensione a spendere, non a chi resta con il resto in tasca.
Attenzione però, c'è chi rema contro: quelli del Qe europeo, con l'espansione della base monetaria, inflazionano la moneta, falsando i prezzi. Falsati, riducono ancor più il potere d'acquisto, depotenziando uno dei modi del possibile ri-allocare.
Ad onore e merito economico, c'è pure chi già ri-alloca: Ikea, Airbnb, Uber, tutti i Social Shopping, tutte le Free Press, ecc. Aziende che, per fare utili, hanno attrezzato business dove si guadagna quando io, Noi, Tutti, guadagnamo. Un buon ricostituente per fare una economia resistente.
All'azione politica tocca fare il resto, dare norma a quest'economia resistente.
Se lo consente, mi assumo con smodata supponenza la briga di suggerirne i prodromi:
"Visto come la crisi economica abbia posto in evidenza la necessità ridefinire i legami produttivi che regolano il rapporto tra gli agenti operanti nel ciclo di generazione della ricchezza;

Visto che la crescita, da tempo differita, non consente di poter godere dell'agio di espansione del ciclo che rinnova la produzione, crea occupazione, reddito e quel prelievo fiscale che consente di disporre di previdenza, assistenza, pubblica sicurezza, giustizia, istruzione;

Considerato come si renda necessario, per lo sviluppo dell'economia di mercato, disporre di un adeguato equilibrio tra quote di consumo e produzione per sottrarre quelle sovraccapacità di processo e di prodotto che svalutano le risorse impiegate;

Considerato come la crescita renda indifferibile l'esercizio della spesa;

Considerato come la spesa aggregata, che il Pil misura ed espone, mostra il diverso contributo fornito dagli agenti alla generazione della ricchezza nazionale;

Visto che, a spesa fatta, tutti gli agenti del ciclo traggono ristoro e sprone per l'esercizio del proprio ruolo, elevando nel contempo la produttività totale dei fattori impiegati;

Ritenuto di straordinaria necessita' e urgenza emanare disposizioni volte a favorire un piu' razionale impiego delle risorse della spesa per dare sostegno alla crescita economica;

Il Presidente della Repubblica promulga la seguente Legge:

Art. 1 La crescita si fa con la spesa. Spesa che genera reddito, buono per fare altra spesa.

Art 2 Il reddito generato dalla spesa deve compiutamente dare sostegno al Potere d' Acquisto.

Art 3 Occorre allocare le risorse economiche generate dalla crescita per tenere adeguato quel potere d'acquisto che consente l'esercizio di ruolo dei diversi operatori della spesa.

Art 4 L'atto di poter esercitare l'acquisto dispone una economia più resistente con adeguato beneficio per tutti gli agenti del ciclo."

Buon ottimismo, Presidente Renzi

Mauro artibani



martedì 15 dicembre 2015

LA DOMANDA COMANDA PURE QUANDO DIVENTA OFFERTA

Si dice che ci si incontri al mercato per scambiare utilità. Lì dentro trovi chi vende e chi compra che prima parlottano e poi si accordano. Tutto normale.
Se guardi meglio e scorgi che il primo, scambiando i beni con il denaro, sta esercitando una domanda di moneta e che il secondo, con l'acquisto, sta esercitando un'offerta di moneta, beh un fremito ti viene. Sembra il mondo alla rovescia, è invece l'altra faccia di quel che serve a generare la ricchezza in un sistema economico. Essì, curioso ma normale.
Curioso, vado fino in fondo. La cosa funziona se l'offerta di moneta riesce ad acquistare tutto il vendibile altrimenti quella domanda di moneta resta, almeno in parte, inevasa con l'invenduto che si svaluta.
La condizione necessaria e sufficiente, a che la domanda di moneta trovi compiuto ristoro, dispone che il bisogno di beni sia pari o superiore a quelli in vendita, ed ancor più si abbiano i denari sufficienti ad acquistarli.
Se viene offerta tanta merce, viene domandata tanta moneta; per poter offrire la stessa quantità di moneta occorre altrettanta domanda di spesa.
Il prezzo che si forma nello scambio rappresenta quel punto di equilibrio che fa tutti felici e contenti.
Il range è stretto, se vai fuori ti arrangi.
Se chi fa la spesa con lo stesso portafoglio*, trova al mercato troppe merci, acquista meno. Beh, allora è un gran casino: la moneta in circolazione si fa scarsa, aumenta di valore, costa di più. Chi la domanda, per pareggiare il conto aumenta il prezzo delle merci che, già invendute, saranno ancor di più.
Se invece, per rintuzzare cotanto gap, mettendo la sordina agli"animal spirits", vengono ridotte le merci in offerta, aumentandone il valore, con quello stesso portafoglio ci sarà ancor meno spesa da fare perchè più costosa. Pure così, meno moneta in offerta, meno domanda soddisfatta.
Gira che ti rigira ed in barba ai raggiri, si mostra pure per questa via come vi sia maggior valore nell'esercizio del consumare che in quello del produrre.
Essipperchè, se nel fare la spesa la domanda comanda; quel comandante comanda pure quando, con quella stessa spesa, offre moneta.

*I redditi da lavoro pagati nelle diverse aree del mondo sviluppato sono, da svariati decenni, sostanzialmente invariati pur al variare delle diverse congiunture.

Mauro Artibani



mercoledì 9 dicembre 2015

IL FATTACCIO DELL'ORA /LAVORO

Qualcosa si muove per rimettere insieme i cocci di un mercato del lavoro scocciato.
Ci prova il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti: "l’ora di lavoro è un attrezzo vecchio che non permette l’innovazione. Dovremo immaginare un contratto di lavoro che non abbia come unico riferimento l’ora di lavoro ma la misura dell’apporto dell’opera”.
Beh, mentre i Politici sollecitano l'immaginazione, le Imprese lo fanno battendo la via del recupero della produttività: Enel e le organizzazioni sindacali di settore hanno firmato un accordo che prevede l'uscita anticipata, usando la legge Fornero, di 6.000 dipendenti e l'assunzione di 3.000 giovani.
Essì, l'Enel con la sovraccapacità che si ritrova manda a casa i vecchi dell'ora/lavoro, ficca dentro solo la metà dei nuovi: Giovani che, quando lavorano, pagano per ridurre il costo di quella sovraccapacità con contratti di lavoro meno onerosi per l'impresa.
I Sindacati, tra il blaterare ed l'imprecare, firmano.
Et voilà la magia: Enel vende energia, quella che serve per fare tutto. Intatta la sovraccapacità che verrà prodotta da quei giovani a cui mancherà il denaro per avere una casa da illuminare, stanze da riscaldare, elettrodomestici da utilizzare. Hip, hip, urrà per questa produttività!
Non pago Poletti aggiunge: "il salario va legato agli obiettivi", forse per dare conforto al vago contenuto che sta nella "misura dell'apporto dell'opera".
Gli obiettivi allora, come unità di misura del compenso. Bene! Per chi dispone di capitali l'obiettivo non sta nell'investire, sta nel trarne profitto. Per l'impresa, c'è da scommetterci, sta nel vendere quanto prodotto, più che nel produrlo. Chi lavora obietta: più che lavorare, tocca guadagnare quel che serve per vivere con la possibilità di continuare a farlo.
E la,là, sono bersagli che stanno ad un tiro di schioppo. Si centrano con la crescita; per smaltire il sovrapprodotto più se ne fa, meglio è!
Mentre quelli della de-crescita obiettano gli obiettivi, toccherà assoldare i mercenari della spesa. Massì quelli prodighi e men che mai satolli per fare il lavoro sporco, magari con il potere d'acquisto rifocillato dalla riduzione del prezzo delle merci. Mercenari, appunto, che sanno svuotare i magazzini di ogni sovrappiù per fare tutta la crescita che serve per rendere massimo l'agio economico.
Ridotti i prezzi, così pure la sovraccapacità, aumentata la capacità competitiva, non v'è chi non veda altri prodighi darsi da fare: quelli del capitale ad investire, i produttori a ri-produrre.
Beh, a conti fatti, ai "lavoratori" toccherà fare gli straordinari, ben oltre l'ora/lavoro.

Mauro Artibani



mercoledì 2 dicembre 2015

UN MERCATO STRABICO DIVISO TRA BUY E SEL

La “dannata sequenza” che ha generato la crisi sta tutta in un tormentone: un riflesso dell’aumento della produttività si mostra nella riduzione del costo del lavoro*; altrettanto la sovraccapacità produttiva dell’impresa quella che, per essere smaltita, impone la riduzione del ciclo di vita dei prodotti. Un eccesso tira l’altro e poi un altro ancora. Quei redditi da lavoro insufficienti, che non smaltiscono alla bisogna, fanno ancor di più: aumentano le scorte di merci in magazzino che la costante innovazione di prodotto, figlia dalla competizione, svaluta, non svuota, anzi raddoppia**; per le aziende il tempo di ammortamento dei costi si riduce.
Al mercato sottocasa, dove non si va tanto per il sottile, si fronteggiano l’aumento del volume delle merci offerte ed una ancor più ridotta capacità di spesa di chi fa la spesa, non più supportata dal supporto del credito; in mezzo, a prendere schiaffi, sta la riduzione dell’utile d’impresa.
Un bel guaio. Per uscire dal guado, ripristinando il valore di quelle merci, alle imprese tocca investire quel profitto, non impiegato nella ri-produzione, per smaltire l’invenduto rimpinguando il potere d’acquisto degli smaltitori. Investimento mediante opzione: ridurre il prezzo dell’offerta oppure aumentare il costo di produzione della domanda.
Scandalo: così si riduce il reddito d’impresa; all’utile si sottrae il profitto!
Un colpo! “SELL” per quegli analisti di borsa in “tempo reale” che studiano il rapporto P/U delle aziende quotate: tirano una linea, fanno una frazione; sopra sta il prezzo dell’azione delle aziende anzidette, sotto l’utile generato da quelle aziende. Già, visto che per la media storica delle quotate allo S&P500 il rapporto da’ 15, quando scende il numeratore si va oltre quel 15, l’azione risulta sopravvalutata: sell, appunto.
Questo dice un mercato che fissa strabico l’oggi; questo non dice quello abitato da ebri analisti che invaghiti di produttività/competitività tout court, balbettano invece BUY.
Buy che non misurano le diseconomie degli eccessi, proprio quelle che i tempi lunghi della crisi mostrano, quelle che tirano giù gli utili.
Né allarmati sell né miopi buy servono a raddrizzare i fatti. A quelle diseconomie occorre fare la festa: investire oggi per smaltire il prodotto fornisce stimolo alla crescita, garantisce il domani e la continuità del ciclo produttivo che non svaluta le scorte, neppure gli utili.
Investire il profitto è utile, pulisce quelle farragini che intralciano produttività e competitività, fa utili.
E’ tempo di aggiornare quei P/U dal troppo prossimo oggi o giù di lì, ad un futuro anteriore, che si intravvede, dove si mostrano più stabili e sostenibili gli utili, più trasparenti ed efficaci le stime.

* Il rapporto del Budget Office, l'organismo indipendente del Congresso Usa, che fornisce analisi economiche, dice che tra il 1979 e il 2007 i redditi della classe media sono rimasti al palo
**Nel 2005 il surplus produttivo dell’industria automobilistica mondiale era pari a 25 mln di auto, nel 2010 sono 30 mln: 90mln offerte, 60 mln domandate.

Mauro Artibani



martedì 24 novembre 2015

RINUNCIANO ALL'IO PER UN DIO

Seppelliti i morti, versate le lacrime, bombardate le basi dell'Isis, mentre nel il ciclone parigino i vessilli laceri che chiamano alle armi tornano a garrire: la guerra di religione, lo scontro di civiltà, persino le invasioni barbariche.
Con la paura si tenta di esorcizzare la paura di quelli che erano allo stadio, al teatro, al ristorante. La Gente, non le istituzioni, i simboli, le chiese, La gente in giro.
Già, e chi sono i terroristi? Azzardo: l'Isis o quei sei franco-belgi che hanno sparato, magari i tremila Foreign Fighters europei che potrebbero farlo, Gente in giro pure questa?
Gente, magari poco illuminata dai "lumi", che sta tra la gente. Tra quella gente che fa e disfa, si lagna e si svaga, spende e spande, prega e impreca. "Rapper", come uno dei terroristi. Genti, insomma, prima laiche poi laicizzate con la sottrazione progressiva delle regole. Tutte!
Normali senza norma.
Senza farla troppo lunga, si comincia con l'Illuminismo che istituisce un Io distinto da Dio. Una rivoluzione antropologica insomma, seguita poi da quella industriale e quella politica che, insieme, costituiscono il libero mercato. Ci vanno le imprese a vendere e gli "Io" ad acquistare per soddifare i bisogni. Poi quel tempo passa e ripassa fino a soddisfare i bisogni. Credete sia finita quì?
Nienteaffatto, In quel mercato, sempre aperto, s'ha da andare a fare la spesa per fare la crescita economica, senza se, senza ma: un obbligo da esercitare a tempo pieno!*
Questo il prezzo pagato al vantaggio dell'agio economico. In un occidente che si fa mercato, dove Gordon Gekko scorge solo avidità, quell'io tracolla in un quotidiano fare, senz'anima.
Già, un occidente abitato da gente, bella e senz'anima.
Non tutti belli invero, ci stanno pure quelli brutti, sporchi e cattivi. Quelli che, per ritrovare l'anima ed il senso, cercano l'assoluto rinunciando all'io per un Dio.
Quell'assoluto che sta nel paradiso promesso dall'Islam, come nei "paradisi artificiali" promessi ai tanti, troppi adepti di "maria". Quello stesso paradiso pagato invece dall'Isis in cambio di quelle vite strappate; non quello invece "perduto" da un laicizzato Occidente.
Allora, che guerra sia! Contro quell'esercito di 31000 armati dell'Isis, come stima la CIA, si potrà fare e vincere, non altrettanto facile sarà far vincere la vita.
Essì, il nostro stile di vita, quella vita spesa a fare la spesa, più che d'intelligence ha bisogno d'intelligenza, per rassodarlo con idonee flebo di senso ed un'anima.

*Obbligo a cui solerti pubblicitari, in assenza dei filosofi, si incaricano di attribuire senso.
Senso compiuto a fini di lucro.

Mauro Artibani



martedì 17 novembre 2015

HENRY FORD, PER VENDERE LE AUTO PAGAVA


Una pubblicità del 1909 proclama: “Voglio costruire un'automobile per le masse , abbastanza grande per una famiglia, ma abbastanza piccola perché se ne possa servire una persona sola. Sarà costruita con i migliori materiali, dai migliori operai, sui disegni più semplici che possa immaginare l'arte dell'ingegneria moderna. Ma sarà di un prezzo così modesto che qualsiasi persona con un buono stipendio potrà comprarsela ”.
Henry Ford lo dice a tutti, lo mette in atto nella sua impresa. Già dal 1914 aveva elevato la paga dei suoi dipendenti consentendo loro, in questo modo, di acquistare l'automobile che essi stessi producevano. Quelli che lavorano alla Ford arrivano ad essere gli operai meglio retribuiti, con 8 dollari al giorno contro una media di 5,5 della concorrenza, pur lavorando un'ora in meno.
Bella no? Ma...di fatto cosa fa?
Trasferisce i guadagni di produttività già ottenuti nella "Ford Model T", con la costante innovazione dei processi di fabbricazione, ai salari.
Si garantisce la vendita di quel che ha prodotto.
Chiude il ciclo produttivo in un tondo con dentro quelli che fanno la spesa.
Questi, animati dal bisogno di avere l'auto, rassodati nel potere d'acquisto, spendono e fanno girare quel ciclo.
Capace, Henry, vede oltre il consueto. Smette di considerare la paga un costo, la converte in una risorsa. Se aumenta la produzione, aumentano le occasioni di acquisto: occorre avere una paga adeguata per fare quella spesa.
Oggi i Capaci, tutti sovraccapaci di capacità produttiva, guardano al lavoro come un costo da ridurre per non ridurre gli utili d'impresa.
Cotanta allocazione delle risorse gonfia il mercato offrendo prodotti a chi ha più soldi da spendere che auto da acquistare e a chi vuole acquistarla ma non ha soldi da spendere.
Se tanto mi da tanto, quelle auto, prodotte e non vendute, saranno ancor di più.
Altro che utili. Già, come fare utili con i soldi messi al pizzo da chi ha già l'auto ed i soldi che mancano a chi vuole acquistarla?
Le disparità nel potere d'acquisto accendono la miccia: la produttività del fattore Spesa, garantito dalla politica fordista, esplode, cacciando fuori i consumatori dal ciclo.
Tra le macerie di quella imbarazzante sovraccapacità, il fattore Capitale latita, il fattore Lavoro pure e con esso ancor di più il reddito, tanto che chi aveva messo i soldi al pizzo dovrà tirarli fuori per poter ancora fare la spesa.
Si sgretola la produttività totale dei fattori mentre quelle troppe auto non vendute arrugginiscono.

Mauro Artibani


lunedì 9 novembre 2015

CERCASI REDDITO PER SOSTENERE LA DOMANDA

Naufraga il potere d’acquisto dei Consumatori.
Manca il reddito per sostenere la Domanda. Hanno provato con il debito, è finito tutto in vacca: crisi nera.
Eppure, li vedete i commercianti ed i produttori in attesa, rinvigoriti e speranzosi?
Si è sparsa la voce che il prossimo anno, a seguito della riduzione del costo di petrolio, gas, energia e del debito, le famiglie italiane potranno disporre di 24 miliardi di risorse finanziarie aggiuntive da spendere.
Verrà rinvigorito così il potere d’acquisto: alè, di nuovo clienti, baci e abbracci.
C’è di più, se ne parla meno: in sede di Commissione Europea si sta studiando un testo-direttiva per portare gli orari di lavoro settimanale da 45 a 65. Bella no ?
Così si potranno arrabattare incrementi di reddito, buoni per non perdere il vizio di consumare.
Ci risiamo: si tenta di fare le nozze con i fichi secchi; insomma tutto come prima.
Quelli al potere miopi come talpe.
Sì, avrò più soldi in tasca ma ,con quell'orario di lavoro, più fatica da smaltire da non avere voglia di andare a zonzo a spendere soldi. Tanto sonno da non riuscire ad abbeverarmi di informazione pubblicitaria vieppiù necessaria per gli acquisti. Mi lascerò anzi intrattenere dalla calde lenzuola; calmerò i prodighi ardori tra le braccia di Morfeo.
Non c'è che dire, un bel guadagno!
Della miopia si è detto e di una dabbenaggine che appare sospetta?
Si continua a ritenere che i Consumatori consumino, consumando reddito, risparmio, tempo; accumulando stress pure inquinando per dare ristoro ai loro Bisogni.
Bisogno?
Quello di ingrassare mangiando, come fanno quei 75.000.000 di americani obesi e non so quanti europei?
Quello di abbigliarsi, vestendo alla moda che passa di moda, scartando più abiti di quanti si riesca ad indossarne?
Ma quale bisogno d'Egitto: provate a chiedere ai pubblicitari e a quelli del marketing cosa ne pensano.
Si deve consumare perché questo il nostro ruolo nel meccanismo economico. Questo il modo per generare ricchezza: non possiamo sottrarci.
Operatori di mercato, altro che Consumatori!
Mi sembra del tutto evidente che i meccanismi che si “sperano”, che si ingegnano, che si tenta di disporre, risultano del tutto inadeguati per oliare i meccanismi del sistema: quando cala la Domanda la crisi affonda il mondo.
Un Auto prodotta ma non venduta, non è ricchezza, sta arruginendo!
Credo pertanto debba essere riconsiderato, per intero e senza infingimenti il Valore, la quantità, l'insostituibilità del nostro esercizio.
Il nostro ruolo, la nostra forza e un adeguato ristoro economico, potranno invece garantire la continuità del ciclo della crescita al riparo di ogni stormir di fronde.

Mauro Artibani



martedì 3 novembre 2015

PER UN NUOVO EQUILIBRIO DI SISTEMA

La crescita si fa con la spesa, non con la produzione, ne con il lavoro.
Indipercuiposcia: Io tu noi voi, tutti clienti. Clienti di tutto.
Tutto si è fatto merce, tutto business: tutto deve essere consumato.
Proprio a questo tutto non siamo più in grado di corrispondere.
Ci abbiamo provato. Oh, se ci abbiamo provato.
Abbiamo messo in gioco le nostre risorse: prima i redditi poi i risparmi infine il debito su cui il credito a fatto sboom.
Sta qui la crisi: non siamo più in grado di sostenere questa Domanda di tutto.
Le Istituzioni, tutte, di ogni ordine e grado, per tutta risposta confezionano tutto: sussidi, bonus, ricette congiunturali per dare sostegno alle famiglie, per sostenere i consumi, che possano sostenere le imprese, che sostengono l’occupazione e tutti felici e contenti.
Già, così però la domanda resta sovralimentata e le risposte solo congiunturali.
Congiunturali appunto, con il fiato corto.
C’è bisogno d’altro.
Un nuovo equilibrio di sistema si scorge.
Tre mosse: scacco matto!
La prima, una provocazione ma non troppo: riduzione della Domanda.
Mettiamola così: restituire alla collettività le risorse indebitamente rese merci.
Due per tutte: l’acqua e la sosta automobilistica; una parte insomma di quelle cose che necessitano per tirare a campare.
Verrebbe ridimensionata la Domanda complessiva. Con i risparmi ottenuti si può rifocillare il reddito per consumare la domanda restante e generare ricchezza.
Altra provocazione: ampliamento della Domanda mediante l’ampliamento dell’Offerta, la Nostra.
Pure qui due esempi per tutti.
Attenzione e Tempo sono nella disponibilità dei Consumatori. Sono risorse scarse, merci sofisticatissime, immateriali ed ecocompatibili, cedute a titolo gratuito o quasi.
C’è chi sul mercato dell’informazione, della pubblicità, dell’intrattenimento possa fare a meno della nostra attenzione?
C’è chi tra i venditori non abbia bisogno del nostro tempo, al fin di rendere acquistabile l’acquistabile?
Queste nostre risorse vanno messe a reddito!
Dulcis in fundo, restituire dignità all'esercizio di Consumo, non sussidi alle famiglie.
Questo il precetto: riduzione dell’IVA sui prodotti acquistati e la tassa sullo smaltimento del consumato.
Un modo per fornire risorse “ premio” a quegli individui che hanno mostrato una maggiore propensione al consumo; proprio quelli dei redditi insufficienti.
Perché Signori, è inverecondo chiedere di consumare per produrre ricchezza fino allo sfinimento economico e veder tassare questo esercizio di Lavoro.
Sissignori, ci sarà un costo da sostenere, non un cent in più di quello previsto dalle politiche dell'obolo, e vieppiù benefici: Dignità, Riscatto, Orgoglio e, ve lo giuro, continuità d’esercizio.

Mauro Artibani



mercoledì 28 ottobre 2015

DALL'IVA VIA VAI

La Commissione europea lancia l'anatema: spostare il prelievo fiscale dalla produzione al consumo.
Il Governo fa di più, mette "clausole di salvaguardia" ai conti pubblici. Questa norma indica come riuscire, in modo automatico, a trovare ulteriori risorse fiscali se le casse pubbliche si scassano.
Vi ronza l'Iva per la testa?
Eggià, qui ci sta un problema. Anzi, tre!
Primo: aumentare l'Iva, quella tassa sulla spesa.
Fiuuuuuu, proprio quella spesa con la quale si fa la crescita.
Gulp!
Se devo spendere, un +1% di Iva fa – 1% di spesa che fa – 1% di crescita.
Se tanto mi da' tanto, ci sarà pure meno da dover produrre, meno da lavorare, meno da guadagnare, meno tasse da prelevare, ancor meno spesa da fare; toh, anche meno Iva da incassare!
Bella no?
Secondo problema. Il prelievo fiscale diretto, tassando la capacità contributiva, tassa pure il reddito.
Lo tassa in maniera progressiva, lo dice la Costituzione: chi ha più, paga di più.
L'Iva invece, tassando la spesa, ribalta il principio. Paga di più chi ha una maggiore propensione alla spesa.
Essipperchè, tra tutti quelli che spendono ci sono quelli che spendono proporzionalmente di più.
Eggià, spendono tutto quelli che hanno poco denaro. A chi ne ha di più, per quanto volenteroso nello spendere,* resta in tasca il resto, risparmia.**
Et voilà, così chi ha di più sottrae reddito alla spesa e spesa alla crescita per non parlare dell'Iva risparmiata.
Terzo problema: la vendetta!
Ovvero il "paradosso della parsimonia".
Quelli che hanno tenuti i soldi al pizzo sono pazzi. Con la crisi, di cui in parte sono responsabili, chi aveva meno avrà ancora meno, quelli che hanno tenuto il resto dovranno spenderlo per compensare le minori entrate.
Eggià, tanto va la gatta al lardo che ci lascia lo zampino.

*Magari avrà speso per lo yacht, non comprerà una mucca invece delle bistecche, nè la calzoleria invece delle scarpe.

**Angus Deaton, neo Nobel per l'economia, ha fissato in 70.000 $ la soglia oltre la quale ci si affranca dal bisogno, pure dalle passioni e dalle emozioni, nel fare la spesa.

Mauro Artibani



mercoledì 21 ottobre 2015

TANTE RAGIONI FRAGILI, UNA RAGIONE FORTE

Mela piglio. Si melapiglio con quelli che, di questi tempi, ostentano le loro ragioni.
Melapiglio con le loro dicerie.
La prima dice: i Produttori generano ricchezza.
Gli economisti lo teorizzano, quelli dell'impresa si fregano le mani, i politici si danno un grandafare per distribuirla.
Approposito di ricchezza: non è tutt'oro quel che luccica!
Andiamo a bomba: è ricchezza produrre auto, abiti, case, alcool.... o lo diventa solo quando tutto questo viene acquistato?
Essì, l'auto prodotta ma non venduta, non è ricchezza, sta arrugginendo.
Eggià, è la spesa che fa la ricchezza, altro che le merci non ancora vendute e che, con la crisi, lo restano.
La seconda ragione dice quella della politica: redistribuisce la ricchezza generata dal processo economico.
Negletta quella ragione che, con la crisi, deve redistribuire redditi insufficienti perchè insufficienti erano i redditi per fare quella spesa che genera reddito.
Eggià, il serpente si morde la coda.
La loro "Ragione Sociale" finisce in un cul de sac!
Saltiamo da palo in frasca, mica tanto però, ed arriviamo ad esplorare la terza ragione, quella del Marketing.
Questa dice: il ciclo economico non può attendere che si manifesti la domanda, occorre generarla.
Eggià, si ha bisogno della domanda per smaltire l'offerta e generare la ricchezza.
Bene, gli uomini del marketing si danno un grandafare e questa domanda la creano, la incartano, la rendono irresistibile.
Ai Consumatori resta solo da acquistare ma...... quando mancano i redditi sufficienti a fare quella spesa, quella domanda, per quanto suadente sia, s'ammoscia.
S'ammoscia pure la ragione di questi tizi.
E la ragione dei Sociologi che studiano la gente che fa la spesa?
Eccola, ha il tono dell'anatema: "I Consumatori, gente prodiga e men che mai satolla!
Vizio, quindi!
Di questo convincono:
Gli Economisti che disdegnano l'economia dei consumi, apprezzando invece la sociologia dei consumi.
I politici, che attrezzano agenzie per la tutela del consumatore sopraffatto.
Quegli intellettuali impigriti che, sempre più, dipendono dal pensiero altrui.
Pure gli alti prelati della gerarchia ecclesiastica, sensibili a mondare quel vizio.
Già, quel vizio che fa il 60% del Pil.
Quel vizio, insomma, che ha la virtù di far crescere l'economia!
Gulp!
Visto? Di fronte a cotanta crisi si arrabbattano ragioni fragili.
E, per l'amordiddio, basta non se ne può più.
Adesso proviamo a raccattare i cocci di queste derelitte ragioni.
Con l'attaccatutto di una ragione forte, anzi fortissima, quella della Gente: LA DOMANDA COMANDA!
Mela piglio. Ve la rendo declamandola. Va scolpita:
Con l'acquisto generiamo il 60% del Pil.
Con l'Iva pagata finanziamo la spesa pubblica.
Consumando l'acquistato facciamo riprodurre generando pure occupazione.
Diamo spinta al ciclo produttivo.
Sostanza alla crescita economica.
Dulcis in fundo: con i risparmi finanziamo pure la spesa per gli investimenti della imprese.
Chi può fare di più?
Beh, a ben sbirciare, quelli del marketing possono ancora fare.
Prima giurare di cambiare registro.
Poi così li incastriamo: se, come la crisi mostra, i redditi sono insufficenti per fare la spesa ....beh dovete attrezzare una "Nuova Domanda", non da acquistare. No, Cocchi....., domanda da vendere.
Essipperchè, questa rinnovata domanda acquistata, delle Imprese, riducendo i prezzi, rifocilla il potere d'acquisto. Buono per svuotare i magazzini pieni, per poter riprodurre; creare pure occupazione e nuovo reddito.
Buon per loro.
Buon per tutti, pure per i politici che potranno tornare a darsi da fare, senza doversi azzuffare, reditribuendo redditi a destra e a manca.
In ultimo, con i Sociologi, mi tolgo un sassolino dalla scarpa: scambiare la virtù del fare la spesa con il vizio è imperdonabile.
Ma, noi commiserevoli, vi perdoniamo a prezzo di una penitenza.
Chiedete venia, ripetendo cento volte a squarcia gola: "il Consumatore sarà forse un imbelle, pure
però l'agente economico che fa la crescita!"

Mauro Artibani





mercoledì 14 ottobre 2015

TOH, IL VACCINO CHE RENDE IMMUNI DALLA CRISI

Il vaccino per il veleno del serpente viene estratto da quello stesso veleno, pari pari quello della crisi può essere estratto dall’economia che l’ha generata.
I fatti stanno pressappoco così:
L’economia dei consumi succede per trasmutazione all'Economia della Produzione quando l’offerta supera la domanda.
Quando insomma si vincola la crescita all’indifferibile esercizio del consumo si chiude un’epoca, si apre al nuovo: in tre tempi e un eppoi.
Primo tempo.
È il tempo della reflazione, del mercato sotto tutela.
All’uopo vengono attrezzate Agenzie, la Pubblicità, il Marketing per dare sostegno alla domanda; moda, vetrine scintillanti e altro ancora daranno sprone agli acquisti.
Quando poi “tutto quel che serve per vivere” diviene merce, si da’ corso ad un aumento esponenziale dei consumi. La vita si acquista, quell’acquisto genera ricchezza; più spesa più ricchezza ed un resto: l’affrancamento dal bisogno.
Il meccanismo economico, incorporando la funzione Consumazione, potenzia la capacità produttiva del sistema; non verrà fatto altrettanto con le risorse di reddito necessarie ad esercitare quella funzione.
Secondo tempo.
Si aggiusta il tiro e accanto a quelle agenzie che sollecitano la domanda, spuntano come funghi quelle del Credito che devono surrogare il reddito, reflazionare l’economia. Con un offerta di denaro irrinunciabile ad acquirenti impenitenti viene generata ricchezza con il debito.
Un ossimoro che prima illude il benessere, poi farà saltare i conti.
I nodi vengono al pettine: l'offerta in eccesso dipenderà ancor più da una domanda di colpo renitente, la produzione dal consumo, il Produttore dal Consumatore.
Terzo tempo.
La domanda comanda, i rapporti di forza tra gli operatori economici si rovesciano. Il mercato dovrà trovare un nuovo equilibrio, costruire regole nuove; ridefinire i ruoli degli attori del mercato, i compensi di ruolo, le gerarchie di ruolo, gli oneri e gli onori; pure revocare quelle tutele al mercato che non fa il prezzo di questi squilibri.
Giustappunto quando quella funzione della consumazione, la domanda, si mostra unico bene scarso sul mercato potrà trovare ristoro, quel valore remunero, ancor più quando si intravvede il maggior valore generato dall’esercizio del consumare rispetto a quello del produrre.
Una nuova allocazione del reddito dovrà retribuire quell’esercizio per riattivare il meccanismo dello scambio, dare sostegno alla crescita e ricostruire nuova ricchezza.
Eppoi…
Eppoi, governo di quella domanda che perseguendo il tornaconto individuale genera crescita prospera per tutti.
Domanda che contratta la quantità e qualità del prodotto: merci non sprecone di risorse naturali, pure ipo-energivore ed eco-compatibili che riducono costi e prezzi.
Domanda che fornisce misura all’azione per l’oggi, domani e dopodomani alfin di poter continuare ad intascare il dividendo di competenza.
Domanda competente, appunto, che migliora la capacità di spesa, la redditività del reddito; fornisce credito al ruolo e dignità all’atto.
Giustappunto una gagliarda competizione imbastita con l’offerta dentro il libero mercato liberato, genera tornaconto e disciplina; vantaggi singolari e plurali, particolari e generali.
Già, può accadere fin questo dentro i territori dell’economia: tracce di produttività sociale, proprio là dove etica e responsabilità non sembrano trovare albergo.
Mauro Artibani




giovedì 8 ottobre 2015

TOH, IL MIGLIORE DEI MONDI POSSIBILI

La fiducia dei consumatori va ai massimi da 13 anni, quella dei produttori da 7 anni
Mi arrendo e depongo le armi.
Si mi arrendo alla psico economia.
Eggià credevo che la crescita, dovendosi fare con la spesa, sarebbe mancata mancando i redditi sufficienti a farla e invece no, almeno in prospettiva. Essipperchè se sale la fiducia di consumatori e imprese a settembre, dal mese successivo gli ottimisti cominceranno a spendere.
Sta scritto tra le righe di quel che scrive l'Istat. L'indice del clima di fiducia dei consumatori aumenta a 112,7 da 109,3 di agosto mentre l'indice composito del clima di fiducia delle imprese sale a 106,2 da 103,9 e mostra progressi in tutti i settori.
La fiducia dei consumatori si mostra ai massimi da maggio 2002 e l'indice sulle imprese risulta al top dal dicembre del 2007. "Entrambi gli indici - sottolinea l'istituto statistico - permangono ai livelli massimi osservati negli ultimi due anni". Migliorano le stime sia dei giudizi, sia delle attese dei consumatori sull'attuale situazione economica del Paese (a -47 da -61 e a 14 da 6). Gli intervistati vedono un rallentamento della crescita dei prezzi sia nei 12 mesi passati sia nei prossimi 12 mesi (a -19 da -14 e a -18 da -14 ). Diminuiscono significativamente le attese di disoccupazione (a 7 da 25).
Riguardo le imprese, crescono tutti i climi di fiducia: quello del settore manifatturiero (a 104,2 da 102,7), quello delle costruzioni (a 123,3 da 119,5), quello dei servizi di mercato (a 112,2 da 110,0) e quello del commercio al dettaglio (a 108,8 da 107,8). Nelle imprese manifatturiere migliorano sia i giudizi sugli ordini (a -11 da -15 il saldo) sia le attese sulla produzione (a 12 da 11), mentre i giudizi sulle scorte rimangono stabili.
Ottimismo perchè pochi hanno avuto 80 euro in busta paga, mentre tutti hanno redditi fermi al 1985?
Perchè si prevede un taglio dell'Imu?
Per il conforto rigorosamente congiunturale che da il Qe, la svalutazione dell'euro fino alla riduzione del prezzo delle benzine?
Ottimismo a debito come rende noto l'Abi?
Crescono le erogazioni di prestiti bancari per le imprese e dei mutui immobiliari concessi alle famiglie, registrando un +27,2% per operazioni di credito al consumo.
Se l'ottimismo per ottimismo fa 64'ttrismo, fa pure il migliore dei mondi possibili?
Sia come sia ma, con la fiducia si fa la crescita?
Si, se ci si può fare la spesa!
Beh, di questi tempi la fiducia si mostra un Bene: fa vendere, è pure scarsa se non dispersa in mille rivoli.
Merce, insomma, di valore. Metterla a reddito si può, si deve.
L'ottimista che vende, abbassando i prezzi, l'acquista.
L'ottimista che compra, aumentato il potere d'acquisto, alfine spende per fare l'agognata crescita.
Eggià, la crescita si fa con la spesa!

Mauro Artibani



giovedì 1 ottobre 2015

QUAL DANNATO POTERE D'ACQUISTO PER FARE LA CRESCITA?

QUAL DANNATO POTERE D'ACQUISTO PER FARE LA CRESCITA?

Le indiscrezioni si bevono tuttedunfiato, poi ci si ragiona su.
L'ultima spiaggia del fisco sarebbe, secondo alcuni osservatori di mercato, l'imposizione di una tassa sui contanti.
Dal momento che ci sono conti bancari dove il denaro giace inerte, alle autorità sarebbe concesso di tassarlo per obbligare i risparmiatori a spenderlo, facendolo circolare nel sistema finanziario, anziché lasciarlo parcheggiato nelle casseforti.
Per farlo l'idea è inserire una fascia magnetica nelle banconote prelevate in modo che rimanga registrata la data del prelievo. Quando la banconota viene ridepositata in banca, l'istituto userà i dati per dedurre una percentuale del valore del denaro, proprio come una tassa per il deposito di contanti.
Se la percentuale dell'imposta fosse del 5% al mese e un risparmiatore prelevasse una banconota da 100 dollari per due mesi e poi ridepositasse il denaro, la banca registrebbere un valore depositato di 90,25 dollari (100 dollari x 0,95 viene 95 dollari per il primo mese, 83.92 dollari x 0,95 viene 79.73 dollari per il secondo mese).*
In cotanto affanno si scorge solo l'ultimo tentativo di raschiare il fondo di quel potere d'acquisto.
Prima è stato depauperato, deflazionando i redditi. La ricchezza delle famiglie nipponiche, per esempio, si è deteriorata negli ultimi 5 anni passando, dagli oltre 47mila dollari di reddito medio procapite, ai quasi 36mila attuali a causa di una crescita del paese generalmente molto debole.
Poi ancora depauperato, inflazionando i prezzi con le politiche monetarie espansive, riducendo il rendimento dei risparmi investiti. Bella, no?
Eggià, dentro un mondo che gira in tondo si può fare tutto, pure farne borsellino dove mettere e togliere monete a piacimento.
Basta cazzeggi. Quel potere d'acquisto serve per fare la crescita: un "Fondo Comune d'Investimento" garante della spesa.
Comune appunto, gestito proprio da quelli della spesa aggregata.
Le risorse ci stanno:
Il reddito da lavoro, investito per smaltire il bisogno.
I risparmi, investiti per finanziare gli investimani delle Imprese.
Già, quelle imprese - 30mila società impregnate in tutti i settori produttivi e in tutte le aree geografiche - di cui McKinsey, facendo le pulci e le stime, rintraccia i guadagni fatti e da fare dal 1980 al 2025. Gli utili operativi netti, che nel 1980 ammontava a 2.0 trilioni di dollari e che a fine 2013 era stato di 7.2 trilioni, sarà a fine 2025 di 8.6 trilioni.**
Queste risorse investite, abbassando i prezzi, attivano altre risorse immateriali disponibili nel Dna di chi sa spendere ben oltre il bisogno, smaltendo tutto il prodotto, così far riprodurre e rifare utili.
Cotanta spesa fa il resto, paga l'Iva, finanziando la spesa pubblica; quella risorsa che fa infrastrutture, leggi; gestisce la giustizia, la sicurezza, l'istruzione. Buona per garantire un ambiente economico produttivo, acconcio al fare business.
Beh, in fondo in fondo, quel fondo adeguatamente capitalizzato rende.
Si, rende pure fluido e continuo il ciclo e di questi tempi.......

* L'indiscrezione viene riportata dal sito "Wall Street Italia"
** Lo studio di McKinsey: Playing To Win. The New Global Competition For Corporate Profits.
Mauro Artibani



giovedì 24 settembre 2015

IL MIGRANTE PUO' SANARE L' OUTPUT GAP

Ehi, ehi, la Terra tira il fiato: Negli ultimi 25 anni il tasso di deforestazione globale si è ridotto di oltre il 50%. Lo rivela il rapporto Fao 'The Global Forest Resources Assessment 2015'.
Bene, quel "fattore produttivo" che prima genera materia per fare merci, poi smaltisce il residuo di quelle merci, sembra poter tornare a garantire capacità produttiva.
Fanno bene a questa terra i processi di "terziarizzazione" dell'economia in atto.
Fanno bene pure alla produttività di un altro fattore, il Capitale, sensibile ancor più all'automazione dei processi anch'essi in atto.
Tra i fattori c'è pure il lavoro: fatto utilizzando le tecnologie disponibili rende di più; esercitato dagli "scolarizzati di massa", attrezzati di idoneo capitale umano, ancor di più.
Con i giovani poi, allevati a fare la spesa, fino agli anziani che allevati tardi non vogliono andarsene perchè hanno molto ancora da recuperare : una cuccagna pure per la produttività dell'ultimo tra i fattori della produzione, il consumo.
Ei, ei, così va tutto bene. Così va al massimo la produttività totale del sistema economico.
Tanto che quando sembra aprirsi un gap, quello dell'allungamento delle apettative di vita, nei conti del sistema previdenziale, hop si trova la soluzione, forse due, tre, quattro.
Leonid Bershidsky a Bloomberg dice che per tenere in vita il sistema pensionistico, l’Europa avrà bisogno di 42 milioni di nuove persone attive entro il 2020 e di oltre 250 milioni entro il 2060.
Detto, fatto: Invece che predisporre la norma per la copula obbligatoria, le proposte del presidente della Commissione europea, Jean-Claude Juncker, annunciano una svolta nelle politiche europee dell’asilo.
Il vice-Merkel, Sigmar Gabriel, leader della Spd fa di più, la trova:
"Ritengo che potremo certamente far fronte a qualcosa come mezzo milione di profughi per diversi anni", ha spiegato in un'intervista alla tv pubblica Zdf, "non ho dubbi su questi, forse saranno di piu'".
Eggià, i Tedeschi, con la bassa disoccupazione che si ritrovano devono trovare il modo di depotenziare le aspettative di inflazione salariale. Devono poi mantenere competitive le loro merci e debbono pure venderle.
Questi ex intrusi fanno al caso loro: messi sul mercato tengono basso il costo del lavoro, quelli dotati di capitale umano lo mettono in campo, quelli danarosi magari addirittura investono.
Risorse insomma e, memori di come la crescita si faccia con la spesa, ce n'è pure per dare ristoro a quei migranti economici.
Massì. Dar da mangiare agli affamati, vestire gli ignudi, calzare gli scalzi, epperchenno motorizzare gli appiedati, smaltisce la sovraccapacità d'offerta che impalla le Imprese Ue.
Tutt'insieme rassodano finanche la leadership teutonica. Trovano ristoro addirittura le virtù commiserevoli di quanti si accalcano a guardare.
Bella no? Se tutti fanno al meglio, pure i Politici, la produttività vola e quando vola si genera un mucchio di ricchezza per tutti che, spesa ne generà ancor di più.
Eggià, occorre esser prodighi per migliorare la properità!
Sbirciando però di traverso tra i fatti, coperti dai rumori della cronaca, tuttun'altra musica: prodighi un cacchio!
Il governo finlandese annuncia tagli sostanziali ai benefici dei lavoratori nel tentativo di rianimare l'economia del Paese, in recessione negli ultimi tre anni. "Le festività lunghe, specialmente nel settore pubblico, saranno ridotte da 38 a 30 giorni lavorativi". Non pago punta a tagliare del 5% il costo unitario del lavoro. Ancora il dimezzamento delle retribuzioni per il lavoro straordinario e la riduzione dal 100% al 75% della retribuzione per il lavoro domenicale. Verranno eliminate alcune festività retribuite per il settore bancario mentre il primo giorno di malattia non sarà pagato.
Telecom Italia, invece, ha in casa 3000 eccedenze professionali. La societa intende operare un taglio costi che viene distribuito, come minor retribuzione, sui restanti 43000 dipendenti. L’accordo ha una durata di 3 anni.
Trattasi di deflazione salariale: bella, no?*
E le tecniche così come la politiche di reflazione che, alterando il meccanismo di formazione dei prezzi, ingolfano l'economia mondiale?
Trattasi di inflazione dei prezzi, tutti!
Se viene depauperato il potere d'acquisto, ganglio vitale della produttività dell'esercizio di consumazione, haivoglia ad esser prodighi.
Più che prodighi, predati, anzi improduttivi.
Eia, eia, alalà: una improduttività tira l'altra: quella del capitale, quella del lavoro, finanche quella dello smaltimento.
Tra la crescita potenziale e quella reale si mostra un gap. L'output gap.
Quello dell'insipienza economica fa più di un soldo di danno.

*Dati e fatti che, seppur con variazioni marginali, si scorgono in troppi paesi dell'Ue
Mauro Artibani




giovedì 17 settembre 2015

CON QUALE SPESA SI GUADAGNA?

C'è in giro spesa e spesa, quella produttiva e quella improduttiva; per tutteddue onori ed oneri.
Di questo si è detto e scritto nell'economia della produzione.
Secondo George Reisman: "la spesa produttiva è sinonimo di spesa riproduttiva, in quanto trattasi di risorse che vengono al contempo consumate e ripristinate, in virtù della produttività della spesa …. E questo essenzialmente perché, nel contesto del processo di cui è parte, la spesa in questione non costituisce un mero esborso di denaro. I fondi che vengono spesi in maniera produttiva producono un successivo ritorno economico, a cui solitamente è associato un profitto. Al contrario, i fondi che sono spesi improduttivamente, di regola, o non producono alcun ritorno, ovvero lo generano in misura alquanto limitata, e pertanto devono intendersi dei meri atti di consumo … In un caso, assistiamo alla ricostituzione e all’incremento. Nell’altro, semplicemente ad una perdita secca."*
Beh, nell'economia dei consumi tutt'un altro dire. Proviamo a dirlo.
Da Reisman, sempre lui, prendiamo in prestito la dritta produttivo/improduttivo: … In un caso assistiamo alla ricostituzione e all’incremento; nell’altro, semplicemente ad una perdita secca.
Orbene, può considerarsi produttiva quella spesa, che pur migliorando i processi ed i prodotti,
porta al mercato più beni di quanto l'altra spesa possa acquistare?
Quando questo avviene, e avviene eccome, cambiano le carte in tavola: una volta spesi i soldi della spesa ma restano resti in magazzino, diventa ineludibile trovare il modo per ricostituire nuovi fondi, necessari per poter esperire quel resto della spesa altrimenti.....
Altrimenti non vi sarà nè ricostituzione nè incremento cui dar corso con la spesa produttiva, anzi fortemente improduttiva.
Nel caso di specie si mostra per intero l'identità dell'economia dei consumi: vi è più valore nel consumare che nel produrre.
Si rende evidente pure dover ridefinire il ruolo delle spese redditizie ed apportatrici di valore aggiunto dentro il processo di produzione.
Vladimir Menshikov commentando gli studi di Reisman, lo scrive: "nell’alveo di un’economia monetaria in cui opera la divisione del lavoro, tutte le spese devono essere valutate o come produttive ovvero come improduttive. Detto altrimenti, una data quantità di moneta e il volume della spesa possono essere ripartiti in conformità allo scopo della spesa stessa di consumo, ovvero di produzione."
Fiuuuuu.... d'accordo. Lo sottoscrivo e chi ci guadagna, ci guadagna!
*George Reisman, Capitalism: A Treatise on Economics, pag. 444

Mauro Artibani



lunedì 10 agosto 2015

C'E' UNO SPAZIO TRA DISOCCUPAZIONE E DEFLAZIONE

Stabile in giugno il livello della disoccupazione in Europa : il dato diffuso oggi da Eurostat mostra che il tasso e' stato pari all'11,1% nell'Eurozona e al 9,6% nell'Ue a 28 paesi. In entrambi i casi, il dato e' invariato rispetto a maggio ed e' in calo rispetto a un anno prima. In Italia e' tornato a salire al 12,7%. Resta piu' elevato il livello della disoccupazione registrata fra i giovani sotto i 25 anni : il 22,5% in Eurozona e il 20,7 in Ue. In Italia e' al pari al 44,2%. Il mese scorso, i disoccupati europei erano 23,296 milioni di cui 17,756 nei 19 paesi della moneta unica. L'Italia e' fra i paesi che hanno registrato un aumento rispetto al mese scorso attestandosi al 12,7% e al quinto posto in Europa, dietro a Grecia, Spagna, Cipro e Croazia.
Ricapitolando:
Ai disuccupati di tutte le età mancano i denari per fare la spesa.
Quando non si può fare la spesa, quelli che ancora lavorano produrranno più di quel che il mercato chiede.
Quel sovrapprodotto renderà poco produttivo quel lavoro.
Se si riduce il valore di quel lavoro, si ridurrà il suo remunero.
Quei magazzini delle Imprese, pieni di invenduto, svalutano il valore delle merci.
Se non fosse una bestemmia si potrebbe ambire alla deflazione dei prezzi, buona per rifocillare il magro potere d'acquisto di chi deve fare la spesa.
Tal esecrabile accadimento rimetterebbe in gioco tutti. I Produttori svuotano i magazzini, chi lavora riduce il sovrapprodotto, chi non lavora può sperare di poter nuovamente lavorare: tutto bene!
Per tutta risposta, in base ai dati Eurostat la rilevazione preliminare sull'inflazione nell'Eurozona risulta in crescita dello 0,2% su base annuale nel mese di luglio. Dopo la crescita dello 0,2% di giugno e dello 0,3% rilevata a maggio, risultando in linea con le attese degli analisti. L'indice Core si attesta al +1% a/a lievemente superiore alla rilevazione precedente fissata su un indice dello 0,8%.
Vuoi vedere che tutte le politiche di reflazione fin oggi messe in campo, l'ultima con il Quantitative Easing dalla Bce, stanno impallando il ganglio vitale dell'Economia di Mercato? Là, dove si formano i prezzi.
Essipperchè, tutta quella liquidità immessa nel sistema economico non fa fare il prezzo allo squilibrio che si mostra tra domanda e offerta.
Signori Policy Makers, accidenti a voi: per ripristinare il corretto funzionamento dello scambio nell'Economia dei Consumi, dove l'offerta risulta strutturalmente in eccesso, s' ha da acquistare la domanda. La deflazione può risultare uno dei modi per farlo.
Non si venga a dire che, se scendono i prezzi, vengono rimandati gli acquisti in attesa di ulteriori cali. Tutto il comparto Hi-Tech, ficcato dentro una deflazione strutturale, fa il pieno di vendite con il prezzi al ribasso.
Chedete a quelli che lavorano negli Store di Apple, la fatica che fanno per dare il resto a tutti.

Mauro Artibani


mercoledì 5 agosto 2015

A VIENNA QUANDO UNA COSA PUO' ACCADERE, PRIMA O POI ACCADE

Vienna, Karl Marx Hof.
In piena estate prendi Hans, sociologo impenitente ma tentennante, mettilo accanto a l'altro Hans, comunista fuori tempo massimo, fai vedere loro la prima pagina di "Augustin"*, mostra loro il titolo dell'editoriale: L'eccesso di spesa, cagione della crisi del debito! Spronali a dire. Incalzati si incazzano: "Eggià, mai satolli"; "Macchè, infami invece, alla faccia di chi non può!"
Presi come sono a maledire, rivangano il passato, fanno le pulci al presente, vedono gramo il futuro e, senza andate troppo per il sottile, lo dicono: "Spendono più di quel che possono / Sono grassi e specano pure il 30% degli alimenti che comprano / Già, e quelli che vestono alla moda che passa di moda? / Vero, ma non solo, ci stanno pure quelli che per andare da qui a lì comprano addirittura un Suv, magari a rate."
Mentre rigurgitano le loro credenze di scuola, li squoto: che meraviglie Signori, ci risiamo, vi lamentate del consumatore incoronato da Mises?
Si sa il Re fa il re, con o senza portafoglio!
D'accordo, non vi sta bene Mises. Forse è meglio un keynesiano doc, Keynes, che non le manda a dire quando urla: "la mia spesa è il vostro reddito!"
Giust'appunto il vostro, così come il mio e quello di tutti.
Senza farla troppo lunga: tanta spesa, tanta crescita, tanto reddito!
Essipperchè se il lavoro lo dà l'Impresa, il reddito lo paga chi fa la spesa.
Eppoi occhio. Tutta 'sta spesa ci affranca dal bisogno. Si insomma non ci prenderanno per fame.
Anzi, per non continuare a fare debito, potremo addirittura acquistare meno senza soffrirne.
Un occasione da non perdere. Daje, tirate fuori quello che avete in corpo, occorre saper gestire lo spazio che sta tra il bisogno e l'affrancamento.
Ta tatà: il magistero sociologico hanziano, istituito contro la seduzione, sta lì per quello. Pure quello socialista che, della sobrietà del bisognoso, ha fatto virtù. Ci metto un pizzico di pedagogia economica: in quel "mai satollo" sta la forza, altro che debolezza.
Pronti?
Via!
Ai sedotti: abbandonate la spesa di passione ed emozione; date un bacio, guardate un bel tramonto sono pasti gratis.
Non male! Come a quelli in sovrappeso toccherà ridurre la spesa alimentare. Così verrà a mancare pure quella del fitness,
Per quelli in, alla moda, c'è un modo: l'orgoglio out.
Il 3x2 acquistato in tre si fa ancor più conveniente.
Se baratto l'usato lo riusano. Io uso il loro.
Beh, se con una fava si possono acchiappare due piccioni, con la spesa ai "saldi" pure tre.
Okkei, così si risparmia, si può pure guadagnare però: con Airbnb, Uber, Blablacar si fa addirittura profitto. Mettono a disposiziene piattaforme internet che consentono di trasformare i beni di consumo durevoli**, magari sottoutilizzati, in beni di investimento da mettere sul mercato.
Si incassa Gente: guadagna l'offerente, risparmia il richiedente. Tutti e due rimpinguano il borsellino.
Alt! Tempo scaduto, nel tempo di Twitter, sennò ci bannano.
Essì cari virtuosi, ci tocca la temperanza. Porc, cosa mi tocca dire!
Comunque, finito il tempo delle dritte sapienti, dei propositi, con quelli del condominio tocca fare opera d'ingegno e pure in fretta.
D' ingegno, con quelli del condominio dici? Beh come dite voi a Milano: "Ghe pensi mi"!
Va e torna, tira fuori un elenco con nomi ed indirizzi: Sandleriten, Matteotti, Winarsky, Babel, Professor Jodl, Reisman, Somogyi, Reuman, Metzleinstaler, Herweg, Karl Seitz, George Washington, Speiser.
Sapete chi è tutta 'sta gente? Altri “Hofe”, cugini di questo dove stiamo. Altri condomini. Ci abita tutta brava gente, pure borghesi medi e piccoli, salvo nel penultimo che è d'altra razza, con la puzza sotto il naso.
Conosco i caposcala, stanno già all'erta.
Stai dicendo che faranno pure loro quel che s'ha da fare per convincere quei 40.000 che passano per quelle scale a stare al gioco?
Beh, te ne accorgerai quando i bottegai viennesi ti intaseranno la cassetta della posta con offerte scontatissime. Altro che Groupon.
Fermi, fermi, Noi non acquistiamo. A noi tocca fare "Domanda", a chi fa commercio tocca acquistarla. essipperchè hanno più bisogno loro di vendere che noi di acquistare!
Non è un vanto ma un Business Plan***: "i Consumatori fanno Impresa". Dategli un'occhiata, c'è tanto lavoro da fare e....di questi tempi!
Eggià, a Vienna, si sa, quando una cosa può accadere, accade.

* il più famoso giornale di strada di Vienna.
Nato nel 1995 da una cooperativa di assistenti sociali e giornalisti,Augustin è diventato nel corso degli anni il giornale di strada con la più alta tiratura nei paesi di lingua tedesca, di 30.000 copie.
La rivista viene venduta da circa 450 persone con difficoltà economiche o impossibilitate a lavorare, come per esempio senza tetto, disoccupati di lungo periodo o  persone richiedenti asilo politico. La metà del prezzo di copertina (€ 2,50) va direttamente al venditore.

** Per chi affitta, nei week end, la casa al Karl Marx hof fa il prezzo pure la Storia.
*** Mauro Artibani, La domanda comanda, verso il capitalismo dei consumatori, ben oltre la crisi. Aliberti editore, pag 201
Mauro Artibani