martedì 25 luglio 2017

UN RUBINETTO BEN CHIUSO NON SGOCCIOLA

Facciamo i conti in tasca alla gente.
L'Italia conta 307mila famiglie milionarie, pari all'1,2% del totale, che possiedono il 20,9% della ricchezza finanziaria nazionale (azioni, obbligazioni, depositi e strumenti di liquidità).
Nel 2021 saranno 433mila, l'1,6% del totale e con uno stock pari al 23,9 per cento.
Già, eppur il solito refrain continua a dire: non si redistribuisce!
Si redistribuisce invece, eccome, se aumenteranno da 307mila a 433 mila le famiglie di gente ricca.
Mica solo da noi. A livello globale il numero di famiglie milionarie è cresciuto in un anno del 7%, arrivando a quota circa 18 milioni. Si tratta dell'1% delle famiglie che detiene il 45% della ricchezza.
Sono questi alcuni dei principali risultati della ricerca realizzata da Boston Consulting sulla ricchezza delle famiglie.
Poi stimano che nei prossimi anni si assisterà ad una ulteriore distribuzione della ricchezza finanziaria. Tra le famiglie milionarie il 12% detiene patrimoni superiori al milione di dollari e nel 2021 la percentuale salirà al 16%. La maggiore crescita riguarderà le famiglie con una ricchezza tra 1 e 20 milioni di dollari (incremento del 6,1% medio l'anno) seguita dai super ricchi (patrimoni oltre i 100 milioni) con un tasso di aumento del 4,6% l'anno.
La ricchezza finanziaria privata continua a correre in tutto il mondo: a livello globale la corsa di Wall Street e degli altri principali mercati finanziari ha portato il valore totale di azioni, obbligazioni e depositi bancari alla cifra di 166.500 miliardi di dollari. Rispetto al 2015 si tratta di un incremento del 5,3%, superiore al +4,4% registrato l'anno precedente. Nel 2021 si dovrebbe toccare la quota di 223.100 miliardi di dollari, con una crescita media annua del 6%, derivante in parti uguali dalla creazione di nuova ricchezza e dalla valorizzazione degli asset esistenti.
Lo scrive il report "Global Wealth 2017: Transforming the Client Experience" di The Boston Consulting Group (BCG), giunto alla 17esima edizione.
Le famiglie italiane milionarie in termini di azioni, obbligazioni, depositi sono quindi destinate a crescere ed è un fenomeno che si registra a tutte le latitudini.
Bene, ricapitoliamo: La ricchezza aumenta; aumenteranno i ricchi, l'1% della gente, che ne avrà in tasca il 45%.
I soliti ben informati stimano che, tra l'aumento del numero dei ricchi e la "teoria dello sgocciolamento"*, arriverà qualche spicciolo pure a quelli del 55%.
Dunque se, come mostrano quelli della Federal Reserve Bank of St. Louis, dai primi anni 30 ad oggi il potere d'acquisto subisce una costante riduzione, lo sgocciolamento non v'è stato. Vi sarà?
In attesa di risposte convincenti, mi preme rammentare che: "La ricchezza si fa con la spesa. Così viene generato reddito, quel reddito che serve a fare nuova spesa. Tocca allocare quelle risorse di reddito per remunerare chi, con la spesa, paga tutti".
Altro che un misero sgocciolamento!

* La teoria del trickle-down , o della goccia (in italiano: "effetto sgocciolamento dall'alto verso il basso"), indica, negli Stati Uniti, un'idea di sviluppo economico che si basa sull'assunto secondo il quale i benefici economici dei ceti abbienti favoriscono necessariamente, e ipso facto, l'intera società, comprese la middle class e le fasce di popolazione marginali e disagiate.

Mauro Artibani



martedì 18 luglio 2017

IN UN MONDO DI FAKE NEWS TUTTI FACT CHECKER, PUR IO

Gli italiani, da sempre: «Un popolo di poeti di artisti di eroi / di santi di pensatori di scienziati / di navigatori di trasmigratori».
Fin ieri di Commissari tecnici.
Oggi, in un mondo di fake news, tutti fact checker. Da italico nato, pur io.
La notizia da "facttare" è questa: La riduzione dei lavoratori delle banche andrà avanti e dovrà essere accompagnata da un taglio delle remunerazioni "a tutti i livelli".
Lo ha detto il governatore della Banca d'Italia, Ignazio Visco, secondo cui "dal 2008 il numero dei dipendenti è sceso del 12%. È un processo destinato a proseguire, anche con il ricorso a ben calibrate misure di accompagnamento all'interruzione anticipata del rapporto di lavoro".
"La riduzione dei costi - ha aggiunto il governatore all'assemblea annuale dell'Abi - dovrà in questa transizione riguardare anche le remunerazioni complessive, a tutti i livelli, e ridurre sul piano organizzativo ridondanze ancora diffuse".
Vero o falso?
Già si è a - 12% con la riduzione del numero di chi lavora in banca. Beh, se non lo sa lui?
Si dovranno ridurre ancor di più? Beh, se lo dice lui?
E la riduzione dei costi, mediante la riduzione delle remunerazioni complessive? Beh, questa non è una previsione, già si fa!
Insomma, tutto vero o falso?
Vero, se il pensiero del Governatore risulta governato dal paradigma che attribuisce all'impresa la generazione della ricchezza mediante il miglioramento della produttività!
Se invece si verifica quel dire, con il paradigma che governa l'economia dei consumi, lì insomma, dove la ricchezza viene generata dalla spesa, tocca fare una nuova valutazione:
Se non lavoro non ho reddito da prestare alla banca, indipercuiposcia la banca mancherà del denaro da poter prestare.
Se ho un basso reddito per fare la spesa e vado in banca per avere quel che mi manca, non avendo il merito di credito per averlo, quel credito rimane inutilizzato.
Altro che miglioramento della produttività, altro che ricchezza!
La prova del 9?
Tutto questo accade dentro le banche; fuori, la mancata spesa, fa ancora peggio: il latte invenduto caglia, la moda passa di moda, le auto nel piazzale del concessionario addirittura arrugginiscono.
Eggià quando, mancando la spesa non si può generare ricchezza, questo è il minimo che possa capitare.
Il massimo sono 10 anni di crisi.

Mauro Artibani



martedì 11 luglio 2017

NON HAI DA SPENDERE? ENTRA IN NEGOZIO E GUADAGNA!

Disoccupati, sottoccupati, perdigiorno, la pacchia è finita!
Più negozi visiti e più tempo vi trascorri più accumuli punti e dunque sconti attraverso buoni acquisto e carte regalo, oltre ad offerte e promozioni.
Beh, non male, dal momento che nell'economia dei consumi questo si viene chiamati a fare dopo aver lavorato, se si lavora.
l meccanismo di CheckBonus, la app per fare acquisti che conta oltre 2mila punti vendita convenzionati in Italia e 10 catene tra le più importanti come Ovs, La Feltrinelli, Toys Center. La startup omonima è stata fondata nel 2013: il principio è quello di incentivare l'ingresso in negozio, e di conseguenza l'acquisto, premiando i consumatori. Beh se non hai da spendere entra lostesso, puoi guadagnare: "Sull'applicazione l'utente vede i negozi convenzionati, entrando viene rilevato e raccoglie punti: può farlo anche in fase successiva provando dei prodotti e facendo la scansione del bar code ma anche facendo acquisti e inviando lo scontrino sempre tramite la app". L'idea è nata perchè nel 2014 non esistevano degli strumenti mobile che funzionassero come tessere fedeltà, per semplificare la vita dell'utente e dare alle catene e ai marchi uno strumento per portare le persone nel punto vendita di ogni tipo di prodotto, dagli alimentari all'abbigliamento. Il tipico utente di CheckBonus è una donna tra 20 e 45 anni, spesso mamma, con possibilità di spesa ma che cerca occasioni di risparmio e sperimenta strumenti nuovi. "Il meccanismo piace perchè parla ai giovani e ai millenials e a tutti quelli che hanno uno smartphone, abbiamo stretto tantissimi accordi con catene e brand. Le app scaricate sono quasi 500mila anche grazie al marketing tv. Piace la possibilità di raccogliere punti senza necessariamente cominciare con l'acquisto ma anche la semplice scoperta del negozio o di un prodotto nuovo porta valore all'utente e ai nostri clienti perchè li fa conoscere". È un tipo di azione che crea soggetti fedeli; lascia all'utente la sensazione di libertà. I prossimi obiettivi della società sono continuare a sviluppare la app e stringere altri accordi con marchi e catene commerciali.
Fidelizzazione, insomma. Già, ma chi è il fidelizzatore e chi il fidelizzato?
Diamo un'occhiata a quel mondo nel quale si è clienti; clienti di tutto, dove tutto si è fatto merce da acquistare, dove con l'acquisto si fa la crescita economica quindi la ricchezza, che va trasferita in modo che si possa rifare la spesa, quindi la cresc...... e vai col tango!
Beh, dentro 'sto mondo ci stanno quelli che vogliono fidelizzare chi da loro spende perchè continuino a farlo e chi per continuare a fare da loro la spesa deve trovare vantaggio a farla.
Dunque, per trovare l'equilibrio debbono trovare tutti vantaggio, i primi nel poter vendere i secondi di poter acquistare.
Seppure in nuce, lo vogliamo chiamare un nuovo modo di allocare le risorse di ricchezza generate dalla crescita economica?
Vogliamo dire che può venir così generata finalmente sana ricchezza, magari senza debito e chi ci rimette ci rimette?

Mauro Artibani



lunedì 3 luglio 2017

LA POVERTA' GENERA ALTRA POVERTA'

In questi ultimi anni di crisi, il divario economico e sociale tra il Nord e il Sud del Paese è aumentato. A questo risultato è giunto l'Ufficio studi della Cgia che ha messo a confronto i risultati registrati da 4 indicatori: " Il Pil pro capite; il tasso di occupazione; il tasso di disoccupazione; il rischio povertà o esclusione sociale.
In termini di Pil pro-capite, ad esempio, se nel 2007 (anno pre-crisi) il gap tra Nord e Sud del Paese era di 14.255 euro (nel Settentrione il valore medio era di 32.680 e nel Mezzogiorno di 18.426 euro), nel 2015 (ultimo anno in cui il dato è disponibile a livello regionale) il differenziale è salito a 14.905 euro (32.889 euro al Nord e 17.984 al Sud, pari ad una variazione assoluta tra il 2015 e il 2007 di +650 euro).
Se nel 2007 la percentuale di popolazione a rischio povertà nel Sud era al 42,7 per cento, nel 2015 (ultimo anno in cui il dato è disponibile a livello regionale) è salita al 46,4 per cento. In pratica quasi un meridionale su due si trova in gravi difficoltà economiche. Al Nord, invece, la soglia di povertà è passata dal 16 al 17,4 per cento. Il gap, pertanto, tra le due ripartizioni geografiche è aumentato in questi 8 anni di 2,2 punti percentuali.
Questo è quanto dicono i dati; per farla semplice possiamo affermare come tutto questo andazzo siano gli effetti della crisi.
Già, le cause sono invece altre. Nell'economia dei consumi, condizione necessaria ancorchè obbligata che la gente disponga di un potere d'acquisto pari alla spesa da farsi per smaltire le merci prodotte. Così si genera tutta la ricchezza possibile, altrimenti verranno a generarsi sacche di povertà.
Povertà vieppiù contaggiosa, perchè chi non ha, non potendo fare la spesa che gli tocca limiterà la produzione di ricchezza generando altri poveri.
Toh, proprio quello che, sbirciando meglio, quei dati miseramente illustrano.
Già, mi tocca rammentarlo: "La crescita si fa con la spesa. Così viene generato reddito, quel reddito che serve a fare nuova spesa. Tocca allocare quelle risorse di reddito per remunerare chi, con la spesa, paga tutti, pure i poveri."
Essì sennò, alla lunga quel contagio finirà per aggredire pure i ricchi!

Mauro Artibani