giovedì 27 febbraio 2014

TOH, IL MOLTIPLICATORE DELLA CRESCITA



Senza farla troppo lunga: dentro la crisi, quelli della spesa aggregata stanno messi davvero male.
La spesa pubblica non spende, costretta anzi alla spending review, per aver speso troppo e male.
La spesa privata, privata di un reddito sufficiente alla bisogna, revisiona la spesa anch'essa.
La spesa delle imprese, in conto capitale, pah ! Con i magazzini pieni di merci che si svalutano si ritrae sdegnosa. Figuriamoci se spende pure per rifornire la scorte.
Ci sarebbe da dire della capacità di impresa delle banche, ma lasciamo stare.
Orbene, tutti stiamo scalzi e nudi, imbrogliati in una matassa tutta da dipanare.
Sotto a chi tocca!
Gia, a chi tocca?
Può lo stato spendere se il prelievo fiscale non rifornisce la spesa?
Lo fa l'impresa che, nell'attesa di svuotare i magazzini, trova conveniente mettere i profitti in attività finanziarie per ridurre almeno il rischio?
Ho capito: ri-tocca a me, seppur scalzo e nudo.
Essipperchè quando tutti quelli come me fanno la spesa, ne fanno tanta: il 60 % di quella complessiva.
Se ho la possibilità di acquistare scarpe e abiti mi rimetto in cammino: faccio crescere il Pil, sprono pure gli aggregati a fare quel 40 % che spetta loro.
Eggià, se svuoto i magazzini, ripristino il valore delle merci lì dentro ficcate, ci sarà chi dovrà investire per riprodurre e rifornire le scorte. Ci sarà lavoro da fare, disoccupati da occupare, più risorse di reddito in giro che pagano l'iva, l'irpef, l'irap che finanziano la spesa pubblica.
Aggregati, appunto, appassionatamente a fare, per rifare la crescita.
In fretta però. La combriccola "Libero Mercato spa", con la crisi, vede contrarsi il capitale generato a 1500 mld di euro in capo d'anno: un bel danno
Orsù, per quanto ridotta la "ciccia" c'è. Occorre riallocarla per adeguatamente ricapitalizzare quelli che, col fare più spesa, più remunerano.
C'è un coefficente moltiplicatore da applicare: la riduzione dei prezzi*.
Con i ricavi viene rimpolpato il potere d'acquisto, "moltiplicata la capacità di spesa", moltiplica pure la capacità competitiva delle imprese; moltiplicano i volumi di produzione, quelli dell'occupazione; moltiplica il monte reddito disponibile nonchè il prelievo fiscale su quei remuneri. Buono per rendere la spesa pubblica, se non moltiplicata, almeno più acconcia a poter fare quel che le spetta.

*Attraverso i "social shopping" si può fare. Moltissime imprese già lo fanno, magari solo per ridurre i costi generati dalla sovraccapacità.

Mauro Artibani


venerdì 21 febbraio 2014

QUELLA RESPONSABILITA' DEI CONSUMATORI



Quando la capacità produttiva delle aziende confeziona una offerta superiore alla capacità di spesa degli acquirenti si contrae lo sviluppo. Si mostra evidente come la crescita economica risulti vincolata dall’esercizio della spesa.
Crescita, ancora sostenibile, fin quando l’insufficienza cronica del reddito, che spende, ha trovato il soccorso del credito generando il 60% del PIL, fino ad affrancare i Consumatori dal bisogno; insostenibile quando il debito, entrato in sofferenza, ha reso quel credito inattingibile, bloccando il meccanismo dello scambio domanda/offerta.
Questi fatti consentono ai Consumatori di guadagnare un vantaggio: hanno più bisogno i Produttori di vendere che i Consumatori di acquistare.
La Domanda comanda, insomma.
Mettere a reddito questo vantaggio confeziona l’opportunità di tornare a far migliorare la produttività totale dei fattori e garantire la crescita.
Giust'appunto, migliorare la produttività totale dei fattori, altrimenti...
Altrimenti accade che la produzione industriale cala nella zona euro a dicembre dello 0,7%.
Quella sovraccapacità non smaltita riduce il profitto; chi lavora a quell'eccesso non potrà reclamare alcun aumento del reddito e la spesa andrà ancor più giù.
Se tanto mi da tanto i Consumatori, associati in network, hanno l'opportunità di commerciare la gestione delle risorse impiegate nell’acquisto: Tempo, Attenzione, Ottimismo.
Un prodotto/servizio che estrae valore dall’azione di consumazione mediante il confezionamento della Domanda che, offerta proprio a chi deve smaltire l’eccesso di capacità produttiva, rifocilla il portafoglio. Quel portafoglio che speso, smaltisce quella sovraccapacità, fa fare profitto; restituisce valore al lavoro produttivo, quindi adeguato reddito, proprio quello che spende.
A tal domanda, unica merce scarsa sul mercato, chi potrà sottrarsi dal rispondere „Yes“
Un momento. A Consumatori di tal fatta toccano si gli onori, ma anche gli oneri!
Eggià, domanda, tanta domanda c'è ancora da fare:
Domanda che obbliga i Consumatori a prendere in carico la responsabilità di fornire indirizzo ai Produttori per una offerta di merci che si mostri sensibile al risparmio nell’impiego delle risorse.
Domanda di ciò che si vuole, non acquisto di quel che si trova: innovazione assoluta.
Domanda che rivendica ruolo economico all’esercizio di consumazione, dignità all’atto.
Domanda che, esercizio plurale, chiama al consorzio gli individui, mettendo la sordina ad aride liturgie singolari di acquisto.

Mauro Artibani

venerdì 14 febbraio 2014

CHE FINE HA FATTO LA RICCHEZZA?


Diminuisce la ricchezza complessiva?
Si, ma non oggi e non con la crisi; da prima, molto prima: ieri.
Per questo la crisi si mostra, oggi, impantanata tra inflazione e deflazione. Già, quei discoli di “inf/def” che, per il mercato efficiente, sono efficienti dispositivi per tenere in equilibrio tra domanda e offerta e per i policy maker sono “accidenti” da porre sotto controllo per inibirne l'azione.
Oh, lo hanno fatto, lo fanno gli inibitori. A colpi di politiche di reflazione esercitate mediante altre politiche, quelle monetarie buone per abbassare il costo del denaro, farlo acquistare a debito e farlo fluire in ogni dove per finanziare gli acquisti e dare così sostegno alla domanda. Giust'appunto il modo per non far scendere il prezzo delle merci.
Bene, anzi male, così viene alterato il meccanismo di formazione di quei prezzi al punto che la ricchezza, generata da quella spesa, risulta gonfiata dal debito.
Ricchezza dopata appunto che quando troppo in alto sal, cade sovente precipitevolissimevolmente.
E quando viene a mancare la trippa ai gatti ed occorre rimettere il debito andato oltre ogni ragionevole fare, si fa spending review.
Essipperchè, quando i redditi* da soli sono incapaci di fare tutta la spesa che serve, accade quello che non t' aspetti. Si registra una storica inversione di tendenza e con quasi tre italiani su quattro (73 %) che hanno tagliato gli sprechi a tavola nel 2013 anche per effetto della necessità di risparmiare e di ottimizzare la spesa dallo scaffale alla tavola. Questo emerge dall'indagine Coldiretti/Ixe' divulgata in occasione della giornata di prevenzione dello spreco alimentare in Italia.
Pure quando il debito pubblico va oltre, oltre tutto, s'ha da ridurre. Già, pure qui spending review.
Come credete si possa chiamare la riduzione dalla spesa in conto capitale delle imprese? E quella inesistente per rimpinguare le scorte?
Cacchio, senza usare trucchi e inganni tutti gli agenti economici si trovano costretti a ridurre la spesa. La crisi, prima inibita, spudoratamente si esibisce.
Già, e allora che si fa?
Beh, si rifanno i conti: con la crisi il pil si è ridotto attorno ai 1500 miliardi di euro l'anno. Questi, maledetti e subito, ci sono. Sono reddito! Noi, per non giocare ancora con i dati truccati, sottraiamo pure la quota generata con l'ausilio del debito e resta ancora un bel gruzzolo.
Questo gruzzolo ficcato dentro un "algoritmo" belleppronto faranno il resto.
Eccolo: “La crescita si fa con la spesa. Così viene generato reddito, quel reddito che serve a fare nuova spesa. Tocca allocare quelle risorse di reddito residue per remunerare chi, con la spesa, remunera.”
Et voilà: fare la crescita torna possibile, pure senza debito!

* Negli Usa, al netto del tasso di inflazione, il 40% di chi lavora guadagna meno di quello che era il salario minimo nel 68. In Gb il 20% di salari e stipendi sta sotto il reddito minimo garantito.
E i 7 milioni di mini job erogati in Germania da 450 euro/mese?
Il reddito disponibile delle famiglie italiane nel 2013 torna ai livelli di 25 anni fa. L'Ufficio Studi di Confcommercio evidenzia che, nel 2013, il reddito disponibile e' pari a 1.032 miliardi di euro, rispetto ai 1.033 del 1988.

Mauro Artibani

venerdì 7 febbraio 2014

GIOVANI, UNI E TRINI SENZA QUATTRINI


"Mi preoccupa che quasi un quarto dei giovani europei under-25 non riesce a trovare un lavoro. In Italia e Portogallo più di un terzo dei giovani sotto i 25 anni è disoccupato. In Spagna e Grecia sono più della metà".
Il tono affranto è quello di Christine Lagarde. Poverina.
Lei, a capo di quel Fondo Monetario Internazionale che concorre alla gestione dei processi economico/produttivi globali, si preoccupa.
Già, i Giovani, quegli uni e trini senza quattrini, ahi ahi ahi!!
Niente paura, è solo l'inefficienza del mercato.
Uni?
Sono quella categoria sociologica, concentrato di vigore e salute.
Trini?
Si, trini perchè:
Primo, sono istruiti come mai chi li ha preceduti;
Secondo, sono dotati di appannaggio relazionale come mai prima d'ora: software ed App che li connettono a tutti e tutto;
Terzo, l'Economia dei Consumi li arruola, il loro credo:“la vita spesa a fare la spesa”. Ci credono, la fanno.
Eggià, capitale umano, sociale e di spesa a “più non posso”.
Sono loro la più grande concentrazione di risorse del sistema economico.
Disoccupati, dissipano per intero quel capitale; si abbatte così la produttività di quel sistema.
Lecito chiedere conto ai governatori di tali processi per tanta insipienza: ben oltre il dirsi preoccupati, ben oltre i bonus.
Non è finita.
C'è di più e peggio: Sono i pensionati e gli over 64 a mantenere quasi invariato il livello di reddito in tempi di crisi economica mentre a soffrire di più sono i giovani con meno di 34 e i lavoratori autonomi.
Il Supplemento al Bollettino economico diffuso da Bankitalia sui 'Bilanci delle famiglie italiane nel 2012' evidenza come il reddito medio dei cittadini con più di 64 anni sia salito oltre quota 20.236 euro, contro 17.800 euro a persona. Rispetto all'ultima rilevazione del 2010, inoltre questa fascia d'età e' l'unica ad aumentare il proprio reddito (era 20.116 due anni fa). Parallelamente crolla il reddito delle generazioni più giovani, che scende intorno a 15.829 euro, quasi 1500 euro in meno l'anno rispetto alla rilevazione del 2010. Per i giovani inoltre, la Banca d'Italia rileva la condizione di vulnerabilità dovuta al mercato del lavoro che li penalizza in entrata e che distribuisce per questa classe di eta' stipendi più bassi.
Ad occhio e croce, insomma, ad insipienza si somma insipienza.
Raccapezziamoci: se la crescita economica si fa con la spesa e quei giovani prodighi hanno meno reddito per farla, rispetto agli attempati temperanti che già ne fanno meno, ci sarà ancora meno crescita.
Ricapitolando, quando lavorano hanno occupazioni impertinenti, precarie, mal retribuite che producono due invidiabili risultati:
Nel breve termine, meno spesa genererà invenduto che non farà riprodurre, mancherà il lavoro, l'occupazione ed il reddito;
Nel lungo termine, disporranno di meno contributi previdenziali e assistenziali, avranno da lavorare più a lungo con meno reddito, avranno pensioni da fame.
Eggià, nel lungo termine perchè con i progressi in campo medico, questi giovani così conciati avranno da vivere fino a cento anni.
Altolà, che nessuno provi ad imprecare contro l'iniquità per gli squilibri che qui si mostrano. Vi è di più, molto di più: trattasi della stupidità economica nell'utilizzo delle risorse produttive che oggi sottoutilizza e impoverisce i giovani, per poi domani impoverire tutti.
Si, tutti, proprio tutti!

Mauro Artibani