mercoledì 29 dicembre 2010

I CONSUMATORI VENDONO ATTENZIONE E ACQUISTANO CRONACA NERA


Ci si lagna e ci si indigna perché la televisione trasmette informazioni di cronaca, più o meno nera, per 11 ore al giorno.
http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2010/11/11/la-cronaca-occupa-la-tv-per-undici.html
Ma santiddio, cortesi Consumatori, cosa volete che faccia l’industria dell’intrattenimento se non intrattenervi.
Quale miglior modo per tenervi inchiodati al video se non con programmi di facile lettura: azioni svolte dentro fatti agiti in luoghi più o meno noti da persone consuete che compiono atti inconsueti. Notizie, come la fiction, come il varietà, prive di quei contenuti astratti che l’80% degli spettatori mancherebbe di dipanare.
Si attraggono così spettatori a iosa. Catturata la loro attenzione la si vende ai pubblicitari quindi giù pubblicità come se piovesse. Il commercio dell’attenzione: questo il prodotto dell’industria televisiva; i televisivi la acquistano, gli spettatori la vendono ricavando utili attraverso la gratuità del servizio e degli spettacoli che li intrattengono.
Questo è business bellezze, è business.
Eggià: dal momento che hanno più bisogno loro di acquistare l’attenzione che noi di venderla si può ricontrattare un più lauto rendimento economico per farci intrattenere.
Business appunto!

Mauro Artibani
Per approfondire il tema trattato: PROFESSIONE CONSUMATORE
Paoletti D’Isidori Capponi Editori
Marzo 2009

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venerdì 17 dicembre 2010

I CONSUMATORI CONDANNATI DALLA VULGATA SOCIOLOGICA


Ce l’ho con la vulgata sociologica che abbietta tutti ma proprio tutti gli acquirenti.
Ce l’ho con tutti quegli acquirenti che nascondono di acquistare.
Ce l’ho con gli intellettuali che chiosano ogni discorso denigrando chi consuma.
Ce l’ho con gli antropologi che mettono in ballo l’anima dannata dei consumatori.
I sociologi poi hanno sentenziato “la vista spesa a fare la spesa”.
Facile tal fare, ancor più facile tal dire: come bere un bicchier d’acqua!
Certo il dilettantismo dei consumatori non giova. Non giova spendere, magari fino a fare debito; neanche ingrassare nel cibarsi, oppure vestirsi alla moda che passa troppo in fretta di moda. Indi sprecare e nello smaltire inquinare.
Tutto vero!
Già, tutto vero; vero anche che tutti gli atti della nostra vita sono stati resi merce e che quella vita, per essere vissuta, occorre acquistarla.
Gli ultimi acquisti: l’acqua, ormai divenuta merce; pure far la pipì nei bagni delle stazioni si è fatta merce. Si paga per farla.
Troppo facile, egregi signori, esecrare gli esecrati.
Anzi, già che ci sono, esecro voi!
La vita spesa a fare la spesa un cruccio?
Sopraffà cotanto fare?
Vero! Ma oltre l’atto che consente di vivere la vita anche gesto economico che genera da solo i 2/3 del PIL. Quell’atto che smaltisce e fa riprodurre per far lavorare e generare occupazione; che crea reddito. Con l’IVA finanzia l’istruzione, la sicurezza, la sanità. Atto che arricchisce tutti, pure i detrattori!
Quella vita così spesa mette in campo una forza straordinaria che, sottratta al fare dilettante, corregge distorsioni di sistema, approssimazioni e squilibri che impallano i gesti di acquisto, migliora l’impiego del denaro e, mi voglio rovinare, sottrae spazio ai detrattori.
Un consiglio a lor signori: togliete zavorra dalle vostre bisacce; il vostro fare è prezioso.
Si può camminare insieme: prosit!

Mauro Artibani
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giovedì 9 dicembre 2010

CAPITALISMI DI IERI, DI OGGI. DOMANI QUELLO DEI CONSUMATORI


Fin ieri sono stati i Produttori i capitani del Capitalismo: quelli che producevano merci, mettevano sul mercato beni che vieppiù scarsi generavano ricchezza, erogavano reddito a chi per loro lavorava, che consentiva l’acquisto dando ristoro al bisogno di lor Consumatori.
Accadde poi che la loro capacità di fare fece troppo e venne il tempo dell’eccesso della capacità produttiva: all’aumento dell’offerta non corrispose una adeguata remunerazione del lavoro che produce. Quel reddito, non in grado di smaltire per intero il prodotto, gonfiò i magazzini di invenduto; bloccò il meccanismo dello scambio. I Comandanti, allergici alla deflazione, ordinarono politiche reflattive per spingere la domanda e sostenere i prezzi, mettendo in scacco il mercato.
Quelli del credito subdorarono l’affare, quella congiuntura politica li favorisce, presero la palla al balzo gestendo e fornendo liquido monetario e non solo a chiunque ne volesse.
Al grido di “finanziarizziamo l’economia” i finanzieri prensero il comando.
Furono rinnovate le cariche del Capitalismo, vennero anni di sviluppo, si vendette tutto, si acquistò tutto; fu prodotta ricchezza con il debito.
Debito in tutte le salse, per tutti gusti ed ogni tasca; solo negli Usa dal 2000 al 2006 gli utili dell’industria finanziaria passarono dall’8 al 36% dell’intera Corporate America.
I nuovi capitani per cotanto fare ebbero riconosciuto l’onore al merito: altrettanto in bonus.
Ma come i sogni svaniscono all’alba, così quella fragile ricchezza smise di arricchire: il debito tracimò, il credito si fece inesigibile, la domanda crollò, l’offerta si svalutò.
Ciò che troppo in alto sal cade, sovente, precipitevolissimoevolmente.
Orbene in questo tempo di frontiera matura il domani: svalutate le merci dei Produttori, screditato il credito dei creditori viene rivalutato il reddito che acquista: unico bene scarso offerto al mercato.
Rivalutato quel bene, torna attivo il ruolo dei Consumatori: acquistano, restituiscono appeal alle merci, generano ricchezza; il consumo di quelle merci dispone la riproduzione fornendo continuità al ciclo produttivo, sostanza alla crescita economica; viene sottratto spazio al debito, la funzione creditizia torna d’acchito all’intermediazione che ben gli stà.
Tra gli operatori di mercato si muove tutto: vecchi comandanti ora dipendenti, nuovi comandanti degradati sul campo; nuove funzioni dirigenti reclamano spazio, potere, comando per il governo dei processi produttivi: il potere della Domanda che sollecita gli investimenti, dispone la produzione; ergo lavoro, occupazione, reddito. Ad esser pignoli sollecita anche la responsabilità dei produttori nell’impiego delle risorse, pure la qualità delle merci magari ecocompatibili, nonché il prezzo.
Vieppiù in cotanta domanda ritrova albergo il Noi, sodale e/o muscoloso, esiliato l’Io impotente ed ineffettuale.

Mauro Artibani
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Paoletti D’Isidori Capponi Editori
Marzo 2009

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giovedì 2 dicembre 2010

CONSUMATORI: OCCORRE FARE IL PUNTO SULL’OCCUPAZIONE E SUL REDDITO


Per i Consumatori cambia tutto se l’occupazione diviene funzione del reddito.
Diamo un’occhiata.
Quando, dentro il processo produttivo, l’occupato percepisce un reddito adeguato a smaltire quanto prodotto, il meccanismo risulta in equilibrio. Quel reddito si mostra funzione dell’occupazione che produce.
Quando la Domanda manca di reddito sufficiente per smaltire il prodotto, si riduce il numero degli occupati necessario a riprodurre quel prodotto; il meccanismo perde equilibrio, l’occupazione diviene funzione del reddito che acquista.
Le politiche del lavoro che sollecitano sgravi al costo di quel lavoro per rimpinguare il reddito, ancorchè residuali, risultano insufficienti. Insufficienza che non smaltisce le scorte, che riempie i magazzini rendendo altresì inefficaci le proposte di sostegno alla produzione.
Si rende necessario ripristinare l’efficienza del mercato: sospendere le politiche reflattive per ridurre i prezzi ed aumentare il potere d’acquisto, rintuzzando la riduzione dei redditi da lavoro ovvero si può fornire un reddito che remuneri l’esercizio di acquisto della domanda in eccesso. Reddito estratto da quel profitto che remunera il rischio di impresa, da barattare con la garanzia di smerciare quanto prodotto.

Mauro Artibani
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giovedì 25 novembre 2010

RECESSIONE: LE AZIONI REFLATTIVE TRADISCONO IL MERCATO


Recessione: da eccesso di offerta o per insufficienza di domanda fa lo stesso quando nel mercato il meccanismo dello scambio risulta inceppato dal debito.
Quando però, attraverso interventi convenzionali e non, si tentano svalutazioni competitive; quando viene elargito credito al consumo; quando si specula con il “rifinanziamento” dei mutui immobiliari; quando si accatasta debito sovrano e le politiche monetarie azzerano il costo del denaro si tenta di riparare il guasto, aggirando il mercato.
Reflazionando reflazionando, insomma, si sostengono i consumi che sostengono i prezzi che sostengono i profitti. Si tenta di sconfiggere così la deflazione, proprio quel dispositivo del mercato efficiente che riduce il prezzo delle merci, integra redditi insufficienti, migliora la capacità di acquisto ripristinando l’equilibrio tra domanda ed offerta.
Proprio quell’equilibrio che smaltisce l’eccesso, che riavvia la produzione, il lavoro, l’occupazione, il reddito, i consumi; pure i profitti; nonché la crescita economica, magari senza debito.

Mauro Artibani
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Marzo 2009

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venerdì 19 novembre 2010

TRA PRODUTTORI E CONSUMATORI NULLA SARA’ PIU’ COME PRIMA


Tra Produttori e Consumatori c’è aria di cambiamento, al mercato pure.
L’eccesso di capacità produttiva, che connota l’offerta, unita all’insufficiente capacità di spesa altera il rapporto di scambio tra gli operatori del mercato: affranca gli acquirenti dal bisogno e dai diktat del marketing a della pubblicità.
Maturano per i Consumatori le condizioni per istruire un fare inedito: gestori dei propri umori acquirenti, si fanno datori di lavoro di Produttori, ora dipendenti da nuovi diktat per produrre, per qualità, quantità del prodotto, per il prezzo di quel prodotto.

Mauro Artibani
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venerdì 5 novembre 2010

IL CAPITALISMO AI CONSUMATORI PER FAR FRONTE ALLA CRISI


Possono i Produttori governare il Capitalismo quando il loro esercizio genera offerta in eccesso; quando i salari e gli stipendi che erogano non sono sufficienti a smaltire quanto prodotto?
Bene, nel bel mezzo della crisi è tempo di andare oltre.
Io lo faccio perché qualcuno dovrà pur prendersi la responsabilità di farlo.
Di primo acchito teorizzo il tempo del Capitalismo dei Consumatori.
Dunque.
Si intravvede il nuovo Capitalismo, un Sistema economico/produttivo che tesaurizzi gli impacci dello strutturale eccesso di capacità produttiva, prodromo all'insufficienza della capacità di acquisto; là dove l'offerta supera la domanda, la produzione sopravanza il consumo.
Essipperchè ad oggi il Consumatore, libero dal bisogno, occupato a tempo pieno al mercato per smaltire quell'eccesso e far crescere l’economia, ha sostenuto tal ruolo ingrato.
A conforto di cotanto fare e render grato l’atto, opera un organismo di addetti che incamera il profitto estratto dal cambiamento del regime delle convenienze, dal mutato equilibrio di ruolo tra gli attori del mercato; che opera la sintesi tra i vecchi beni capitali e i nuovi, altrettanto capitali, estratti dai fattori produttivi del lavoro di consumazione.
L’organismo registra il nuovo statuto degli operatori.
La domanda comanda: il produttore diviene Consumatore, il consumatore Produttore, dando corso alla più astrusa delle macchinazioni produttive tra quelli che retribuiscono la domanda che smaltisce e chi, retribuito, acquista il sovrappiù.
Dentro questa cornice trova sconto l'eccesso, si rinvia il decesso dell'economia.
Nuove risorse trovano agio, nuova ricchezza, nuova responsabilità: un nuovo equilibrio di sistema.
P.S. tra le parti in causa restano immutati i rapporti giuridici e quelli proprietari.

Mauro Artibani
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Paoletti D’Isidori Capponi Editori
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venerdì 29 ottobre 2010

NON SONO UN CONSUMATORE TRADITO


Sono un consumatore tradito?
Si potrebbe liquidare la questione come fa la vulgata sociologica: il consumatore, un imbelle la cui vita viene spesa a fare la spesa. Questa vulgata ci priva della speranza, ci ficca in un cul de sac: esser traditi è il minimo che possa capitarci!
Un soggetto debole insomma che tutti si affannano a voler tutelare.
Ennò Signori, mi si permetta di mostrare i fatti da un altro punto di vista. Si, insomma, l’altra faccia della questione.
Certo la mia vita, come quella di tutti, viene spesa a fare la spesa.
Già, ma questo non è altro che il ruolo svolto, seppur in maniera dilettante, da un soggetto economico che agisce nel sistema produttivo.
L’esercizio di questo ruolo genera i 2/3 del PIL.
La crescita economica, insomma, rende questo esercizio indifferibile.
Insostituibile il compito dei Consumatori.
Per tutta risposta i redditi erogati dai produttori, per remunerare il lavoro che produce merce, risultano insufficienti per acquistare quelle merci. Sta qui l’inghippo.
Per molti anni il debito ha surrogato quel reddito insufficiente, mettendo un tappo alla crisi.
Quel tappo è saltato.
In tutto questo io sono un soggetto debole, da tutelare?
No! Perché a merci non smerciate: hanno più bisogno i Produttori di vendere che i Consumatori di acquistare.
No! Perché quelle merci se invendute distruggono valore, se acquistate generano ricchezza.
No! Perché se consumate, quelle merci, dovranno essere riprodotte; si avrà bisogno di lavoro, di occupazione.
No! Perché, a fronte di tutto questo, con il mio esercizio di consumazione occupo il centro della scena economica: non è posto per deboli questo.
Approposito, non sono un dilettante: sono un Professional Consumer.
Questa la nuova frontiera dei Consumatori per governare il mercato, riequilibrarne gli squilibri, assumendo pure la responsabilità che tal ruolo civil-eco-economico impone.
Così si esce dalla trappola delle tutele e forse pure dalla crisi.

Mauro Artibani
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Paoletti D’Isidori Capponi Editori
Marzo 2009

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venerdì 22 ottobre 2010

TRE FIGURE, DUE INDIVIDUI; UNA MONETA

All’interno del sistema circolare della produzione tre figure professionali si scambiano moneta.
L’occupato, per aver lavorato alla produzione di merci, riceve compenso dal produttore; quello stesso occupato, abbigliato da Consumatore, restituisce con l’acquisto di quelle merci la stessa moneta al produttore.
Tre figure, due individui, un giusto compenso: il meccanismo risulta in equilibrio.
Attraverso il valore delle merci prodotte, vendute ed acquistate si generano utili che, distribuiti agli operatori del mercato, diffondono ricchezza.
Quando i redditi erogati dai produttori ai chi lavora per produrre merci si mostrano insufficienti a smaltire quanto prodotto, si ficca dentro credito che surroga quel reddito per approvvigionare il Consumatore; aumentano gli operatori sul mercato, aumentano ancora gli utili, ancor più ricchezza da distribuire; l’apparecchio mantiene l’equilibrio.
Quando il credito erogato supera il livello di guardia si chiudono i rubinetti; salta il tappo del debito, l’apparecchio produttivo va in stallo.
Salta la possibilità di poter acquistare, salta quella di poter riprodurre, saltano gli occupati a produrre.
Per restituire portanza alle ali e tornare a far volare l’apparecchio occorre ripristinare l’equilibrio di reddito che i tre tizi si scambiano. Difficile, non impossibile:
• difficile andare contro il mercato, quello del lavoro, dove l’eccesso di domanda ha ridotto i redditi;
• difficile andare a favore del mercato se, a fronte dell’eccesso di offerta di merci, un anchilosato paradigma autorizza politiche reflattive che non fanno scendere i prezzi;
• difficile, ma non impossibile se per riscattare l’efficienza di quel mercato gli affrancati dal bisogno, vivificati dalla valutazione del lavoro di consumazione che smaltisce l’eccesso, vanno in soccorso dei mortificati dalla svalutazione del lavoro produttivo per pareggiare il conto: tutti insieme per il mercato efficiente; la forza contrattuale ci sta, ci sta anche il maggior bisogno per i Produttori di vendere che per i Consumatori di acquistare.
Un nuovo equilibrio per il mercato, insomma, che troverà il plauso pure degli efficientisti liberisti e, magari pure, lo scatto d’orgoglio degli schumpeteriani, proprio quelli della distruzione creatrice.

Mauro Artibani
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Paoletti D’Isidori Capponi Editori
Marzo 2009

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venerdì 15 ottobre 2010

PER I CONSUMATORI SI SONO CONTRATTI I TEMPI DEL CONSUMARE


Acquistano e consumano l’acquistato: questo l’esercizio operativo dei Consumatori.
Si acquista una confezione di yogurt, scadenza 30 giorni, si dispone di un mese per poterlo smaltire.
Ma se quando mi nutro ingrasso perché ingurgito tutto e subito; se cambio abito ad ogni piè sospinto non mi abbiglio, vesto alla moda che passa di moda; se cambio prima che posso l’high tech del giorno prima, si contrae progressivamente il tempo della consumazione del prodotto fino a coincidere con l’acquisto.
Già, acquisto tutto perché niente ha più il tempo di essere consumato. Si scarta così il 30% degli acquisti.
Per certo sociologismo: la conferma nell’apostrofarmi rimbambito; privato della speranza, mi ficca in un cul de sac.
Per i Produttori: la strategia per ridurre il ciclo di vita dei prodotti; tecnica sopraffina buona per smaltire l’eccesso di capacità produttiva che ingolfa il mercato.
Per le mie tasche vuote: la conferma dell’insufficienza del reddito che un tal meccanismo esalta e il credito rigonfia di debito.
Per i Professional Consumers: un obbligo di ruolo. Da fast, il food, a slow, gustare non appesantire; dalla moda “pronta” quotidiana all’atemporalità del “classico” epperchennò, soggiornare con l’high tech del giorno prima.
Toh, i modi per riappropriarsi del tempo della consumazione: godere l’acquisto, dilazionare gli acquisti, aumentare la redditività del reddito che acquista e così pure meno smaltimento, meno inquinamento.
Quattro piccioni con una fava.

Mauro Artibani
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Paoletti D’Isidori Capponi Editori
Marzo 2009

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mercoledì 6 ottobre 2010

QUEL CHE SI DEVE PER DARE RISTORO ALL’IMPEGNO DI VIVERE


Quel che segue espone quel che si deve per dare ristoro all’impegno quotidiano di vivere.
L’epopea della vita mi accarezza alle sei del mattino. Appena sveglio mi abbiglio, mi rappresento, in fretta però, quel ticchettìo segnala i vestiti che nell’armadio passano di moda: merce in scadenza.
Prima, tra un sorso di caffè, le abluzioni e la colazione ho usato merci. Impiego merci per andare al lavoro: la benzina, la macchina, la radio; ascolto spot, tra il meteo ed un GR, mi danno le dritte sugli acquisti.
Poi acquisto quotidiani che mi informano, settimanali che raccontano Vip che intrallazzano, mensili che invece sollazzano la mia verve politica: qua e là tra un mare di pubblicità.
Parcheggio, pago la sosta, pure questa merce/servizio; alla posta pago bollette e abbonamenti per ciattare, telefonare, tele-visionare; canoni di acqua, luce e gas, per fare il resto.
Poi ancora lavoro, ne ha bisogno il portafoglio, per poter acquistare le merci di cui ho bisogno. A pranzo, con gli amici ingurgito merci, espongo la merce che mi veste; parliamo delle merci che voglio, che abbiamo, che vogliono.
Alle cinque stacco, snaccko. Un cacchio: a furia di snack, lunch, brunch, dinner e break mi ingozzo di fame, mangio tutto, metto grasso; acquisto fitness, lo consumo.
Prima di tornare a casa sgambetto quattro passi tra i piani terra dei palazzi di città, dove si scorgono solo scintillanti vetrine zeppe di tutte le merci del mondo; dappertutto consigli per gli acquisti che affollano la vista. Dritto per quella strada, guardo di lato, traccio liturgie sghembe che non incontrano sguardi, non vedono gente, fissano robe: carino quel caschemirino che strizza l’occhio; lo indico, lo tocco, lo annuso, lo acquisto.
Video mi guardano, telecamere mi vedono, sondaggi mi interrogano, chips scrutano il mio fare regalini da regalare, omaggi per omaggiare.
Giust’appunto le 6.
L’appuntamento di tutti con tutti: l’happy hour. Un manicaretto con dentro arachidi, 1 sgabello, un “come sta”, l’aperitivo, 3 sorrisi, un buongiorno o buonasera: 7 €.
Adunque a casa, anzi prima sotto casa. Al negozio prendo le solite quattro carabattole: pane, pasta, acqua, frutta, latte e sigarette. Svuoto la cassetta delle lettere che rigurgita depliant da sfogliare. Alfin entro, i soliti convenevoli: si posa la spesa, si spuntano scontrini, si rifanno i conti poi si fanno confronti, si mostrano vanti, ci si scambia malumori.
A cena si contano le aspirazioni: il mio jeans, il tuo i-pad, le nostre vacanze tra roastbeef, politica, un’occhiataccia e un goal.
Già, come resistere ai succulenti palinsesti televisivi che prolungano la nostra voglia di intrattenerci, sottraendo spazio al sonno? Posta attenzione i televisivi la prendono, la vendono ai pubblicitari che ci rimpinzano di reclame come se piovesse, dotte lezioni sul senso delle merci: buono l’intento. Intanto intendo e, attento, apprendo. Appreso, mi oriento; stanco mi arrendo, accrocco la sveglia nuova di zecca, dormo. Al mattino non mi scuote, mi culla; la stessa discrezione con cui stampa la lista degli acquisti del sabato.
Già, spesa grossa domani al centro commerciale!
La vita spesa a fare la spesa insomma: vita spesa per bisogno, emozione, passione.
Vita che si può solo acquistare.
Questa vita che fa PIL; fa i 2/3 della crescita nelle economie sviluppate: prodigo esercizio che la crisi spossa e il reddito insufficiente affossa.

Mauro Artibani
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Paoletti D’Isidori Capponi Editori
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giovedì 30 settembre 2010

PER QUELLI DEL FOMC MEGLIO L’INFLAZIONE CHE LA DEFLAZIONE: GULP!


Alla riunione del Fomc* del 21 settembre il buon Ben ed i suoi, sono sembrati voler cambiare musica. Più che sulla congiuntura debole hanno infatti insistito sull’inflazione troppo bassa. In giro si mormora: si amplierà la base monetaria, arriveranno soldi per implementare l’inflazione: passare dall’1 al 2% non sarà la fine del mondo.
La solita politica economica deflattiva insomma, coerente con il mandato della FED: promuovere la stabilità dei prezzi e la piena occupazione.
Ma come…, ma porc…proprio nell’economia Usa, quella dipendente dai consumi per oltre il 70% del Pil, quella dove i Consumatori mancano di redditi adeguati per gli acquisti; proprio lì, per contrastare la deflazione che aumenterebbe il potere d’acquisto, si aumenta il costo degli acquisti?
Ma santiddio Ben, così si acquisterà ancora meno!
Tra i Produttori chi vorrà nuovamente produrre?
Dove si produrrà quel lavoro necessario alla piena occupazione?
Lo statuto della Fed sembra mostrarsi sostanzialmente inadeguato a fronteggiare la crisi.
* (da Wikipedia) Il Federal Open Market Committee ( Comitato federale del mercato aperto, FOMC) è un organismo della Federal Reserve incaricato di sorvegliare le operazioni di mercato aperto negli Stati Uniti e ne è il principale strumento di politica monetaria. Il FOMC regola la politica monetaria specificando l'obiettivo a breve termine ovvero decidendo il federal funds rate, ovvero livello dei tassi d'interesse negli USA. Presiede Ben Bernanke.

Mauro Artibani
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giovedì 23 settembre 2010

LA DEFLAZIONE: DISPOSITIVO DEL MERCATO EFFICIENTE


La deflazione, già: se ne parla e straparla; la si nega, la si invoca.
Cos’è, cosa fa? Ma soprattutto del “male” è causa o effetto?
Diamo un’occhiata:
Quel dispositivo del mercato efficiente per ripristinare l'equilibrio di prezzo tra domanda ed offerta, in presenza di un eccesso di capacità produttiva ovvero di redditi insufficienti.
Per la vulgata economica è invece danno. Danno derivato dalla riduzione generalizzata dei prezzi, che rimanda gli acquisti, generando stagnazione economica e recessione. Danno perchè vengono a ridursi gli utili delle aziende ed i redditi di chi lavora.
Il contrasto operato dalle politiche reflattive tenta di ridurre questi danni.
Ahi noi: invertire la caduta dei prezzi, mediante politiche monetarie e fiscali, gonfia il debito.
Debito privato e debito pubblico che avvicina pericolosamente la soglia di innesco di quella che Irving Fisher teorizzò come Debt-Deflation: quell’inferno economico abitato da gente e istituzioni che quanto più pagano per rimborsare il debito, tanto più si trovano gravati di debiti.
Si tenta con la tecnica, insomma, di rimuovere gli effetti della deflazione misconoscendone le cause.
Per Lor Signori sembrano essere i prezzi più bassi, non i bassi redditi, a tagliare gli acquisti!

Mauro Artibani
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Paoletti D’Isidori Capponi Editori
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giovedì 16 settembre 2010

PER I CONSUMATORI NORME, TUTELE E REDDITI INSUFFICIENTI? NIENTE PAURA.


Per i Consumatori, norme opache?
Tutele inefficienti?
Redditi insufficienti?
Niente paura, i nostri solerti governanti, all’uopo attrezzati fanno tutto, ma proprio tutto, per tutelare i governati.
Lo stato Italiano ha recepito la Direttiva Europea sul credito al consumo volta a concedere maggiori garanzie e difese per i consumatori, incrementando la chiarezza e la trasparenza in questo delicato settore.
Mai domo e provveduto, con il provvedimento, ha pure innalzato la soglia massima sui prestiti.
La misura prevede che la somma massima ottenibile con un prestito passi da 31mila a 75mila euro.
Et voilà, la risposta alla crisi: istigazione all’indebitamento.
Essipperchè, se i redditi disponibili per acquistare sono insufficienti a smaltire le merci prodotte, cosa c’è di meglio che ampliare le soglie di approvviggionamento del debito per smaltire l’invenduto?
A Lor Signori occorre rammentare come questa stessa via sia stata già percorsa fino ad incontrare la crisi.
Proprio quella crisi che allo stesso modo si tenta di scongiurare.

Mauro Artibani
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venerdì 10 settembre 2010

CRESCITA, LAVORO, RICCHEZZA. E LA RESPONSABILITA’?


La Crescita economica, quando manca, tutti la cercano tutti la vogliono.
Per la responsabilità tutti in tuttaltre faccende affaccendati.
Diamo un’occhiata.
Se la ricchezza, generata dalla crescita economica, remunera il lavoro occorso per far crescere l’economia, crescita allora per il tornaconto di tutti; al fare responsabile che governa questa crescita, solo un misero resto.
Per chi lavora nella produzione, con il reddito ancorato all’aumento della produttività, più si cresce più torna il conto del reddito; salva la responsabilità del pater familias.
Per l’Amministratore Delegato, che organizza al meglio i fattori produttivi, più crescita, più bonus e tanta responsabilità verso gli amministratori deleganti. Questi, che dalla crescita ottengono utili, responsabilmente li distribuiscono agli azionisti che responsabilmente, per dirla con Friedman, incassano il profitto.
Per le imprese del commercio, suppergiù lo stesso refrain: quella crescita produttiva occorre venderla, a tutti i costi, per incassare.
Agli uomini di marketing il compito di produrre domanda che smaltisce l’offerta, offerta dalla crescita; quelli della pubblicità fanno in modo che quella crescita incontri acquirenti, dia i suoi frutti: tutti insieme fanno questo responsabilmente, incassando laute parcelle.
Per l’industria finanziaria finanziare la crescita, fornire credito per produrre e per consumare, incassando per il tornaconto dei prestatori; sotto stress al test della responsabilità.
Per i Politici quando la crescita si fa ricchezza va distribuita, questo il loro mestiere. Guadagnano consenso e potere; raccattano fragili maggioranze elettorali che vanno coccolate, sacrificando l’interesse e la responsabilità generale.
Per i Consumatori ruolo ingrato: non guadagnano, spendono più di quant’hanno, acquistano più di quanto devono; smaltiscono a “più non posso”, inquinano. Responsabilità: pah!
Insomma, tornaconti dispari; la responsabilità poi: ognuno per sé, Dio per tutti.
Il giocattolo della crescita mostra gli anni, gli interpreti invece gli affanni: ruoli opachi, business abborracciati, meccanismi crippati, risorse sprecate, valore bruciato; margini ridotti, crediti inattingibili, debito per tutti; l’ambiente puzzolente, degradato e, e, e…
Tra tanta insufficienza, sembra scorgersi una chance. Là dove quelli che della vita spesa a fare la spesa fanno lavoro, che con quella spesa generano la crescita - clienti di quel tutto reso merce, poi consumato, poi smaltito; quel tutto che sta dappertutto e lascia tracce indelebili – si ha l’opportunità e la convenienza a fare meglio. Meglio per tutti.
Si. Fare, oltre la pratica dilettante e torna il tornaconto nell’acquistare: al mercato gestire una domanda ecosostenibile e proredditizia, il no-packaging per esempio; condizionare il prezzo e la qualità dell’offerta; poi fare offerta, mettendo a profitto le risorse immateriali ed ecocompatibili dei Consumatori, per rifocillare il reddito.
Torna utile e fa utili governare i processi di crescita che tengono in ordine quel mercato che abita tutto: l’ambiente appunto, la terra. Quella terra sulla quale poter camminare impavidi lasciando impronte delebili.
Possibile coniugare crescita, tornaconto e responsabilità.

Mauro Artibani
Per approfondire il tema trattato: PROFESSIONE CONSUMATORE
Paoletti D’Isidori Capponi Editori
Marzo 2009

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giovedì 2 settembre 2010

ANCORA VOGLIA DI VACANZE? UN GIOCO DA SPIAGGIA FACILE FACILE


Per chi, tornato dalle vacanze, ha voglia ancora di giochini da spiaggia eccone uno facile facile.
Gli acquisti generano crescita economica per circa i 2/3 del PIL.
Se i redditi erogati per produrre merce risultano insufficienti ad acquistare quanto prodotto il meccanismo economico entra in crisi.
La crisi che inchioda il mondo è figlia di tal garbuglio.
Orsù, uscirne non è impossibile: giochiamo.
Uscirne con il debito, ormai oltre ogni ragionevole limite?
Acqua!
Con il credito, ormai inattingibile?
Ancora acqua, forse acquitrino!
Con la riduzione degli acquisti che fa aumentare il reddito disponibile?
Fuochino fatuo!
Con un “reddito di scopo”, quello che retribuisce quel lavoro di consumazione che smaltisce l’offerta sul mercato, che non appesantisce il costo del lavoro?
Fuoco!
Reddito magari estratto da quei profitti non più esposti al rischio d’impresa?
Bingo!

Mauro Artibani
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Marzo 2009

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venerdì 13 agosto 2010

PRECARIO IL LAVORO, PRECARIO IL REDDITO: PRECARI GLI ACQUISTI


Perché si rende precario il lavoro se il reddito che ne deriva foraggia gli acquisti che consentono all’economia di crescere?
Oibò, perché si continua a ritenere che occorra dar premio di corposo profitto alle imprese per produrre, generare ricchezza e magari dare pure ristoro al bisogno dei Consumatori: che tenerezza!
Ma fatemi il piacere.
Rimettiamo le cose in ordine.
La regola aurea, che governa l’economia dei consumi, dice che occorre acquistare ben oltre il bisogno e consumare per smaltire il prodotto e far nuovamente produrre, per dare continuità al ciclo produttivo, sostanza alla crescita economica.
Appiccicata alla prima, la seconda regola dice che la crescita economica rende l’esercizio dell’acquisto una pratica indifferibile, indi per cui poscia, obbligato l’esercizio del consumo: un lavoro!
Et voilà la terza regola. Afferma: occorrono redditi adeguati per poter acquistare, quindi consumare, al fin di far crescere l’economia.
Se tanto mi dà tanto quel lavoro precario, ed i redditi insufficienti che ne derivano, impallano il meccanismo economico.
Si dirà: ma la precarietà è una delle forme della flessibilità di cui l’impresa ha bisogno per essere competitiva sul costo del prodotto e vendere di più.
Già e quel prodotto, prodotto in più, con quali denari potrà essere acquistato?
E se non acquistato, chi vorrà nuovamente produrre?
Così si rompe il giocattolo!
Per salvare capra e cavoli non resta allora che remunerare il lavoro di consumazione che, ancorchè indifferibile, garantisce lo smaltimento di quanto prodotto e fa nuovamente produrre.
Chi paga?
Quelli che, approfittando dell’obbligo di consumazione dei coscritti, vedono ridotto il rischio d’impresa e garantiti gli utili.
Con quale moneta?
Ridotto il rischio di non smerciare il prodotto, si deve ridurre il profitto che remunera quel rischio: quelle moneta va redistribuita!
Onorevoli politici tocca a voi.
Questo è il vostro mestiere: datevi da fare, il tempo stringe.

Mauro Artibani
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Marzo 2009

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giovedì 5 agosto 2010

L’ESERCIZIO DI CONSUMAZIONE, UN MESTIERE NUOVO DI ZECCA


L’ESERCIZIO DI CONSUMAZIONE, UN MESTIERE NUOVO DI ZECCA

Et voilà l’esecizio di consumazione: un mestiere nuovo di zecca.
Sta ficcato dietro le quinte del meccanismo produttivo.
Quell’esercizio necessario acciocchè, mediante l’acquisto, la merce si trasformi in moneta; con la fase di utilizzo del prodotto venga disposta la ri-produzione.
Con il denaro si adempie alla pratica d’esercizio; il ristoro alle “necessità” - nella forma del bisogno, della passione, delle emozioni, finanche nel consumo d’esperienza - fa il resto.
Compito d’istituto generare la domanda che smaltisce l’offerta presente sul mercato.
Siffatte azioni sono agite da operatori agenti nel ganglio vitale dell’attività economica, là dove il valore diviene ricchezza, il reddito diviene merce che, smaltita, diviene rifiuto.
Cotanto fare impone elevati standard professionali all’agire:
• Per il controllo della redditività del reddito disponibile
• Per rifocillare il potere d’acquisto traendo profitto dalla forza contrattuale
• Per stabilizzare gli squilibri che impallano il meccanismo dello scambio
• Per gestire quella domanda che coniughi crescita economica e salvaguardia dell’ambiente
Cotanta azione, con tanti individui a fare, fanno una lobby. Riconoscersi nel coniugare tornaconto e responsabilità conforta il concorso plurale, mitiga il gesto singolare, incontra il bene comune.
Per fare tutto questo occorre determinazione. Non sarà semplice: si può fare!
Alè Professional Consumers.

Mauro Artibani
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giovedì 29 luglio 2010

MODERAZIONE SALARIALE: PIU’ LAVORO MENO REDDITO?


Moderazione salariale e flessibilità del lavoro, recita la BCE nel bollettino mensile.
Dicono: “esiste il rischio che la creazione di posti di lavoro risulti insufficiente a ridurre la disoccupazione per un periodo di tempo significativo se la moderazione della dinamica salariale non sarà sufficiente a stimolare l’offerta di lavoro.”
La Banca Centrale Europea sembra intendere che solo redditi moderati e flessibilità possono dar corso ad occasioni di occupazione. Si, insomma, chi deve produrre produrrà perchè ha un costo del lavoro al minimo e la flessibilità al massimo.
La regola: bassi redditi, gente disposta a tutto pur di lavorare; così si produce, si cresce.
Altro giro, altra corsa.
Draghi, governatore della Banca d’Italia, intravvede: “consumi insufficienti ed investimenti deboli perché i redditi ristagnano e le prospettive di occupazione sono incerte”. Insomma, non si cresce.
La regola: occorrono redditi adeguati per far consumare quanto prodotto; così si cresce, si investe, si produce, si crea occupazione.
Ricapitolando: per la prima, si cresce se il costo e la flessibilità della forza lavoro rendono conveniente produrre; per il secondo si cresce se i redditi da lavoro sono sufficienti a smaltire quanto prodotto.
I banchieri europei chiedono che si produca anche se verranno a mancare i redditi adeguati per acquistare quanto prodotto; il banchiere italiano auspica redditi adeguati che faranno consumare ma appesantiranno il costo delle merci prodotte rendendole poco appetibili.
Fiuuuuu: contraddizioni.
Due ipotesi di scuola, due mezze verità.
Essipperchè nell’economia dei consumi - quel sistema circolare e continuo dello scambio offerta/domanda che genera ricchezza - produzione e consumo legati da un patto di necessità hanno l’obbligo, l’uno di sacrificare il reddito al costo del lavoro per rendere competitivo il prodotto; l’altro disporre del reddito adeguato che consenta di acquistare quanto prodotto.
Per uscire dall’assillo occorre individuare il punto di equilibrio tra cotanto contrasto: si può contenere il costo del lavoro di produzione per mantenere i margini di utile e continuare a produrre; si deve retribuire altresì quel lavoro di consumazione che smaltisce e fa nuovamente produrre.
Il costo di questo equilibrio deve essere ascritto alla voce profitto dei bilanci aziendali.
Già, il profitto, quella forma di reddito che remunera le incertezze ed il rischio di impresa.
La pratica di consumazione retribuita, assume l’onere dello smaltimento del prodotto et voilà meno incertezze, meno rischio d’impresa.
Essì, redistribuiti i rischi ed i carichi di lavoro, stessa sorte tocca ai redditi: un riequilibrio economico tra le parti, insomma. Tutto qui.

Mauro Artibani
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giovedì 22 luglio 2010

PER FAR FRONTE ALLA CRISI: UN REDDITO NUOVO DI ZECCA


Una cogente contraddizione fronteggia la crisi: la domanda di lavoro in eccesso riduce i redditi, quelli che occorrono per acquistare merci; più merci invendute.
Parbleu: maggiore il lavoro di consumazione necessario per smaltirle!
Vieppiù lavoro non esercitato, questo, perché privo del connotato che smaltisce: il reddito.
Così si impalla il meccanismo dello scambio; domanda e offerta mancano di generare ricchezza.
Se ci siete, battete un colpo; tutti i colpi necessari per incidere sull’acciaio la ragione economica che si vuole riprodurre: un reddito nuovo di zecca.
Essì, un nuovo conio per un più giusto, efficace, remunerante Nuovo Reddito, necessario per rendere fluido il meccanismo dello scambio tra domanda e offerta, che sostiene la crescita economica.
Un malloppo, composto di reddito aggregato, che si ottiene dalla remunerazione del fattore lavoro impiegato nel processo produttivo.
Un compenso che retribuisce il lavoro necessario alla produzione di beni e servizi; che retribuisce il lavoro di consumazione necessario per smaltire il sovrappiù di beni e servizi che ingolfano il mercato; che trasforma nuovamente quei beni e quei servizi in ricchezza.
Si scorge tra le brume l’alba di un nuovo giorno?

Mauro Artibani
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giovedì 15 luglio 2010

PER QUELLI DEL PROCESSO PRODUTTIVO E’ IL TEMPO DELLA RESPONSABILITA’



Gli attori del processo produttivo che muovono l’economia dei consumi vantano, come mai nella storia, il record nella generazione della ricchezza.
I Produttori, dentro solerti opifici, producono quel che si vende di più e meglio; impiegano Pubblicitari, uomini del Marketing e quelli del Credito che confezionano linda, immateriale domanda che sprona acquisti materiali dentro adorni e sfavillanti negozi dove Commercianti smerciano a più non posso a Consumatori che acquistano quel tutto, lo consumano chiudendo il circolo virtuoso che fa nuovamente produrre, che genera crescita, che arricchisce.
In questo crescendo rossiniano, la responsabilità degli atti e degli attori tutti forniti di un’impeccabile rigore professionale meno uno, manca il record.
Essì, questo fare al meglio genera scorie: depreda risorse, inquina; millanta crediti di ruolo inesigibili, scredita onori, misconosce meriti; esalta imbarazzanti solitudini, esilia il bene comune.
Tra questi affanni matura il tempo della responsabilità, per tutti, da assumere in prima persona.
Il Consumatore, quello sottratto all’imperio dilettante, ha da fare la sua parte.
Tanti tizi così, tutti Professional Consumer, oplà: una tal forza contrattuale si fa lobby; si fanno egemoni.
La gestione attiva della domanda costringe gli offerenti a dispensare offerte meno dispendiose,
cambia i connotati di chi informa e forma il prodotto; la gestione oculata del reddito ne migliora la resa, mette la sordina a creditori predatori, prende la misura degli acquisti, fidelizza chi commercia.
Si calibra così l’impiego delle risorse, vengono sottoposti a controllo i processi di smaltimento, si salvaguarda la qualità dei luoghi, vieppiù quel luogo dove si esercita il lavoro di consumazione; quel mercato, totale ed onnicomprensivo, tanto ampio da farsi Ambiente.
Può più il tornaconto che la pedagogia ambientalista: non si può consumare un ambiente consumato!
Dentro un agire professionale di tal fatta, insomma, trovano espressione moti di compiuta responsabilità che incastra le categorie produttive renitenti.
Un esercizio così inteso restituisce altresì dignità agli atti di consumo, in barba a certo sociologismo.
Un insieme, magari per “legittimo interesse”, che sollecita relazioni solidali.
Un più garbato Io, figlio di una ricchezza non più orfana del benessere, incontra gli Altri ed una nuova intimità con il mondo.

Mauro Artibani
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Paoletti D’Isidori Capponi Editori
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giovedì 8 luglio 2010

NUOVI BUSINESS: AL MERCATO NUOVE MERCI E NUOVA DOMANDA


Quando i redditi mancano di dare sostegno alla domanda che smaltisce l’offerta di merci la macchina economica si ferma. Indispensabile mettere in campo opzioni di risarcimento in grado di ripristinare l’efficienza del meccanismo dello scambio.
Si intravvedono operose azioni che attrezzano business; strategie di prodotto che il mercato apprezza e prezza.
Dentro quelle officine si scorgono fatti nuovi: vendono i Consumatori, acquistano Produttori, Commercianti e nuovi Consumatori. Il mondo alla rovescia.
L’Attenzione, il Tempo, l’Acquisto: le merci esposte.
L’Attenzione: il prodotto dalle televisioni commerciali venduto ai pubblicitari; venduta dagli spettatori di format di ogni tipo, retribuita con l’intrattenimento full time e senza canone.
Stessa cosa con le free press: la notizia cattura l’attenzione del lettore, ceduta al pubblicitario, produce utili in parte restituiti al lettore con l’informazione quotidiana ed il costo zero: guadagno 365 € l’anno.
“Parli gratis se ascolti pubblicità”: efficace il business di quelle compagnie telefoniche che retribuiscono l’ascolto di reclame mentre si dialoga con chicchessia. Un bel guadagno.
Pure il Tempo è denaro: Ikea confeziona merci in scatola di montaggio, mobili da assemblare; chi li acquista e li monta vede retribuito il tempo del suo lavoro con un prezzo imbattibile. Ikea rinuncia a parti di utile per fare business; pure il Consumatore fa business: vende il suo tempo.
Ci sono agenzie che acquistano dati su abitudini, gusti, vezzi: il non tutto ma di tutto dei Consumatori; buoni per confezionare prodotti ad hoc da vendere a quella stessa gente. Sondaggi come se piovesse che retribuiscono il tempo che compila il questionario.
Ci sono altri tempi e pure luoghi dove si accatastano merci in eccesso: due volte l’anno con i saldi così come negli outlet. Lo smercio di merci invendute fa l’affare: vendere l’istanza dell’acquisto guadagna sconti esilaranti dal 20 al 70%.
Tutto questo accade, altro ancora si può fare.
Affari consumer-to-business: il risparmio degli Italiani, seppure in fase di contrazione e mal impiegato, ammonta a 6.000 mld di €. Offerto a investitori professionali capaci di extra rendimenti, oplà, per ogni l% in più 60 mld nelle tasche dei Consumatori.
Affari consumer-to-consumer: vendere l’acquistato e non usato. Il valore raddoppia, la stessa merce fa due volte prezzo; non si impegnano nuove risorse, non si smaltisce; guadagna chi vende, guadagna il prezzo più basso chi acquista, migliora la redditività del reddito.
Business anche con il peer-to-peer: occasioni per tutti senza spesa che rimpinguano il reddito. Sharing il suffisso d’ordine, poi i prefissi: house, file, video. C’è pure il coach-surfing

Mauro Artibani
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giovedì 1 luglio 2010

G20: FALLITO IL TENTATIVO DI DARE UN COLPO ALLA CRISI A COLPI DI CRESCITA


C’è una casetta in Canada dove, mentre scrivo, si incontrano i capi del mondo: prima i G8, poi i G20.
Stanno lì per dare per dare un colpo alla crisi a colpi di crescita.
Tutti d’accordo sui modi? Macchè.
Si confrontano due tesi.
C’è chi insiste nel sostenere una domanda artificiale, con politiche monetarie e sgravi fiscali che non trovano il supporto di quelli del credito, che non convincono i produttori ad investire ed i disoccupati a consumare.
L’altra tesi, “bè si, abbiamo compromesso le finanze pubbliche per dare sostegno alla produzione, al consumo, al lavoro senza ottenere granchè; occorre rientrare dal debito altrimenti sono guai: riduzione dagli stipendi, meno welfare, insomma meno spesa pubblica, voilà più spesa privata”: gulp.
Sempre più indebitati gli USA; in Europa invece, per rientrare dal debito, vogliono togliere gli stimoli; per farlo indeboliscono ancor più la capacità di spesa dei consumatori: un bel casino.
Sul più bello, tra squilli di tromba, arriva il capo dall’FMI. Dominique Strauss Kahn, senza peli sulla lingua, borbotta che: “Il costo di politiche poco coordinate potrebbe essere salato, pari a 30 milioni di posti di lavoro e 4.000 miliardi di dollari in termini di perdite di produzione economica in 5 anni”.
Sul più brutto arriva il Professional Consumer, lascia un foglietto con su scritto:
Esimi, solo chi consuma l’eccesso produttivo fa ri-produrre, per produrre occorre lavorare; si crea occupazione quindi reddito che fa consumare per non bruciare ricchezza nei prossimi cinque anni. Il cerchio così si chiude, si ricomincia a crescere: questa la regola dell’economia dei consumi.
Insiste: quando però i redditi erogati per produrre merci risultano insufficienti a smaltire quanto prodotto e il credito non è più in grado di dare focillo a quei redditi, inizia la crisi. Per uscirne occorre dare a Cesare quel ch’è di Cesare. Si, quel Cesare che occupa il centro del meccanismo produttivo; che fornisce l’input, magari ingrassando per smaltire l’offerta alimentare, magari acquistando abiti alla moda che passano di moda per dare soccorso alla crescita; con il contributo fiscale pagato all’acquisto poi, magari risanare le casse pubbliche e, perché no, tenere il debito sotto controllo.
Retribuire cotanto ruolo, un obbligo per l’etica, un’opportunità per l’economia; la soluzione alla crescita senza intoppi!
Una folata di vento spazza l’aria, spazza pure il foglietto. Nessuno se ne avvede, tutti intenti a scrivere la risoluzione di quel G20 che intende stabilizzare deficit e debito di economie che “restano fragili e vulnerabili.”
Amen.

Mauro Artibani
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Paoletti D’Isidori Capponi Editori
Marzo 2009

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giovedì 24 giugno 2010

IL VALORE AGGIUNTO DEL LAVORO DEI CONSUMATORI


L’ambito dell’esercizio economico dei Consumatori, che che se ne dica, fornisce valore al sistema della produzione; ancor di più, se attrezzati di ruolo professionale, a quel valore viene aggiunto altro valore.
Basta dare un’occhiata:

• L’esercizio del consumo, quantunque dia ristoro alle necessità umane, trasforma mediante l’acquisto il valore in ricchezza; con la consumazione del prodotto si avvia il processo di riproduzione, si fornisce continuità al ciclo economico.
• L’acquisto smaltisce l’eccesso di capacità produttiva mediante acquisti pagati con il debito, surrogato di redditi altrimenti insufficienti. Quel credito, erogato dall’industria finanziaria per sostenere la domanda, genera ricchezza aggiunta, pari allo 0,7% del PIL Usa.
• L’Iva sugli acquisti, la Tarsu sul consumato e smaltito, sono il super contributo all’Erario di chi fa esercizio di consumo ben oltre il bisogno, oltre la capacità di spesa.

• Seppur affrancati dal bisogno viene offerta consumazione del prodotto. La produzione di consumo orienta l’offerta, disponendo il controllo nell’impiego delle risorse, l’eco compatibilità delle merci, la gestione dei prezzi.
• Compito dell’istituto professionale: la ricomposizione tra il Valore Visto ed il “Valore Vero” dei prodotti. Tale azione consente di ripristinare un adeguato rapporto tra valore e prezzo delle merci.
• L’acquisto di merce con i “saldi” e negli Outlet smaltisce l’eccesso di offerta; si guadagna il prezzo più basso.
• Mettere sul mercato il già acquistato e non usato raddoppia il valore della merce; quella merce fa due volte prezzo; meno risorse impiegate, meno smaltimento.
• Il controllo del ciclo di vita dei prodotti consente di ottimizzare l’impiego delle risorse e un uso più redditizio del reddito.
• Mediante la gestione attiva della domanda vengono sottratti passaggi di processo e figure di ruolo ad una troppo lunga filiera produttiva che disperde utili.
• Le risorse dei Consumatori sono i nuovi beni: l’attenzione, il tempo, l’ottimismo. Nuovo valore sul mercato, merci immateriali ed ecocompatibili, nuovi consumatori, nuova ricchezza.
• La concorrenza tra Produttori e Consumatori nella gestione di domanda e offerta scrolla posizioni di rendita, aumenta la produttività del sistema.
• La forza degli acquisti di gruppo orienta la produzione, dispone la formazione del prezzo.
Visto?
Senza di noi non si va da molto lontano.
Già, senza però un reddito adeguato, per esercitare tali ruoli, neanche oltre la crisi.
Burocraticamente vostro

Mauro Artibani

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Paoletti D’Isidori Capponi Editori
Marzo 2009

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giovedì 17 giugno 2010

IL BLUFF DI SOCIOLOGI, ECONOMISTI E POLITICI


Ne “La vita spesa a fare la spesa” i Sociologi intrappolano l’esperienza del consumare; quella stessa vita che gli Economisti istigano a vivere per dare ristoro ai bisogni; vita grama che i Politici tentano di alleviare mediante tutele normative e che gli stessi Consumatori, stressati, rintracciano nel loro fare quotidiano.
Per smentire simili bluff viene al mondo il Professional Consumer; ancor più per rivendicare il ruolo affatto diverso recitato nell’Economia dei Consumi, proprio quando la crescita decresce, il debito privato e quello pubblico fanno sboom
Rivendica d’essere Operatore di Mercato, sbatte le sue ragioni in prima pagina: la crescita economica rende la pratica del consumo indifferibile; i 2/3 del PIL, generati dalle azioni di consumo, lo mostrano.
Rivela che i redditi erogati per produrre merci risultano insufficienti per smaltire quanto prodotto.
Denuncia che ingombranti, quanto desueti, paradigmi nascondono i fatti e non fanno vedere.
Rivendica il centro della scena economica al proprio fare: mediante l’acquisto fornisce ricchezza al sistema; consumando l’acquistato garantisce continuità al ciclo economico, niente di più niente di meno.
Questa azione trova mille rivoli per potersi esercitare; molti i modi di fare; molti i fatti che mostrano sagacia nel fare.
Un esercizio professionale che restituisce dignità agli atti di consumo, responsabilità sociale all’azione e oplà ristoro economico
Un credo assoluto: aumentare la redditività del proprio reddito per dare conforto al mestiere, continuità all’azione, sostegno alla crescita economica.
Finanche una prospettiva da perseguire, là dove la domanda comanda: il Capitalismo dei Consumatori!

Mauro Artibani
autore del libro: PROFESSIONE CONSUMATORE, pdc editori 2009
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giovedì 10 giugno 2010

LA STAGIONE ECOMONICA: SOVRAPPRODUZIONE O INSUFFICIENZA DELLA DOMANDA?


L’alterazione dal rapporto di scambio Produzione / Consumo esprime il connotato singolare della stagione economica contemporanea.
Sovrapproduzione di offerta o insufficienza della domanda?
Si insomma, merci oltre la capacità di acquisto o acquisti insufficienti a smaltire quelle merci?
Questi i corni del dilemma che interroga chi sbircia l’economia, che attendono risoluzione.
Chi suona il corno della sovrapproduzione invoca quei processi deflattivi del mercato efficiente, in grado di ridimensionare i prezzi delle merci; un aumento insomma del potere d’acquisto dei Consumatori.
L’altro corno invece viene sfregato da quelli che dicono: se la domanda risulta insufficiente si aumenti il numero dei Consumatori per non mortificare la capacità produttiva. Prendono dati li confrontano: gli USA hanno un PIL di 15 trilioni di $ i consumi di 10; la Cina, PIL di 5 trilioni, i consumi solo di 2; così rintracciano aspiranti acquirenti.
I margini di crescita della domanda sono ficcati dentro quei Pil procapite dispari: negli USA 46.400$; in quelli del BRIC, paesi ad alta crescita, 35.000$; Brasile 10.200, Russia 15.100, India 3.100, Cina 6.600.
Questo 43% della popolazione mondiale produce il 15% del Pil mondiale; gli USA, solo il 6% producono il 22% del Pil: una gigantesca domanda potenziale per dare sostegno all’offerta.
Non è tutto oro quel che luccica: l’esercito di inoccupati di scorta consente ai Produttori del BRIC di erogare, a chi lavora, redditi bassi; i consumi dentro quei confini ancor più bassi, le vendite oltre confine alte. I Produttori d’oltreconfine si tengono la sovrapproduzione. Erogare, per quelli del BRIC, aumenti dei redditi da lavoro aumenta il costo di quel lavoro ed il costo dei loro prodotti; diminuisce l’appetibilità delle loro merci nel mondo; perdono mercati che non vogliono perdere, si apre il loro mercato che non hanno convenienza ad aprire. Lo mostra il deficit della bilancia commerciale USA; lo conclama il controllo del valore di cambio della moneta Cinese.
Bricconi questi: redditi bassi, prezzi competitivi, potenziali consumatori tenuti in stand-by; opportunità per creare nuove aziende per nuove merci - magari chic, pure hi-tech, finanche trendy; barricano l’ingresso ai loro mercati e non solo.
Intercettano i redditi insufficienti del mondo ricco a cui danno ristoro con merci low-cost e op danno sostegno ad un’ altrimenti insufficiente crescita economica globale.
Braccati quelli che restano fuori: ancora eccesso di offerta, ancora insufficienza di domanda che brucia capacità produttiva e profitti; ancora renitenti ad investire, magari parte degli utili di impresa, magari per erogare redditi sufficienti, senza i quali non si smaltisce la sovrapproduzione, con i quali si genera domanda che smaltisce.

Mauro Artibani
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giovedì 3 giugno 2010

ESIMI CONSUMATORI: OBAMA NON FA SCONTI, FA MALE I CONTI


Il cipiglio di Obama non fa sconti.
Capacità di governo, autorevolezza, compassione vengono messe in campo: “Indispensabile la creazione di un’agenzia per la protezione dei Consumatori: in questa situazione di mercato è essenziale proteggere i deboli.”
Però fa male i conti: se oltre il 70% del PIL viene generato dall’esercizio del consumo, possono questi tizi essere considerati deboli?
Se i Consumatori acquistano, il valore della merce si trasforma in ricchezza; se non si acquista, quel valore si svaluta, si brucia ricchezza.
Se si acquista, poi si consuma, poi occorre riprodurre, poi cresce l’economia; se non si acquista non si consuma, non si deve nuovamente produrre, non si crea occupazione.
Vorrei sommessamente rammentarle, Mister Obama, che se si consuma tutto sale altrimenti tutto scende.

La domanda si esercita mediante l’impiego di reddito o del suo surrogato, il debito: questo il fatto.
Da due anni si scende perché quei redditi sono insufficienti, il debito ha fatto sboom ed il credito risulta inattingibile: questo il misfatto.
Come vede, Mister President, la domanda comanda.
Se tanto mi da’ tanto perché non stringe alleanza con tali individui, perché non da’ rappresentanza ai loro interessi piuttosto che intrattenerli con il solo esercizio empatico ?

Mauro Artibani
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giovedì 27 maggio 2010

TOH! IL DIAVOLO: LA FINANZIARIZZAZIONE DELL’ECONOMIA

Toh, si rivede il diavolo: la finanziarizzazione dell’economia.
Ma si, quell’artificio fornito dal mercato per ripristinare l’equilibrio nel meccanismo dello scambio, tra l’eccesso di merci prodotte e l’insufficienza dell’acquisto che le smaltisce.
Si fa merce l’offerta di credito; viene impiegato per surrogare l’insufficienza principe, quella del reddito disponibile: credito che potenzia la domanda, che disinnesca la minaccia deflattiva, che consente di salvaguardare il Valore delle merci.
Per i Produttori l’opportunità di vendere il prodotto al miglior prezzo.
Chi vorrà definanziarizzare la finanziarizzazione? Ma soprattutto come e sostituirla con cosa?
Negli USA, tra il 2000 e il 2005, gli utili dell’industria finanziaria salgono dal 10 al 36% dell’intera Corporate America: questa pure è ricchezza. Prodotta con il debito ma ricchezza.

Mauro Artibani
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giovedì 20 maggio 2010

BORSE NEL CUL DE SAC DEL DEBITO INCOMPRIMIBILE, DAL COSTO INSOSTENIBILE

Le borse si sono ficcate nella trappola del debito incomprimibile dal costo insostenibile. Stanno scontando quel che non pensavano di dover scontare: non è un bel vedere.
Veniamo ai fatti: i redditi da lavoro erogati per produrre merci sono risultati insufficienti per acquistare quanto prodotto; questa la crisi. Due le opzioni per andare oltre.
La prima, scelta da pochi, quella del mercato efficiente: deflazione, ovvero riduzione dei prezzi per aumentare il potere d'acquisto del reddito.
La seconda, scelta dalle borse, quella del mercato sotto tutela: reflazione. Tutto a debito, quello fatto dai consumatori, ficcato dentro l'economia ha tentato di surrogare quell'insufficienza fino a far saltare i conti.
per uscire dall’ empasse, si è ficcato dentro nuovo debito, quello pubblico, fragilissimo.
Politiche keynesiane, quelle degli sgravi fiscali, ancor quelle di sostegno alla crescita hanno prosciugato le casse statali ma la recessione economica non recede. Recede però la capacità dell’impegno pubblico di dare sprone all’economia: deficit e debiti hanno il fiato grosso.
Si paventano default che sollecitano tagli di spesa.
Il welfare traballa: tagli ai costi delle casse di previdenza, ai costi della spesa sanitaria, a quelli dei servizi sociali; meno lavori pubblici, riduzione di stipendio ai pubblici dipendenti.
D’acchito: pensioni e stipendi contratti, pezzi di sanità a pagamento, servizi assistenziali privati del sostegno pubblico.
Ergo, aumenta la spesa privata, ancor meno reddito a disposizione: nuovo debito privato, minore capacità di sostenere la domanda; riduzione della capacità contributiva e, mi sia consentita la ripetizione, debito pubblico incomprimibile, dal costo insostenibile.
Et voilà, le borse si svegliano dal torpore e vanno giù.

Mauro Artibani
Per approfondire il tema trattato: PROFESSIONE CONSUMATORE
Paoletti D’Isidori Capponi Editori
Marzo 2009

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giovedì 13 maggio 2010

LA CRISI DEI DEBITI SOVRANI E IL MESE MARIANO


Approposito della crisi dei debiti sovrani, il Ministro dell’Economia Tremonti,in quel di Confindustria Veneto a Roncade, dice :"A Bruxelles il ruolo del governo italiano e di Berlusconi è molto forte e spero che in queste ore sia anche fortunato".
Fortunato ? Speriamo!
Poi mostra una seconda opzione: "chiedo che nell'interesse di tutti il patriarca di Venezia, Angelo Scola, gli indirizzi una benedizione".
Non dimentichi Ministro che siamo agli inizi di Maggio, il mese mariano è lungo, alla bisogna aivoglia a snocciolare rosari per guadagnarci l’uscita dalla crisi.
Quando si ritiene, come lei ritiene, che la crisi abiti terre incognite, doveroso provarle tutte.
Provi, magari, pure a sbirciare tra quanto ha da dire il Professional Consumer:
“ Se i redditi erogati per produrre merce risultano insufficienti a smaltire quanto prodotto, il meccanismo dello scambio Domanda Offerta si rompe. Per riparare il guasto si è surrogato quella insufficienza con il debito privato fino a fare sboom; per salvare la baracca si è surrogato quel debito con altro debito, quello pubblico. Oggi Stati indebitati, Stati fragili, Stati sotto attacco della speculazione.
Lei ha fatto del suo meglio nel tenere i cordoni della borsa ed i conti in ordine, aprendo un paracadute che ha consentito di non sfracellarci, magari, su una petrosa Itaca.
Occorre però tornare a salire forte, non scendere piano, per rimettere il debito ai nostri debitori e andare oltre la recessione.
Già, salire: perchè non retribuire il LAVORO dei CONSUMATORI, quello che smaltisce l’eccesso di Offerta che ingolfa il mercato e riavviare il processo di crescita?
Come?
Compito della politica trovare il modo per redistribuire, con maggior equilibrio, quella ricchezza generata per 2/3 dall’esercizio del consumo. Affinchè rifocilli le tasche di chi, pur avendo il potere d’acquisto, non può esercitarlo.
Ci provi, troverà mille ostacoli e diecimila che remeranno contro; ci sono però centomila buone ragioni per percorrere questa strada”.
Buona fortuna.

Mauro Artibani
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giovedì 6 maggio 2010

CRISI, SE I REDDITI SONO INSUFFICIENTI, ANCORA DEBITO: BOH!


Se i redditi erogati per produrre merci risultano insufficienti per smaltire quanto prodotto, si è in un bel casino. Qui sta la crisi.
L’Istat dice che: Nel 2009 il reddito disponibile delle famiglie in valori correnti e' diminuito del 2,8% rispetto al 2008. Si tratta della riduzione piu' significativa a partire dagli anni '90. In calo anche la spesa delle famiglie, scesa dell'1,9% e il risparmio che segna un ribasso dello 0,7%.
L'Isae in un rapporto sul comportamento delle imprese aggiunge: Nel 2009 ha assunto meno di un'impresa su 3. E la maggior parte dei contratti fatti e' a tempo determinato.
La BCE chiosa: Nell'Eurozona crescono i prestiti alle famiglie. Nel mese di marzo si registra un aumento del 2,2% su base annuale. I finanziamenti per l'acquisto di abitazioni salgono del 2,6% su base annuale, quelli per altri scopi del 2,9%.
Insomma Signori, per mettere una pezza ai redditi insufficienti, ancora debito; quello stesso debito che ha dato inizio alla recessione mondiale: così si esce dalla crisi?

Mauro Artibani
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giovedì 29 aprile 2010

PROBLEMA: COME FANNO I PRODUTTORI A VENDERE ED I CONSUMATORI AD ACQUISTARE SE……


PROBLEMA:
I Produttori vanno al mercato per vendere quello che hanno prodotto. I Consumatori vanno allo stesso mercato per acquistare quelle merci non disponendo di redditi adeguati alla bisogna.
Come si esce dal garbuglio?
CONSIDERAZIONI:
Il debito insostenibile ed il credito inattingibile non possono surrogare quel reddito insufficiente.
Lo smercio di quelle merci garantisce crescita economica, nuova produzione, lavoro, occupazione, ricchezza.
SOLUZIONE:
Rendere sufficienti i redditi acquirenti mediante una più oculata redistribuzione della ricchezza.

Mauro Artibani
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giovedì 15 aprile 2010

EGREGI CONSUMATORI, I POLITICI FANNO BLA BLA SENZA FARE GRANCHE’


Egregi Consumatori ci risiamo:
L’ISAT dice che nel 2009, rispetto al 2008, il reddito delle famiglie cala –2,8%, le spese -1,9%, il risparmio –0,7%. Per le imprese calano i profitti -1,7%, gli investimenti –2,4%: peggio che andar di notte.
I Politici pensano che per uscire dal guado si debbano tutelare le imprese, il mercato del lavoro, l’occupazione, senza per la verità riuscire a fare granchè.
I Consumatori, defilati da quella politica, che per mestiere acquistano, dicono di non poterlo più fare con un reddito insufficiente.
Il loro debito ha surrogato per 15 anni quel reddito fino a fare sboom; oggi il debito pubblico surroga quello privato, lo sboom ancora lì e dalla crisi non si esce.
Chi studia l’Economia dei Consumi, il Professional Consumer per esempio, ritiene che si possano tutelare le imprese mediante il sostegno della domanda che fa acquistare quanto prodotto, rendendo necessario ri-produrre, dando così sprone al lavoro. Proprio quel lavoro che sostiene l’occupazione. Già, l’occupazione che genera reddito, quel reddito che da’ sostegno alla domanda. Così il cerchio si chiude: cresce l’economia, si genera ricchezza.
Scacco matto: per tutelare le imprese, il mercato del lavoro, l’occupazione cosa c’è di meglio che adeguare il reddito che sostiene la domanda?
Si ringalluzziscono i Produttori, gongolano i Consumatori: tutti felici e contenti, pure i Politici.

Mauro Artibani
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giovedì 8 aprile 2010

LA CRISI ECONOMICA: RICOMINCIAMO DACCAPO


Si entra in crisi perché i redditi erogati per produrre risultano insufficienti a smaltire quanto prodotto.
Si resta ficcati nella crisi perché quell’insufficienza è stata surrogata dal debito fino a farne business per fare ricchezza.
Si esce dalla crisi?
Come, se i redditi sono ancora insufficienti, i debiti hanno fatto sboom, il credito risulta inattingibile?
Ah, dimenticavo, ora anche i Governi, gli Stati, le Nazioni, le Regioni, le Provincie, i Comuni sono indebitati.
Tutti siamo indebitati.
Occorre ricominciare daccapo, là dove quei redditi si sono mostrati insufficienti a sostenere la domanda.
Adeguare quel reddito, il modo
Restituire il potere d’acquisto ai Consumatori, il come.
Riattivare la crescita, lo scopo.
Così far ripartire la produzione, il lavoro, l’occupazione; rimpinguare le casse erariali, uscire dalla crisi tutti e tutti insieme.

Mauro Artibani
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Marzo 2009

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giovedì 1 aprile 2010

CONSUMATORI: GLI AFFARI SI INGROSSANO

Per i consumatori fare affari si può, o no?
Added Value per eBay.it conduce un’indagine: 35 milioni di Italiani non utilizzano più il 20% del loro guardaroba.
Perché?
Gli abiti rovinati il 13%
Non piacciono più il 40% (per le donne il 44%)
La taglia non è più la stessa il 37% (per le donne il 43%)
Li hanno sostituiti 23%
Passati di moda 22%
Manca l’occasione per indossarli 22% (per gli uomini il 25%)
Sono abiti dimenticati il 18%

Bene, ci sono 15 milioni di Italiani disposti a venderli: guadagno medio 140 euro a testa.
Un business da 5 miliardi.
Già, affari: se quei 15 milioni vendono, la stessa merce fa nuovamente prezzo, senza impiego di nuove risorse, senza doverla smaltire; migliora la redditività del reddito disponibile.
Produce meno il Produttore, commercia meno il Commerciante: la ricchezza langue.
Chi non vende, gli altri 20 milioni, acquista il nuovo, vengono impiegate risorse scarse, si deve smaltire l’usato.
Producono di più i Produttori, commerciano di più i Commercianti: si genera maggior ricchezza.
Quei renitenti alla vendita non utilizzano al meglio la “risorsa guardaroba”, peggiorano la redditività del loro reddito, smaltiscono il quasi intonso.
Due modi di stare sul mercato, due modi di fare l’affare.
Che dire: ha chi ha da giudicar, l’ardua sentenza!

Mauro Artibani
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venerdì 26 marzo 2010

PRODUTTORI E CONSUMATORI: RAPPORTI ALTERATI


I Produttori producono Beni per dare soddisfazione alle necessità; se scarsi acquistano Valore, fanno Prezzo.
I Consumatori hanno bisogni, passioni, emozioni e quant’altro da soddisfare.
Acquistati, quei beni, si trasformano in ricchezza che retribuisce tutti gli attori del meccanismo economico; la loro consumazione genera nuova produzione fornendo continuità al ciclo, sostegno alla crescita economica.
Quando, e siamo all’oggi, i redditi disponibili risultano insufficienti, i debiti insostenibili, il credito inattingibile a smaltire quei beni, le merci offerte sopravanzano la domanda, il valore dei beni si svaluta, viene bruciata ricchezza.
Nel sistema circolare della produzione, alterati gli apporti dei soggetti occupati nel ciclo, entrano in crisi pure i rapporti tra quegli operatori.
Diviene Bene economico l’acquistare; acquista valore il reddito adeguato alla bisogna.
Per ripristinare l’equilibrio alterato, due le soluzioni:
A) La funzione consumo si fa Offerta, la funzione produzione si fa Domanda.
Gli uni che prima spingevano tirano, gli altri adesso spingono.
Un nuovo modo per far agire la crescita e produrre nuova ricchezza.
B) Viene messa in campo una adeguata redistribuzione dalla ricchezza che rifocilla i redditi inadeguati.
Una più adeguata capacità di spesa restituisce ruolo propulsivo alla funzione consumazione che rivaluta i beni, che ripristina la scarsità indi il valore delle merci riattivando il ciclo economico.

Mauro Artibani
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giovedì 18 marzo 2010

MIO FIGLIO CERCA LAVORO, SI DA’ DA FARE MA….


Simone, mio figlio 24 anni, cerca lavoro, si dà da fare, si informa; scrive, ciatta, invia curriculum.
Qualcosa si muove, viene contattato dalla Adecco per conto di Alitalia Cai. Una segretaria gli offre di fare operazioni di check-in all’aeroporto di Fiumicino. Carico e scarico bagagli, 30 ore settimanali, 450 € lordi al mese e niente più.
Mio figlio, non ha debiti può quindi spendere, fare la sua parte : acquistare, consumare, generare ricchezza, far riprodurre dando continuità al ciclo economico come fan tutti.
Può Simone con tal reddito smaltire le quantità di merci necessarie al sostegno della crescita economica?
La risposta arriva dall’FMI che, per bocca del capo economista Olivier Blanchard, chiede di rialzare il tetto dell’inflazione al 4% per combattere più efficacemente una eventuale crisi sistemica.
Ullallà: viene messa in campo la tecnica per scongiurare i rischi di deflazione alzando l’obiettivo di stabilità dei prezzi nel medio periodo, dalla BCE già fissato al 2%.
Mio figlio potrà avere così a fine mese 450 – 4% = 432 € di reddito, insufficiente per acquistare le quantità di merci necessarie a sostenere la crescita economica, inidoneo altresì per combattere efficacemente una eventuale crisi sistemica.
Glielo dite voi a Simone?

Mauro Artibani
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giovedì 11 marzo 2010

IO STO CON I CONSUMATORI GRECI


Si, ci sto con i Consumatori Greci: vediamo perché.
Crisi finanziaria, per risanare i conti la soluzione ritenuta idonea: tagli delle spese, aumenti delle entrate, riduzione di stipendi e salari.
Si prospetta un intero mese di stipendio in meno per gli statali e blocco agli aumenti delle pensioni; per tutti un aumento dell’iva di due punti.
Ricapitoliamo: tagli di spesa ovvero meno welfare, più spese da sostenere per i contribuenti; meno redditi, meno capacità di spesa; più iva, aumento del costo delle merci.
Negli USA il PIL prodotto dalle azioni di consumo risulta pari al 70 %, in Giappone al 60 %, in Italia del 56 %, in Grecia non so.
So però che domani sarà inferiore all’oggi; i governanti, incasseranno meno iva, avranno un costo del debito più alto, le finanze ancor più scassate; per i governati, più che PIL in più, acquisti in meno. La crisi ancor più giù.

Mauro Artibani
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