giovedì 30 aprile 2015

CRISI, TROVATO IL BANDOLO DELLA MATASSA 2

Prendi un dato, mettilo accanto ad un fatto: se di colpo si fa buio e magari piove pure, sono cacchi. Per tutti.
Il dato: il centro studi Confcommercio riferisce che i redditi delle famiglie al 2013 ammontano a 1303 mld di euro, la stessa cifra disponibile dalle famiglie nel 1988.
Il fatto: nell'arco di questi 25 anni un gigantesco aumento, in volume e numero, di nuove merci si è riversato sul mercato.*
Miscelati ben bene dati e fatti, et voilà: i redditi erogati dalle Imprese, a chi lavora per produrre merci, sono risultati insufficienti ad acquistare quanto prodotto impallando il meccanismo dello scambio.
Quando questo accade lo squilibrio si mostra patente. Sul mercato sta un'offerta in eccesso ed una domanda in difetto: merci non valutate = merci svalutate.
Produttori e Consumatori, seppur soci in solido per fare la crescita, mancano l'esercizio del loro ruolo.
La produttività totale dei fattori collassa; viene dissipata ricchezza.
In questa intricata matassa della crisi, si mostra evidente come la crescita economica renda indifferibile l'esercizio della spesa.
Bene, il bandolo della matassa sta proprio in questa indifferibilità, basta prenderlo e tirare.
Tirato, ne esce un twitt: "La crescita si fa con la spesa. Così viene generato reddito, quel reddito che serve a fare nuova spesa. Tocca allocare quelle risorse di reddito per remunerare chi con la spesa remunera."
Riallocare, appunto, quei 1600 Mld di Euro l'anno che la crescita genera e il Pil misura.
In quel gruzzolo ci sta pure il Profitto, da non confondersi con gli utili d'impresa, che nel sistema circolare e continuo della produzione manca di ragione economica.
Riallocare quel profitto, abbassando il prezzo delle merci, migliora la capacità competitiva dell'Impresa; rifocilla quel potere d'acquisto buono per tornare a fare la spesa, smaltire sovraccapacità e generare reddito nuovo di zecca.
E, se tutto questo rischia di apparire solo un dire, ci sono Imprese che nel fare affari già lo fanno:
IKEA, commercia mobili con una Filosofia d’Impresa fatta apposta per Noi: rinuncia a porzioni di profitto ottenendo un impareggiabile vantaggio competitivo e utili.
Vende mobili da montare, chi li acquista impiega TEMPO per il montaggio, ne ricava il prezzo più basso sul mercato che rifocilla il potere d’acquisto.

TELEVISIONE COMMERCIALE e pure le FREE PRESS, quei quotidiani, a costo zero, offerti agli angoli delle strade.
Il loro “Core Business”, per fare utili, sta nell’ impiegare i palinsesti per conquistare prima e vendere poi la mia attenzione ai Pubblicitari, che la rivendono agli inserzionisti.
Basta prestare l’ ATTENZIONE. Con quelli della televisione si ricava informazione ed intrattenimento, 24/24, senza spendere il becco d’un quattrino. Con quelli dei giornali, notizie a costo zero. Un bel ricostituente per il potere d’acquisto: 1 €x 365= 365€ l’anno.

GROUPON, GROUPALIA, LET'S BONUS.
Social shopping, aziende che fanno lauti guadagni intermediando tra un’offerta in eccesso e una domanda in difetto. Le Imprese ottengono di poter ridurre i costi della sovraccapacità; i Consumatori ottengono coupon d’acquisto, per merci e servizi, scontati fino all’80%. Il potere d’acquisto, si gonfia, l’ OTTIMISMO trasale!

Gli OUTLET fanno soldi nella città dei saldi, dove le Imprese, sovraccapaci, smerciano l’invenduto per recuperare margini di guadagno. Con gli sconti si salda il conto con l' ottimismo di chi fa la spesa.
Fiuuuuuuu! Rifocillando il potere d'acquisto si può ripartire: con la spesa viene trasformata la merce in ricchezza; il consumo dell'acquistato fa ri-produrre, crea occupazione, da' continuità al ciclo produttivo e sostanza alla crescita.
Un tal rifocillo conviene, a tutti!

*Dati e fatti che, seppur con variazioni marginali, si scontrano in tutti i paesi Ocse
Mauro Artibani



giovedì 23 aprile 2015

MANNAGGIA LA MISERIA DEL TESORETTO

Che non funzioni più quel vecchio anchilosato paradigma che recita: "le Imprese generano ricchezza ecc." mi fregio di dirlo da tempo. Quando sta pure nel dire del Ministro Padoan, è tutt'un altro dire.
Lo dice approposito del come usare quel "tesoretto" che quelli del Governo sembra abbiano scoperto:
"Le opzioni possibili sono diverse: la crescita, il risanamento, l'inclusione e, dunque, il sostegno ai redditi più bassi". Così la mette il Ministro dell'Economia in un'intervista a La Stampa sulla destinazione del bonus da 1,5 miliardi. "La logica di un intervento contro le povertà - spiega -sarebbe la stessa che ci ha portato a introdurre il bonus degli ottanta euro."
Toh, il Ministro sta dicendo che la ricchezza generata dal sistema produttivo non arriva a tutti!
Non pago, rincara la dose: "L'evidenza empirica dice che dove la distribuzione della ricchezza è più equa anche la crescita è migliore."
Eggià, "l'evidenza empirica" soccorre il Ministro là dove la teoria economica non riesce ad interpretare il reale, ancor meno ad orientarlo.
Mi scusi Ministro, ma quell'evidenza dice pure che, quando tutto il prodotto dal sistema delle imprese non viene interamente acquistato, sono cacchi, per tutti: non vi sarà alcunchè da distribuire!
Di evidenza in evidenza, si rende ancor più evidente quanto, insomma, sia il valore del produrre e quello del consumare per la generazione della ricchezza.
Anzi, giacchè ci sono le propongo di fare dell'evidenza empirica del valore, contenuto nell'esercizio di consumazione, il paradigma nuovo e risoluto per andare oltre la crisi: "La crescita si fa con la spesa. Così viene generato reddito, quel reddito che serve a fare nuova spesa. Tocca allocare quelle risorse di reddito per remunerare chi, con la spesa, remunera."
Eggià, non è questione di redistribuire degli spiccioli, trovati rimescolando tra gli obiettivi di deficit, finendo magari con limitare l'altra spesa - quella pubblica - che seppur mal fatta fa il 20% di quella ricchezza.
Ministro, se rialloca invece l'Impresa, abbassando i prezzi, rifocilla quel potere d'acquisto per fare proprio quella spesa che fa fare utili all'impresa.
Così... tanto per non offrire il fianco alle critiche dei suoi detrattori.

Mauro Artibani


venerdì 17 aprile 2015

DRAGHI CHIEDE RIFORME DRACONIANE

Questa ripresa che si intravvede non è di tipo strutturale!
Fiuuuuu! Lo ha dichiarato Mario Draghi, numero uno della Bce, in un'audizione alla Camera evidenziando come non tocchi alla politica monetaria avviare una ripresa strutturale, quando invece alle riforme strutturali dei Paesi membri.
Si tratta di riforme essenziali e assai più importanti in questo periodo, per via dell'elevato indebitamento presente in diversi Paesi e per via dell'invecchiamento demografico.
In particolare Draghi richiede che cresca il tasso della produttività ancora troppo modesto, per esempio, in Italia. Servono dunque interventi in tal senso.
Giusto!
Al riguardo insiste: servirebbe l'ingresso di nuove imprese più efficienti, anche tecnologicamente, o la riallocazione produttiva delle risorse di imprese esistenti. Quest'ultima sembra essere la strada più rapida e raccomandata.
Dunque vediamo: nuove Imprese efficenti e tecnologicamente acconce e/o riallocazione delle risorse di imprese esistenti?
Bene, ce l'ho tutte e due.
L'una: L'impresa dei consumatori. Massì, un sacco di gente che dispone dell'unica merce scarsa sul mercato: la domanda.
La si organizza, raccoglie e dispone in pacchetti "offerta" da mettere sul mercato. Così quando la politica monetaria avrà mostrato la sua inefficacia nel sostenere la domanda, quindi la crescita, quella domanda varrà ancor di più.
L'altra: se un albergo dispone di venti stanze e ne occupa solo otto, un ristorante occupa venti tavoli ma ne ha sessanta ed una piscina con dieci corsie risulta semivuota, sono cacchi. Questa sovraccapacità costa, eccome, e se non si smaltisce sarà ancor di più.
Problemi eh? Essì problemi.
Distinti, non distanti però: tutteddue stanno sulla stessa zattera. Si, su una bella piattaforma condivisa, messa sul web per consentire lo scambio. Et voilà: l'Impresa, per ridurre i costi della sovraccapacità acquista quella domanda che si è fatta offerta, abbassando i prezzi; i Consumatori, rifocillati da cotanta vendita acquistano e smaltiscono quelle sovraccapacità.
Sanati gli eccessi, così come i difetti, risale la produttività degli attori economici.
Il ciclo può ripartire, la crescita pure.

Mauro Artibani




mercoledì 8 aprile 2015

LA FIDUCIA DEGLI SFIDUCIATI DALLA CRISI

Aumenta la fiducia dei consumatori: l'indicatore Eurostat di Bruxelles misura 1,8 punti a quota -6,7 punti rispetto a gennaio nell'Eurozona e di 1,4 punti a quota -4,4 punti nella Ue.
Che razza di fiducia è mai questa?
La fiducia ancora sfiduciata insomma; è in crisi l’ottimismo, dilaga il pessimismo: ce n’è ben donde.
Eggià, le emozioni fanno i conti con le ragioni poco emozionanti del portafogli smilzo.
Con redditi insufficienti, risparmi al  lumicino e debiti che si profila superino il livello di guardia, dove possiamo andare?
Un meccanismo economico-produttivo che genera il 60% della ricchezza mediante il consumo delle famiglie e che trova modo di potersi sostenere sulla fiducia,  mostra segni di fragilità sorprendente che riverbera a catena i suoi effetti.
Se la mia fiducia pone un freno al consumo, sfiducia l’imprenditore ad investire; stessa sfiducia dai trader di borsa ad investire sulle azioni di quell’imprenditore; sfiducia quelli del capitale finanziario a fare i loro investimenti su quell’azienda; sfiducia che si propaga agli esattori delle tasse perché avranno meno introiti da esporre.
Credete che i “sottoposti” stiano meglio?
Sono sfiduciati come consumatori figuratevi quale ottimismo avranno sul proprio domani lavorativo.
E i politici, sfiduciati anch’essi, da tutti quelli che avevano riposto fiducia nella loro capacità di gestire la fiducia dei consumatori.
Ci siamo dentro tutti. Pure tutte  le implicazioni di sistema.
Un gran casino!
In fondo a questo buio una luce, ancora fioca ma vivida, quella nelle mani del nuovo consumatore;   quello professionista  bello, aitante, pieno di sé; quello che sa usare le proprie passioni come una risorsa, che sa estrarre  forza dalla debolezza, che sa fare di necessità virtù; perfettamente in grado di cogliere il valore di mercato della sua fiducia e darle un prezzo.
Fiducioso che la sfiducia di tutti abbia alzato notevolmente il costo del suo ottimismo; fiducioso che ci sarà qualcosa o qualcuno in grado di dargli  conforto e sprone.
Questa capacità professionale occorre mettere in campo per uscire dall’empasse.
La fiducia dei consumatori, ganglio vitale del meccanismo economico, mostra un valore inestimabile; va coltivato il senso di affidamento e di sicurezza che sostiene tale fiducia; va curata, coccolata, adulata epperchennò ricompensata e vivvaddio pure remunerata!
Mettiamo la nostra fiducia a reddito. Rimpingueremo le nostre asfittiche casse; il livello della nostra esistenza troverà conforto.
Faremo espandere l’economia e ringalluzzire il Pil, il meccanismo produttivo tornerà fluido ed a tutti il sorriso.
Nell'attesa, che tutti gli agenti economici prendano atto dell'ineluttabilità del non potersi sottrarre a tal remunero, buona Pasqua.

Mauro Artibani


mercoledì 1 aprile 2015

WANTED, PER QUELLI CHE NON FANNO LA SPESA

Il deprezzamento dell' Euro, il calo del prezzo del petrolio fino al Quantitative Easing, sono le opzioni congiunturali che fanno intravvedere scorci di crescita.
Congiuntura che, appunto, non dura e non può farci desistere dalla ricerca dei responsabili di questa crisi che imperversa da sette anni.
Questi irresponsabili, anzi, vanno intercettati e perseguiti.
Il Bollettino emesso dal Direttore generale, uno degli sceriffi di BankItalia, li intrappola inchiodandoli alle loro responsabilità. "La Guerra dei Sette Anni è quella da cui sta uscendo l'economia italiana. Non una guerra tradizionale ma una di queste guerre moderne, virtuali, in cui capannoni, uffici, posti di lavoro possono vaporizzarsi con il click di un mouse". "Rispetto a sette anni fa produciamo quasi un decimo in meno, l'industria ha subito una contrazione del 17 per cento, le costruzioni di oltre il 30. Non pago insiste : Sono stati distrutti all'incirca un milione di posti di lavoro". E insiste ancora l'alto funzionario Salvatore Rossi: "le imprese investono un terzo in meno, le famiglie spendono l'8 per cento in meno. Le esportazioni sono a stento rimaste costanti. È aumentata la diseguaglianza fra le imprese e fra le famiglie".
Orbene, mettiamo in chiaro la questione per non rimanere invischiati tra statistica ed etica: la crescita si fa con la spesa. Tutto il resto è noia, anzi solo l'effetto di quella mancata spesa.
Verrebbe voglia di spiccare un mandato: Wanted per i renitenti della spesa.
Massì! Acchiappare quelle famiglie/clienti dell'8%, dove stanno quelle che hanno gli stessi redditi del 1990 ed altre che spendono meno di quanto dispongono.
Eggià questa diversità si chiama "propensione al consumo". Si mostra inversamente proporzionale a quanto si ha in portafoglio, dimostra che non tutte le famiglie fanno quel che gli spetta nel fare la spesa; espone pure però quel "paradosso della parsimonia" che in tempo di crisi frega i furbi.
Essipperchè, se tu e quelli come te non fanno tutta la spesa che debbono e possono, fanno la crisi. La crisi brucia i vostri risparmi. Costituitevi, la legge non ammette insipienza!
Saltiamo da palo in frasca, manco tanto però: le imprese riducono la propensione al rischio non facendo spesa d'investimento in conto capitale?
Okkei, allora per non finire in gattabuia, quel profitto indebitamente intascato, che remunera il rischio d'impresa, va rimesso in circolo. Magari abbassando i prezzi per rifocillare il mesto potere d'acquisto di chi non ce la fa e sperare nella clemenza della corte.

Mauro artibani

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