mercoledì 23 dicembre 2015

LETTERA OTTIMISTA AL PRESIDENTE RENZI

Buon giorno Presidente,
le scrivo quello che non avrà modo di leggere: mi consente di fare le pulci alle sue iniziative politiche ed al suo dire?
Grazie.
Con la crisi gli immobili si sono svalutati del 20%, altrettanto svalutato il valore del mio investimento; per i proprietari da case, pressappoco 800mld di euro in meno. Le obbligazioni azzerate di valore, il guadagno in conto capitale del mio portafoglio pure. Ho perso il lavoro. Quelli che lavorano, invece, raccattano redditi insufficenti: mia figlia, laureata a pieni voti, si barcamena con "Garanzia Giovani". 500 euro lordissime al mese per 35 ore sett, pur esse nette, che diventano 80 lorde. Non paga, anzi pagata male, fa la cameriera nei week end per 30 euro; al netto delle mance, requisite dal gestore.
Si può con tutto questo fare la spesa? Non solo la spesa di necessità, quella gira gira si fa, tutta la spesa che serve per fare la crescita e generere altro reddito!
Essipperchè, giova rammentarlo, la crescita si fa con la spesa, quella aggregata, non con la produzione nè con il lavoro.
Lei taglia le tasse ( tagliando così una parte della spesa pubblica, pur essa spesa per fare la crescita)
bene!
Poi mi ficca in tasca 80 euro, per rifocillare quel potere d'acquisto, che per tutti è fermo al 1988 (1032 miliardi ), per acquistare quelle merci che da quel tempo si sono triplicate. Facendo i conti con l'oste, non tornano.
Lei, non pago, dispensa ottimismo. Lo deve fare, lo fa: basta?
Ottimistizzato, quegli 80 euro, insufficenti a fare tutta la spesa che tocca fare per fare la crescita, li metto in banca. Investiti, forniscono liquido monetario per gli investimenti delle Imprese. Crede che le imprese, con i magazzini pieni, vogliano raccattarli per fare la loro spesa in conto capitale per fare la crecita?
Ora, dopo aver contraddetto, mi tocca dire. Lo faccio con un tweet: "La crescita si fa con la spesa. Così viene generato reddito, quel reddito che serve a fare nuova spesa. Tocca allocare quelle risorse di reddito per remunerare chi, con la spesa, remunera."
Astruso?
Ok, mettiamola così: si diceva di allocare quei 1600 miliardi di euro circa, che quella spesa, pure in questo tempo di crisi, gira che ti rigira, fa girare.
Ri-allocare, appunto, magari, per non far mancare i denari a quelli che hanno un alta propensione a spendere, non a chi resta con il resto in tasca.
Attenzione però, c'è chi rema contro: quelli del Qe europeo, con l'espansione della base monetaria, inflazionano la moneta, falsando i prezzi. Falsati, riducono ancor più il potere d'acquisto, depotenziando uno dei modi del possibile ri-allocare.
Ad onore e merito economico, c'è pure chi già ri-alloca: Ikea, Airbnb, Uber, tutti i Social Shopping, tutte le Free Press, ecc. Aziende che, per fare utili, hanno attrezzato business dove si guadagna quando io, Noi, Tutti, guadagnamo. Un buon ricostituente per fare una economia resistente.
All'azione politica tocca fare il resto, dare norma a quest'economia resistente.
Se lo consente, mi assumo con smodata supponenza la briga di suggerirne i prodromi:
"Visto come la crisi economica abbia posto in evidenza la necessità ridefinire i legami produttivi che regolano il rapporto tra gli agenti operanti nel ciclo di generazione della ricchezza;

Visto che la crescita, da tempo differita, non consente di poter godere dell'agio di espansione del ciclo che rinnova la produzione, crea occupazione, reddito e quel prelievo fiscale che consente di disporre di previdenza, assistenza, pubblica sicurezza, giustizia, istruzione;

Considerato come si renda necessario, per lo sviluppo dell'economia di mercato, disporre di un adeguato equilibrio tra quote di consumo e produzione per sottrarre quelle sovraccapacità di processo e di prodotto che svalutano le risorse impiegate;

Considerato come la crescita renda indifferibile l'esercizio della spesa;

Considerato come la spesa aggregata, che il Pil misura ed espone, mostra il diverso contributo fornito dagli agenti alla generazione della ricchezza nazionale;

Visto che, a spesa fatta, tutti gli agenti del ciclo traggono ristoro e sprone per l'esercizio del proprio ruolo, elevando nel contempo la produttività totale dei fattori impiegati;

Ritenuto di straordinaria necessita' e urgenza emanare disposizioni volte a favorire un piu' razionale impiego delle risorse della spesa per dare sostegno alla crescita economica;

Il Presidente della Repubblica promulga la seguente Legge:

Art. 1 La crescita si fa con la spesa. Spesa che genera reddito, buono per fare altra spesa.

Art 2 Il reddito generato dalla spesa deve compiutamente dare sostegno al Potere d' Acquisto.

Art 3 Occorre allocare le risorse economiche generate dalla crescita per tenere adeguato quel potere d'acquisto che consente l'esercizio di ruolo dei diversi operatori della spesa.

Art 4 L'atto di poter esercitare l'acquisto dispone una economia più resistente con adeguato beneficio per tutti gli agenti del ciclo."

Buon ottimismo, Presidente Renzi

Mauro artibani



martedì 15 dicembre 2015

LA DOMANDA COMANDA PURE QUANDO DIVENTA OFFERTA

Si dice che ci si incontri al mercato per scambiare utilità. Lì dentro trovi chi vende e chi compra che prima parlottano e poi si accordano. Tutto normale.
Se guardi meglio e scorgi che il primo, scambiando i beni con il denaro, sta esercitando una domanda di moneta e che il secondo, con l'acquisto, sta esercitando un'offerta di moneta, beh un fremito ti viene. Sembra il mondo alla rovescia, è invece l'altra faccia di quel che serve a generare la ricchezza in un sistema economico. Essì, curioso ma normale.
Curioso, vado fino in fondo. La cosa funziona se l'offerta di moneta riesce ad acquistare tutto il vendibile altrimenti quella domanda di moneta resta, almeno in parte, inevasa con l'invenduto che si svaluta.
La condizione necessaria e sufficiente, a che la domanda di moneta trovi compiuto ristoro, dispone che il bisogno di beni sia pari o superiore a quelli in vendita, ed ancor più si abbiano i denari sufficienti ad acquistarli.
Se viene offerta tanta merce, viene domandata tanta moneta; per poter offrire la stessa quantità di moneta occorre altrettanta domanda di spesa.
Il prezzo che si forma nello scambio rappresenta quel punto di equilibrio che fa tutti felici e contenti.
Il range è stretto, se vai fuori ti arrangi.
Se chi fa la spesa con lo stesso portafoglio*, trova al mercato troppe merci, acquista meno. Beh, allora è un gran casino: la moneta in circolazione si fa scarsa, aumenta di valore, costa di più. Chi la domanda, per pareggiare il conto aumenta il prezzo delle merci che, già invendute, saranno ancor di più.
Se invece, per rintuzzare cotanto gap, mettendo la sordina agli"animal spirits", vengono ridotte le merci in offerta, aumentandone il valore, con quello stesso portafoglio ci sarà ancor meno spesa da fare perchè più costosa. Pure così, meno moneta in offerta, meno domanda soddisfatta.
Gira che ti rigira ed in barba ai raggiri, si mostra pure per questa via come vi sia maggior valore nell'esercizio del consumare che in quello del produrre.
Essipperchè, se nel fare la spesa la domanda comanda; quel comandante comanda pure quando, con quella stessa spesa, offre moneta.

*I redditi da lavoro pagati nelle diverse aree del mondo sviluppato sono, da svariati decenni, sostanzialmente invariati pur al variare delle diverse congiunture.

Mauro Artibani



mercoledì 9 dicembre 2015

IL FATTACCIO DELL'ORA /LAVORO

Qualcosa si muove per rimettere insieme i cocci di un mercato del lavoro scocciato.
Ci prova il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti: "l’ora di lavoro è un attrezzo vecchio che non permette l’innovazione. Dovremo immaginare un contratto di lavoro che non abbia come unico riferimento l’ora di lavoro ma la misura dell’apporto dell’opera”.
Beh, mentre i Politici sollecitano l'immaginazione, le Imprese lo fanno battendo la via del recupero della produttività: Enel e le organizzazioni sindacali di settore hanno firmato un accordo che prevede l'uscita anticipata, usando la legge Fornero, di 6.000 dipendenti e l'assunzione di 3.000 giovani.
Essì, l'Enel con la sovraccapacità che si ritrova manda a casa i vecchi dell'ora/lavoro, ficca dentro solo la metà dei nuovi: Giovani che, quando lavorano, pagano per ridurre il costo di quella sovraccapacità con contratti di lavoro meno onerosi per l'impresa.
I Sindacati, tra il blaterare ed l'imprecare, firmano.
Et voilà la magia: Enel vende energia, quella che serve per fare tutto. Intatta la sovraccapacità che verrà prodotta da quei giovani a cui mancherà il denaro per avere una casa da illuminare, stanze da riscaldare, elettrodomestici da utilizzare. Hip, hip, urrà per questa produttività!
Non pago Poletti aggiunge: "il salario va legato agli obiettivi", forse per dare conforto al vago contenuto che sta nella "misura dell'apporto dell'opera".
Gli obiettivi allora, come unità di misura del compenso. Bene! Per chi dispone di capitali l'obiettivo non sta nell'investire, sta nel trarne profitto. Per l'impresa, c'è da scommetterci, sta nel vendere quanto prodotto, più che nel produrlo. Chi lavora obietta: più che lavorare, tocca guadagnare quel che serve per vivere con la possibilità di continuare a farlo.
E la,là, sono bersagli che stanno ad un tiro di schioppo. Si centrano con la crescita; per smaltire il sovrapprodotto più se ne fa, meglio è!
Mentre quelli della de-crescita obiettano gli obiettivi, toccherà assoldare i mercenari della spesa. Massì quelli prodighi e men che mai satolli per fare il lavoro sporco, magari con il potere d'acquisto rifocillato dalla riduzione del prezzo delle merci. Mercenari, appunto, che sanno svuotare i magazzini di ogni sovrappiù per fare tutta la crescita che serve per rendere massimo l'agio economico.
Ridotti i prezzi, così pure la sovraccapacità, aumentata la capacità competitiva, non v'è chi non veda altri prodighi darsi da fare: quelli del capitale ad investire, i produttori a ri-produrre.
Beh, a conti fatti, ai "lavoratori" toccherà fare gli straordinari, ben oltre l'ora/lavoro.

Mauro Artibani



mercoledì 2 dicembre 2015

UN MERCATO STRABICO DIVISO TRA BUY E SEL

La “dannata sequenza” che ha generato la crisi sta tutta in un tormentone: un riflesso dell’aumento della produttività si mostra nella riduzione del costo del lavoro*; altrettanto la sovraccapacità produttiva dell’impresa quella che, per essere smaltita, impone la riduzione del ciclo di vita dei prodotti. Un eccesso tira l’altro e poi un altro ancora. Quei redditi da lavoro insufficienti, che non smaltiscono alla bisogna, fanno ancor di più: aumentano le scorte di merci in magazzino che la costante innovazione di prodotto, figlia dalla competizione, svaluta, non svuota, anzi raddoppia**; per le aziende il tempo di ammortamento dei costi si riduce.
Al mercato sottocasa, dove non si va tanto per il sottile, si fronteggiano l’aumento del volume delle merci offerte ed una ancor più ridotta capacità di spesa di chi fa la spesa, non più supportata dal supporto del credito; in mezzo, a prendere schiaffi, sta la riduzione dell’utile d’impresa.
Un bel guaio. Per uscire dal guado, ripristinando il valore di quelle merci, alle imprese tocca investire quel profitto, non impiegato nella ri-produzione, per smaltire l’invenduto rimpinguando il potere d’acquisto degli smaltitori. Investimento mediante opzione: ridurre il prezzo dell’offerta oppure aumentare il costo di produzione della domanda.
Scandalo: così si riduce il reddito d’impresa; all’utile si sottrae il profitto!
Un colpo! “SELL” per quegli analisti di borsa in “tempo reale” che studiano il rapporto P/U delle aziende quotate: tirano una linea, fanno una frazione; sopra sta il prezzo dell’azione delle aziende anzidette, sotto l’utile generato da quelle aziende. Già, visto che per la media storica delle quotate allo S&P500 il rapporto da’ 15, quando scende il numeratore si va oltre quel 15, l’azione risulta sopravvalutata: sell, appunto.
Questo dice un mercato che fissa strabico l’oggi; questo non dice quello abitato da ebri analisti che invaghiti di produttività/competitività tout court, balbettano invece BUY.
Buy che non misurano le diseconomie degli eccessi, proprio quelle che i tempi lunghi della crisi mostrano, quelle che tirano giù gli utili.
Né allarmati sell né miopi buy servono a raddrizzare i fatti. A quelle diseconomie occorre fare la festa: investire oggi per smaltire il prodotto fornisce stimolo alla crescita, garantisce il domani e la continuità del ciclo produttivo che non svaluta le scorte, neppure gli utili.
Investire il profitto è utile, pulisce quelle farragini che intralciano produttività e competitività, fa utili.
E’ tempo di aggiornare quei P/U dal troppo prossimo oggi o giù di lì, ad un futuro anteriore, che si intravvede, dove si mostrano più stabili e sostenibili gli utili, più trasparenti ed efficaci le stime.

* Il rapporto del Budget Office, l'organismo indipendente del Congresso Usa, che fornisce analisi economiche, dice che tra il 1979 e il 2007 i redditi della classe media sono rimasti al palo
**Nel 2005 il surplus produttivo dell’industria automobilistica mondiale era pari a 25 mln di auto, nel 2010 sono 30 mln: 90mln offerte, 60 mln domandate.

Mauro Artibani