martedì 24 luglio 2018

SI PUO' STAR MEGLIO, NON SOLO PEGGIO!


C'era una volta mio Padre, un operaio di classe che, insieme ad altri lavorava per fare quelle merci che le imprese vendevano al mercato a chi ne aveva bisogno. Non erano molte, quel pregresso bisogno, con la spesa, le acquistava.
Pressappoco al tempo, la produttività totale dei fattori andava al massimo.
Poi quelle stesse Imprese migliorarono i processi, la qualità e la quantità dei prodotti e, memori dei consigli di Henry Ford, traferirono tanto/quanto della ricchezza intascata, generata dall'acquisto, nelle tasche di mio padre e a quelle dgli altri per far acquistare quanto prodotto.
Fiuuu, non c'era gap nell'output; l'efficienza dei fattori produttivi andò al massimo. Al massimo pure quel fattore nuovo di zecca, l'esercizio del bisogno, venne addirittura reso saturo.
Fin qui tutto bene.
Poi le Imprese, ebbre per cotanto fatto, produssero ancor di più, anzi troppo!
Quando se ne avvidero, per riparare al danno e ai costi impliciti della sovraccapacità, tagliarono i salari dei responsabili, poi il capitale per fare gli investimenti.
Dunque, quando il lavoro paga prezzo, con un portafoglio sgonfio e lo stomaco satollo, beh... fate voi!
Ta-ta-tà, la produttività totale dei fattori rischia il collasso.
Ehi, ad esser maligni viene in mente che, per riffe o per raffe, alle Imprese, traferendo la ricchezza generata ai fattori produttivi, resta in tasca gran parte del malloppo; a mio Padre le Cambiali. Da qui sembra potersi scorgere la coda lunga delle diseguaglianze d'oggi.
Ma tantè, anzi. Quando agli inizi degli anni settanta, con un tempismo sospetto, viene eliminata la convertibilità oro/moneta, ci si chiude il naso e si fa tutto a credito: si rimpinguano i portafogli, si spende ben oltre il bisogno, con il debito viene generata nuova ricchezza.
Si rabbercia la produttività dei fattori: nel mondo si tira avanti tra crisi, recessioni, riprese e stagnazioni sostenute da un dollaro sonante e tre di debito.
Cavolo, il sistema produttivo stava meglio quando si stava peggio; ancor peggio quando alcuni prevedono la stagnazione farsi secolare.
D'accordo, tutto questo si può dire alla Luna.
Beh, pure però ad una Politica fin qui impegata a dire, meno a fare, il da farsi magari per disporre un'ambiente normativo all'uopo attrezzato che rimuova questi dannati impacci.
Calma Signori, non è questione che pertiene alla consueta "redistribuzione" tra Capitale e Lavoro.
Questa volta si tratta di una quisquilia tecnica: Occorre aver da spendere per fare quella spesa che, smaltendo il prodotto, fa incassare per remunerare adeguatamente quel Capitale e quel Lavoro. Nell'Economia dei Consumi funziona così!
Dunque, occorre riallocare, nel trasferimento della ricchezza, parte del remunero dai vecchi fattori produttivi al fattore nuovo di consumazione; mettere, insomma, a reddito il maggior valore presente nell'esercizio del consumare rispetto a quello del produrre.
Da un Capitale che non trova conveniente investire e un Lavoro nella produzione - troppo spesso sparito/precario/sottopagato/disoccupato - che acchiappa basso reddito all'esercizio di consumazione, dove occorre aver a sufficienza da spendere per poterlo esercitare e generare nuova ricchezza.
Si dirà: ma in un'economia di mercato, tocca alle Imprese farlo?
Vero, nel mondo ci sono grandi Aziende che già lo fanno, rende!
Allo Politica tocca invece dar sprone, attrezzando un idoneo ambiente normativo, a quelle che nicchiano, efficace per tenere attivo il ciclo economico, migliorare la produttività totale dei fattori, poter rimettere il debito e vieppiù anche intascare un corposo credito elettorale.

Mauro Artibani, l'Economaio


martedì 17 luglio 2018

IL GAP DELL'OUTPUT E IL PIL FASULLO


Mi venga un colpo! Per abbattere il gap dell'output occorre adeguare il potere d'acquisto al fine di poter smaltire quanto si è prodotto, così viene riportato il meccanismo produttivo in equilibrio che, gira e rigira, genera tutta la ricchezza possibile.
Ennò! Quelli dell'Output gap working group*, una "Giuria" di giudiziosi che giudica ma non giura sul giudicato, non ci stanno.
Tra il lusco e il brusco li senti sussurrar: se tutti hanno venduto e tutti hanno acquistato non stiamo nel migliore dei mondi possibili. Essipperchè, così si acquista pure il vecchio, il malfatto, magari anche il più costoso. Così la voglia di migliorare la produttività e la capacità competitiva delle Imprese va a farsi friggere!
Okkei, siamo alle solite. D'accordo, non mi sottraggo, ho in casa i Led come tutti ma.... l'emozione del lume di candela, vuoi mettere... intriga e se smucinando nel borsellino trovo un soldino la voglio e quella cera la piglio.
Intriga al tempo dell'Ikea, che ha cambiato i connotati all'abitare, pure un mobile artigianale.
Intriga anche andare a cena "dar bugliaccaro" pure dopo quel McDonald's che ha uniformato il mangiare.
Ehivoi del calcolo esoterico, che intendete misurare il divario della crescita, ce la farà il miglioramento produttivo a braccetto della competitività di quelle Imprese a tenere al massimo la produttività totale di capitale e lavoro dell'intero sistema, se restan fuori quelle merci invise a voi?

Orbene se, quel seduto su una sedia impagliata mangiando casereccio al lume di candela, sembra ledere l'assoluto "produttività/competitività", mi tocca rammentare come non stia nella merce il valore ma nel lavorio, nei bisogni, nelle voglie, nelle emozioni e nelle passioni di Tizio; nel fare i conti poi tirar fuori il borsellino, infine spendere.
Giust'appunto, il valore non sta dentro la merce; sta invece nella soddisfazione di quelle "voglie"; nell'esser scarse e che quello stesso tizio disponga del denaro necessario per poterla acquistare. Valore, insomma, che si mostra solo nel gesto del prezzo pagato.

Altro che il valore della produzione potenziale; schiava del consumo potenziale che, suddito della spesa potenziale, subisce il ricatto del potere d'acquisto reale. Già, quel misero reale che resta in tasca quando le Imprese dopo aver strizzato il Clup,** riducendo il lavoro e/o il salario, trasferiscono la ricchezza, generata dalla spesa, per mal remunerare i fattori della produzione.
Bella no?
Dunque, care Vestali dell'output per ridurre quel gap e poter fare il "Pil massimo" non basta ben produrre, s'ha da fare ben la spesa; per farla tocca avere in tasca i denari sufficienti e, piaccia o meno, acquistare tutto quel che passa il convento, magari disponendo, alla bisogna, in portafoglio delle USUP. Si, quelle Unità di Spesa per Unità di Prodotto.
Chi le paga? Beh, chi ha ancora in magazzino scorte di quel "ben prodotto" e non vuole svalutarle.
A meno che... non si voglia continuare a surrogare il Pil con il debito. Quello complessivo globale ha raggiunto 247 mila miliardi di dollari nel primo trimestre del 2018. Lo riporta l'Institute of International Finance, precisando nel suo Global Debt Monitor che l'incidenza dell'indebitamento totale rispetto al Pil globale ha raggiunto il 318%.

    *Quelli che sul loro sito scrivono: "Il divario del PIL o l'output gap è la differenza tra output potenziale e output effettivo. La produzione potenziale è il livello di produzione che può essere raggiunto quando l'economia funziona a piena capacità e i fattori di produzione sono quindi utilizzati a livelli non inflazionistici."
    ** Clup: costo del lavoro per unità di prodotto

Mauro Artibani, l'economaio

lunedì 9 luglio 2018

IO, BEPPE e RENE'


Ciao Beppe, tu chiudi il pezzo così: Come diceva Renè Descartes, "se vuoi veramente conoscere la verità, almeno una volta nella vita devi dubitare, il più profondamente possibile, di tutte le cose".
Bene, io da qui riparto.
Comincio dalle verità.
Renè, nel 17° secolo cambia i connotati all'uomo; con "l'io penso" lo affranca dal sovrannaturale, disincarnandolo, lo estrae pure dal naturale.
Posto fuori dalla natura, in quegli stessi anni, nella "pittura di paesaggio" la rimira; nella "natura morta" la saccheggia. "Illuminato" da quel pensiero, libero da impacci, raggiunge vette inesplorate.
Tu, con i tuoi "vaffa", hai prima sgetolato una Politica negletta, appesa a politici da operetta, poi a sciabolate d'etica hai costruito l'alternativa. sei, con i tuoi sodali, la prima forza in Parlamento.
Io? Beh,studio l’Economia dei consumi, quella che gli accademici non scorgono e che le facoltà di Economia non insegnano. Dunque, da economaio, ancorchè amorale, anch'io ne ho una: La crescita si fa con la spesa, non con la produzione nè con il lavoro*. Così vengono generati i 2/3 di quella ricchezza che, intascata dall'impresa e trasferita, serve magari a mal pagare il capitale, il lavoro poi pure la previdenza, l'assistenza, la sicurezza, la difesa, l'istruzione.....; giust'appunto, tutto quel che non può farsi con la de-crescita.
Beh, dette le verita, tocca ai dubbi.
A Renè, che dal 1650 si è reso indisponibile, fischieranno le orecchie se, quel pensiero illuminato e disincarnato, sembra in parte responsabile di una Natura depredata al cui capezzale si lagnano gli eticisti d'ogni risma.
Tu, con i tuoi dubbi, dici: Questo sistema si è rotto, non funziona ma non avendone un altro migliore non ci resta che capire cosa non funziona. Io un'idea ce l'ho, il suo nome tecnico è "sortition". Ma il suo nome comune è "selezione casuale.
L'idea è molto semplice: selezioniamo le persone a sorte e le mettiamo in Parlamento".

Beppe, Dio/te/ne/renda/merito; io, da molti anni renitente al voto, ti vengo dietro.
Ehi ma per non cadere nella trappola del conflitto d'interessi, con questa sortition non smentisci pure quelli che hai concorso a far eleggere?
Beh, daltronde al dubbio si paga un prezzo!
Non pago specifichi: "la selezione dovrebbe essere equa e rappresentativa del Paese. Il 50% sarebbero donne. Molti sarebbero giovani, alcuni vecchi, altri ricchi, ma la maggior parte di loro sarebbe gente comune.
Ennò Beppe, sarà pure un eterogeneo microcosmo della società ma... con un comune obbligo di ruolo, quello di dover fare la tanto esecrata spesa per generare quella non esecrata ricchezza per tutti.
Tutti? Beh, qua il dubbio viene a me: ti avevo già detto come, quella ricchezza, generata appunto dalla spesa, dalle Imprese venga poi trasferita ai fattori della produzione: Capitale e Lavoro. Dunque, nella vecchia economia della produzione questo meccanismo di trasferimento sembrava funzionare; nell'attuale economia dei consumi, che non incorpora tra i fattori la funzione della spesa, no. Da' a chi troppo ha per poter spendere tutto, poco a chi non ha da spendere.
Bene, nel dubbio, la vedi la possibilità?
Massì un Senato con Senatori a caso che, non a caso fan tutti la spesa, avranno una voglia plebiscitaria** di ristrutturare, magari a norma di legge, quest'aggeggio di traferimento inserendovi il remunero, proprio di quel fattore nuovo di zecca; buono per rifocillare il potere d'acquisto.
Quale potrà essere il dividendo che se ne può trarre, dici?
Beh, ad occhio e croce, due piccioni con una fava.
Il primo, un tornaconto***, adeguato alla bisogna che compensi il ruolo svolto per tenere in equilibrio il sistema economico/produttivo e attivo il ciclo.Ci sono, nel mondo, grandi Imprese che già lo fanno: rende!
Il secondo, per non perdere il suddetto tornaconto, nel trovare interesse alla responsabilità. Giust'appunto, se la Terra, malata, mette a rischio il futuro del nostro guadagno dobbiamo sventare questo rischio. Il modo: fare domanda di merci a basso impiego energetico ed eco-compatibili; pure quella di beni immateriali e di prodotti ignudi, svestiti dai packaging sfrontati.
E quando tutti in coro facciamo queste domande, beh, allora la domanda comanda e all’offerta toccherà ubbidire.
Eggià, questo s’ha da fare per la nostra cara amica: rassodare la capacità riproduttiva e ripristinare quella di smaltire i residui.
Glielo dici tu a Renè?

Prosit.

* Ad un'impresa e ad un lavoro sovraccapace questo accade: Un' auto, prodotta ma non venduta, non è ricchezza, arruginisce; il latte invenduto dopo tre gioni caglia; con il giornale, rimasto in edicola, il giorno dopo si incarta il pesce!

** Non in conflitto di interesse, fanno per l'interesse di tutti.

*** Il tornaconto del potere d'acquisto sta al felino che caccia per mangiare come il reddito di cittadinanza sta al fellone che mangia la pappa e fa le fusa.

Mauro Artibani, l'amorale

martedì 3 luglio 2018

EHI, METTIAMO A REDDITO IL VALORE DEL CONSUMARE


La crescita economica si fa con la spesa aggregata, non con la produzione nè con il lavoro!
Quella fatta dai consumatori risulta pari ai 2/3 della spesa complessiva.
Bene, se questo devo fare per far crescere l'economia, ho pure l'obbligo di far valere il valore della mia spesa, intercettando tutte le occasioni di guadagno che, se aguzzo la vista, scorgo.
Un momento, c'è di più. Quando faccio la spesa metto in campo risorse scarse: il mio tempo, la mia attenzione, il mio ottimismo che aggiungono valore al valore.
Fiuuuu, si intravvedono alleanze di mercato, azioni mirate, opportunità per il “fai da te” che fanno guadagnare.
Tra le Imprese c’è chi fa business, per rispondere ai nuovi equilibri del mercato, con originali filosofie aziendali accettando le nuove regole del gioco, imparando a muoversi in mercati saturi.
Imprese che fanno affari se e quando i Consumatori, acquistando le loro merci, migliorano il potere d'acquisto.
C’è chi si mette in mezzo e intermedia tra domanda e offerta: Groupon & c, associano chi ha eccesso da smaltire e chi vuole risparmiare, migliorando il rendimento della spesa fino all'80%; lì dentro si possono fare affari d’oro.
In ogni angolo di strada si vendono le free press: si acquistano a costo zero.
Tanto vale la nostra attenzione alla loro pubblicità; non si spende, si risparmia. Questo risparmio si moltiplica per 365, i giorni dell’anno, si guadagna più o meno 547,5 euro e siamo pure informati.
Se si sposa la Ikea philosophy: ci guadagniamo. Vendono mobili da assemblare, li acquistiamo, li montiamo; ci viene retribuito il tempo per farlo. Si spende meno per l’acquisto, guadagnando il prezzo più basso sul mercato dell’arredamento.
I gestori degli Outlet hanno attrezzato spazi che fanno incontrare, chi ha i magazzini pieni di merce invenduta e chi pur volendo acquistare dispone di poco denaro per farlo. Dall'incontro tra uno svantaggio e un vantaggio si ottiene il prezzo più basso. Loro svuotano il magazzino, i Consumatori, migliorano il potere d'acquisto; il gestore fa affari.
Se si è proprietari di una casa poco usata o di un auto, troppo spesso in garage, con Airbnb e Uber, quei beni durevoli si possono trasformare in beni d'investimento. Ci guadagnano i gestori delle piattaforme internet, quelli che hanno fatto l'investimento e chi, con un prezzo contenuto, utilizza quei beni.
Visto Gente? Si può fare, restituisce credito al nostro credito, da sprone alla crescita economica; ancor di più, rende!

Mauro Artibani, l'Economaio