giovedì 26 giugno 2014

NOI, QUELLI DEL 60% DEL PIL



Se la spesa privata, quella delle Famiglie, fa il 60% del Pil beh, che ci piaccia o no, la vita deve essere spesa a fare la spesa: boia chi molla!
Già, chi molla?
Beh, quando il reddito disponibile delle famiglie italiane nel 2013 torna ai livelli di 25 anni fa mollano proprio queste. l'Ufficio Studi di Confcommercio evidenzia che, nel 2013, il reddito disponibile e' pari a 1.032 miliardi di euro, rispetto ai 1.033 del 1988.
C’è dell’altro, fate mente a quante nuove merci sono arrivate sul mercato dall’88 ad oggi.
Sommate le due cose: lo squilibrio si mostra patente tra quanto abbiamo in tasca e quanto di più si deve acquistare per fare crescere quel cacchio di Pil.

Indi per cui poscia, nel 2013 il potere d'acquisto pro capite delle famiglie  si riduce dell'1,3% sull'anno precedente, registrando una caduta complessiva rispetto ai valori pre-crisi del 2007 di quasi il 13%.
Poi c’è il danno collaterale: la tendenza ad assorbire nel risparmio la diminuzione del reddito si è interrotta nel 2013 quando, alla caduta del potere d'acquisto delle famiglie, si è accompagnata una riduzione più marcata della spesa per consumi pro-capite.
Beh, quando Nomisma dice tutto questo non scopre l’arcano, scopre invece l’ovvio.
Ovvio, appunto: senza soldi non si canta messa.
E qui viene il bello.
Essipperchè, nella vita spesa a fare la spesa sta l’affare!
Il meccanismo economico viene tarato su questa regola; quello produttivo, attraverso il quale tutti guadagnano, funziona proprio tenendo al centro quella spesa per la quale si produce, senza la quale non si ri-produce.
Ei, ei, noi siamo gli addetti a quella spesa e quando quella spesa, che fa tutto questo, costa più delle nostre capacità di acquisto, qualcuno dovrà finanziare quel costo.
Qualcuno chi?
Tutti quelli che ci guadagnano. Essì, toccherà guadagnare dal loro guadagno!
Loro, d'altronde, avranno da guadagnare solo se  noi guadagneremo per poter spendere.
Massì! Pressappoco una partita di giro!
Approposito di partite, abbiamo già il 60% di possibilità di vincere il mondiale e possiamo ancora migliorare.

Mauro Artibani

giovedì 19 giugno 2014

TUTTI CATTIVI, NESSUNO E’ CATTIVO!


Non basta lo scandalo dell’Expo? Beh, allora ci metto pure il Mose!
Il malcontento insorge: convocati tutti i giudicanti a giudicare.
Toh, ci sono politici che ribadiscono la distanza da certa politica con verdetti inappellabili: ci vuole la ghigliottina, dice il Sen. Gian Russo.
Pure quelli sensibili all’etica, che dell’etica vorrebbero far regola, inveiscono.
Il Premier dice la sua: il problema non sono le regole, sono i ladri. La banda degli onesti plaude.
Il mondo dei buoni si schiera risoluto contro i cattivi.
I cattivi, appunto, il potere e gli arruolati dal potere; quelli che approfittano del ruolo, quelli corruttori di ruolo e corrotti dal ruolo; malfattori di professione, compiacenti del malaffare, carrieristi di carriera e chissà quant’altri ancora.
Dei cattivi si è detto e di quelli che superano i limiti di velocità per fare prima? Di quelli che “con le doppie frecce lasci l’auto dovunque” ? E quelli che nella PU battono la fiacca tanto sono inamovibili?  E quella massa che tutti insieme fanno 200 miliardi d’evasione l’anno? con il nuovo Pil, poi, verranno alla luce pure i fumeur di contrabbando, puttanieri e sniffatori d’ogni sorta.
Ci sono pure i Vigili che non vigilano, i ciabattini che mal risuolano le scarpe; chi si finge invalido, chi si assenta dal lavoro e chi millanta credito che non ha e chi, avuto credito,  non lo restituisce; chi finge spudoratamente, chi trucca al gioco, gli abusivi che abusano, persino i cyber criminali e i furbetti del quartierino. Uuuuh, quanti e, e, e, per l’amordiddio mi fermo qui!
Daspo per tutti?
E tu? Si, dico a te, cosa non ricordi di aver fatto per sottrarti alla responsabilità cheppur ti spetta?
Ecco, appunto, quanti siamo questi tutti?
Tutti no! Molti, moltissimi, si!
Beh, allora se Loro, insieme ai quasi tutti Noi, siamo in dolo indaffarati: Tutti cattivi?
Parbleau! Se tutti cattivi, nessuno può dirsi cattivo!
La legge lo ratifica: in nome del popolo persegue il dolo, lo giudica tre volte; per corruzione tiene nelle patrie galere 11 corrotti, 14 peculatori!
Non ha fatto meglio l’Etica, cheppur  giudica senza appello; nemmeno quelli della questione morale che addirittura pregiudicano: nulla cambia.
Tutte le categorie del giudizio, insomma si mostrano ineffettuali: la legge non punisce, l’etica non riesce ad orientare, la morale a moraleggiare.
Rimettere in forma la giustizia si può, si deve. Il torto e la ragione non possono indefinitamente aspettare.
Riscrivere i precetti dell’etica e della morale, individuarne gli ambiti di competenza,  pure s’ha da fare.
Come si faccia non mi è dato sapere. Servono forse Filosofi e, magari, pure qualche Antropologo; tutti rigorosamente celibi, per forgiare quel nuovo bene e quel nuovo male che sappiano far   distinguere dentro la complessità del vivere tutti insieme, senza danno per alcuno.
Cosa buona e giusta per ridurre pure le gigantesche spese della giustizia.
In tempi di spending review, un bel vantaggio.
Fate in fretta però!
Mauro Artibani

venerdì 13 giugno 2014

EDITORIA, LA CRISI DI VALORE DEL VALORE


Nel passaggio da un seme che germoglia, all’albero il valore che si aggiunge risplende: è la natura bellezza!
Quella natura magari fatta Pioppo, messa lì apposta perché cresce in fretta e costa meno, a valore aggiunge valore.
Quegli alberi poi qualcuno li taglia, qualcun’altro li porta in fabbrica; altri ancora ne fanno chips: scortecciati e fatti a pezzetti. 
Spezzettati appunto e poi bolliti per sciogliere la lignina e le fibre di cellulosa. La pasta così ottenuta viene raffinata e sbiancata. 
Da altri tizi viene infine distesa, asciugata, pressata e arrotolata fino a formare una grande bobina di carta.
Fatta carta, trasferita in tipografia dentro la rotativa, quando incontra la scrittura quel valore raddoppia. L’han fatto tizi lavorando, altri ancora vi stamperanno sopra notizie vidimate da Direttori del circolo della redazione, dove stanno i Redattori che han redatto pezzi freschi di giornata; corrette dai correttori, titolati da titolisti, da impaginatori impaginate e nelle edicole vendute.
Eggià, quella scrittura, fatta da chi va in giro a raccattare fatti per farne notizia e da chi dentro, in ufficio, elucubra opinioni, vale pur essa.
Valore, valore, valore, e ancora valore a più non posso che tutti quei valorosi hanno messo in campo nel  fare il loro al meglio e che avranno da incassare con  profitti, stipendi e salari.
Incasseranno, appunto, solo dopo che quel valore avrà fatto prezzo, anzi solo dopo aver speso quel prezzo all’edicola.
 Èssipperchè lo ribadisce Squinzi, il presidente di Confindustia: occorre legare il remunero del lavoro ai risultati aziendali.
Tutto bene?
Macchè. Quando all’edicola vanno meno lettori, che invece vanno online a cercar notizie, quel giornale di oggi, invenduto, domani  incarta il pesce.
 Se poi la raccolta pubblicitaria della carta stampata in Italia, nel periodo tra gennaio e aprile 2014, segna un calo del 12,3%  si arriva alla frutta.
Si riducono i ricavi, la sovraccapacità si mostra e quel valore, prima aggiunto, si sottrae sottraendo pezzi al prezzo. Tutto quanto fin qui fatto verrà disfatto.
Può  una Impresa Editoriale considerare i propri lettori  una variabile indipendente, non fattore produttivo interno al ciclo aziendale?
Memore di cotanta inefficienza nel gestire i fattori produttivi,  altri editori, quelli on line, suonano tutt’ un’altra musica.
Ficcano il lettore dentro il ciclo, lo trattengono con notizie che si aggiornano in tempo reale trasformando il vizio della sovraccapacità in virtù, estraendone profitto; con l’ informazione gratuita lo remunerano. Gli introiti pubblicitari, in costante aumento, fanno il prezzo di quel valore. Edizioni poi, fatte su supporti di materia immateriale, riducono l’impiego di risorse scarse, diminuiscono pure gli scarti; l’impiego dei fattori viene ridotto accorciando quella filiera produttiva che disperde gli utili in mille rivoli.
Ok, scommessa vinta.
Un momento, pure l’utente di quegli editori una scommessa la può fare per migliorare le performances fin qui fatte.
Se si affinano ancor più le tecniche del far informazione, aumentano pure i siti che ne danno conto e le notizie in giro sono troppe; chi ne riceve vantaggio rischia il debito d’ossigeno nello sniffarle.
Essì, quell’overdose non migliora la conoscenza, stressa pure l’attenzione. Si riduce il valore di quella informazione,  cala il prezzo. L’attenzione per utente, divenuta scarsa acquista invece valore. Il prezzo, tutto da contrattare.
Già, ma questa è un’altra storia.

Mauro Artibani

giovedì 5 giugno 2014

ALE’, PIU’ PIL CON IL MERCIMONIO


A chi tocca non s’ingrugni. Questa volta tocca a vecchi satiri, focosi giovincelli, testosteronitizzati ad arte, poi agli stupefatti da Marie profane, pure agli avvinazzati d’ogniddove, ed a fumeur incalliti.
Italici inadempienti orsù, le vostre malefatte, fin ieri danno, verranno domani rese virtù, nazionalizzate e ficcate nel conto economico.
Eggià, "traffico di sostanze stupefacenti, servizi della prostituzione e contrabbando di sigarette o alcol"  da ottobre 2014 rientreranno tutte nel calcolo del Pil. Sono le novità, ecchè novità, che rientrano nel Sistema dei conti nazionali per la definizione della metodologia standard da utilizzare in tutti i paesi europei per la produzione di dati di contabilità. 
Signori incogniti, nella vostra oscura vita, fate oscura spesa?
 Questa genera ricchezza, denaro, Pil.
Bene, dal momento che pecunia non olet e siccome tutto fa Pil: benvenuti alla luce!
Benvenuti? 
Ceravate già a fare la spesa!
Già, quella lecita; per l’illecito no! Altri invece, in altri luoghi del mondo, già ci stanno.
Oibò, non possiamo in un periodo di vacche magre, consegnare tal vantaggio allo straniero.
Ecchè vantaggio. Nei Paesi in cui già lo fanno da tempo, il Pil è cresciuto a tutto vantaggio di quelle economie. Negli Usa, ad esempio, dal 2010 al 2012 il Pil è cresciuto del 3,5%. Revisioni che in GB comporteranno un aumento del 5 per cento del Pil complessivo, stima il Financial Times.
Fiuuuuuu!   Di corsa allora per recuperare lo svantaggio italiano. Già, mica siamo scemi, di economia sommersa ne abbiamo ben donde, mettiamola a profitto.
 Da noi dovrebbe crescere sto Pil, secondo i previsori Istat, di uno o due punti percentuali; per amor di patria, facciamo 2!
Hei hei: Merci+ mercinomio= + Pil
Bene, ciò detto, ed a Ottobre opportunisticamente da farsi, vanno tutti convocati quelli che devono fare quel che gli spetta per fare questo dannato Pil.
Giust’appunto chi, nella fattispecie tra quelli della spesa aggregata, ha fatto questo meglio?
La spesa pubblica, che spesso spende troppo e male, stavolta centra poco.
La spesa in conto capitale, difficile da individuare.
La spesa per le scorte, vista la deperibilità della merce, pochina.
La spesa privata, questa si, fatta al meglio per dare ristoro ai vizi di quei tizi.
Ci sarebbe poi la merce, di questo mercimonio che, arrivando dall’estero, sottrae punti al Pil, ma… lasciamo perdere.
Lasciamo perdere, appunto, se la Commissione UE aumenta i capitoli di spesa, che poi somma, con la speranza di migliorare la crescita.
Proprio quella crescita che decresce invece e che dal 2007 ha perso 70 miliardi di Euro e che con il mercimonio ne recupera suppergiù 30.
Lasciamo perdere un corno, cari Commissari. Dannatevi ad investigare se  l’ammontare di quel Pil remuneri in adeguata proporzione, quegli attori che con la spesa il Pil fanno.
Essì, occorre remunerare la capacità di fare nuova spesa, più che  dopare il lecito con l’illecito e mostrarlo nel Pil.
Signori della Ue, quelli della spesa privata già fanno il 60% di quella crescita; faranno un altro 2% con il nuovo conto se avessero pecunia idonea a rifocillare il potere d’acquisto. Ve la farebbero vedere loro, vela farebbero.
Massì, più Pil per tutti!

Mauro Artibani