mercoledì 24 aprile 2013

ACCIDENTI, E' FINITO IL '900

La crisi continua a mordere, si cercano rimedi, non si cava un ragno dal buco. Un momento. Il cambio di marcia stavolta viene da Torino, riguarda l’unità di intenti tra le parti sociali. Giorgio Squinzi, solenne, volta pagina alla storia quando dice: «Nel momento più difficile della nostra Repubblica, abbiamo il dovere e la responsabilità di stringere un Patto dei Produttori». Vi mette il carico da 11 ed un pizzico di retorica, il numero uno della Piccola Industria, Vincenzo Boccia: “Solo insieme si possono salvare le fabbriche che sono piazze di rivoluzionari silenziosi, di lavoratori e imprenditori che, con il loro lavoro di ogni giorno, difendono le libertà dei loro figli». Essì Signori, finisce il '900, finisce la cruda dialettica tra capitale e lavoro, quel braccio di ferro che ha squinternato il mondo dove sono state achittate ideologie economiche, quella Liberale e quella Socialista, per fornire ragioni ai contendenti; gruppi politici per rappresentarle: la destra e la sinistra. Oggi viene dichiarata la pace; un patto di pace. Tutti sembrano crederci, il leader Uil Luigi Angeletti dice: ''E' evidente, ormai, che imprese e sindacati devono agire concordemente per affrontare la crisi economica e occupazionale, per chiedere la riduzione delle tasse sul lavoro e dei costi della politica e per puntare allo sviluppo''. E Bonanni: «Il patto dei produttori si può fare». La Camusso nicchia. Solo Landini dice no: e te pareva! Il Capitalismo dei Produttori, insomma, rinserra le fila non ci si divide, anzi: Produttori di tutto il mondo unitevi . Orbene, perchè “classe operaia e padroni”, o meglio le loro rappresentanze istituzionali, vogliono oggi unirsi in un matrimonio fin ieri contronatura? La crisi scopre l'arcano. Questo il fatto: chi lavora al produrre viene mal retribuito per poter acquistare quanto prodotto; l'Impresa così ingolfata da un eccesso di capacità produttiva riduce il valore di quel lavoro ed ancor più il remunero; l'eccesso d ' offerta riduce pure i profitti però. L'iperbole che si tenta, insomma, sta in un patto fatto tra chi mal retribuisce il lavoro e chi, con quel lavoro, produce l'eccesso. Gulp! L'unione di due debolezze fanno una forza? Tal produrre non genera ricchezza, il meccanismo dello scambio tra domanda e offerta risulta impallato. Vicenda vecchia quella di un capitalismo che si rifà il trucco senza spostare di una virgola i problemi che lo attanagliano: vive di spesa, esclude chi spende; dentro sta chi produce, fuori chi consuma. Si dirà: ma le persone sono le stesse! Vero, Mario e tutti i Marii lavorano e consumano. Ma in Mario agiscono agenti economici diversi: debole quando produce, forte quando ha da consumare. Con la spesa si genera reddito, il lavoro lo distribuisce; la spesa smaltisce il prodotto, per far riprodurre si crea occupazione, lavoro. La Signora Bianchi ed il Signor Rossi avranno agio nel rivendicare d'esser Consumatori, altro che Produttori; d'esser, giust'appunto, quelli che fan crescere l'economia e presentare il conto per continuare a farlo. Se in quest'oggi finisce il '900 può iniziare risolutamente quel nuovo millennio, quello che va dal Capitalismo dei Produttori a quello dei Consumatori. Quello del nuovo paradigma: “ La crescita si fa con la spesa; così viene generato reddito, quel reddito che serve a fare nuova spesa. Tocca allocare quel reddito per remunerare chi, con la spesa, remunera.” Quello che pure i Produttori dovranno sottoscrivere se vorranno continuare a fare quel che sanno fare. Prosit. Mauro Artibani Studioso dell’Economia dei Consumi www.professionalconsumer.wordpress.com

giovedì 18 aprile 2013

IL REMUNERO DEL LAVORO NON E' SOLO UN COSTO

L'occupazione e' la priorita' ma le prospettive per la crescita e il mercato del lavoro preoccupano. (Gulp. ndr) Lo afferma il Fondo Monetario Internazionale. Nel mondo ci sono 200 milioni di disoccupati, con il tasso disoccupazione fra i giovani allarmante in alcuni paesi. Il tasso di occupazione a livello globale e' al 60%, ai minimi da due decenni. 60%? Porc.... Se la crescita si fa con la spesa e per fare quella spesa occorre disporre di reddito del quale non dispongono quei 60, cosi come non ne dispongono in maniera sufficiente gli altri 40 afflitti da lavoro precario, quelli inattivi e i sottoccupati part-time, chi potrà fare la spesa? Senza andare troppo per il sottile, poi, occorre prendere atto che alla compressione dei redditi concorrono quegli stessi 60 che stanno lì a fare pressione sul mercato del lavoro. C'è pure dell'altro: non potendo, per mestiere, le Imprese rinunciare al miglioramento della produttività dei fattori, spingono l'automazione dei processi così come spingono per la riduzione del costo del lavoro. Tentare di erogare, nell'ingorgo di questi processi, il liquido monetario sufficiente a lubrificare il meccanismo dello scambio domanda/offerta risulta giust'appunto un'impresa. Orbene, se il remunero del lavoro verrà considerato solo un costo da ridurre senza se, senza ma, si rischia di crippare. Essipperchè, se la produttività misura la virtù dell'Impresa nel fare la migliore offerta al mercato, occorre poi disporre la vendita per intero di quanto offerto altrimenti vien fuori il vizio. Giust'appunto, se i redditi, erogati dalle Imprese a chi lavora per produrre merci, risultano insufficienti a smaltire quanto prodotto chi ha da vendere acquisti la domanda non domandata, magari riducendo il prezzo di quei prodotti. Un modo per rifocillare il potere d'acquisto, proprio quello che spende. Sorbole, si può così tornare a competere, far risplendere la produttività dell'Impresa e magari pure crescere! Questo, con il permesso di Lorsignori, s'ha da fare per far si che non accada più quel che l'Istat mostra: il reddito disponibile delle famiglie consumatrici è diminuito nel 2012 del 2,1%. Nel solo quarto trimestre il calo è stato dello 0,3% rispetto ai tre mesi precedenti e del 3,2% rispetto allo stesso periodo del 2011. Tenuto conto dell'inflazione, il potere di acquisto delle famiglie consumatrici è sceso nel 2012 del 4,8%. Si è trattato del più forte calo da quando hanno avuto inizio le serie storiche, ovvero dal 1990. Mauro Artibani Studioso dell’Economia dei Consumi www.professionalconsumer.wordpress.com

mercoledì 10 aprile 2013

DI MALE IN PEGGIO

Su internet news a crepapelle.Prendo al volo un dato, poi un auspicio. Il dato: nel rapporto del segretario generale dell'OCSE Angel Gurría, sugli aiuti offerti dai Paesi industrializzati a quelli poveri, si legge come complessivamente nel mondo l'aiuto allo sviluppo sia calato del 4% in termini reali nel 2012, dopo aver registrato già un calo del 2% nel 2011. Alla base della contrazione ci sono i continui tagli di bilancio dovuti alla crisi. L'auspicio, invece, sta tutto nel sogno della Banca mondiale: chi la governa ha l'obiettivo di eliminare l'estrema povertà nel mondo entro il 2030. Lo ha annunciato ieri il presidente dell'istituto, Jim Yong Kim, durante il suo discorso all'università di Georgetown. Un'agenda ambiziosa che prevede di aumentare i redditi dei più poveri. Dice. "Siamo in un momento propizio della storia in cui i successi degli ultimi decenni e le prospettive economiche sempre più favorevoli si combinano per dare ai paesi in via di sviluppo la possibilità, per la prima volta in assoluto, di porre fine alla povertà estrema entro una generazione". Tra i fatti e gli auspici però i conti non tornano. Se i paesi ricchi riducono i contributi, c'è di mezzo la crisi. Già, la crisi, quella dell'incapacità di fare la spesa, ovvero, dell'impoverimento degli spenditori. Se non si spende non si cresce. Si ridurranno le entrate tributarie dalle quali si attinge per pagare quei contributi e senza contributi i poveri resteranno poveri. C'è pure dell'altro però, un altro ritornello: se l'occidente impoverisce spende ancor meno, verranno prodotte meno merci, occorreranno meno materie prime, magari alimentari, proprio quelle che esportano i paesi poveri. Ahinoi, di male in peggio! Che dire, auspicio per auspicio, spero abbia ragione Jim Yong Kim e torto marcio io. Cacchio-cacchio-cacchio, non c'è auspicio che tenga, Morya Longo dalle pagine de “ Il sole 24 ore” ci mostra come, seppur si rischi di affogare nella liquidità mondiale che ha inondato il mondo ( 54.000 miliardi di $, il 77% del Pil mondiale), per tutta risposta gli spenditori non riescono ad abbeverarsi, a tal liquido monetario, dei quattrini necessari per far quel che gli spetta: far crescere l'economia di tutti, per tutti. Mauro Artibani www.professionalconsumer.wordpress.com

giovedì 4 aprile 2013

DALLA QUARESIMA ALLA PASQUA, FORSE!

Toh, una Flessione dello 0,5 per cento su base mensile per le vendite al dettaglio in Italia a gennaio. I dati Istat evidenziano che nella media del trimestre novembre-gennaio 2013 l’indice è diminuito dello 0,8% rispetto ai tre mesi precedenti. Nel confronto con dicembre 2012, diminuiscono sia le vendite dei prodotti alimentari -0,6% sia quelle dei prodotti non alimentari -0,4%. Le vendite al dettaglio, ovvero la spesa dei Consumatori, non vanno. L'indice destagionalizzato della produzione nelle costruzioni, a gennaio, e' diminuito, rispetto a dicembre 2012, dell'1,4%. Lo annuncia ancora l'Istat. Nella media del trimestre novembre-gennaio l'indice ha registrato una flessione del 6,3% rispetto al trimestre precedente. Quegli stessi Consumatori, insomma, acquistano meno immobili. Eppoi, un nuovo tonfo per il fatturato e per gli ordinativi dell'industria italiana in gennaio, con tassi che mostrano, su base annua, rispettivamente un calo del 3,4% (destagionalizzato) e del 3,3% (dato grezzo). Cosa cacchio sta succedendo? Ce lo dice la Commissione Ue nel suo rapporto su occupazione e situazione sociale nell'Unione: in Italia la crescita delle famiglie con disagi economici è stata di oltre il 15%. A livello di Ue, precisa Bruxelles, lo stress finanziario "colpisce quasi una famiglia su quattro a basso reddito e ha continuato a salire negli ultimi mesi". Non c'è trippa per gatti insomma. Quando il disagio economico si mostra, se non si smette di fare acquisti si fanno però più ponderati. Si, insomma, se prima si era prodighi, ora tocca farsi temperanti: ridurre la spesa per migliorare la redditività del redditto. Massì, una bella Spending Review! Si legge della flessione dello 0,6 degli alimentari, tra questi i discount con il fatturato in riduzione; si vendono molte meno auto, poche case, ancor meno abbigliamento. Meno meno meno, insomma fa meno Pil. Essipperchè non si acquista, si riduce la spesa proprio quella che fa il Pil e se di quella spesa privata, che fa il 60% del Pil, se ne fa meno, che so... il 54, sono dolori: alla crescita potenziale di 1600 miliardi di € ne vengono a mancare 96. Se quella crescita non cresce, non cresce l'occupazione, manco i redditi, meno entrate fiscali e per l'amordiddio mi fermo qui. Che dire... ad occhio e croce da questo periodo di penitenza si può uscire; si può andare dai singhiozzi quaresimali ai cinguettii pasquali. Giust'appunto un tweet: La crescita si fa con la spesa; così viene generato reddito, quel reddito che serve a fare nuova spesa. Tocca allocare quel reddito per remunerare chi, con la spesa, remunera. Mauro Artibani www.professionalconsumer.wordpress.com www.professioneconsumatore.org