mercoledì 25 febbraio 2015

UFFA, LA SOLITA SOLFA!

Dopo appena sette anni dallo scoppio della crisi i Policy Maker scoprono pure le cause: difetto di domanda!
Cacchio! Hanno scorto che, quando i redditi sono insufficenti per fare tutta la spesa che serve a smaltire il prodotto, la domanda si fa insufficiente a dar sostegno alla crescita, quindi i redditi così generati saranno ancor più insufficenti: il cane si morde la coda.
Incompetenti? Macchè, competenti di competenze scadute.
Talmente scadute che non s'avvedono che con 200.000 mld di dollari di debito pubblico e privato, gli Stati sono costretti a fare Spending Rewiev proprio come i consumatori. Già, e quei competenti dove pensano stiano i Produttori?
Dai, su: sono titolari di una parte di quel debito, hanno disoccupato milioni di individui, tengono i magazzini colmi, stanno pur'essi in spending rewiev!*
Già, chi di loro, allora, vorrà mettere una fiche per fare quei trecento miliardi di euro del piano Juncker per imprendere e creare quel lavoro, che poi dovrà spendere, per fare la crescita?
Beh, insomma tutti quelli della domanda aggregata giocano al risparmio.
Giova rammentare a lor signori che la crescita economica si fa con la spesa, non con il lavoro, poco con gli investimenti, qualcosina con la produzione fatta per fare il magazzino merci che quella spesa, quando può acquista, e nulla più.
Per tutta risposta arriva la più convenzionale delle ipotesi: investimenti!
L'Europa ha bisogno di essere più audace nell'incoraggiare politiche per gli investimenti, in particolare nel coinvolgere capitali privati nella spesa per infrastrutture, dice il ministro dell'Economia, Pier Carlo Padoan a margine del G20 di Istanbul. "Dobbiamo essere audaci in Europa in termini di assunzione di rischi. Spero che l'azione politica saprà davvero facilitare gli investimenti nel settore, in particolare rafforzando gli investimenti dei privati in infrastrutture".
Che audacia Signori! Chiedere di spendere a chi prima ha ritenuto di dover risparmiare sul clup per aumentare la produttività, facendo venir meno i denari per acquistare quelle iperproduttive merci che ingolfano il magazzino, e che oggi dovrebbe investire per una rinnovata produttività delle infrastrutture.
Audacia per audacia sarebbe meglio rassodare quel potere d'acquisto che quando si esercita fa la crescita, che paga l'Iva per fare l'altra spesa - quella pubblica, che fa nuovamente produrre, investire, creando occupazione, altro reddito, altra spesa.
Troppo audace?

*Toh, il gruppo AirFrance-Klm dice di voler sostenere il suo recente piano strategico Perform 2020, riducendo gli investimenti di 300 milioni di euro all'anno sia nel 2015 che nel 2016 e ha confermato di voler eliminare l'equivalente di 800 posti di lavoro attraverso misure volontarie.

Mauro Artibani

giovedì 19 febbraio 2015

LA CRISI TRA O.K. E K.O.


Ok dice tutto bene, Ko mostra il colpo che manda al tappeto. In mezzo gli Agenti Economici e lo stato del loro fare
Il Baltic Dry Index tracolla. L'indice dei costi delle spedizioni di navi cargo che trasportano materie prime tocca i minimi degli ultimi 30 anni, a 608 punti. Meno merci in giro insomma: Ko per le Imprese.
Davide Mazzocco racconta di un’offerta di lavoro che sta facendo discutere la Spagna: una panetteria di Jerez de la Frontera che offre ai candidati un contratto da 500 euro al mese per lavorare senza sosta e senza diritto alle vacanze. Si prevede pure una decurtazione dello stipendio qualora non si venda tutto il pane prodotto in giornata.
Google sfida Huber con l'Auto-Robot che si chiama con lo smartphone: ancor meno conducenti a lavoro di quelli già tagliati da Uber tra i tassisti. Ko per chi lavora.
Office Depot e Staples, secondo quanto riporta il "Wall Street Journal" le due catene di negozi specializzati in articoli per ufficio sarebbero in trattative di fusione: Ok per la produttività dell'impresa fatta uno; Ko per molti, che quando "quelle" erano due, lavoravano.
Lo stima l'Adoc: ogni anno una famiglia, in media, spreca il 6% della propria spesa alimentare pari a circa 330 euro l'anno. Ko per le Imprese, quasi Ok per i consumatori che prima della crisi buttavano il 30% di quella spesa.
L'Istat rileva che il 25,8% dei redditi individuali sta al di sotto dei 10.001 euro: un Ko della spesa per quella non fatta a debito. 
Rossana Prezioso se ne accorge e dice: il mondo continua a navigare su un oceano di debito: dal 2008 ad oggi sono stati aggiunti oltre 57 mila miliardi, cosa che porta il totale a 200 mila miliardi: oltre il 286% del Pil mondiale. Siamo al Ko, per chi vende e per chi acquista.
Maxi licenziamenti in Siemens. Confermando le indiscrezioni stampa, il colosso tedesco ha annunciato che taglierà 7.800 posti di lavoro nel mondo. In una nota stampa Siemens ha precisato che questa azione dovrebbe portare risparmi pari a un miliardo di euro entro la fine del 2016. Ok per la produttività dell'impresa; Ko per chi vi lavoravano.
L'Istat rileva che nel 2013 una famiglia su due si fa bastare 1.500 euro a mese. Neopauperisti? Macchè. Gente invece che affrancata dal bisogno può tagliare la spesa.
Per loro quasi Ok, Ko per le Imprese.
Fiuuuuuu, gramo il tempo dove si mostrano questi repentini passaggi di stato dalle stelle alle stalle.
Eppur la grammatica economica conosce il punto di equilibrio per far tornare a passeggiare tutti quei tizi sui sentieri della crescita.
Già, quando quelli della spesa hanno la disponibilità economica per acquistare quanto viene prodotto il meccanismo economico risulta in equilibrio, vieppiù gira e genera ricchezza: tutto okkei per chi produce, chi lavora e chi consuma, altro che kappaò!

Mauro Artibani

giovedì 12 febbraio 2015

CRISI, TOCCA SPERARE NELLA DISTRUZIONE CREATRICE

Chi vuole dire sulla crisi e ha poco spazio per dirlo, twitta: "I redditi, erogati dalle Imprese a chi lavora per produrre merci, sono risultati insufficienti per acquistare quanto prodotto".
Accade pure questo nel tempo dei guadagni di produttività e dell'aumento dei volumi prodotti che riducono il Clup.
Già, dopo il danno la beffa, poi di beffa in beffa un altro danno: al mercato il meccanismo dello scambio si impalla; l'offerta si mostra in eccesso, la domanda in difetto. La crisi insomma, questa crisi.
Twittano tutti la crisi. Lo ha fatto pure Schumpeter: "distruzione creativa"!
La distruzione è quella della base produttiva: nel 2013, il 15% in Italia; non va meglio nel resto del mondo sviluppato.
Qui viene il bello. Sembra appunto in atto quel processo evolutivo dell’economia capitalistica che scompaginando l’equilibrio dei mercati, elimina le imprese incapaci d’innovare.
Se tanto ci da tanto, tocca essere creativi: in questa fase recessiva viene assegnato un ruolo vitale ai processi di ristrutturazione per guadagnare produttività.*
Beh, occorre un altro twitt per fissare i termini che la crisi impone: "La crescita si fa con la spesa. Così viene generato reddito, quel reddito che serve a fare nuova spesa. Tocca allocare quelle risorse di reddito per remunerare chi, con la spesa, remunera."
Se la spesa tanto vale s'ha da fare, conviene a tutti. Fatta, rifocilla quel potere d'acquisto che torna a fare la spesa, per l'impresa un affare.
Fiuuuuu, si intravvede lo spazio per intraprendere una produttività nuova, anzi nuovissima, in grado di estrarre vantaggio dalla circolarità del ciclo, propria dell'economia dei consumi, associando l'egente della spesa per tenere attivo il ciclo.
Per accreditare il socio e fare utili, alle imprese tocca investire il profitto.**
Essì, s'ha da andare contro corrente per creare il nuovo: "chi guadana paghi chi fa guadagnare!"
Lo giuro, non è un twitt ma il prodromo di un nuovo modello d'impresa da intraprendere per schivare nefaste sovraccapacità, non gravare sui costi; migliorare la capacità competitiva fidelizzando il consumatore che, fidelizzato ci guadagna. Così, dopo tanto fatto si può finanche fare azzardo di produttività con imprese a bassa intensità di lavoro.
Imprese impareggiabili, per aver già fatto in toto questo, ci sono.
Nel fare per Sé, fanno pure per Tutti, remunerando l'impiego delle risorse messe in campo da chi fa la spesa: il Tempo, l'Attenzione, l'Ottimismo e, mi voglio rovinare, pure il viaggiare finanche il comunicare.
IKEA, quella multinazionale Svedese che commercia mobili con una Filosofia d’Impresa fatta apposta per rifocillare il potere d'acquisto: rinuncia a porzioni di profitto ottenendo un impareggiabile vantaggio competitivo e utili.
Vende mobili da ultimare, chi li acquista impiega tempo per il montaggio, ne ricava il prezzo più basso per quel prodotto.
TELEVISIONI COMMERCIALI e pure le FREE PRESS, quei quotidiani, a costo zero, offerti agli angoli delle strade.
Il loro “Core Business”, per fare utili, sta nell’ impiegare i palinsesti per conquistare prima e vendere poi l'attenzione ai Pubblicitari, che la rivendono agli inserzionisti.
Con quelli della televisione si ricava informazione ed intrattenimento, 24/24, senza spendere il becco d’un quattrino. Con quelli dei giornali, notizie a costo zero. Un bel risparmio per il potere d’acquisto: 1 €x 365= 365€ l’anno.
GROUPON, GROUPALIA, LET'S BONUS ecc.
Social shopping, aziende che fanno lauti guadagni intermediando tra un’offerta in eccesso e la domanda in difetto. Le Imprese ottengono di poter ridurre i costi della sovraccapacità; i Consumatori, coupon d’acquisto per merci e servizi scontati fino all’80%. Il potere d’acquisto, si gonfia, l’ ottimismo trasale!
Quelli degli OUTLET fanno affari nella città dei saldi, dove l’Industria sovraccapace smercia l’invenduto per recuperare margini di guadagno. Con gli sconti, viene saldato il conto con l'ottimismo.
” BLA BLA CAR “ organizza il viaggiare condiviso, ci guadagna. Ci guadagnano pure i viaggiatori.
L’INFORMATION TECHNOLOGY Settore industriale, tutto o quasi in deflazione tecnica. L'innovazione fa tutt' uno con la produzione, riduce costi e prezzi, rifocilla il potere d'acquisto di quelli che comunicano.


*Riccardo Cappellin ne fa ricerca/proposta nel corso "Innovation and Cognitive Economics" Università di Roma "Tor Vergata"

**Profitto, quel remunero del rischio d'impresa che incassa ciascun attore della filiera di prodotto che, nel sistema circolare e continuo della produzione, manca di ragione economica.

Mauro Artibani

giovedì 5 febbraio 2015

PORCA MISERIA!

Porca miseria, il disagio sociale ha toccato in Italia un nuovo livello record.
Lo dice Confcommercio.
Poi ficca il dito nella piaga: il Misery Index, elaborato dall'associazione dei commercianti, è aumentato a novembre, rispetto al mese precedente, di 0,3 punti a 22 punti. Si tratta del valore più alto da quando l'indice viene calcolato.
La Confcommercio spiega che l'aumento è imputabile al modesto aumento dell' inflazione di beni e servizi ad alta frequenza di acquisto e al progresso dello 0,2% della disoccupazione estesa.
Gli esperti ricordano che quest'ultimo dato viene ottenuto aggiungendo ai disoccupati ufficiali la stima delle persone in CIG e degli scoraggiati.
Si dirà: co' sta crisi, questo è il minimo che possa capitare!
Ennò cocchi. Questo impoverimento e il figlio di quello precedente, genitore della crisi.
L'impoverimento è causa prima, effetto poi della crisi. La crisi è solo il registro degli eventi.
Essipperchè, se la crescita si fa con la spesa e non ho i denari sufficienti per farla, farò meno crescita che genererà meno ricchezza; avrò meno di prima. Più misero appunto.
Pure l'impoverimento non è causa ma effetto dei redditi insufficienti erogati dalle Imprese a chi lavora.
Bastardi quelli dell'impresa?
Beh, hanno sottoremunerato la sovraccapacità del lavoro che ha ingolfato il mercato, pagando però lo stesso prezzo con la riduzione dei ricavi.
L'impoverimento insomma dilaga tra immiserenti, immiseriti da un offerta in eccesso e chi miseramente, lavorando troppo e spendendo poco, manda la domanda in difetto che, misera, svaluta le merci.
Fiuuuuu!
Oibò, non si può. Tutta questa miseria è un lusso che nessuna società può permettersi, ancor meno quella dove si adoperano quegli immiseriti: la Libero Mercato Spa.
Per uscire dal guado i maggiorenti ivi associati, quelli che vendono e quelli che acquistano, devono poter tornare a fare quel che gli tocca per ruolo societario. Per farlo tocca loro fare il contrario del fin qui fatto: agli acquirenti toccherà vendere la loro domanda inespressa a chi ne ha bisogno per rifocillare il potere d'acquisto; ai venditori toccherà attrezzare business che funzionino remunerando le risorse impiegate dagli acquirenti che vorranno acquistare*.
Tocca pure ai Policy Maker fare: costruire ambienti normativi e fiscali in grado di rendere conveniente quel fare alla rovescia, magari sospendendo pure l'efficacia di quelle politiche di reflazione che hanno alterato il meccanismo di formazione dei prezzi.

*Ci sono Imprese che già lo fanno: Ikea remunera il tempo del montaggio dei mobili con il prezzo più basso; le tv commerciali e le free press remunerano l'attenzione prestata con la gratuità dei loro prodotti; Groupon, Groupalia, Lets Bonus remunerano l'ottimismo con risparmi nell'acquisto fino all'80%; lo fanno pure gli Outlet che guadagnano con l'aver reso perenne quel saldo che rifocilla il potere d'acquisto.

Mauro Artibani