martedì 24 novembre 2015

RINUNCIANO ALL'IO PER UN DIO

Seppelliti i morti, versate le lacrime, bombardate le basi dell'Isis, mentre nel il ciclone parigino i vessilli laceri che chiamano alle armi tornano a garrire: la guerra di religione, lo scontro di civiltà, persino le invasioni barbariche.
Con la paura si tenta di esorcizzare la paura di quelli che erano allo stadio, al teatro, al ristorante. La Gente, non le istituzioni, i simboli, le chiese, La gente in giro.
Già, e chi sono i terroristi? Azzardo: l'Isis o quei sei franco-belgi che hanno sparato, magari i tremila Foreign Fighters europei che potrebbero farlo, Gente in giro pure questa?
Gente, magari poco illuminata dai "lumi", che sta tra la gente. Tra quella gente che fa e disfa, si lagna e si svaga, spende e spande, prega e impreca. "Rapper", come uno dei terroristi. Genti, insomma, prima laiche poi laicizzate con la sottrazione progressiva delle regole. Tutte!
Normali senza norma.
Senza farla troppo lunga, si comincia con l'Illuminismo che istituisce un Io distinto da Dio. Una rivoluzione antropologica insomma, seguita poi da quella industriale e quella politica che, insieme, costituiscono il libero mercato. Ci vanno le imprese a vendere e gli "Io" ad acquistare per soddifare i bisogni. Poi quel tempo passa e ripassa fino a soddisfare i bisogni. Credete sia finita quì?
Nienteaffatto, In quel mercato, sempre aperto, s'ha da andare a fare la spesa per fare la crescita economica, senza se, senza ma: un obbligo da esercitare a tempo pieno!*
Questo il prezzo pagato al vantaggio dell'agio economico. In un occidente che si fa mercato, dove Gordon Gekko scorge solo avidità, quell'io tracolla in un quotidiano fare, senz'anima.
Già, un occidente abitato da gente, bella e senz'anima.
Non tutti belli invero, ci stanno pure quelli brutti, sporchi e cattivi. Quelli che, per ritrovare l'anima ed il senso, cercano l'assoluto rinunciando all'io per un Dio.
Quell'assoluto che sta nel paradiso promesso dall'Islam, come nei "paradisi artificiali" promessi ai tanti, troppi adepti di "maria". Quello stesso paradiso pagato invece dall'Isis in cambio di quelle vite strappate; non quello invece "perduto" da un laicizzato Occidente.
Allora, che guerra sia! Contro quell'esercito di 31000 armati dell'Isis, come stima la CIA, si potrà fare e vincere, non altrettanto facile sarà far vincere la vita.
Essì, il nostro stile di vita, quella vita spesa a fare la spesa, più che d'intelligence ha bisogno d'intelligenza, per rassodarlo con idonee flebo di senso ed un'anima.

*Obbligo a cui solerti pubblicitari, in assenza dei filosofi, si incaricano di attribuire senso.
Senso compiuto a fini di lucro.

Mauro Artibani



martedì 17 novembre 2015

HENRY FORD, PER VENDERE LE AUTO PAGAVA


Una pubblicità del 1909 proclama: “Voglio costruire un'automobile per le masse , abbastanza grande per una famiglia, ma abbastanza piccola perché se ne possa servire una persona sola. Sarà costruita con i migliori materiali, dai migliori operai, sui disegni più semplici che possa immaginare l'arte dell'ingegneria moderna. Ma sarà di un prezzo così modesto che qualsiasi persona con un buono stipendio potrà comprarsela ”.
Henry Ford lo dice a tutti, lo mette in atto nella sua impresa. Già dal 1914 aveva elevato la paga dei suoi dipendenti consentendo loro, in questo modo, di acquistare l'automobile che essi stessi producevano. Quelli che lavorano alla Ford arrivano ad essere gli operai meglio retribuiti, con 8 dollari al giorno contro una media di 5,5 della concorrenza, pur lavorando un'ora in meno.
Bella no? Ma...di fatto cosa fa?
Trasferisce i guadagni di produttività già ottenuti nella "Ford Model T", con la costante innovazione dei processi di fabbricazione, ai salari.
Si garantisce la vendita di quel che ha prodotto.
Chiude il ciclo produttivo in un tondo con dentro quelli che fanno la spesa.
Questi, animati dal bisogno di avere l'auto, rassodati nel potere d'acquisto, spendono e fanno girare quel ciclo.
Capace, Henry, vede oltre il consueto. Smette di considerare la paga un costo, la converte in una risorsa. Se aumenta la produzione, aumentano le occasioni di acquisto: occorre avere una paga adeguata per fare quella spesa.
Oggi i Capaci, tutti sovraccapaci di capacità produttiva, guardano al lavoro come un costo da ridurre per non ridurre gli utili d'impresa.
Cotanta allocazione delle risorse gonfia il mercato offrendo prodotti a chi ha più soldi da spendere che auto da acquistare e a chi vuole acquistarla ma non ha soldi da spendere.
Se tanto mi da tanto, quelle auto, prodotte e non vendute, saranno ancor di più.
Altro che utili. Già, come fare utili con i soldi messi al pizzo da chi ha già l'auto ed i soldi che mancano a chi vuole acquistarla?
Le disparità nel potere d'acquisto accendono la miccia: la produttività del fattore Spesa, garantito dalla politica fordista, esplode, cacciando fuori i consumatori dal ciclo.
Tra le macerie di quella imbarazzante sovraccapacità, il fattore Capitale latita, il fattore Lavoro pure e con esso ancor di più il reddito, tanto che chi aveva messo i soldi al pizzo dovrà tirarli fuori per poter ancora fare la spesa.
Si sgretola la produttività totale dei fattori mentre quelle troppe auto non vendute arrugginiscono.

Mauro Artibani


lunedì 9 novembre 2015

CERCASI REDDITO PER SOSTENERE LA DOMANDA

Naufraga il potere d’acquisto dei Consumatori.
Manca il reddito per sostenere la Domanda. Hanno provato con il debito, è finito tutto in vacca: crisi nera.
Eppure, li vedete i commercianti ed i produttori in attesa, rinvigoriti e speranzosi?
Si è sparsa la voce che il prossimo anno, a seguito della riduzione del costo di petrolio, gas, energia e del debito, le famiglie italiane potranno disporre di 24 miliardi di risorse finanziarie aggiuntive da spendere.
Verrà rinvigorito così il potere d’acquisto: alè, di nuovo clienti, baci e abbracci.
C’è di più, se ne parla meno: in sede di Commissione Europea si sta studiando un testo-direttiva per portare gli orari di lavoro settimanale da 45 a 65. Bella no ?
Così si potranno arrabattare incrementi di reddito, buoni per non perdere il vizio di consumare.
Ci risiamo: si tenta di fare le nozze con i fichi secchi; insomma tutto come prima.
Quelli al potere miopi come talpe.
Sì, avrò più soldi in tasca ma ,con quell'orario di lavoro, più fatica da smaltire da non avere voglia di andare a zonzo a spendere soldi. Tanto sonno da non riuscire ad abbeverarmi di informazione pubblicitaria vieppiù necessaria per gli acquisti. Mi lascerò anzi intrattenere dalla calde lenzuola; calmerò i prodighi ardori tra le braccia di Morfeo.
Non c'è che dire, un bel guadagno!
Della miopia si è detto e di una dabbenaggine che appare sospetta?
Si continua a ritenere che i Consumatori consumino, consumando reddito, risparmio, tempo; accumulando stress pure inquinando per dare ristoro ai loro Bisogni.
Bisogno?
Quello di ingrassare mangiando, come fanno quei 75.000.000 di americani obesi e non so quanti europei?
Quello di abbigliarsi, vestendo alla moda che passa di moda, scartando più abiti di quanti si riesca ad indossarne?
Ma quale bisogno d'Egitto: provate a chiedere ai pubblicitari e a quelli del marketing cosa ne pensano.
Si deve consumare perché questo il nostro ruolo nel meccanismo economico. Questo il modo per generare ricchezza: non possiamo sottrarci.
Operatori di mercato, altro che Consumatori!
Mi sembra del tutto evidente che i meccanismi che si “sperano”, che si ingegnano, che si tenta di disporre, risultano del tutto inadeguati per oliare i meccanismi del sistema: quando cala la Domanda la crisi affonda il mondo.
Un Auto prodotta ma non venduta, non è ricchezza, sta arruginendo!
Credo pertanto debba essere riconsiderato, per intero e senza infingimenti il Valore, la quantità, l'insostituibilità del nostro esercizio.
Il nostro ruolo, la nostra forza e un adeguato ristoro economico, potranno invece garantire la continuità del ciclo della crescita al riparo di ogni stormir di fronde.

Mauro Artibani



martedì 3 novembre 2015

PER UN NUOVO EQUILIBRIO DI SISTEMA

La crescita si fa con la spesa, non con la produzione, ne con il lavoro.
Indipercuiposcia: Io tu noi voi, tutti clienti. Clienti di tutto.
Tutto si è fatto merce, tutto business: tutto deve essere consumato.
Proprio a questo tutto non siamo più in grado di corrispondere.
Ci abbiamo provato. Oh, se ci abbiamo provato.
Abbiamo messo in gioco le nostre risorse: prima i redditi poi i risparmi infine il debito su cui il credito a fatto sboom.
Sta qui la crisi: non siamo più in grado di sostenere questa Domanda di tutto.
Le Istituzioni, tutte, di ogni ordine e grado, per tutta risposta confezionano tutto: sussidi, bonus, ricette congiunturali per dare sostegno alle famiglie, per sostenere i consumi, che possano sostenere le imprese, che sostengono l’occupazione e tutti felici e contenti.
Già, così però la domanda resta sovralimentata e le risposte solo congiunturali.
Congiunturali appunto, con il fiato corto.
C’è bisogno d’altro.
Un nuovo equilibrio di sistema si scorge.
Tre mosse: scacco matto!
La prima, una provocazione ma non troppo: riduzione della Domanda.
Mettiamola così: restituire alla collettività le risorse indebitamente rese merci.
Due per tutte: l’acqua e la sosta automobilistica; una parte insomma di quelle cose che necessitano per tirare a campare.
Verrebbe ridimensionata la Domanda complessiva. Con i risparmi ottenuti si può rifocillare il reddito per consumare la domanda restante e generare ricchezza.
Altra provocazione: ampliamento della Domanda mediante l’ampliamento dell’Offerta, la Nostra.
Pure qui due esempi per tutti.
Attenzione e Tempo sono nella disponibilità dei Consumatori. Sono risorse scarse, merci sofisticatissime, immateriali ed ecocompatibili, cedute a titolo gratuito o quasi.
C’è chi sul mercato dell’informazione, della pubblicità, dell’intrattenimento possa fare a meno della nostra attenzione?
C’è chi tra i venditori non abbia bisogno del nostro tempo, al fin di rendere acquistabile l’acquistabile?
Queste nostre risorse vanno messe a reddito!
Dulcis in fundo, restituire dignità all'esercizio di Consumo, non sussidi alle famiglie.
Questo il precetto: riduzione dell’IVA sui prodotti acquistati e la tassa sullo smaltimento del consumato.
Un modo per fornire risorse “ premio” a quegli individui che hanno mostrato una maggiore propensione al consumo; proprio quelli dei redditi insufficienti.
Perché Signori, è inverecondo chiedere di consumare per produrre ricchezza fino allo sfinimento economico e veder tassare questo esercizio di Lavoro.
Sissignori, ci sarà un costo da sostenere, non un cent in più di quello previsto dalle politiche dell'obolo, e vieppiù benefici: Dignità, Riscatto, Orgoglio e, ve lo giuro, continuità d’esercizio.

Mauro Artibani