martedì 21 luglio 2020

IN CINA C’E’ LAVORO NON SCORTO

La Cina ha deciso di ingraziarsi i dati sulla disoccupazione estendendo il concetto di "occupato" a nuove figure professionali come i blogger e i giocatori competitivi online. Lo riferisce oggi il South China Morning Post. Il ministero dell'Educazione cinese, secondo una nota ufficiale, ha ordinato alle università di adottare nuovi criteri nel riferire dell'impiego dei neo laureati. Questo dopo che l'occupazione, anche nella seconda economia del mondo, è stata duramente toccata dall'epidemia COVID-19. Secondo l'Ufficio nazionale di statistica cinese il tasso di disoccupazione, a fine maggio, sarebbe risultato essere il 5,9 per cento; gli analisti ritengono però che si tratti di un dato falsato dal fatto che circa 290 milioni di lavoratori migranti non sono considerati nelle statistiche ufficiali. I nuovi criteri comunicati dal ministero, con una nota datata 29 maggio, prevedono che i neolaureati che aprono siti di e-commerce siano inseriti come "occupati" se forniscono il link del loro sito di e-commerce e i dati di registrazione. Invece i laureati con lavori freelance nel marketing online, i gestori di siti internet, gli operatori di marketing su WeChat e i giocatori di e-sport online sono considerati “occupati flessibili” che comunque escono fuori dalla percentuale dei disoccupati. Bella no? I conti con l’oste tornano: se ti muovi appena, lavori; se invece scalpiti, sei flessibile. Signori d’Oriente, si può anche tentare di fare come intendete fare. Se pensate invece di voler strafare si può: c’è gente da voi che ancora non può; vorrebbe però poter spendere come si fa in Occidente, senza sosta né freni. Fa bene questa spesa e chi la fa per poter bilanciare la vostra economia votata più all’esportazione, meno ai consumi interni, nel tempo che deve attrezzare una risposta acconcia a quella de-globalizzazione che sembra intravvedersi all’orizzonte e che farebbe schiantare, per eccesso, l’intera capacità produttiva del Paese. Suvvia, nell’Economia dei Consumi, il lavoro della spesa che genera reddito; quel reddito che serve a fare nuova spesa. Tocca allocare quelle risorse di reddito per remunerare chi, con la spesa, crea lavoro e ne paga il costo remunerando tutti; pure quelli del Capitale, magari pure quello pubblico. Non vi appaia un’eresia dover remunerare chi lavora senza sosta/ferie/assistenza nè previdenza a fare la spesa per trasformare la merce in ricchezza che, consumata, fa riprodurre; tiene attivo il ciclo economico, da’ sostanza alla crescita. Giust’appunto quella crescita che rende indifferibile l’esercizio e che, per potersi esercitare, impiega risorse scarse: il tempo, l’attenzione, l’ottimismo e il denaro. Mauro Artibani, l'economaio https://www.amazon.it/s/ref=nb_sb_ss_i_3_7?__mk_it_IT=%C3%85M%C3%85%C5%BD%C3%95%C3%91&url=search-alias%3Daps&field-keywords=mauro+artibani&sprefix=mauro+a%2Caps%2C207&crid=E9J469DZF3RA

mercoledì 15 luglio 2020

LE RAGIONI SCADUTE DEI “FRUGALI”

La pandemia ha colto gli Stati in condizioni fiscali molto diverse. La Germania ed i cosiddetti “frugali”, ovvero quelli del surplus di bilancia commerciale, proprio quelli che vivrebbero al di sotto dei propri mezzi, hanno avuto spazio per un vigoroso impulso fiscale espansivo. Altri, come il nostro, giunti all’appuntamento col destino in ben altre condizioni fiscali, sono costretti a sperare in sussidi esterni o improbabili cancellazioni di debito. Si questo nostro sciagurato paese, così ricco privatamente e così indebitato pubblicamente, sta sempre in attesa della fatale compensazione tra le due dimensioni. Giust’appunto olandesi, tedeschi ed altri popoli europei stanno aspettando quella compensazione. Beh si dirà, come dar loro torto? E ... se avessero solo mezza ragione? Essipperchè, prima di poter accampare vecchie ragioni, nell’Economia dei Consumi toccherà rifare i conti per intercettare quelle nuove ragioni a disposizione. Diamo un’occhiata: sul Recovery fund la strada sarà ancora lunga, ha detto l Merkel, ma "ricordiamoci che i Paesi frugali sono beneficiari netti del mercato unico". Cosa avrà voluto dire l’ex frugale? Che l’Euro, più che l’Europa, ha ridotto il nostro vantaggio competitivo aumentando il loro tanto, da poter esportare più di quanto importano? D’accordo ma…. è un vantaggio assoluto questo, ai tempi del virus, o un vincolo che ti impicca al come si sta nelle case di chi ha importato? Quel che le loro ragioni non scorgono: la patrimoniale per ridurre il debito pubblico, riduce la spesa potenziale; il lock down quella reale, quando il reddito di oltre il 50% delle famiglie, in Italia, si è ridotto allo stremo come emerge dall'Indagine straordinaria sulle famiglie italiane nel 2020 pubblicata dalla Banca d'Italia. Si può, insomma, continuare a beneficiare di una crescita, fatta con la spesa degli altri, quando gli altri stanno/staranno così? Bene, bando alle vecchie ragioni su quel che s’ha da fare, con il recovery plan, per sanare l’out put gap: la crescita si fa con la spesa, non con la produzione; per farla al massimo, tutto quel che viene prodotto deve poter essere acquistato. Signori toccherà come al solito esser prodighi, altro che frugali. Tutti! Mauro Artibani, l'economaio https://www.amazon.it/s/ref=nb_sb_ss_i_3_7?__mk_it_IT=%C3%85M%C3%85%C5%BD%C3%95%C3%91&url=search-alias%3Daps&field-keywords=mauro+artibani&sprefix=mauro+a%2Caps%2C207&crid=E9J469DZF3RA

martedì 7 luglio 2020

IL LAVORO DI RAFFA, NON DI RIFFA!

Il Lavoro, con l’articolo 1 della Costituzione, diviene l’istituto che fonda la Repubblica. La legge, 20 maggio 1970 n. 300, con "Lo Statuto dei lavoratori” ne fa un Diritto. Cinquanta anni dopo il Presidente Mattarella, con il garbo istituzionale che gli è proprio, ne rammemora il senso: "Dal lavoro, dalla sua dignità e qualità, dipende il futuro del Paese e dell'Europa. Senza diritto al lavoro e senza diritti nel lavoro non ci può essere sviluppo sostenibile. La sfida dei cambiamenti va affrontata con coraggio e la partecipazione, con il lavoro, al bene comune. Un collante irrinunciabile per tenere unita la comunità e renderla più forte.” Mi vien voglia di dire… quando Carlo Bonomi, presidente di Confindustria, in un intervento su 'Il Sole 24Ore' mi sopravanza: Il "reddito" e il "lavoro" a "milioni di italiani possono darlo solo le imprese e i mercati, gli investimenti e…". Con un colpo da maestro, insomma, mette il cappello su quanto scritto in Costituzione, sulla norma dello statuto e sul proferito dal Presidente. Ennò, Capitano mio capitano! Le Imprese non possono, quel lavoro e quel reddito, inventarlo; tutt’al più son trasferenti di quel che i Consumatori con la spesa hanno generato. Prima il reddito poi l’input per poter lavorare a ri-produrre. A meno che, spaventati dai lockdown e dalla recessione, gli europei ammassino risparmi nei depositi bancari rischiando di pregiudicare la ripresa post pandemia di Covid-19. Che stia accadendo, lo rileva il Financial Times sulla base dei dati della Bce e della Banca d'Inghilterra che già a marzo riportavano forti aumenti dei depositi nelle maggiori economie. In Italia i dati Bce riportano un aumento di 16,8 miliardi di euro a marzo sui depositi, anche qui a fronte di una media mensile di 3,4 miliardi. Giust’appunto cari confindustriali! Con questi chiari di luna siete ancora convinti di poter dare quel lavoro, pagare un reddito e, magari, pure investire quel che vi tocca? Bene, dopo il colpo al cerchio, tocca alla botte: Sociologi, Antropologi pur’anche Filosofi voi che del lavoro avete redatto la “mitologia” potreste trovare il modo di render merito proprio a chi, con quel che fa, lo genera e lo remunera e rende ancor spendibili le vostre prediche? Fino a riabilitare, magari, quell’esser prodighi e men che mai satolli dei Consumatori, non più vizio, magari convincendo la Politica a doverne rappresentarne la virtù! Mauro Artibani, l'economaio https://www.amazon.it/s/ref=nb_sb_ss_i_3_7?__mk_it_IT=%C3%85M%C3%85%C5%BD%C3%95%C3%91&url=search-alias%3Daps&field-keywords=mauro+artibani&sprefix=mauro+a%2Caps%2C207&crid=E9J469DZF3RA