martedì 23 febbraio 2016

GULP, TUTTI A FARE SPENDING REVIEW

Ei, ei, ei: non si vede ancora una ripresa dei consumi nonostante un leggero miglioramento rispetto all'anno precedente. Nel 2015, la spesa media mensile delle famiglie resta ancora notevolmente inferiore ai livelli del 2008 (-6,3%) e a quelli di dieci anni prima (-2,9%).
Non finisce qui. Oltre al valore medio della spesa negli ultimi 10 anni sono notevolmente cambiati anche gli standard e le modalita di consumo. Oggi si va alla ricerca del miglior prezzo rispetto alla qualità, si punta a fare scorte quando il prodotto è in offerta, acquistare prodotti di minore qualità nei discount o a prezzi scontati negli outlet, comprare articoli usati, ricorrere sempre più agli acquisti online.
Tutto questo emerge dal Rapporto 2015 "I consumi delle famiglie italiane" realizzato dalla Filcams Cgil in collaborazione con la Fondazione di Vittorio e l'istituto Tecnè.
Solo un terzo delle famiglie non ha cambiato gli standard di consumo e solo poco più del 5% lo ha migliorato. Un quarto dei cittadini ha ridotto contemporaneamente quantità e qualità e un altro terzo ha ridotto solo la quantità. Internet è entrato nella quotidianità: il 30% dei consumatori naviga per cercare il miglior prezzo di vendita dei prodotti alimentari e il 63% di quelli non alimentari.
Vogliamo chiamare questo nuovo fare Spending Review?
Essì, la crisi ha profondamente modificato le abitudini e i consumi. Otto anni sono un periodo abbastanza lungo per consolidare cambiamenti duraturi sia qualitativi che quantitativi tra le persone.
Se si tornasse agli standard economici e di vita pre-crisi, ben il 29% degli intervistati dichiara che non modificherebbe comunque i livelli e le modalità di spese attuali. Un dato di rilievo troppo spesso non tenuto nella giusta considerazione da chi sostiene che, finita la crisi, tutto tornerebbe come prima.
Vogliamo dire come questo sia il modo per migliorare la redditività del reddito quando si mostra troppo esiguo? E dire quindi che, tornando ai fasti precrisi di prodighi impenitenti, tornerebbe a peggiorare la produttività nell'impiego del reddito?
Che spending sia allora!
Come quella pubblica che, seppur taglia taglia, ha portato il debito italiano, al 135,3% nel primo trimestre del 2015. Stava al 134,5% nel secondo del 2014: bella no? Bene, anzi male perchè toccherà ancora far più spending review!
Le Imprese invece no quando fanno Buy Back invece che la spesa per gli investimenti. Beh, però con i magazzini pieni, riacquistare le proprie azioni sul mercato può essere, pur questa spending review.
Tutti insieme appassionatamente insomma, quelli della spesa aggregata a fare revisione proprio della spesa.
Giusto?
Giusto!
Già, ma se la crescita si fa proprio con la spesa e questa non si fa, come si farà a far salire il Pil?
Mi corre l'obbligo di rammentere ai Signori Policy Maker come, per mantenere la prosperità, occorra esser prodighi, non di consigli per gli acquisti però.
Essì, c'è in giro gente prodiga, costretta alla quaresima, che non vede l'ora di poter tornare a mostrarsi.
Impavidi, quando si mostrano, fanno il 60% di quella crescita, agli altri aggregati solo i miseri resti.
Conviene tenerli in stand by?

Mauro Artibani



martedì 16 febbraio 2016

TANTO PAGA PANTALONE

Il problema della disoccupazione continuerà ad attanagliare l’economia mondiale. In futuro, ci sarà sempre meno lavoro nel mondo mentre la disoccupazione sembra destinata ad aumentare nei prossimi due anni, soprattutto nei Paesi emergenti.
Lo dice l’Organizzazione internazionale del lavoro secondo cui, tra due anni, il numero di disoccupati a livello mondiale supererà quota 200 milioni.
E allora? Allora ci si attrezza:
In Svizzera la data del referendum per un reddito minimo è stata decisa. Il governo l’ha fissata al prossimo 5 giugno 2016. Potrebbe essere un giorno epocale per il paese, il primo paese al mondo in cui i cittadini saranno chiamati ad approvare o a bocciare la creazione di un sistema che garantisca uno stipendio a tutti: 2.500 franchi svizzeri al mese; ai bambini dovranno bastarne 625.
I sostenitori ritengono che il piano abbia l’obiettivo di porre fine al legame tra occupazione e reddito.
Essipperchè, a meno che non ti venga offerto un lavoro che non c'è oggi, ancor meno domani, si può venire retribuiti per alzarsi tardi al mattino, dar sfogo agli hobbies, andare a zonzo: tanto paga Pantalone!
Giust'appunto, l’iniziativa costerebbe alla Svizzera quasi 190,48 miliardi di euro l’anno. Più della metà della somma verrebbe raccolta attingendo alle tasse, mentre il resto verrebbe erogato dal sistema svizzero di assistenza sociale.
Di qua dalle Alpi si tenta di fare pressappoco la stessa cosa. Un reddito minimo di circa 320 euro al mese: è questo il nuovo sussidio a cui starebbe pensando il ministro del lavoro, Giuliano Poletti che dice “È un cambiamento radicale perché nel nostro Paese non c’è mai stato un istituto unico nazionale a carattere universale per sostenere le persone in condizione di povertà. Vogliamo dare a tutti la possibilità di vivere dignitosamente. È una riforma che vale almeno quanto il Job's act“.
Già, quei jobs che prima del valore mostrano il costo: 12 miliardi di soldi pubblici in tre anni.
Bando alle ciance: Un reddito minimo che integri quei redditi da lavoro, insufficenti o mancanti, per fare quella spesa e fare la crescita con i soldi di quel Pantalone che, per tenere i conti in ordine, con una partita di giro taglia l'altra spesa, quella pubblica?
Cui prodest?
A quel lavoro che manca perchè fatto dalle macchine? Ad erogare quei servizi pubblici indifferibili? A smaltire quell'altrimenti sovrapprodotto?
Ciancia per ciancia, se si sconette il reddito dall'occupazione si rischia di remunerare l'ozio; sconnettendo invece il potere d'acquisto dal reddito da lavoro può venire remunerata l'azione. Quella del fare la spesa. Tutt'un'altra musica se il profitto, guadagnato dai beneficiati dalla spesa, rifocilla i beneficianti: non viene appesantito il Clup, migliora la competitività dell'impresa remunerante, si tiene attivo il ciclo economico.

Mauro Artibani



martedì 9 febbraio 2016

DEFLAZIONE, I NOMI DEI COSPIRATORI

Senza le misure messe a punto dalla Bce l’anno scorso, ha ricordato con orgoglio Draghi, “l’area euro sarebbe finita in una deflazione piena e i prezzi quest’anno sarebbero calati ad un ritmo anche più forte. La crescita sarebbe stata significativamente più debole“.
Gulp, ma la crescita non si fa con la spesa, proprio quella che invece le politiche di reflazione messe in campo limitano?
Non pago, il giorno dopo insiste.
Nell'economia globale esistono diverse "forze che cospirano ( o forse "concorrono" ndr) per tenere bassa l'inflazione", citando in una conferenza a Francoforte temi come l'indebolimento ciclico di petrolio e materie prime e i cambiamenti demografici.
"Queste forze possono rallentare il ritorno dell'inflazione ai nostri valori obiettivo. Ma non ci sono motivi per i quali dovrebbero portare ad una inflazione permanentemente più bassa".
Cospirazioni, quindi, vediamo: l'Arabia saudita che non vuole tagliare la produzione o l'Iran che vuol tornare a vendere petrolio? La Cina, che ha rallentato l'acquisto di materie prime, riducendone i prezzi? L'inceppo demografico dei renitenti al coito?
Orsù, chi sono i veri cospiratori?
Beh, suppongo siano tutti quelli che traggono vantaggio dai prezzi più bassi.
Non credo sia dietrologia escludere dal novero dei cospiratori i disoccupati e gli incapienti che già mancano di fare la spesa, con o senza i prezzi bassi.
Non escluderei invece i vecchietti con la pensione al minimo, i giovani con sempre la stessa paghetta, i grandi che hanno redditi da lavoro insufficenti. Tutta gente che, con i prezzi più bassi, potrebbero rifocillare il potere d'acquisto.
Essipperchè la regola della crescita dice: "La crescita si fa con la spesa. Così viene generato reddito, quel reddito che serve a fare nuova spesa. Tocca allocare quelle risorse di reddito per remunerare chi, con la spesa, remunera."
Beh, se tanto ci da tanto o le Imprese accettano la regola e si adeguano, o lo fa la deflazione senza chiedere il permesso ad alcuno!
Quando produzione e consumo avranno raggiunto un equilibrio attraverso l'adeguamento dei prezzi allora e solo allora, d'accordo con Draghi, verranno a mancare quei motivi a sostegno di una inflazione permanentemente più bassa.

Mauro Artibani



martedì 2 febbraio 2016

PER I CONSUMATORI, MACCHE’ TUTELE D’EGITTO

“Aquino sicura” si chiama l'iniziativa promossa dal Comune di Aquino e finanziata dalla Regione Lazio che prenderà il via nelle prossime settimane. Il progetto intende far fronte alle problematiche emerse da indagini svolte sul territorio e finalizzato a promuovere un miglioramento delle condizioni di sicurezza dei cittadini.
Verranno all'uopo attivati ben tre sportelli: uno a Tutela dei Consumatori, uno Antiusura, uno di Sostegno, Consulenza e Prevenzione, finanche avviata una campagna “NO SLOT”.
Mi venga un colpo: la Politica ha attrezzato agenzie a tutti i livelli della sua giurisdizione, dall’assessorato alla tutela di chi Consuma di Aquino, appunto, su su passando per Provincie, Regioni, Stati, fino alla UE nella commissione mercato interno e protezione dei consumatori e ancor più su alle linee guida ONU per la loro tutela.
Eggià, tutele per quei soggetti esposti all’acquisto che si ritiene possano essere sopraffatti da pubblicità ingannevole, esercizi commerciali scorretti, clausole contrattuali vessatorie, azioni di Marketing criptiche, offerte di credito irresistibili, meccanismi di fidelizzazione spudorati, promozioni inattingibili.
Un momento: deboli proprio quegli stessi soggetti che con gli acquisti generano la ricchezza, consumando l’acquistato fanno ri-produrre dando continuità al ciclo economico e sostegno alla crescita?
Toh, deboli, proprio quelli forti che abitano il centro del meccanismo produttivo!
Che ai giorni nostri la politica scambi lucciole per lanterne sta sotto gli occhi di tutti; che la presunta debolezza di quell’essere venga esposta a celare quel che combina l’ente mercato, allarma.
Giustappunto solo un mercato celato può esporre impudicamente quegli squilibri tra i soggetti economici che vi operano: opaco, rende spendibili pratiche scorrette; inefficiente, non apprezza la forza di quei tizi, non fa il prezzo della loro domanda.
Apologeti del mercato dove siete?

Mauro Artibani