giovedì 28 marzo 2013

SISSIGNORI, QUEL LUSSO COSTA CARO

Facciamo finta che i redditi disponibili siano insufficienti a fare la spesa, che la disoccupazione sottragga ancor più reddito alle Famiglie, che i risparmi si assottiglino, che il debito aumenti e che in tutto questo andazzo non si riesca a trovare il bandolo della matassa per raddrizzare le sorti della congiuntura. Si, facciamo finta di essere ad un tornante della storia, dove il dopo, insomma, non sarà più come il prima. Dove si vedranno prodighi smarriti girare in tondo, sbeffeggiati da frugali di antica data, mentre quelli nuovi di zecca stanno tutt'intenti a racimolare senso tra quel che resta. Va per la maggiore un nuovo precetto: “L'uomo non può possedere più di quanto il suo cuore possa amare.” Lo scrive Nicolai Lilin, con perfetto tempismo: struggente! C'è pure gente che fa di necessità virtù: downshifting. Lo stile del vivere in semplicità. Massì, la scelta da parte di diverse figure di lavoratori di giungere ad una libera, volontaria e consapevole autoriduzione del salario, bilanciata da un minore impegno in termini di ore dedicate alle attività professionali, sì da godere di maggiore tempo libero e chissà di quanto altro ancora. Giust'appunto: “lavoro meno, guadagno meno, mi riprendo il mio tempo” Eggià, se non si può avere tutto, occorre mettere a frutto il desiderare meno. Si, si può acquistare solo ciò che si ama, si può pure acquistare il proprio tempo, si può anche fischiettare sotto la doccia “quello che non ho è quel che non mi manca” ; sentirsi gagliardi e tosti e magari schivare pure i predicozzi. Essipperchè, gente in giro a far predicozzi se ne trova a iosa: intellettuali di risma, sociologi, persino gli psicologi stanno lì a dare conforto, a prendere parte, a farsi parte, rimestando contro quel “consumismo della malora che ha lasciato esangui le genti”. Certo, si può far tutto questo purchè si metta in conto che al fin di fare meno verrà a mancare pure il resto. Il meccanismo economico-produttivo al quale ci abbeveriamo consente al singolo il lusso di fare il dowshifting; se tutti però fanno dowshfting va in malora. Se viene a mancare la spesa, mancherà il reddito; senza reddito mancherà ancor più la spesa, non vi sarà nuova produzione, nemmeno occupazione, ancor meno reddito; meno prelievo fiscale ovvero meno previdenza, assistenza, istruzione, sicurezza e chissà quant'altro ancora. Sissignore, quel lusso può costare caro anzi carissimo! Mauro Artibani www.professionalconsumer.wordpress.com www.professioneconsumatore.org

giovedì 21 marzo 2013

UNA PROPOSTA INUSITATA PER USCIRE DALLA CRISI

In Europa la strategia anticrisi trova nella riduzione del debito la formula al grido di “consolidamento fiscale”; negli Usa si tenta di fare il contrario. Vediamo cosa accade, mettiamo in fila dati macroeconomici cosi come arrivano: Tra le oltre 400 società americane che fanno parte dell'indice S&P 500 e che hanno comunicato i risultati del quarto trimestre 2012, il 72% ha evidenziato un utile sopra le stime. In termini di fatturato, il 66% delle imprese ha registrato un giro d'affari migliore delle attese, insomma, si vende. Si, si vende. Le spese dei consumatori sono salite dello +0,2% a gennaio. I redditi personali però sono scivolati -3,6%, riportando il tonfo più forte in 20 anni. Il tasso di risparmio è anch'esso sceso al 2,4% a gennaio, al minimo in sei anni. L'inflazione misurata dalla componente core dell'indice dei prezzi al consumo è salita +0,1%. La Federal Reserve dice che i crediti al consumo sono aumentati a gennaio negli USA da $16,2 miliardi a $2,8 bilioni. Nuovo doping pure del debito federale: da quattro anni consecutivi superiore ai 1000 mld dollari/anno. Crescita, insomma, sussidiata con il debito. Per tutta risposta, l'economia a stelle e strisce continua a crescere in modo modesto ma costante, questo dice il Beige Book della Fed rilasciato il 6 Marzo. Pesano il sequester e le altre incertezze legislative; il mercato del lavoro continua a non manifestare concreti segnali di ripresa. Nel frattempo il Pil nell'area dell'euro, nel terzo trimestre 2012, è diminuito dello 0,1%. Ci si attende che continui a contrarsi anche in T4 (-0,4%), così come anticipato dal basso livello di fiducia registrato dalle inchieste e dalla brusca flessione della produzione industriale a ottobre. La disoccupazione raggiunge il massimo all'11,7%. I debiti sovrani non si riducono, anzi crescono, così pure i deficit. Dall'una all'altra parte dell'Atlantico, insomma, botte corna e chitarra rotta! Di qua, per ridurre il debito si va in recessione; di là, per evitare la recessione si fa debito. Risultato: per i primi, recessione e ancor più debito; per i secondi più debito per sostenere una crescita che si mostra insufficiente a ripagare il debito. Orbene, mentre continuano a darsi battaglia i soloni dell'una e dell'altra sponda, senza cavare un ragno dal buco, quella mole di debito ha reso il credito inattingibile sbarrando il passo a tutti gli esercizi di reflazionamento forzato dell'economia. Occorre, insomma individuare passi carrabili, magari inusitati, per uscire dal guado. Toh: la crescita si fa con la spesa, quella privata da sola ne fa il 60%; spesa che deve generare il reddito necessario a rifare la spesa. Tal circolo virtuoso occorre garantire, allocando quei ricavi di reddito per retribuire chi con la spesa retribuisce. Giustappunto, il modo per dare continuità al ciclo economico e sostanza alla crescita. Mauro Artibani Studioso dell’Economia dei Consumi www.professionalconsumer.wordpress.com

giovedì 14 marzo 2013

MI TOCCA FARE L'ANTIPATICO

Ehi, pssssst, leggete un po': "Nel 2010 è aumentata al 65%, nel 1990 stava al 40, la quota di quelli che valutano il proprio reddito inferiore a quanto ritenuto necessario". Lo si legge in uno studio della Banca d'Italia, messo a punto da Antonio Bassanetti e Concetta Rondinelli. C'è gente in giro, insomma, che pensa di avere in tasca meno denaro di quanto ne occorra. Già occorre, per fare cosa? Per mangiare, abbigliarsi, insomma vivere in maniera dignitosa? Siam messi tutti male allora! Eppur guardando altri dati Istat si mostra come, nonostante la crisi, l’incidenza della povertà negli ultimi dieci anni sia rimasta sostanzialmente ferma all’11%. Poveri si ma non troppo. Negli indicatori Istat, si considera povera una famiglia di due persone quando consuma meno della media pro-capite dei consumi nazionali. Dati alla mano, risulta lecito ritenere che quell'11% di poveri diavoli stiano ficcati dentro il gruppone dei 65% e che dunque il 54% non se la passi poi tanto male. Già, eppur si lagnano. Si lagnano di cosa allora? Si lagnano di non poter andare sovrappeso per il troppo mangiare, si lagnano di non poter sprecare quel 30% di derrate alimentari non utilizzate che vengono abitualmente buttate nella spazzatura, di non poter acquistare abiti alla moda che passa troppo velocemente di moda! Già, vuoi vedere che questi 54 Tizi si lagnano, anzi si preoccupano di non poter corrispondere allo standard richiesto dal ruolo produttivo, da loro svolto per far crescere l'economia? Vuoi vedere che temono di finire all'inferno dove stanno gli 11? Vuoi vedere che se invece riescono a fare quel che gli tocca, magari possono tornare in paradiso insieme a quei mitici 35% che non hanno problemi di sorta nello stare beati dove stanno? Un momento. Se la regola aurea dell'economia recita: “la mia spesa è il vostro reddito”, allora occorre reddito per fare la spesa! In questo universo mondo, insomma, c'è chi non può farla, chi vorrebbe ma non può farlo per intero, chi può ma non fa per intero la spesa che gli spetta. Vuoi vedere che occorrerà redistribuire la capacità di spesa per far sì che possa essere acquistato per intero quel che viene prodotto? Toh, che sia questo il modo per generare quel circolo virtuoso che fa crescere l'economia? Mauro Artibani Studioso dell’Economia dei Consumi www.professionalconsumer.wordpress.com

giovedì 7 marzo 2013

TOH, NUOVI EQUILIBRI PRODUTTIVI

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