martedì 25 settembre 2018

IL CIBO, IL SATOLLO, IL PARADIGMA E LE BALLE


Gulp! Ogni anno, stima The Boston Consulting Group, nel mondo si buttano via circa 1,6 miliardi di tonnellate di cibo per un valore di 1.200 miliardi di dollari. Un terzo della produzione globale. Se accumulato, il cibo che finisce nella spazzatura occuperebbe un’area dieci volte più grande di Manhattan.
Et voilà, l'economia d'oggi sta in quel luogo geografico dove hanno più bisogno le Imprese di vendere che i Consumatori di acquistare, abitato da Aziende affette da congenita sovraccapacità produttiva e da Gente satolla ed affrancata dal bisogno.
Un posto dove, per rimediare a questo squilibrio, si insufflano anabolizzanti in grado di dar sostegno alla domanda.
Già, a cosa servirebbero altrimenti le politiche monetarie e quelle fiscali? E la moda? E l'usa e getta? E il credito al consumo? Finanche la pubblicità e il marketing?
Giust'appunto "atti" che danno sostegno alla spesa per non far scendere i prezzi.
Essì, tutto questo si mostra dentro i confini del mondo sviluppato dove ancora detta legge un vecchio paradigma: "le Imprese generano la ricchezza."
Balle!
Si, balle perchè se nel produrre sta la condizione necessaria per generare quella ricchezza, risulta niente affatto sufficiente se quel produrre, divenuto merce, resta invenduto.
Frutta e verdura marciscono, la moda passa di moda; il latte in magazzino caglia, l'auto sul piazzale del concessionario arrugginisce. Altro che ricchezza, ci si impoverisce!
Non paghi della balla, fanno pure del Pil menzogna.
Essì, nel grande testo che misura la crescita, in copertina sta scritto Prodotto Interno Lordo: il valore di mercato di tutti i beni e servizi finali prodotti in un paese in un dato periodo di tempo.
Bella la balla no?
Essipperche nelle pagine interne, dove la ricchezza generata tocca misurarla, è un tutt'altro dire; qui si recita invece il consumo aggregato: Y = C + I + G + X . Altro che produzione.
Dove invece quella produzione figura, a mio avviso, in modo improprio nella variazione delle scorte*, tutto il resto è spesa. Sì spesa dove, quelli satolli di prima, ne fanno i 2/3; tutti gli altri - la spesa per gli investimenti delle Imprese e la spesa pubblica - solo il misero 1/3.
Ciò detto tocca andare oltre la dannazione di quel vecchio paradigma.
Essì, la crescita si fa con la spesa non con la produzione; così viene generata ricchezza e smaltito il prodotto. Ricchezza che viene incassata dalle Imprese e trasferita ai soggetti economici.
Un consiglio ai trasferenti: alla Gente, prima ancor d'esser satolla, tocca esser stata prodiga; ancor prima avere un' adeguata parte di quel trasferimento in tasca da spendere.
Già, e tutti quegli sprechi di cibo?
Beh quei satolli, se adeguatamente remunerati, avranno tutto l'interesse a far domanda nuova, magari cercando proprio beni dei quali son digiuni.
Suvvia, fa bene a tutti: a chi produce, a chi lavora; pure ad un ambiente, magari così meno puzzolente.

*Scorte appunto, prodotte ma non ancora vendute.


martedì 18 settembre 2018

COSI' TI SPACCHI I DENTI!


Non si arresta la crescita del debito mondiale. Secondo gli ultimi dati ripresi dall‘Institute of International Finance, nel primo trimestre 2018 il debito è salito di 8 mila miliardi di dollari superando i 247 mila miliardi di dollari, ovvero il 318% del Pil mondiale. Si tratta di un valore 30 mila miliardi di dollari superiore a quelli della fine del 2016.
Per gli analisti, i livelli raggiunti dal debito sono tali da rendere sempre piú grigie le prospettive future dell’economia. A questo proposito, lo scorso marzo Bill Gross aveva dichiarato che “il nostro sistema finanziario ad alto indebitamento è come un camion carico di nitroglicerina su una strada dissestata”. Una mossa sbagliata e tutta la faccenda potrebbe saltare in aria.
Preoccupazioni condivise dal Financial Times, secondo cui la politica monetaria globale è ora incastrata nella trappola del debito. Continuare sull’attuale percorso monetario è inefficace e pericoloso. Ma qualsiasi inversione comporta grandi rischi”. 
Nitroglicerina? Grandi rischi? Vogliamo esagerare mettendo dentro magari pure l'arcano?
Si, quell'arcano che si scorge nel combinato disposto tra redditi insufficienti a far spesa per smaltire quanto prodotto e politiche di reflazione.
Quell'arcano che la Fed, così pure le altre Banche Centrali, hanno creduto di poter contrastare con politiche monetarie lasche, generando una massiccia inflazione degli asset finanziari nel tentativo di contrastare una deflazione dei prezzi dei beni.
Giust'appunto deflazione che invece avrebbe potuto rifocillare quel potere d'acquisto, buono per fare tutta la spesa necessaria a smaltire la sovraccapacità delle imprese che impalla il mercato.
Non è stato fatto. Mancherà il tempo per poterlo fare quando quelle Banche Centrali non avranno più scuse per continuare a "regalare denaro" che, preso, diventa debito.
Debito che costerà di più quando aumenterà il costo del denaro da restituire: brrrrrr!
Okkio! Quest'aumento già si scorge: ammonta a circa 104 miliardi di dollari la cifra complessiva che, nell’ultimo anno, gli americani hanno pagato tra commissoni e interessi sulle carte di credito.
La cifra comunicata dal sito web di finanza MagnifyMoney, che ha analizzato i dati della Federal Deposit Insurance Corporation fino a marzo 2018, mostra un aumento dell’11% su base annua  e del 35% negli ultimi cinque anni.
Già, non esistono pasti gratis, per nessuno: dieci punti base in più di Spread tra i rendimenti di Btp e Bund comportano un impatto negativo sul capitale di UniCredit di 137 milioni di euro pre-tasse e di 95 milioni post tasse.


martedì 11 settembre 2018

CINA: LA SOLA RABBIA NON PAGA, PAGA LA SPESA!


Dazi, controdazi e... arrabbiature.
Apple fa le spese della guerra commerciale in corso tra la Cina e gli USA.
A dirlo il governo di Pechino dalle pagine del People’s Daily in cui ha fatto capire come, dal momento che il colosso di Cupertino ha potuto beneficiare di un basso costo della manodopera cinese, ora deve condividere i suoi guadagni con la popolazione cinese. Beh, altrimenti rischia di essere oggetto di "rabbia e di un sentimento nazionalista".
"Dato il successo incredibile raggiunto nel mercato cinese potrebbe alimentare un sentimento nazionalista se le misure protezionistiche adottate recentemente dal presidente americano Donald Trump colpiranno duramente le aziende cinesi". Non paghi continuano: "La Cina è di gran lunga il mercato estero più importante per l'americana Apple, lasciandola esposta alla rabbia e al sentimento nazionalista che il popolo cinese potrebbe sviluppare nei suoi confronti".
Il quotidiano poi precisa: "La Cina non vuole chiudere le sue porte ad Apple nonostante il conflitto commerciale ma se l'azienda americana vuole guadagnare bene in Cina, deve distribuire quanto guadagna alla popolazione cinese".

Ehi Gente dell'Impero di mezzo, d'accordo siete tanti:1.300.000.000 anime. Fate però con la spesa a malapena il 39% del Pil.
Si, è vero, sono 4.500 mld di dollari; le vostre esportazioni e gli investimenti però fanno di più, il 44%.
Capito cocchi! Noi del bel paese ne facciamo il 60%; in mld di dollari fanno1.197 e siamo appena 60.000.000. Già, noi siamo affrancati dal bisogno, voi no. Siete insomma tanti ma non poderosi e, nell'Economia dei Consumi*, tocca invece esserlo se volete conti la vostra rabbia!
Gli Yankee poi, meno bisognosi di tutti, di Pil ne fanno addirittura il 72% con un deficit commerciale che, nel 2017, è stato di 568,4 miliardi di dollari. Deficit fatto in buona parte per acquistare merci che avreste forse dovuto acquistare voi per fare, giust'appunto, la vostra crescita.
Essipperchè nelle nostre economie sviluppate, le esportazioni e gli investimenti fano solo più o meno il 20% del Pil.
Calma e gesso dunque. Non fate ancora quel che dovreste; per non far aver ragione a Trump dovrete farlo!
Ve lo dico con un tweet quel che vi toccherà volere dal vostro Xi, altro che rabbia: "La crescita si fa con la spesa. Così viene generato reddito, quel reddito che serve a fare nuova spesa. Tocca allocare quelle risorse di reddito per remunerare chi, con la spesa, remunera Tutti.
Tutti, senza dazi nè gabelle!"
Non leggete l'italiano, dite?
Niente paura, c'è il Translator di Google!

* Quel luogo dove hanno più bisogno i produttori di vendere che i consumatori di acquistare.



martedì 4 settembre 2018

OCCORRE REMUNERARE L'ESERCIZIO PRODUTTIVO


Nella passata economia della produzione il valore stava ficcato dentro il lavorio produttivo. Oggi, nell'economia dei consumi, quel valore sta tutto dentro lo smaltire quanto prodotto. Se la capacità di spesa risulta insufficiente, quel lavorio, reo di aver prodotto troppo, si svaluta.
Orbene quando questo accade si entra nel mondo alla rovescia; là dove proprio quella spesa, che è venuta a mancare, acquista valore. Non ci credete?
Buon giono Signori, anzi buonanotte: secondo il bollettino economico della Banca d'Italia i consumi delle famiglie cresceranno dell'1,1% nel 2018 (dall'1,4% dell'anno scorso) e dello 0,8% nel 2019 e nel 2020.
Indipercuiposcia quelli di Via Nazionale rivedono al ribasso pure le previsioni sul Pil, con una crescita dell'1,3% quest'anno, dell'1% nel 2019 e dell'1,2% nel 2020.
Visto?
Essì, quel che si prevede mostra come la crescita si faccia con la spesa; quella dei consumatori ne fa i 2/3.
Orbene, se tanto ci da' tanto, vi è più valore nell'esercizio di quel consumare non svolto che in quello dell'aver prodotto quel troppo che resta invenduto!
Questo è quanto mostra, non la teoria economica, l'evidenza empirica.
Teorie invece che, non paghe di cotanta inattualità, propongono ricette di reddito surrogato per integare il remunero di un produrre svalutato:
Quella "eroica" sta nel pagare per far fare buche e ri-pagare per riempirle.
Non meno eroico quel reddito che Pantalone dovrebbe pagare all'esser "cittadino".
Degli Usa arriva addirittura la Misericordia con lEarned Income Tax Credit. Un credito d’imposta rimborsabile, quindi effettivamente erogato, per sfuggire alla trappola dell’incapienza. Dipende dal reddito del destinatario e dal numero dei figli a carico: una integrazione allo stipendio, in percentuale di quanto percepito, che cresce sino a raggiungere un tetto di reddito, superato il quale si stabilizza.
Già, ecchissenefrega se viene colmato il basso reddito di un'esercizio improduttivo con un altro reddito altrettanto improduttivo, tanto pure così paga Pantalone!
Ci sono pure munifici policy makers più o meno approssimati: la proposta è quella lanciata da Chris Hughes, 34 anni, uno dei co-fondatori di Facebook.
Il pargolo ritiene che il governo dovrebbe distribuire denaro alle persone con i redditi più bassi, prendendo le risorse da una tassazione più alta sulle persone facoltose e magari dalle grandi aziende.
Dunque, c'è di tutto e c'è di più. E se invece lasciassimo in disparte il solito andazzo e facessimo alla maniera empirica?
Se, insomma, per integrare i bassi redditi dei lavori improduttivi mettessimo a reddito quell'esercizio produttivo che, impiegando tempo – attenzione - ottimismo e denaro, nel fare la spesa trasforma la merce in ricchezza; consumando l'acquistato fa riprodurre, crea occupazione produttiva e reddito produttivo dando continuità al ciclo e sostanza alla crescita?
Ehi, non è un dire a vanvera, ci sono grandi Imprese, in giro per il mondo, che fanno utili remunerando quest'esercizio!

Mauro Artibani, l'economaio