giovedì 27 dicembre 2012

SE MIO NONNO NON FOSSE MORTO SAREBBE ANCORA VIVO

Non c'è che dire, chi ha tempo non aspetti tempo. La notizia la riporta Finanza. com “La partecipazione delle donne al mercato del lavoro in Italia è tra le peggiori dei Paesi Ocse, un fattore che penalizza fortemente l'economia del Paese. Lo rivela l'Ocse nel suo rapporto "Closing the gender gap", pubblicato oggi. Nel rapporto, l'Italia è al terzultimo posto tra i 34 Paesi aderenti all'Organizzazione, davanti solo a Turchia e Messico, per livello di partecipazione femminile al lavoro (pari al 51% contro una media Ocse del 65%). Secondo gli esperti, se nel 2030 la partecipazione femminile al lavoro raggiungesse i livelli maschili, il Pil pro-capite salirebbe di 1 punto percentuale l’anno.” Cacchio! Ehi, ehi un momento Signori esperti, si può fare di più. Se da qui al 2050 riuscissimo a bloccare l'invecchiamento della popolazione lo Stato smetterebbe di pagare le pensioni. Un bel risparmio. Ce n'é pure per chi impaziente vuole tutto e subito, non attendere tempi biblici. Se non nascessero più bambini potremmo ridurre le spese per l'istruzione e, se stessimo tutti in salute, pure quelle della sanità. Pensate, se fossimo tutti buoni, potremmo risparmiarci pure la spesa per l'ordine pubblico e la sicurezza. Altro che Spending Review! Approposito, non me ne vogliano i buoni, ma se quelli del terzo e quarto mondo restassero a casa loro, hop...risolti i problemi dell'immigrazione. Bando alle ciance, serene feste. Mauro Artibani Studioso dell’Economia dei Consumi www.professionalconsumer.wordpress.com

giovedì 20 dicembre 2012

COSI' FACENDO ANCHE I RICCHI DIVERRANNO POVERI

Tiè: redditi al palo da vent'anni e ceto medio sempre più povero. Tant'è. A partire dal 2007 il reddito medio pro capite delle famiglie è sceso ai livelli del 1993: -0,6% in termini reali tra il 1993 e il 2011. Negli ultimi dieci anni la ricchezza finanziaria netta è passata da 26.000 a 15.600 euro a famiglia, con una riduzione del 40,5%. C'è pure una piega da osservare, determinata dalla riduzione del reddito medio,:è la quota rilevante di famiglie immigrate (il 6,6% del totale), per il 45,1% con un reddito inferiore a 15.000 euro annui. Tutto questo emerge dal rapporto 2012 del Censis sulla situazione sociale del Paese. Porcoggiuda, tra il 1991 e il 2010 il cosiddetto ceto medio, che rappresenta il 60% della popolazione italiana, ha visto ridursi la sua quota di ricchezza di 20 punti, al 48% circa del totale. Basta? Un cacchio, non basta: nel 2011, il 28,4% delle persone residenti in Italia è a rischio di poverta' o di esclusione sociale, secondo la definizione adottata nell'ambito della strategia “Europa 2020”. L'indicatore deriva dalla combinazione del rischio di povertà (calcolato sui redditi 2010), della severa deprivazione materiale e della bassa intensità di lavoro ed è definito come la quota di popolazione che sperimenta almeno una delle suddette condizioni. Lo comunica l'Istat nel suo rapporto su 'Reddito e condizioni di vita'. Rispetto al 2010 l'indicatore cresce di 2,6 punti percentuali a causa dall'aumento della quota di persone a rischio poverta' (dal 18,2% al 19,6%) e quelle che soffrono di severa deprivazione (dal 6,9% all'11,1%). Dopo l'aumento osservato tra il 2009 e il 2010, sostanzialmente stabile (10,5%) risulta la quota di persone che vivono in famiglie a bassa intensità di lavoro. Il rischio di povertà o esclusione sociale è più elevato rispetto a quello medio europeo (24,2%), soprattutto per la componente della severa deprivazione (11,1% contro una media dell'8,8%) e del rischio di povertà (19,6% contro 16,9%). Porch... si sta in mezzo a povertà, esclusione, addirittura alla deprivazione: ingiustizia sociale insomma epperchennò pure morale. C'è chi non vede o, peggio, possa sottrarsi da tal giudizio? Oddio, tra i politici c'è chi spende parole imperscrutabili per la promozione umana di tal negletti; c'è chi fa finta di niente e chi, imprecando “i ricchi sempre più ricchi gli altri sempre più poveri” invoca una redistribuzione senza dire come nè quando, resuscitando invece quei furori ideologici, di tutti contro tutti, che allontanano qualsivoglia risoluzione. Ci si può anche sottrarre a tal ineffettuale garbuglio tentando di guardare oltre. La prendo alla larga: In Europa si stima un acquisto medio pro capite di abbigliamento e accessori pari a 10 kg annui e un consumato e smaltito, di queste frazioni merceologiche, pari a 7 kg procapite. Eggià, con la moda impiegata in funzione reflattiva queste merci vanno al massimo: il 70% del prodotto, passando di moda, va riacquistato. Produttori e Consumatori hanno fatto quanto spetta loro fare: si è generata ricchezza, si dovrà poi nuovamente produrre, nuovo lavoro, occupazione, reddito e...vai col tango. Giustappunto il reddito, quando invece quello erogato non consente più di acquistare quanto prodotto si svaluta il valore di quella merce, si brucia ricchezza, non si riproduce: meno occupazione, ancor meno reddito. Questi i fatti. Così siamo giunti all'oggi. In quest'oggi se si vuol fare come fan tutti, soffrire per chi soffre, non si fa quel che si deve per riparare il guasto. Già, il guasto. Questa crisi mostra come ci siano in giro quelli che non hanno per fare la spesa e quelli del ceto alto che non hanno speso i guadagni per retribuire adeguatamente il lavoro, manco per fare investimenti in capitale per l'impresa e financo quelli che non spendendo tutto riescono a mettere i soldi al pizzo. Questo quel che accade. Orbene, se chi vuole spendere non può e chi può non spende il meccanismo produttivo va in stallo. Eggià perchè io, non keynesiano, con Keynes dico: “la mia spesa è il vostro reddito”; ma se non posso spendere mancherà quel reddito a tutti. Tutti, pure quelli dalla bassa propensione a spendere: alcuni avranno meno profitti, altri dovranno estrarre dal pizzo i loro risparmi. Si, insomma, prima o poi non ci sarà posto in paradiso per nessuno, manco per i ricchi. Cosa s'ha da fa' per rimediare al torto economico? Beh, occorre porre rimedio a quest'improduttiva allocazione delle risorse economiche che, mal remunerando chi produce e chi consuma, finisce con l'alterare l'esercizio dei ruoli; stessa sorte con quel remunero dispari per quelli che acquistano: spende tutto chi ha poco, meno chi ha più sottraendo risorse alla crescita. Dare, insomma, a Cesare quel ch'è di Cesare se si vuol tornare a crescere: altro che ingiustizia sociale Mauro Artibani Studioso dell’Economia dei Consumi www.professionalconsumer.wordpress.com

giovedì 13 dicembre 2012

LA CRISI CHE METTE IN CRISI L'EURO ZONA

Ieri quelli della Commissione UE si erano messi a lavoro di buona lena ma con la luna storta; lanciando epiteti a destra e a manca ci hanno fatto sapere: Nel mese di novembre, l'indice di fiducia dei consumatori dell'Eurozona e' sceso a -26,9 dai -25,7 punti di ottobre. Pure l'indice di fiducia delle imprese del settore delle costruzioni dell'Eurozona e' peggiorata a -35,5 da -32,9 di ottobre. L'indice composito del clima di fiducia delle imprese italiane a novembre scende a 76,4 da 77,1. Nel mese di novembre, l'indice di fiducia del settore industriale dell'Eurozona e' salito a -15,1 da -18,3 di ottobre. Nel mese di novembre, l'indice sul clima degli affari nell'Eurozona e' salito a -1,19 da -1,61 di ottobre. Nel mese di novembre l'Economic Sentiment (una proxy dell'indice di fiducia) dell'Eurozona e' salito a 85,7 da 84,3 punti di ottobre. Nel mese di novembre l'indice di fiducia del settore del commercio al dettaglio dell'Eurorona e' salito a -14,9 da -17,4 di ottobre Questi i dati sulla crisi che mette in crisi l'Euro Zona. Ah, dimenticavo, della fiducia dagli Stati affetti da spending review manco a parlarne. Non paghi quelli di Eurostat ci rammentano come in Europa già 119,6 milioni di persone erano minacciate di poverta' o di esclusione sociale nel 2011: ossia il 24,2% della popolazione contro il 23,4% nel 2010 e il 23,5% nel 2008.  Fra le “privazioni importanti” quei grandissimi statistici annoverano ''la difficolta' a pagare affitto, a riscaldarsi, ad acquistare carne” e '' le limitate risorse familiari da lavoro''. La fiducia, insomma, quella dei Consumatori, dei costruttori, di quelli del settore industriale, dei commercianti si mostra strutturalmente frustrata pur lasciando intravvedere qualche soprassalto congiunturale. Si, porcoggiuda, quelli della spesa aggregata non spendono, la crescita non cresce. Sissignori, questa la crescita orfana del debito! Già, come si fa allora la crescita quando il credito, per fare ancora debito, si mostra inattingibile? Come si fa a fornire nuovo vigore a quella spesa aggregata? Beh, ai Produttori toccherebbe smaltire il già prodotto e così dover spendere per riprodurre; ai Commercianti vendere per poter spendere e riacquistare merce da vendere; agli stati toccherebbe trovare entrate fiscali per poter fare spesa pubblica. Acciocchè tutto questo avvenga pure i Consumatori dovrebbero poter spendere, così smaltire le scorte delle Imprese, svuotare i magazzini dei negozi, rifocillare il fisco. Per farlo occorre disporre di reddito sufficiente, non '' le limitate risorse familiari da lavoro''. E allora? Allora tocca andare al mercato, un mercato efficiente, per fare offerta dell'unica merce scarsa: la domanda. Acqistata da chi ha necessita di vendere, rifocillerà chi ha la vocazione a spendere, affinchè spenda: tutto qui! Mauro Artibani Studioso dell’Economia dei Consumi www.professionalconsumer.wordpress.com

venerdì 7 dicembre 2012

TOH, LA FABBRICA DEL LAVORO C'E'

La disoccupazione giovanile negli Stati Uniti sta al 17,1%. In Europa va peggio: la Grecia al 58%, la Spagna al 55%, il Portogallo al 36% , l'Italia al 35%, la Francia al 25%, l'Inghilterra al 21,9%, la Svezia al 22,8%. Con sorprendente tempismo il commissario europeo per l'Occupazione e gli Affari sociali, Laszlo Andor, chiosa: ''occorre agevolare l'accesso al mondo del lavoro''. In tal senso, soprattutto per i giovani, ''è fondamentale ricorrere ai tirocini”. T-i-r-o-c-i-n-i? Disoccupati, dunque, perchè incompetenti! La crisi occupazionale sta tutta qua? E pensare ch'io pensavo che a mettere in crisi l'occupazione fossero troppe merci sul mercato e pochi denari in tasca per acquistarle. Beh se invece, come dice il Commissario, basta invece acquisire competenze sarà tutto più facile. A ben guardare i giovani americani già lo fanno. Più di 1/3 è tornato a scuola a causa della situazione economica; così facendo hanno contribuito ad attivare la richiesta di 1 miliardo di dollari di prestiti. Tornano a scuola, insomma, contraendo prestiti per attrezzarsi e trovare un modo per sbarcare il lunario. Il laureato medio “competentizzato” si ritrova 25.000 $ di debito. Porc... negli ultimi due anni i tassi di default sono cresciuti del 31%. Basta questo Commissario? Non basta se diamo un'occhiata ai dati Usa forniti dal Young Entrepreneur Council: • 1 su 2 laureati, circa 1,5 milioni, pari a circa il 53,6% e con un età pari a 25 anni o inferiore nel 2011 erano disoccupati o sottoccupati. • Per i diplomati delle scuole superiori (età 17-20), il tasso di disoccupazione è stato pari al 31,1% a partire da aprile 2011 fino a marzo 2012; la sottoccupazione è stata del 54%. • Per i giovani laureati (età 21-24), lo scorso anno la disoccupazione è stata del 9,4% mentre la sottoccupazione era pari al 19,1%. Botte, corna e chitarra rotta, insomma ed un carico di debito che riduce ancor più la capacità di spesa proprio di chi, per competenza a spendere, non ha eguali. Oibò diseredati loro, proprio quelli avvezzi a spendere la vita a fare la spesa, che altrimenti smaltirebbero il prodotto. Quel prodotto che occorre riprodurre. Già, cosi si creerebbe lavoro et voilà occupazione. Essipperchè nell'economia dei consumi viene generato lavoro se, e solo se, i salari e gli stipendi erogati risultano sufficienti ad acquistare quanto prodotto dal quel lavoro, al fin di generarne di nuovo. Altro che “senza lavoro non c'è futuro”: se mancano i denari in tasca a chi spende, non c'è futuro per il lavoro! Mauro Artibani Studioso dell’Economia dei Consumi www.professionalconsumer.wordpress.com

giovedì 29 novembre 2012

NON C'E' PIU' TRIPPA PER GATTI? C'E', C'E' !

Se nelle Imprese l'utile remunera l'impegno per la gestione dei fattori della produzione, il profitto remunera il rischio dello stare sul mercato. Ogni impresa, insomma, gestendo al meglio quei fattori, fa utili; monetizzando quel rischio fa profitti. Ma porc.....La produttivita' in Italia e' ferma da vent'anni. Nel periodo 1992-2011, quella totale dei fattori e' aumentata ad un tasso annuo dello 0,5%. Tale incremento, dice l'Istat, risulta da una crescita media dello 0,9% della produttivita' del lavoro e da una flessione dello 0,7% di quella del capitale. C'è, insomma, chi si è tenuto in tasca il malloppo (-0,7) e chi ha pagato (+0,9) il prezzo di un aumento, ancorchè insufficiente, della produttività. Et voilà: la gestione inadeguata dei fattori produttivi, messa in campo per contenere i costi, ha ridotto stipendi e salari riducendo la capacità della spesa necessaria ad acquistare il già prodotto, confezionando uno strutturale eccesso di offerta. Giustappunto quella sovraccapacità che, ad esempio, l'industria automobilistica conclama ed espone. Un eccesso di offerta che sfiora il 40% e fa tremare intere economie. Neanche Gordio avrebbe potuto fare un nodo più intrigato. Per uscire dal guado occorre guardare i fatti e rifare i conti. La Fiat, per esempio, fa in casa l'auto. La progetta, ci mette motore e scocca che assembla insieme ad altro fatto da altri; quelli della filiera produttiva forniscono gomme, cerchioni, cristalli e tergicristalli; poi sedili, tappezzeria, tappetini, cruscotti, candele, luci, contachilometri, display vari, guarnizioni, batteria, lubrificanti, radio, antifurto e chissà quant'altro ancora. Fatta l'auto, l'auto va: dal pubblicitario che la comunica, poi da quelli del merketing che la propongono, poi dal concessionario che la vende insieme alle finanziarie che la finanziano. Poi c'è l'autoscuola che istruisce chi guida, l'Aci che fornisce la patente, la agenzie il bollo, le Assicurazioni l'assicurazione. Dopo un po' che l'auto va, incontri sulla tua strada galanti operatori: meccanici, gommisti, elettrauti, carburatoristi, carrozzieri, che si prodigano per rimediare ai guasti. Se fai da te: autoricambi, autolavaggio. C'è pure chi informa sulle “quattroruote”, chi scrive di sportauto. E ancora chi costruisce, manutende e gestisce le infrastrutture che consentono di andare, stare, rifocillare: Anas, autostrade, stazioni di servizio, concessionarie della sosta. Tanti eh: le imprese industriali, artigianali, commerciali e di servizio, tutte insieme appassionatamente stan lì per fare utili. Quella sovraccapacità aumenta il rischio? si reclama pure il profitto. Già, ma quando quelli che stilano il Bilancio sociale dell'Inps rivelano come il potere d'acquisto delle famiglie sia calato del 3,8% - tra il 2008 e il 2011 - dicono pure come non ci sia più trippa per gatti; altro che profitti, ancor meno utili! Se con l'insufficiente produttività ha fatto cilecca la capacità competitiva delle Imprese, W la competitività. Giustappunto, riallocando la quota, già incassata, dei profitti per ridurre il prezzo delle auto si torna competitivi. Aumenta la redditività del reddito disponibile di chi acquista, si vende. Oplà, si riduce l'eccesso, si riduce pure il rischio, si rimpinguano gli utili. Torna attiva la gestione dei fattori della produzione, una partita di giro insomma. Mauro Artibani Studioso dell’Economia dei Consumi www.professionalconsumer.wordpress.com

venerdì 23 novembre 2012

CRISI, OCCORRONO NUOVE IMPRESE?

L'ultima peripezia economica che si tenta di mettere in campo per contrastare la crisi recita: occorre reindustrializzare l'America. Lo dice il Presidente Obama. Da noi ci si accoda: occorre allargare la base produttiva. Bersani, spronato da attempati economisti, lo predica. Ci risiamo, il solito mantra: quando i Produttori producono generano lavoro, occupazione, ricchezza; se si potenzia quella produzione si riprende a crescere: tocca, insomma, creare nuove Imprese. Questo si dice, anzi si spera. Già, ma che tocchi reindustrializzare, proprio quando il mercato espone un eccesso di offerta ed un difetto di domanda, manco i mantriani ci credono. Scettico pure Richard Fisher, responsabile della Federal Reserve di Dallas: “La verità è che alla Fed nessuno sa realmente che cosa stia frenando l’economia. Nessuno sa veramente che cosa serva per rimettere in carreggiata la congiuntura”. Essipperchè quando al mercato si mostra come la crescita economica renda l'esercizio del consumo una pratica indifferibile, proprio quel vecchio mantra non raccapezza i fatti. Proviamo a cambiare la “diceria”; spostiamo il punto di vista da cui osservare i fatti economici. Una diceria nuova di zecca: i Consumatori, giustappunto quelli obbligati, con l'acquisto trasformano la merce in ricchezza, consumando l'acquistato forniscono l'input per nuovamente produrre, quindi nuovo lavoro, occupazione, reddito; danno continuità al ciclo, sostanza alla crescita. Quando però quel reddito, erogato dalle Imprese a chi lavora alla produzione, si mostra insufficiente ad acquistare quanto è stato prodotto il processo economico si impalla, le merci restano in magazzino a svalutarsi. Se, in barba a quanto ci si ostina a credere, mediante l'esercizio del consumo si innesca quel virtuoso tragitto in grado di generare lavoro, occupazione e reddito, di una siffatta Impresa c'è bisogno. Consumatori, insomma, che fanno impresa per fare offerta della merce più appetibile dal mercato: la domanda. Acquistata da chi ha necessità di svuotare quei magazzini retribuisce chi, per ruolo, acquista affinchè acquisti. Di tale Impresa la politica deve farsi sponsor, da una base produttiva di tal fatta occorre ripartire per riattivare il ciclo economico. Mauro Artibani Studioso dell’Economia dei Consumi www.professionalconsumer.wordpress.com

venerdì 16 novembre 2012

UN'OFFERTA SPECIALE PER ANDARE OLTRE LA CRISI

L'offerta definisce l'insieme dei beni e servizi messi sul mercato, in misura compatibile con la domanda. Bene, con i tempi che corrono, quando insomma viene meno l'efficacia di quelle politiche reflattive che hanno alterato il meccanismo di formazione dei prezzi e reso opaco il mercato, si mostrano fatti che non t'aspetti: l'aumento della disoccupazione, l'insufficienza di salari e stipendi e la riduzione dei risparmi delle famiglie frenano quel potere d'acquisto che smercia merci, usa servizi. Questo satura le scorte e riempie i magazzini delle Imprese che mancano di spendere per investire; si riduce il prelievo fiscale che riduce la spesa pubblica. Si disgrega insomma la Domanda Aggregata. Si gonfia la capacità produttiva inutilizzata dalle Imprese; si disgrega pure l'offerta. Tra le macerie di un tal mal messo mercato, un nuovo mercato si rende possibile che faccia il prezzo degli squilibri che si mostrano. Si mostra, appunto una domanda privata, quella delle Famiglie; si insomma quella dei Consumatori, la cui dote produttiva fa il 60% della crescita, anch'essa ampiamente sottoutilizzata. Eggià, questo rende appetibile un'offerta speciale: la domanda, giustappunto quella inespressa, l'unico bene scarso presente sul mercato. Offerta a chi ha necessità di vendere rifocilla la capacità di spesa e fa vendere chi l'ha acquistata, fa poi investire per produrre, produrre per riavviare le scorte, rimpingua il prelievo fiscale che autorizza la spesa pubblica. Si riattiva la domanda aggregata, si rende efficiente l'impiego delle risorse produttive senza eccezione alcuna, epperchennò, migliora la produttività dell'intero sistema. Mauro Artibani Studioso dell’Economia dei Consumi www.professionalconsumer.wordpress.com

giovedì 8 novembre 2012

OK ALLA CRESCITA CON LA DISCIPLINA DI BILANCIO

Monti auspica una crescita economica coerente con la disciplina di bilancio. Beh, anch'io. Quell'auspicio credo però debba essere esteso alla disciplina di tutti gli agenti economici. Si, insomma, una crescita con il concorso di tutti senza il ricorso al debito. Vediamo come: occorre rimuovere il blocco, generato dal reddito insufficiente, del meccanismo dello scambio; proprio dove si mostra una offerta in eccesso ed una domanda in difetto. Lì, nel ganglio più vitale del meccanismo produttivo, per rimuovere l'inguacchio si è fatto ricorso al debito: quello dei Consumatori per poter spendere, quello delle Banche che rischiano di non riavere indietro il credito fatto, fino a quello degli Stati che hanno rilevato quei debiti e quello delle Imprese che, mancando di vendere, sono in debito d'ossigeno. Già, quel debito che prima ha sostenuto la crescita poi, andato oltre il lecito, l'ha affossata inguaiando quei tutti. Oggi al grido di Deleveraging tutti tentano di fare disciplina di bilancio; per farlo si strozza la domanda aggregata e si torna daccapo a 12. Si gira in tondo, insomma, senza cavare il ragno dal buco. Giustappunto in tondo gira il meccanismo produttivo, ci stanno tutti dentro per fare la loro parte e prendere la loro parte; se qualcuno manca, peggio per tutti. Ecco, appunto, dentro questa bella Società i Consumatori che hanno debiti, mancano di reddito sufficiente a ripagarli e a fare la spesa. Quella spesa che fa il 60% della crescita, buona per tutti. Eggià, occorre capitalizzare adeguatamente i soci facinorosi della spesa affinchè possano tornare a fare quel che sanno fare. E vai, un bel balzo di produttività per il sistema: le Banche sanati i buchi di bilancio tornare ad erogare credito; le Imprese, smaltire le scorte e tornare a fare spesa in conto capitale; lo Stato, smagrito da una sacrosanta spendig-review, rifocillato dal prelievo fiscale diretto ed indiretto, tornare a fare sana spesa pubblica e tutti insieme, i disciplinati della spesa aggregata, a riveder le stelle. Mauro Artibani Studioso dell’Economia dei Consumi www.professionalconsumer.wordpress.com

mercoledì 31 ottobre 2012

CRISI, SE LA RUOTA DEL SISTEMA NON GIRA

Nel sistema economico vige la regola del cerchio: se non si produce niente lavoro, niente occupazione, niente reddito, niente spesa, niente consumo, niente nuova produzione, niente lavoro, nien...... Ecco si, una partita di giro. Sul bordo di quella circonferenza agiscono agenti produttivi: il mutuo interesse deve garantire il moto; l'azione li tiene in equilibrio affinchè quel che viene prodotto venga consumato. Ma che bella società la Libero Mercato spa. Ci sarà lavoro se vi sarà la necessità di produrre. Le Imprese per produrre dovranno avere la certezza che vi sia domanda da soddisfare. Per soddisfare la domanda occorreranno denari che spendono. Denari che si otterranno compensando il lavoro. Compenso che dovrà essere sufficiente ad acquistare quanto quel lavoro ha prodotto. Orbene, in questa società il Consumatore, per ruolo prodigo e men che mai satollo, deve acquistare e consumare l'acquistato; così facendo fa il 60% della crescita; agli altri soci il resto. Potrà farlo se adeguatamente capitalizzato, altrimenti la ruota del sistema si fermerà, anzi si già è fermata. Al buon intenditor fischieranno le orecchie. Mauro Artibani Studioso dell’Economia dei Consumi www.professionalconsumer.wordpress.com

venerdì 26 ottobre 2012

LA CRISI DELLE PRODUTTIVITA' CONFLIGGENTI

Di fronte ad un sistema produttivo che mostra i segni dell'usura, si tenta di fare, ognuno per sè. Prevedere l'assegnazione di mansioni inferiori e la possibilita' di incrementare i tempi di lavoro: queste le proposte che Confindustria, Abi, Rete Imprese Italia, Ania e Alleanza delle Cooperative hanno presentato ai sindacati nel corso dell'incontro sulla produttivita'. Eggià, la produttività, per le Imprese sta nel produrre riducendo i costi aumentando i ricavi e farsi magari più competitive. Se tanto mi da' tanto, sul mercato arriveranno ancora più merci e più appetibili per Consumatori inappetenti, con meno redditi e più ore di lavoro sul groppone. Essipperchè l'altra produttività, quella che i Consumatori mettono in campo, sta nell'aumentare la redditività del proprio reddito; nell'acquistare spendendo meno. Affrancati dal bisogno possono farlo; con un ancor più ridotta capacità di spesa, lo debbono. Ma, porc...., per far fronte alla crisi Produttori e Consumatori mettono in campo strategie di produttività confliggenti! Signori, operatori di un mercato scassato, nell'attesa messianica di un Dio per tutti che rimetta insieme i cocci si può tentare una iperbole: mettere in campo le risorse disponibili per riavviare quel moto produttivo, circolare, e renderlo perpetuo. Circolare, appunto, nella sequenza continua di produzione e consumo. Tra le risorse estratte dalla produttività delle Imprese, per esempio, ci sta quel profitto che remunera il rischio; se investito per smaltire il prodotto, fornirà propellente al reddito che spinge la spesa, annullando proprio il rischio d'Impresa aumentando però gli utili. Mauro Artibani Studioso dell’Economia dei Consumi www.professionalconsumer.wordpress.com

giovedì 18 ottobre 2012

COESIONE PRESIDENTE MONTI? NOI CI SIAMO!

Monti chiama: “ln Italia bisogna mobilizzare tutte le energie per riprendere a crescere, nessuna esclusa''. Presenti! Noi siamo quelli della spesa privata che fa il 60% del Pil; le famiglie. Si insomma i consumatori che, con l'acquisto trasformano il valore delle merci in ricchezza, che consumandole le fanno riprodurre. Si, siamo quelli che danno continuità al ciclo economico, sostanza alla crescita. Questo il nostro ruolo, per poterlo esercitare dobbiamo disporre di risorse di reddito sufficienti. Lei Presidente dice pure:''In questa fase della vita italiana e' coesione la parola chiave'' Eggià, coesi, perchè “Il sistema industriale e' un patrimonio per il Paese''. Noi di tutto punto, per sostenerlo, abbiamo speso più del reddito disponibile. Anzi abbiamo acquistato in sovrappiù per non svalutare la capacità produttiva di quel sistema: giustappunto coesione! Non paghi, abbiamo assaltato le banche per avere credito per pagare il sovrappiù. A noi il debito, ai creditori il profitto. Se non è coesione questa! Non è coesione dare focillo, con il prelievo fiscale sui redditi da lavoro, ad uno stato sprecone ed il rifocillo con l'iva che tassa la spesa? Ma, porc...continua a calare la propensione al risparmio delle famiglie italiane. Siamo ai minimi storici. Nel secondo trimestre del 2012, misurata al netto della stagionalità, la propensione al risparmio è stata pari all'8,1%: il dato più basso almeno dal 1999. Cacchio, solo nei primi sei mesi di quest'anno si registra un calo del potere d'acquisto su base annuale del 3,5%. In discesa anche il reddito disponibile dell'1% su base trimestrale e dell'1,5% su base annuale. Se tanto mi dà tanto non saremo in grado di acquistare il prodotto dei Produttori, ahiloro; manco in grado di restituire il debito ai creditori che verranno screditati. Per le tasse, a Lei diremo pappappero! Presidente Monti la prego, coesione si; se a senso unico però, viene giù tutto! Mauro Artibani Studioso dell’Economia dei Consumi www.professionalconsumer.wordpress.com

giovedì 11 ottobre 2012

LA PRODUTTIVITA' DELLA POLITICA

La crisi sta lì, morde. Intorno gente di tutte le risme si affanna, incespica in formule scadute; con zuffe dottrinarie gli economisti tentano di raccattare crediti da spendere in tivvù. La politica pure, fin ieri dentro un bipolarismo muscolare che fa audience, ad accapigliarsi tra il non fare degli uni, il non dire degli altri: tanto “la crisi è terra incognita”. Oggi, nel campionato della crisi, quei partiti, senza cognizione, stanno in panchina. Onorevoli bolsi, con il fiato grosso; presi in contropiede, incapaci di smarcarsi, rifugiati in corner. Il Mister, per non rischiare la retrocessione della squadra, li ha sostituiti. Hanno giocato poco, hanno giocato male, messi di riserva, onere-volmente incassano i premi partita. Nell'ultimo scorcio di campionato sta in campo un Senatore, all'uopo a vita, ed altri dieci non votati, lindi e pinti, a mettere pezze per tentare di sfangarla. Ad Aprile si ricomincia. Loro, seppur fuori squadra, rifanno le squadre. Quelli del centro politico si attrezzano a restare in panchina. Chiedono voti per farsi eleggere e far giocare i non eletti. Quelli a sinistra si marcano ad uomo, bisbigliano tra loro, non si sente nulla. Quelli di destra ci saranno? Che diranno? Manco si intravvede traccia del programma di governo di questi elegibili signori. Col cavolo: quella terra è ancora più incognita. Eggià, sembrano pure stavolta voler schivare il governare. Lo scorgono i ben informati, dicono che la nuova legge elettorale verrà disegnata per non far vincere nè governare alcuno. Ha già un nomignolo: “Monti bis.” Con tale andazzo che si fa? Approposito dei costi della Politica, a quelli impropri guarda la magistratura, per quelli propri tocca ai contribuenti rifare i conti. E se decidessimo di vincolare l'esborso per i loro emolumenti alla produttività, quella dell'esercizio di governo, proprio come a quelli che lavorano? Massì, all'efficacia delle loro politiche di governo dei fatti economici, del lavoro, della giustizia. Giustappunto, con la spending review di una Politica ignorante si potrà spendere meno, spendere meglio e magari ottenere di più. Da fare in fretta però, prima che l'Impresa Italia chiuda. Mauro Artibani Studioso dell’Economia dei Consumi www.professionalconsumer.wordpress.com

venerdì 5 ottobre 2012

CRISI: APPROPOSITO DI RISORSE PRODUTTIVE

La condicio sine qua non di un processo economico efficiente, si mostra nell'utilizzare al meglio le risorse disponibili a tenere in equilibrio il meccanismo produttivo. Si, insomma, quanto il sistema produce, il sistema interamente consuma. E se questa dannata crisi fosse il frutto proprio di un impiego inefficiente delle risorse produttive del sistema economico? Diamo un'occhiata. Se l'innovazione tecnologica e l'automazione dei processi hanno aumentato la capacità produttiva e ridotto l'occupazione, riducendo parte del costo del lavoro; se con le delocalizzazioni si è fatto il resto riducendo i salari, e con il credito a buon mercato a iosa si sono fatti investimenti in conto capitale, i Produttori hanno fatto bingo! L'impiego delle risorse produttive delle Imprese va a 1.000, l'abbondanza di merci inonda il mercato. Giustappunto, un mercato zeppo di merci che occorre smaltire. Con tale andazzo ai Consumatori tocca un gran da fare per utilizzare al meglio le risorse produttive in dotazione: a loro tocca spendere, tocca acquistare, tocca consumare l'acquistato. Così si ri-produce, si genera lavoro, occupazione, et voilà ricchezza. Ma, porc...quando tocca a loro fare, mancando della risorsa di reddito adeguata all'acquisto, non fanno. Quando questo accade sono dolori: il valore di quella merce si svaluta, si brucia ricchezza; viene ridotto pure il tornaconto delle risorse produttive fin qui impiegate. Orbene, per riportare il sistema in equilibrio occorre investire quei profitti, tenuti in stand by, degli agenti economici dotati. Riallocazione si chiama, affinché chi deve fare faccia per ridare efficacia alle risorse impiegate e sprone a quelle inutilizzate. Tutto qua: questo il prezzo da pagare a chi spende per far crescere il Pil. Mauro Artibani Studioso dell’Economia dei Consumi www.professionalconsumer.wordpress.com

venerdì 28 settembre 2012

SE NON LO SANNO LORO

Zitti, tendete le orecchie. 2007/2012, a cinque anni dall'inizio della crisi, Robert Fischer, presidente della Federal Reserve di Dallas, intervenuto in un convegno a New York dice: ''La verità è che le persone in seno al Comitato di politica monetaria della Fed non sanno cosa realmente ostacoli l'economia. Non sanno quello che davvero può funzionare per rimettere l'economia sulla giusta strada''. Ma come non lo sanno. Lo sanno, lo sanno. Sanno che debbono continuare a tenere il tasso di interesse basso perchè facendo costare meno il denaro qualcuno lo compri per poter fare quella spesa aggregata che fa crescere il Pil. La solita vecchia storia cominciata al volgere del millennio, mai terminata. Iniziata per dare soccorso ad una economia afflitta da un eccesso di capacità produttiva e dal difetto reddituale di chi acquista, esautorando il mercato dal fare prezzo. Proseguita per riparare al danno del debito, conseguente proprio all'alterazione del meccanismo di formazione dei prezzi. Oggi quella trasmissione del credito all'economia non funziona più perchè qualcuno, Produttori e Consumatori, fa orecchie da mercante e non acquista. I primi non prendono denari per investire perchè i secondi, tutt'intenti a rimettere il debito, non prendono e non spendono. Il cane si morde la coda, la crisi morde i polpacci. Si, insomma con il debito non si fa più la crescita. Hei Voi. Si proprio voi, signori della Fed, voi custodi della stabilità dei prezzi, che con i ricostituenti monetari li avete alterati, questo vostro fare ostacola la crescita. Per rimettere in moto l'economia occorre andare contro corrente, navigare di bolina: rimuovere le politiche di reflazione, approfittare della deflazione. Bestemmia? Macchè, la deflazione è quel dispositivo del mercato efficiente buono per ripristinare l'equilibrio di prezzo tra chi vende e chi acquista. Si, buona per rifocillare la capacità di spesa che smercia, che fa riprodurre generando lavoro e, mi venga un colpo, occupazione. Proprio quell'occupazione, che il fare di LorSignori non raccapezza. Mauro Artibani www.professionalconsumer.wordpress.com www.professioneconsumatore.org

mercoledì 12 settembre 2012

LA SPESA, PIU’ PRODUTTIVA DEL PRODURRE

Se, nell'acquistare per intero quanto prodotto, si scorge la condizione necessaria al funzionamento del meccanismo economico, cosa c’è di più produttivo del produrre? Lo spendere; quello delle famiglie fa il 60% del Pil. Tal spesa trasforma il prodotto acquistato in ricchezza, fa riprodurre, dà continuità al ciclo economico, sostanza alla crescita. La prova del 9: quando mancano i redditi sufficienti a sostenere la spesa, la produttività del meccanismo economico si impalla. Non si produce, non si lavora; meno occupazione, meno reddito. Cacchio! Questo condanna tutti a consumare senza se, senza ma? No. Gestire la domanda, si. Da operatori economici questo tocca fare, ben più che consumare. Eggià, se la domanda comanda occorre governare le questioni che agitano i processi economico- produttivi! Riequilibrare, per esempio, quel processo che alloca le risorse economiche generate dal sistema per sottrarre gli operatori del mercato dagli squilibri di reddito che impallano lo scambio domanda/offerta. Giustappunto il modo per andare oltre la crisi. Mauro Artibani www.professionalconsumer.wordpress.com www.professioneconsumatore.org

giovedì 6 settembre 2012

LA BENZINA COSTA TROPPO, DIAMOCI DA FARE

La vita spesa a fare la spesa non basta. Dobbiamo imparare a farla la spesa. Questo ci manda a dire Pasquale De Vita, Presidente dell’Unione Petrolifera Italiana. Per questo impavido signore siamo pigri, incapaci di comprare al meglio e via di questo passo. Non ha tutti i torti. Tutti i torti no. Qualcuno si: almeno due. Il primo: che il capo della lobby scarichi d’imperio la sua responsabilità sulle inefficienze della distribuzione e dei “distributori” e non dica nulla invece dell’accusa di fare “cartello” comminandoci i prezzi più alti d’Europa. E’ il caso allora di dire noi, anzi di fare noi: “una lobby più potente delle altre” per esempio. Una lobby la cui potenza si mostra con i voti elettorali; ad occhio e croce circa 48 milioni. E se per poter avere quei voti i politici dovranno contrattare una revisione delle accise; i petrolieri, per farci rifornire, sul loro cartello dovranno scriverci il ribasso del prezzo dei carburanti. Il secondo torto poi ha dell’imperdonabile, riguarda la nostra azione di consumo. Il nostro lavoro non si esplica, come sembra credere il De Vita, nel cercare sul mercato il prezzo più basso: se tra il benzinaio Tizio e il benzinaio Caio c’è una differenza del 6% nel prezzo dei carburanti andiamo da Tizio e, costringiamo Caio, ad abbassare il suo. Tizio però, vedendo aumentare la Domanda, alza il prezzo e così siamo daccapo. Nossignore! Dobbiamo agire perché il prezzo, di tutti, si riduca. Qui sta il nostro lavoro, questo sarà il nostro guadagno. Eggià, se riscoprissimo, di tanto in tanto, il camminare come azione strategica, economica, fors'anche salutistica; se utilizzassimo, seppur con parsimonia, il trasporto pubblico e facessimo tesoro del car-sharing e se, non sia di troppo disturbo a lorsignori, reclamassimo un aumento delle stazioni di servizio, tutto questo inciderebbe sulla domanda; potremmo modularla a nostro piacimento . La gestione tattica dell'intero spettro della nostra azione di Consumo: il percorso dalla prodigalità all’avarizia, così come l'impiego delle tecniche del mordi-e-fuggi, faranno il resto. Anzi dovranno darci il resto: un centesimo in meno, nel costo dei carburanti, equivale a un risparmio di 463 milioni di euro l’anno; 2 centesimi a 926 milioni di euro e 4 centesimi a 1,852 miliardi di euro. Vogliano chiamarlo Reddito da Consumo? Possiamo fare di più: visto il ruolo civile delle nostre azioni di Consumo potremmo anche ridurre il costo della bolletta energetica nazionale; diminuire l’inquinamento, salvaguardando l’ambiente delle nostre azioni. . Insomma, 3 piccioni con 1 fava. Mauro Artibani www.professionalconsumer.wordpress.com www.professioneconsumatore.org

domenica 26 agosto 2012

NEGLI USA PAGHE RIDOTTE PER GLI OBESI

Negli USA si prospettano riduzioni di stipendio perché sale il colesterolo; perché si ingrassa e si rischiano malattie cardiocircolatorie e diabetiche. Questo incide sui costi delle polizze sanitarie sostenute dalle aziende. 2/3 degli americani sono sovrappeso; il 30 % dei cittadini ha una massa corporea che li colloca nella categoria degli obesi. Il 62 % dei 135 top managers, in un sondaggio recente della Pricewater House Coopers, non trova di meglio che ritenere giusto far pagare contributi più elevati ai fumatori e ai dipendenti obesi dalle abitudini poco salutari. La Clarian, un’ azienda dell’Indiana, ha deciso dal 2009 i dipendenti che non si daranno da fare per rientrare nei parametri di peso, colesterolo, pressione sanguigna avranno una riduzione di stipendio di 30 dollari ogni due settimane. Signori, vi ha dato di volta il cervello? Ingrassiamo, si, questo il nostro mestiere. Stiamo ingrassando per rispondere convenientemente ai dettami del meccanismo economico: si produce, si deve consumare il prodotto; si produce di più si deve consumare di più. Già lo facciamo con i nostri Fuffy, Pallina, Dik. Un animale domestico su tre è a rischio obesità, proprio come Noi. E non finisce qui. Perché, altrimenti, acquistare 109 telefonini ogni 100 abitanti? Ad esserci improvvisati Multitasker: individui, che fanno cento cose tutte assieme, privi di concentrazione? Colpa Nostra avere gli armadi ingolfati? Colpa Nostra per le discariche che scoppiano? Colpa nostra, insomma, se Consumiamo? Questo il Nostro lavoro. La Nostra forza ! E’ vero, l’attitudine ci sostiene. La voglia non ci fa difetto; saremo in grado di essere pure recidivi. Uno studio della John Hopkins Universty sostiene che, nel 2015, le persone con 10 o 15 kg di grasso in più saliranno al 75 % ; gli obesi , invece, al 41 % . Bene, per rispettare la tabella di marcia dovremo continuare a nutrirci con piatti ricchi di grassi e zuccheri; cibarci, rigorosamente, di derrate industriali; pranzare, possibilmente, nelle friggitorie o nei fast foods. E per non inficiare tale esercizio: stile di vita sedentario! Poi mettiamo giù l’asso: ” le risorse economiche sono sempre state distribuite sulla base del principio del contributo alla produzione” afferma J.R.Oppenheimer. Giust’appunto chiediamo, risolutamente, di essere assoldati da Lorsignori che producono per non far mancare questo nostro innegabile contributo produttivo, che potrebbe venir meno se solo decidessimo di sottoporci a dieta. A buon intenditor, poche parole. Mauro Artibani www.professionalconsumer.wordpress.com www.professioneconsumatore.org

martedì 14 agosto 2012

MACCHE' TUTELE DEGGITTO

Quando vennero recepiti i decreti legislativi della direttiva europea 2005/29/CE sulle pratiche commerciali sleali, l’allora ministro Bersani ne sottolineò gli intenti: “L’Italia ha fatto altri passi in avanti nella tutela dei consumatori. Sono previste sanzioni per chi investe in qualsiasi azione, omissione, condotta, dichiarazione o comunicazione commerciale - compresa la pubblicità ed il marketing - tale da alterare, in misura apprezzabile, la capacità del consumatore di prendere una decisione consapevole, inducendolo ad assumere una decisione, di natura commerciale, che non avrebbe altrimenti preso”. Ma porc… sul mercato si possono produrre AZIONI, OMISSIONI, CONDOTTE, DICHIARAZIONI, COMUNICAZIONI da parte di “alcuni” in grado di alterare la nostra capacità di discernimento. Siamo alla solite: tracce di asimmetrie informative! Dai politici arrivano le tutele: siamo panda. Ennò Signori, non ci siamo! Chi pensa sia a rischio la nostra salute mentale sbaglia .Una ingenuità di tal fatta fa torto alle nostre patenti possibilità. Nelle corde delle nostre risorse deve risuonare alta la forza della condizione professionale del consumare. Eggià, siamo noi pure in grado di produrre AZIONI, quelle del lavoro quotidiano di consumo, che possono trovare ristoro. Potremo produrre OMISSIONI: calcolate reticenze con cui si possono gestire le occasioni di acquisto e reclamare la” privacy di categoria” che ci consenta di poter gestire le nostre informazioni sul Mercato. Adire CONDOTTE mediante approcci spudorati. Il “mordi e fuggi” magari con raggruppamenti tattici in grado di scompaginare rendite di posizione. Produrre DICHIARAZIONI con le quali affermare i nostri appetiti di prodotto per far salire il prezzo di alcune merci e poi, magari, acquistare merci il cui prezzo, all’opposto, si è ridotto. Saremo anche in grado di produrre COMUNICAZIONI con le quali dare visibilità alle Nostre offerte di prodotto: l’Attenzione, il nostro Tempo, la Gestione delle nostre emozioni e passioni. Se sappiamo fare questo potremo mettere in mostra la nostra forza, pure quella elettorale: altro che tutele dalla politica e rispondere pure convenientemente ai nostri interlocutori sul mercato. Potremo avere degli utili dalla nostra azione, altro che repentaglio della salute mentale! Siamo tanti, praticamente tutti, possiamo farcela: ce la faremo! Certo, per alcuni di noi, individui “doppi” (i produttori-consumatori, i commercianti-consumatori, quelli del marketing-consumatori) si potranno produrre schizofrenie da comportamento. E’ ragionevole ritenere che la tutela della Loro salute mentale vada perseguita. Sono parte di noi, l’orgoglio di razza ce lo impone. Mauro Artibani www.professionalconsumer.wordpress.com www.professioneconsumatore.org

giovedì 9 agosto 2012

NON ESISTONO PASTI GRATIS

“La mia spesa il vostro reddito”: Keynes lo ha scritto; io, pur non keynesiano, lo grido. Eggià, la spesa produce reddito, proprio quel reddito che serve a rifare la spesa . La sufficienza del reddito che acquista, istituisce però la condicio sine qua non perché il meccanismo economico giri per fare la crescita. Proprio il mio reddito, risultato insufficiente, ha generato l’insufficienza del vostro. Sta qui la crisi. Morale: il vostro reddito dovrà remunerare la mia spesa fatta oggi; tal remunero integrerà il mio reddito che servirà a fare la spesa domani per approvvigionare il vostro reddito dopodomani. Eggià, non esistono pasti gratis! Mauro Artibani www.professionalconsumer.wordpress.com www.professioneconsumatore.org

venerdì 3 agosto 2012

CONFUSIONE IN GIRO

Nella canicola asfissiante, appena svegli, sotto il segno di un sogno, avete mai visto fluttuare aforismi, frasi, concetti ? Slabbrarsi geografie concettuali in improbabili fughe di senso? Il caldo fa brutti scherzi. Nel sonno genera riverberi che sembrano sfocare malnutrite certezze. Ti svegli e non ti raccapezzi! Il Relativismo è l'anatema vaticano o una tecnica del marketing? I Fini sono diritture escatologiche o tortellini? Il Nichilismo è superamento della morale o l'approdo al nulla? E la vita spesa a fare la spesa è imperio morale o solo epigrafe dell'eccesso; è l'espressione colorata del nostro agire o l'allucinata risposta a quegli improperi concettuali? Tra l'acre umore del sudore e l'insonne passare della notte quel nesso causale tra Vita e Spesa mi arrovella: è l'esperienza contemporanea, l'espressione dello "stare insieme" è finanche linguaggio, magari pure pensiero. Si esercita mediante acquisizione, somma di cose più cose. Un prendere che produce cultura, esperienza e ricchezza. Il lascito all'ambiente è però misura di questa smisuratezza. Ufff...non ci siamo! Riaffronto il dilemma. Ci sono: l'addizione è il limite. Sottrazione, divisione, moltiplicazione occorrono. Impiegare le energie fisiche ed intellettuali nell'esercizio di un mestiere. Farsi Professional Consumer, consentirebbe di operare trasformazioni in grado di aggredire routine; dividere rendite, privilegi ed anche inerzie; moltiplicare insieme ai nostri introiti economici fors'anche quelli cerebrali; sottrarci al non-sense del "compra-compra". Fiuuuuu! Va be', in questa notte allucinata più di così non penso, più di così non dico. Mauro Artibani www.professionalconsumer.wordpress.com www.professioneconsumatore.org

lunedì 30 luglio 2012

IL MAINSTREAM DELLA CRISI

Si dice Mainstream. Così s’appella la corrente principale della teoria economica contemporanea. Confeziona la regola per “l’equilibrio naturale” di una economia di mercato; ha redatto ed ancor redige princìpi che hanno conformato le scelte politiche di chi non ha intravvisto la crisi, manco ne governa lo svolgimento, nè ne individua le vie d’uscita. Cos’è, cosa dice: “Stando a questo modello, le variazioni dei salari e dei prezzi generano una serie di effetti su tutti i mercati che spingono l’economia a convergere spontaneamente verso il cosiddetto livello di “disoccupazione naturale”. In particolare, una riduzione dei salari monetari comporterà una pari riduzione dei costi di produzione e quindi anche un calo dei prezzi, dal quale scaturiranno due effetti: in primo luogo, un aumento del potere d’acquisto delle scorte di moneta, e quindi un aumento diretto o indiretto della domanda interna di merci; in secondo luogo, nel caso di un’economia aperta agli scambi internazionali, anche un aumento della competitività delle merci nazionali e un conseguente incremento della domanda proveniente dall’estero. Rilanciando le spese e la produzione i due effetti dovrebbero riportare il sistema in equilibrio.”* Dovrebbero? Orbene, dal momento che tali regole sono agenti, sottoponiamo il modello alla verifica dei fatti. Reggerà? Non regge: di primo acchito i portafogli sgonfi mostrano la riduzione, già in atto da molti anni, del salario monetario**. Lo conclamano tutte le statistiche di ogni ordine e grado mentre espongono, alla faccia della riduzione dei prezzi, il grado d’inflazione. Facciamo finta di nulla, procediamo: Aumento del potere d’acquisto delle scorte di moneta. Bene, quando tutto-quel-che-serve-per-vivere si è fatto merce da acquistare ogni giorno, avranno i “salariati” risparmio in cassa da rivalutare? E quelli neo salariati, già ceto medio? Quello messo al pizzo dai reduci di quel ceto, timorati del domani, verrà speso oggi? Si può contare su quello dei pochi che hanno di più, proprio quelli della bassa propensione al consumo? Qualcuno ha intravvisto un aumento della domanda? Poi c’è l’altro effetto: il vantaggio della riduzione dei costi che si acquisisce nella competizione internazionale. Se in casa e fuori tutti competono, e tutti competono, qual vantaggio può dirsi acquisito? Si intravvede in giro un rilancio della spesa, della produzione dell’occupazione***? Così si è fatta la crisi; così la crisi si rende perpetua! * Tratto dall’intervista ad Emiliano Brancaccio sulle tracce del suo nuovo libro “Anti-Blanchard” ** quantità di denaro che si riceve mensilmente per aver prestato lavoro subordinato. Si contrappone al "salario reale", che è dato dal rapporto tra questa somma di denaro e il livello generale dei prezzi. Il "salario reale" descrive dunque il potere d'acquisto del lavoratore; il "salario monetario" non tiene invece conto del livello generale dei prezzi. *** A maggio 2012 sono 47,7 milioni i disoccupati nell'area Ocse,14 milioni in più rispetto a maggio 2008 Mauro Artibani www.professionalconsumer.wordpress.com www.professioneconsumatore.org

lunedì 23 luglio 2012

IL RICATTO DELLA TERRA CI SALVERA’

Gulp: Entro il 2012 rischia il fallimento un'impresa su tre. A questa conclusione arriva uno studio di Unimpresa che ha analizzato i dati sulle sofferenze bancarie. L’Ansa riferisce: L'analisi focalizza la “probabilita' di ingresso in sofferenza entro l'arco di un anno''. Viene stimata attraverso una metodologia statistica che utilizza indicatori desunti dal bilancio dell'impresa e dalle segnalazioni delle banche alla Centrale dei rischi. Santi numi, un processo di de-industrializzazione inaudito: 1/3 in meno di prodotti alimentari, lo stesso per abbigliamento, mobilità, comunicazione, informazione e chissà quant’altro ancora. Gia, quant’altro ancora: meno produzione, meno occupazione, meno lavoro, meno acquisti e la crisi si avviterà ancor di più. Maledetti Produttori? Macchè, questi producono se vendono il già prodotto, altrimenti chiudono! Allora, maledetti Consumatori? Macchè, questi possono acquistare se non dispongono di salari e stipendi insufficienti? Un bel casino, anzi due! Essipperchè, se questi sono i fatti poi ci sono le interpretazioni: al mercato verrà a ridursi l’offerta di pane, pasta, acqua, vino, verdura, vestimenti, divertimenti e, per l’amor di Dio mi fermo qui. Se mancano i denari per acquistare questo ed altro le Imprese smetteranno di produrle toccherà stare su questa terra gnudi ed affamati? Niente affatto: non più prodotte quelle merci occorrerà tornare a produrle; occorrerà riacquisire quella perizia, già data in comodato d’uso ai Produttori, poi: terra, terra! Già, un pezzo di terra, zappata e coltivata darà uva, grano, cereali; vi pascola un mucca, qualche gallina becca, tre pecore ed un porco fanno quel che sanno. Mescitando ben bene il tutto avremo latte, vino, pane, frittate, carne, salumi, prosciutti; cuoio per fare scarpe, lana che filata diverrà stoffa poi abito. Giacchè ci abito e ci lavoro avrò meno bisogno di spostarmi tanto con la rete posso andare oltre pur restando lì. Tutto questo lavoro Occupa, dall’alba al tramonto; Retribuisce pure: mangio, bevo, mi calzo, mi vesto. Sazio, scambio quel che più ho con quel che mi serve. Eggià, meno dipendente dal denaro. Vita grama? Oddio, per alcuni buona a malapena per sopravvivere; per i secondi, l’eden cercato, ritrovato. I primi non ci stanno, non si accontentano del meno, vogliono di più. Vogliono un mercato finalmente liberato dai trucchi reflattivi . Lo reclamano, anzi vanno dritti al sodo: se non vendete l’offerta, con quel che vi resta, potrete acquistare la domanda, l’unica merce scarsa al mercato. Farà guadagnare noi per poter tornare a spendere e voi a vendere! Due opzioni, insomma, distinte e distanti da mettere sul tavolo e contrattare: dar retta ai quei di portatori di suggestioni neoromantiche o seguire i suggerimenti di quegli sfrontati pragmatisti? Gli Esercenti a quel tavolo dovranno ben scegliere per tornare ad esercitare l’Impresa. A buon intenditor, poche parole. Mauro Artibani www.professionalconsumer.wordpress.com

venerdì 13 luglio 2012

ZONA EURO, UN MODO PER LA CRESCITA

Regione economica che associa stati autonomi; senza dazi né gabelle consente la libera circolazione delle merci. Abitata da operatori di mercato: milioni di Imprese producono valore, centinaia di milioni di Consumatori producono il consumo di quel valore, spendendo un’ unica moneta, per generare ricchezza. Zona Euro s’appella quel sistema che ha estratto virtù economica dalle risorse produttive e da quelle improduttive messe in campo. Più o meno 12.000.000.000 $ l’incasso per anno mettendo a profitto vantaggi e svantaggi. Una Spa di operatori che agisce dentro processi globalizzati: per contenere il costo del lavoro riduce stipendi e salari, finanzia così l’aumento della produttività, rintuzza la concorrenza. Con l’abbondante impiego delle politiche di reflazione, per sostenere la spesa, viene alterato il meccanismo di formazione dei prezzi, imprigionato il libero mercato. Con il debito, che ha surrogato i redditi, si è sollazzata quella spesa dei privati ben oltre il bisogno e i profitti di chi così ha smerciato; ha foraggiato la spesa pubblica, ha invitato le Imprese alla spesa per gli investimenti. Tutti hanno speso. Già, quella spesa aggregata che fa il reddito, cos’altro sennò! Cotanto fare fa la crescita, fatta a debito prima o poi si impalla. Si impalla! Tornano insufficienti i redditi riducendo la capacità della spesa privata che riduce la convenienza delle imprese al loro spendere. Il ridotto prelievo fiscale riduce la spesa pubblica, il consolidamento fiscale la taglia. Tal spending review degli agenti economici blocca il meccanismo dello scambio domanda/offerta. Scatta l’allarme, arrivano gli economisti, è affar loro: vengono quelli di Chicago a dire; quelli Austriaci sono lì a due passi, dicono; i Keynesiani, i neo e i post- keynesiani propongono. Le dottrine si danno battaglia: debito si, no, ni. I Politici, già lì, si elidono, si eludono; si incontrano, si scontrano, si impegnano, si disimpegnano senza cavare il ragno dal buco. Essipperchè se il debito sale impalla la crescita, nel tentativo di ridurlo si va in recessione. Signori, per tornare a crescere occorre fare quel che si deve senza fare debito. Lo spazio si intravvede. Dentro gli Stati e tra gli Stati ci sono aree dove si produce più di quanto si consuma ed altri dove accade l’inverso. I primi hanno bisogno di acquirenti, i secondi di venditori. Gli squilibri nelle bilance commerciali di quei paesi lo mostrano, esponendo costi e ricavi. Lo mostra quella parte di debito fatta per dare sostegno al tenore di vita necessario a smaltire le merci prodotte altrove. Lo mostra pure l’affanno della spesa pubblica corrente che fa un bel pezzo di Pil e quella che retribuisce chi nel ‘pubblico’ lavora per fare pur essi la spesa. Lo mostra il deficit e il costo del debito di chi importa; il surplus ed il vantaggio ad indebitarsi di chi esporta. Affanni e guadagni che lo spread misura e grida. Già, così quando in quel mercato unico l’offerta si mostra in eccesso, svalutandone il valore, per difetto di domanda si impone la necessità di riportare in equilibrio quel commercio squilibrato, acquistando l’unica merce scarsa sul banco della spesa: la domanda. Tocca a chi vende importare quella merce che fa smerciare il già prodotto, fa riprodurre dando continuità al ciclo, fa crescere l’economia per fare utili. Tocca così investire i surplus, non altrimenti investiti, per remunerare il valore di quella merce e i costi di quell’esercizio, ricostituendo la capacità di spesa di tali tizi. Et voilà, per l’area comune un nuovo equilibrio: surplus più acconci, deficit meno sconci, pure meno debito. Si raddrizzano i conti, si riavvia il meccanismo dello scambio. Sbirciando qua e là qualcosa già si intravvede. Mentre per l’equilibrio di bilancio i Tedeschi chiedono tagli su tagli per tutti, in casa loro il basso costo del debito consente di retribuire chi deve spendere. Zitti zitti, quatti quatti assumono dipendenti nella pubblica amministrazione, aumentano i salari e le pensioni per dare focillo al potere d’acquisto; un discreto inizio. Per l’equilibrio della bilancia commerciale d’area dovranno fare di più. Giustappunto acquistare la domanda d’altri. Il modo per ricapitalizzare quegli associati che acquistano l’offerta l’oro, ripristinandone il valore. Do ut des: ma che bella compagnia! Mauro Artibani Studioso dell’Economia dei Consumi www.professionalconsumer.wordpress.com

giovedì 28 giugno 2012

SCONTRO TRA SANGALLI E SAN CAZZIANO

All’assemblea annuale Confcommercio fa’ la conferenza, spara su tutto e tutti. Denuncia troppe tasse, ne invoca la riduzione, scalpita sull’iva e l’imu. Il Presidente cita dati, riferisce fatti: i consumi procapite sono tornati ai livelli del ‘98, il Pil procapite tocca il livello del ‘99. Non pago si schiera: sto con le Imprese e con il Lavoro. Nun l’avesse mai detto! A San Ga’, so’ San Cazziano e più che santo so’ appunto ‘ncazzato: ce sei o ce fai? Stai co’ l’impresa? Quella che c’ha troppo da vende perché ha pagato poco il lavoro? Stai col lavoro? Quello pagato poco pe’ acquistà quer troppo? Nun te fa sentì! Fossi in te starei co’ quelli che spènneno, quelli che se deveno comprà quello che venni. Si, proprio quelli che vanno a lavorà pe’ fallo e che devono esse pagati bene pe’ potello fà. Già, dovresti stà co’ loro ma stai cogli altri. Sei gli altri! Mauro Artibani www.professionalconsumer.wordpress.com www.professioneconsumatore.org

giovedì 21 giugno 2012

DEBITO NON PIU’ ATTINGIBILE, OCCORRE IMPIEGARE I PROFITTI

Rossana Prezioso su Trend-online riferisce dati del Dipartimento del Commercio degli Stati Uniti: mostrano come i profitti delle aziende Usa, in percentuale rispetto al prodotto interno lordo, vedano un apice mai toccato sin dal 1940, inizio delle rilevazioni governative. La Fed riferisce che le aziende americane continuano ad accumulare liquidita'. Nel secondo trimestre le loro riserve sono salite del 4,5%, a 2.047 miliardi di dollari. Si tratta del livello maggiore dal 1945. Uno studio di due ex rappresentanti del Census Bureau, riportato dal New York Times, riferisce del calo del 9,8% dei redditi dall'inizio della recessione a giugno 2011 indicando ''una significativa riduzione degli standard di vita americani'': Redditi in calo per le famiglie americane, fra giugno 2009, quando la recessione e' ufficialmente finita, e giugno 2011 quando i redditi sono scesi del 6,7% a 49.909 dollari. Durante la recessione (dicembre 2007-giugno 2009) erano diminuiti del 3,2%. Insomma, c’è chi ha e chi non ha, questo dicono i dati. I fatti sono andati pressappoco così: un mercato del lavoro sovraffollato ha ridotto stipendi e salari. Per dare sostegno alla domanda e non far scendere i prezzi sono state messe in campo politiche di reflazione che hanno consentito di surrogare con il debito redditi insufficienti per scartare la crisi. Quelle politiche per far crescere l’economia hanno dato a chi profitto, a chi debiti. Quando per l’eccesso di debito le stesse politiche si rendono non più perseguibili, i redditi non più surrogati mostrano l’insufficienza a sostenere gli standard di spesa. Con la forzata spending review dei Consumatori le merci restano in magazzino. Quei profitti vengono limati, pure questa una spending review, quella delle Imprese. Vi è pure un’ultima chance, anzi l’ultima spending: spendere meglio il profitto per retribuire chi deve spendere, altrimenti… Altrimenti il mercato, finalmente smarcato dal reflazionismo congenito, ridurrà ancor più i guadagni di quei profittatori di profitto! Mauro Artibani www.professionalconsumer.wordpress.com www.professioneconsumatore.org

venerdì 15 giugno 2012

PATTI CHIARI, AMICIZIA LUNGA

Con i tempi che corrono, dopo la Spending Review del settore pubblico, occorre affrontare quella della Famiglie; si, insomma, quella dei Consumatori. Già, perché non cogliere l’occasione per fare un po’ di pratica e magari così migliorare l’esercizio di spesa? Un esercizio facile facile tanto per rilassarci: le “carte fedeltà”. Si possono intercettare, così, occasioni di reddito ed irrobustire, perché no, pure l’orgoglio di categoria. Un Professional Consumer deve fare di necessità virtù. Non fare i conti con il business delle “carte fedeltà”, quelle utilizzate nella grande distribuzione, sarebbe addirittura imbarazzante. In questo settore è in atto un vero e proprio gioco al massacro per fidelizzarci: costa meno tenere un cliente che tentare di acquistarne di nuovi. Bene. Tutti offrono qualcosa per trattenerci? E noi rendiamo possibile farci trattenere da tutti: prendiamo tutte le carte, facciamoci fidelizzare così non ci fidelizza nessuno! Acquistiamo solo i prodotti per fidelizzati nei vari hard-super-iper mercati. E’ un bel risparmio. Per farlo occorre tempo, pazienza, calcolo? Niente paura; reclamiamo la pubblicazione, sui siti aziendali, dei prezzi dei prodotti; un software di selezione ci consentirà di individuare le merci più vantaggiose. Un buon navigatore satellitare ci dirà dove andare ad acquistarli, individuando il tracciato più conveniente. Con l’agenda degli affollamenti sul cellulare, infine, saremo in grado di scegliere i momenti migliori per farlo. Il gioco è fatto: li abbiamo fidelizzati! Può sembrare pleonastico ma per chi deve spendere vi è l’imprescindibile necessità di essere costantemente aggiornato, trovare complicità, farsi pure ficcanaso. Giustappunto, con i tempi che corrono guai a distrarsi; si corre il rischio di perdere occasioni irripetibili. Sentite questa, l’ho trovata tra i miei appunti, da un rapporto redatto nel 2005 dal Centro Studi Einaudi risulta che i costi sostenuti dalle banche per affiliare un nuovo cliente sono quattro volte superiori al costo di gestione di un cliente già “posseduto”. Gliela facciamo passare liscia o ristrutturiamo il costo dei nostri c/c ? Patti Chiari, amicizia lunga! Mauro Artibani www.professionalconsumer.wordpress.com www.professioneconsumatore.org

giovedì 7 giugno 2012

LE FUNZIONI DEL LAVORO E LA CRISI

Funzione doppia quella del lavoro: produce, con il remunero consuma il prodotto. La crisi lo mostra. Già, il lavoro, quell’esercizio che nella produzione viene sacrificato o/e sottoremunerato al costante miglioramento di una produttività aziendale già affetta da sovraccapacità o così generata. Lo stesso lavoro che, in questo modo conciato, manca di svolgere quella funzione propellente del consumo, limitando la produttività dell’esercizio di spesa, che smaltisce sovraccapacità. Mauro Artibani www.professionalconsumer.wordpress.com www.professioneconsumatore.org

sabato 2 giugno 2012

LA CRISI: L’ALTRO IERI, IERI, OGGI E DOMANI

L’altro ieri, al mercato venivano smaltite merci insufficienti acquistate da redditi sufficienti per dare ristoro ai bisogni. Quest’offerta scarsa generava valore, produceva ricchezza. Gli offerenti guadagnavano, governavano. Giusto? Giusto! Ieri, quando quelle stessa merce manca di essere smaltita da redditi divenuti insufficienti arriva il soccorso di quelli della finanza. Offrono loro merce scarsa: il credito che rifocilla quei redditi. Viene ripristinato il valore si produce ancora ricchezza seppure a debito. I nuovi offerenti guadagnano, governano. Giusto? Giusto! Oggi, quando il credito ormai inattingibile mancherà di rifocillare quegli smilzi redditi per acquistare e le merci resteranno invendute, arriva la crisi. Domani la domanda al mercato sarà l’unica merce scarsa, avrà valore, acquistata da chi la usa per vendere produrrà ricchezza. Offerenti, proprietari della domanda, guadagneranno; verrà così ripristinata quella capacità di spesa in grado di riavviare il ciclo della crescita. Baldanzosi questi nuovi offerenti vorranno pure governare. Giusto? Giusto! Mauro Artibani www.professionalconsumer.wordpress.com www.professioneconsumatore.org

giovedì 24 maggio 2012

CHE LOBBY, RAGAZZI!

Pellizza da Volpedo la dipinge così: Una moltitudine in transito va dal tramonto alla luce, compatta, serena. Nobile quel transito, aristocratica la determinazione dei gesti. A mani nude, espressione di una compattezza che intimorisce: la "Lobby dei Consumatori più forte di tutte le altre". Austera nel darsi alla vista, svestita dei marchi; nè icone alla moda, nemmeno gadget. Spogliata dei simboli del consumo, fa paura. Mostra forza titanica nella determinazione di non lavorare: sciopero dei consumatori. Sciopero contro i notai, gli avvocati, anche contro tassisti e farmacisti che boicottano le "liberalizzazioni", quei tentativi di mondare il mercato di privilegi e rendite. Piccole lobbies con capacità di fuoco fragile mostrano potere di veto nei confronti di una politica che, nel raccattare altrettanto fragili maggioranze, si espone ai ricatti. La parola d'ordine: aiutiamo la politica quando la politica aiuta noi! Questo mostrerà risolutamente la nostra forza, nel contempo darà forza alla nostra Politica! Approposito, il patrocinio della nostra lobby è appannaggio dell’ex garante della concorrenza e del mercato, oggi sottosegretario alla presidenza del consiglio dei Ministri. Quell'Antonio Catricalà che si espone al centro della rappresentazione con barba e baffi posticci. La presenza di moglie, figlioletto e cognato esprime il tono istituzional-moderato della protesta. Ce la faremo? Ho la garanzia del garante. Garantisce la nostra vittoria. Mauro Artibani www.professionalconsumer.wordpress.com

giovedì 17 maggio 2012

CONTROLLO DEI COSTI, RIDUZIONE DELLA SPESA, PER TUTTI

Se per fame mangio, per il freddo mi abbiglio, per andare da qui a lì vado in auto, faccio questo per bisogno. Se con il cibarmi ingrasso, invece di abbigliarmi vesto alle moda che passa di moda e per spostarmi acquisto un Suv, mi sono affrancato dal bisogno; questo mio fare fa crescere il Pil. Sono talmente responsabile nell’esercizio di questo ruolo che, se non mi basta il reddito, lo faccio a debito. Quando il credito, che ha indebitato tutti, si rende indisponibile per acquistare quel sovrappiù che diventa ancor di più, arriva la crisi. Tutti corrono ai ripari; gli stati più indebitati riducono la spesa pubblica per riallineare i conti. La regola: migliorare la produttività dell’esercizio di spesa; insomma acquistare meglio a meno, razionalizzando e contenendo i costi. Giusto! La Spending Review, la faccio anch’io: mangio meno, recupero salute; mi affranco dalla moda, tengo più quel che ho, acquisto meno quel che non ho; vendo il Suv e vado in city car. Et voilà, mitigo la spesa, miglioro la redditività del mio scarso reddito. Già, pure i Produttori con l’offerta invenduta mancheranno di spendere per fare investimenti di capitale, ancor meno spenderanno per aumentare le scorte. Tutti avremo messo sotto controllo i costi, ridotta la spesa; la spesa aggregata, quella che fa il Pil, che misura la crescita, che genera ricchezza: sob! Mauro Artibani Per approfondire il tema trattato: PROFESSIONE CONSUMATORE Paoletti D’Isidori Capponi Editori Marzo 2009 www.professionalconsumer.wordpress.com www.professioneconsumatore.org

giovedì 10 maggio 2012

MANIFESTO PER LA CRESCITA

Si continua a recitare il già detto, non si cava un ragno dal buco; si rischia di affogare nella crisi. Occorre parlar d’altro: la crisi economica, al di là di quel che si dice, sta ficcata dentro il meccanismo produttivo. Lì risulta alterato il rapporto di scambio domanda/offerta Questo è potuto accadere perchè i redditi da lavoro, erogati dalle Imprese per produrre merci, sono risultati insufficienti* ad acquistare quelle merci. Tal fatto ha reso l’offerta in eccesso e la domanda in difetto. Per riparare il danno si è dato corso ad un gigantesco flusso di credito in funzione reflattiva che ha consentito di creare ricchezza con il debito. Complice un mercato opaco ed inefficiente che ha smaltito quell’eccesso senza cambiare le regole del gioco. Quando si passa il limite salta il banco, la crisi si mostra: famiglie indebitate, industria finanziaria impallata, debito pubblico allo stremo e magazzini delle imprese stracolmi di invenduto. Già, proprio quando il credito smette di surrogare redditi insufficienti si mostra quello che tecniche e politiche di sostegno della spesa, per decenni, hanno occultato: hanno più bisogno i produttori di vendere che i consumatori di acquistare. Quando nel mondo si tenta di attrezzare politiche economiche per uscire dal guado di mezzo c’è ancora il debito: Debito si, quelli del mondo anglosassone mettono debito su debito** per forzare la crescita che non si mostra sufficiente a ripagare quel debito. Debito no, ribattono gli euro-tedeschi: occorre tagliarlo per risanare le casse pubbliche condannando, chi taglia, a quella recessione che riduce le entrate fiscali, aumenta il debito. Che razza di economia è mai questa che sembra incapace di andare oltre quel debito che fornisce credito ad ausilium a mercati disallineati? Occorre cambiare registro, utilizzare le risorse economiche inutilizzate, quelle nella disponibilità degli agenti economici: I profitti d’Impresa non investiti per produrre****. Vanno investiti per smaltire il già prodotto e poter riprodurre, generare lavoro, creare occupazione, reddito. I ristori messi al pizzo di quei Consumatori che, a fronte di una adeguata capacità di spesa e pur spendendo, risparmiano. Risorse queste che sottratte allo sviluppo e alla crescita bruciano nella recessione. Et voilà vecchie risorse per nuova spesa senza far debito; anzi faranno prelievo fiscale che darà ristoro alle sfiancate finanze statali. Guistappunto per uscire dal guado, la Ditta “Libero Mercato spa”, che impiega il lavoro di Produttori e Consumatori per generare crescita economica e mal ha dispensato gli utili accantonati, deve dar corso ad un aumento di capitale in funzione pro-ciclica. Ai primi e ad un po’ dei secondi, azionisti di riferimento, tocca ricapitalizzare i secondi, azionisti di maggioranza; dotarli di quell’adeguato potere d’acquisto che sta oltre il bisogno per sbloccare il meccanismo dello scambio e smaltire il surplus di offerta che impalla il mercato. *Bankitalia: sale al 22% la quota delle famiglie con reddito insufficiente. **Gli interventi di stimolo attuati dalle autorita' di Washington e dalla Federal Reserve hanno pesato per il 4% sulla crescita del Pil Usa registrata negli ultimi due anni. Lo si legge in uno studio di Fitch Ratings condotto con Oxford Economics, che "solleva interrogativi circa la sostenibilità dell'attuale ripresa". *** Paesi in recessione: Grecia, Belgio, Cipro, Repubblica Ceca, Danimarca, Olanda, Irlanda, Portogallo, Slovenia e Regno Unito, Italia. **** Federal Reserve:Le aziende americane continuano ad accumulare liquidità. Nel secondo trimestre 2011 le loro riserve sono salite del 4,5% a 2.047 miliardi di dollari. Si tratta del livello maggiore dal 1945. Eurostat: brusca frenata degli investimenti in Europa nel IV trimestre 2011 Aderiscono di fatto all’aumento di capitale: IKEA, CANALE 5, RETE 4, ITALIA 1, LA 7; le WEB TV; LEGGO, METRO, CITY. RYANAIR, EASY JET, WIZZAIR. Con GROUPON, GROUPALIA, LETSBONUS, le PMI di beni e servizi associate. Gli OUTLET; gli associati di ASSOLOWCOST. SMARTIKA Spa, PRESTIAMOCI.it Mauro Artibani www.professionalconsumer.wordpress.com

venerdì 4 maggio 2012

PIL SENZA APPEAL

Prodotto Interno Lordo: sistema che misura il rendimento dell’attività economica. Per convenzione, il valore complessivo dei beni e servizi, destinati ad usi finali, prodotti all’interno di un paese in un definito intervallo di tempo. Oddio, non proprio se si prende la formula keynesiana: Y=C+G+(I+S)+X. Dove Y è il Pil, in Italia nel 2009 = 1.596.000.000.000 € C, la spesa privata. G, la spesa pubblica. I, la spesa per investimenti delle imprese. S, la spesa per le scorte delle imprese. X, il saldo commerciale. Altro che misura della produzione; misura invece del consumo. Ad esser pignoli non è nemmeno un prodotto bensì una somma, seppur algebrica. fatta di + e -. Guistappunto, domanda aggregata. Disaggregata mostra i fatti: fanno il 60% circa quelli della “C”; gli altri, i “GIS” circa il 39%; agli “X” tocca più o meno l’1%* Tal misuratore certifica il maggior contributo fornito dai Consumatori alla generazione della ricchezza, vieppiù il carico di responsabilità assunto per la crescita economica del paese. La prova del 9: quando i Consumatori, quelli che fanno la spesa privata, hanno redditi adeguati a generare l’ormai consueto 60% di quel pil, gli altri, sollecitati da cotanto fare, faranno il resto. Quando invece, e siamo all’oggi, quei redditi risultano insufficienti e viene a mancare tal contributo, resta l’invenduto. I Produttori visto l’andazzo tirano i remi in barca, fanno fatica ad investire per nuovamente produrre, anche ad attrezzare scorte per magazzini già pieni. Per gli improvvidi della spesa pubblica, quando si riducono le entrate fiscali di quelli di prima e si tenta di ridurre questa spesa per ridurre il debito dello Stato, faranno anch’essi meno Pil. Se poi si sbircia il Pil, come somma delle remunerazioni di tutti i fattori impegnati nel processo produttivo, emergono fatti che non ti aspetti. A chi ha redditi acconci, pur spesi per rifocillarsi di tutto e di più, resta ancora il resto; risparmio che mette in cassa sottraendolo alla spesa complessiva. Se le Imprese, per risparmiare, retribuiscono chi ha lavorato per produrre beni con redditi che non fanno tutta la spesa che serve, inducono quegli impresari a risparmiare pure la spesa per gli investimenti che fanno nuovamente produrre. A risparmio si somma risparmio, alla spesa invenduta si sommano invendute scorte: l’equilibrio tra spesa e reddito salta, viene a ridursi la capacità del sistema economico di utilizzare per intero le risorse produttive. Se per rendere massimo il rendimento del processo economico il valore prodotto deve poter essere interamente acquistato e così trasformato in ricchezza, ehmm… non ci siamo proprio. Eggià, finchè la crescita si fa con la spesa e quel tornaconto lo distribuisce l’Impresa, finchè, insomma, il meccanismo che trasferisce quella ricchezza passerà per la produzione, verrà a mancare la trippa ai gatti. La vecchia regola che ne governa l’allocazione remunera il concorso fornito dal lavoro dei singoli alla produzione del valore, riproducendo un vizio: si dà più agli abbienti che già hanno, meno a chi non ha. I primi spenderanno meno, i secondi tutto, ma poco, e quel valore verrà svalutato. Quell’anodina rappresentazione insomma, impressa nell’acronimo PIL, non lascia scorgere lo sperequato remunero dei soggetti economici che diversamente spendono per la crescita. Il CIL, Consumato Interno Lordo, si; ma questa è tuttunaltra storia! *Quote del Pil generate dagli agenti economici dal 1971 al 2010. Dati estratti dallo studio di Confcommercio: “la centralità dei consumi per il rilancio dell’economia italiana”. Cernobbio, 18 marzo 2011 Mauro Artibani Per approfondire il tema trattato: PROFESSIONE CONSUMATORE Paoletti D’Isidori Capponi Editori Marzo 2009 www.professionalconsumer.wordpress.com www.professioneconsumatore.org

venerdì 27 aprile 2012

W L’IVA

Liberazione dal bisogno. E' accaduto perché invece di cibarmi ingrasso, invece di abbigliarmi vesto alla moda, per andare da qui a lì acquisto un Suv. Gaudio! Da questo affrancamento Produzione e Consumo hanno ricavato opportunità straordinarie. La fine della penuria per Noi, per Loro l'inizio della Produzione per il consumo. Per Noi la liberazione dalla necessità, per Loro l'apertura alla produzione dell' "inutile". Tutti soddisfatti : Abbienti Noi, Gongolanti Loro . Loro a produrre profumi, abiti, libri, automobili, terminali multimediali. Noi ad acquistare bellezza, fascino, sapere, velocità, polisensorialità: un bel guadagno! Loro vendono merci, Noi acquistiamo passioni, emozioni, sogni e chissà quanto altro ancora. Un consenso straordinario sostiene tutto questo: chi è fuori dal gioco per giocare ha abbattuto muri; altri si infilano clandestinamente dentro i nostri confini. Poi, a forza di acquistare, non riusciamo più a risparmiare anzi ci si indebita; per smaltire gli eccessi si inquina, continuando si allarga il buco nell'ozono. Basta. Essipperchè, passi per il mancato risparmio che non ci consentirà di integrare la magra pensione; l'inquinamento si può relegare a problema etico infischiandocene; per il buco nell'ozono troppo grande non si ha la toppa per il rammendo. Per il debito no. Gli interessi su quel debito possono alterare risolutamente il rapporto qualità/prezzo delle merci e questo risulta, per un Professional Consumer, francamente inaccettabile: dobbiamo ribellarci! Siamo tanti, praticamente tutti. La liberazione dal bisogno ci consegna una forza d'urto senza precedenti: non ci prenderanno per fame. La produzione della ricchezza, per il 70%, è appannaggio della nostra azione di Consumo. Siamo in grado di reclamare il Potere senza se, senza ma: El Consumidor unido jamàs sera vencido. Rivoluzione! Democratica, moderata, liberale ma rivoluzione. Dobbiamo riequilibrare i ruoli, redistribuire i redditi; pretendere una moratoria sul Debito da Consumo; dare valore legale al titolo di Professional Consumer. L’indifferibilità del consumo per la crescita economica ne fa un lavoro che occorre assumere come vincolo costituzionale. Riformare l'istruzione scolastica dei giovani, al fine di dotarli di un conveniente Capitale Umano, una necessità. Un’idonea dotazione di Capitale Sociale, come contributo alla produttività del Sistema, un obbligo. Si ritiene indispensabile infine rivendicare capacità impositiva. Si. W l'iva. Quell' Imposta per retribuire il Valore Aggiunto, il Nostro, quello creato dalle nostre azioni di Consumo/Lavoro per confezionare la crescita che Loro, quelli della Produzione, dovranno finalmente sborsare per restituire a Cesare quel che è di Cesare. Solo così rifocillati potremo tornare a spendere per generare ricchezza. Interessati, Portatori di Interesse, torna conveniente farci carico della riqualificazione dell'ambiente. Eggià, un ambiente consumato non possiamo consumarlo! N.B: Per non creare allarme sociale, per non scandalizzare i benpensanti si ritiene opportuno sostituire al desueto “rivoluzione” la politically correct dicitura "occorre la lobby dei consumatori, quella più forte di tutte le altre". Questa soffiata viene da una fonte insospettabile: il già presidente dell'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, oggi sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Antonio Catricalà. Mauro Artibani Per approfondire il tema trattato: PROFESSIONE CONSUMATORE Paoletti D’Isidori Capponi Editori Marzo 2009 www.professionalconsumer.wordpress.com www.professioneconsumatore.org

venerdì 20 aprile 2012

LA CRESCITA ECONOMICA TRA IL DIRE ED IL FARE

Crescita, crescita, crescita, per uscire dalla crisi senza se, senza ma. Si, insomma +Pil. Quel pil, che per quanto abbia perduto l’appeal dei giorni migliori resta lo strumento che misura l’aumento della ricchezza generata nel corso di un anno. Bene, andiamo al sodo: questo pil non misura quanto prodotto, misura invece il consumato. Ad esser pignoli non è neppure un prodotto bensì una somma, seppur algebrica: l’equivalente della spesa effettuata dagli agenti economici; nella fattispecie la spesa privata, quella pubblica, quella per gli investimenti produttivi, quella per le scorte di magazzino delle imprese, fino alla spesa estera. Tutto fila quando i Consumatori, quelli che fanno la spesa privata, hanno redditi adeguati a generare l’ormai consueto 60% di quel pil; gli altri, sollecitati da cotanto fare, faranno il resto. Quando, e siamo all’oggi, quei redditi sono insufficienti e viene a mancare tal contributo, resta l’invenduto. I Produttori visto l’andazzo tirano i remi in barca, fanno fatica ad investire per nuovamente produrre, anche ad attrezzare scorte per magazzini già pieni. Per gli improvvidi della spesa pubblica che fanno la crescita quando si riducono le entrate fiscali di quelli di prima, quando si tenta di ridurre questa spesa per ridurre il debito statale, fanno anch’essi meno pil. Già, chi cacchio dovrebbe far crescere sto benedetto Pil? Beh, c’è chi con l’agenda della crescita organizza manovre per spingere la produttività di quella domanda estera che quando tira fa + 1%. Mauro Artibani Per approfondire il tema trattato: PROFESSIONE CONSUMATORE Paoletti D’Isidori Capponi Editori Marzo 2009 www.professionalconsumer.wordpress.com www.professioneconsumatore.org

giovedì 12 aprile 2012

UN GOVERNO PER GOVERNARE LA CRESCITA

9 trilioni di euro i risparmi degli italiani, molti mal allocati, troppi sottratti alla crescita. 1,9 trilioni il debito pubblico dello Stato degli italiani. Il Governo prende dagli uni prelievi di ogni sorta che ficca nelle casse per sanare il deficit, ridurre il debito. Operazioni socialmente discutibili, economicamente impeccabili. Si può fare di più! Le casse delle Imprese sono piene di liquidità, i magazzini di merci invendute, lo certificano Istat e Eurostat, lo riferisce BankItalia. I redditi invece, erogati a chi lavora, risultano insufficienti per acquistare quanto prodotto da quelle Imprese. Bene, occorre sollecitare le Imprese renitenti ad investire per produrre altre merci, ad investire per smaltire quanto prodotto; riducendo il prezzo delle merci aumenta il potere d’acquisto. Per un Governo, che stenta a mettere in campo politiche per la crescita, un’ opportunità: rimuovere tutte le politiche di reflazione che artificialmente hanno sostenuto la spesa, ingolfato i conti, alterato il meccanismo dello scambio, reso opaco il mercato. Opzione economicamente discutibile; impeccabile, per rendere il mercato efficiente e dare spinta alla crescita. Mauro Artibani Per approfondire il tema trattato: PROFESSIONE CONSUMATORE Paoletti D’Isidori Capponi Editori Marzo 2009 www.professionalconsumer.wordpress.com www.professioneconsumatore.org